YES
Going For The One
1977 - Atlantic Records
SANDRO NEMESI PISTOLESI
17/09/2015
Introduzione Recensione
Per la prima volta nella loro carriera, dopo Relayer, gli Yes interrompono la tradizione che li vedeva pubblicare almeno un album ogni anno, raddoppiando la dose nel 1971(The Yes Album e Fragile) e rafforzandola nel 1973 con il triplo live Yessongs. Passeranno ben tre anni dall'ultimo Relayer perché gli Yes regalino ai fans un nuovo album in studio. Per tenerli buoni, nel 1975 pubblicano la raccolta Yesterdays, contenente per lo più brani dei primi due lavori, più, per la prima volta su un album, Dear Father (lato B del singolo Sweet Dreams uscito nel 1970) e la cover del brano America di Paul Simon (apparso come singolo nel 1972). Durante questa lunga pausa i vari membri si dedicheranno alle loro carriere soliste, cercando di imitare il loro ex collega Rick Wakeman, il quale stava nuovamente scalando le vette con il quarto album in studio da solista, dall' "effimero" titolo di "The Myths and Legends of King Arthur and the Knights of the Round Table", liberamente ispirato alle leggende arturiane. Il primo ad uscire sul mercato fu Steve Howe, con il bellissimo "Beginnings", scegliendo il suggestivo giorno di Halloween del 1975 come data di uscita. Fra i vari ospiti presenti sull'album troviamo Bill Bruford, Alan White e Patrick Moraz. Appena una settimana dopo fu il turno di Chris Squire, con l'ottimo "Fish Out Of Wather", dove il gigante buono si avvale della collaborazione del vecchio amico Bill Bruford e di Patrick Moraz. Il giugno del 1976 viene alla luce "The story Of I", di Patrick Moraz, album che non ospita nessun membro Yes. Il mese successivo è il turno di Jon Anderson con "Olias Of Sunhillow", una bellissima opera fantascientifica in chiave progressive, ispirata alla copertina di Fragile, dove il nostro suona tutti quanti gli strumenti. A novembre chiude il gran galà degli album solisti Alan White, con "Ramshackled", con quello che sarà il primo ed unico album solista del valente drummer, coadiuvato fra gli altri da Steve Howe e Jon Anderson. Tutti gli album elencati ottennero delle discrete vendite, entrando nei quartieri alti della hit parade britannica, a testimoniare di quanto fossero avidi i fans di ascoltare qualsiasi cosa che portasse il marchio Yes. Durante le pause del tour a supporto di Relayer, Howe e compagni iniziarono a buttare giù qualche idea per il nuovo album. Nell'inverno del 1976 gli Yes spedirono tutte le attrezzature in Svizzera, precisamente a Vevey, per iniziare le registrazioni del nuovo album, con lo scopo di ridurre il proprio carico fiscale. Dopo aver partecipato ad alcune sessioni di prova, Patrick Moraz si recò nuovamente in Brasile, dove si era stabilito da qualche mese, in occasione delle registrazioni di alcune percussioni dai sentori latini finite in "The story Of I". Al rientro in patria trovò un amara sorpresa. Le precedenti sessioni di prova non avevano entusiasmato gli Yes, che sotto pressione del loro manager avevano richiamato Rick Wakeman dietro al set delle tastiere, inizialmente come session man. Moraz non la prese proprio bene ed uscì dal gruppo, andando a finire nei Moody Blues. Pare che il rientro di Wakeman fosse stato forzato da Brian Lane, in quanto il mago delle tastiere, in quel periodo si esibiva in costosissimi show da circo su ghiaccio, il ritorno con la vecchia band era l'unica cosa che potesse mettere fine a tale sperpero di denaro. Un altro fattore importante è che gli Yes erano una band inglese, nonostante Moraz fosse una persona deliziosa ed un abile tastierista, era pur sempre uno straniero ed il proverbiale patriottismo inglese prevalse sulla decisione. L'altro problema degli Yes era quello di reclutare un tastierista che suonasse con loro in sede live. Non ci volle molto perché Rick Wakeman, da semplice session man, ritornasse ad essere un membro effettivo della band. Con estrema sorpresa, Wakeman lesse sui tabloid del suo ritorno con gli Yes ben quattro giorni prima di dare il suo assenso definitivo. Quella vecchia volpe di Chris Squire aveva organizzato un piano perfetto, sperando nell'esito positivo, per fortuna Wakeman accettò l'invito. Nella nuova casa famiglia sita in quel di Vevey, una suggestiva location che si affaccia sulla sponda settentrionale del Lago di Ginevra, regnava una armonia fantastica, tanto è che tutte le famiglie si trasferirono momentaneamente in Svizzera. Tutti gli elementi effettivi della band prendevano parte alle nuove composizioni, perfino Alan White si segnala in fase compositiva con la bellissima Turn Of the Century. In sala prove qualcuno proponeva un riff, poi Alan White dettava il tempo, se l'idea sembrava buona al resto della band, si andava avanti con la composizione, sviluppando pian piano la canzone. Dopo due lavori intensi e difficili come i precedenti dischi, gli Yes cercavano di tornare alle sonorità meno impegnative e melodiche di Time And A Word e Fragile, in modo da contrastare la minaccia del punk. E i nostri ci riuscirono in pieno. Nell'estate del 1977, mentre Johnny Rotten sparava a zero sulla musica progressive, deridendo quei musicisti che avevano sprecato tempo imparando a suonare, il singolo Wonderous Stories giunse alla posizione numero sette, mentre il nuovo Going For the One primeggiò nella classifica degli album per alcune settimane.
Going For the One
Il disco del rilancio si apre con la gioiosa title track Going For the One (Correre per Vincere). Dopo un "one-two-three-four" in sottofondo, il solitario Steve Howe ci attacca con un brioso riff di chitarra Presleyano, alternato da un solare tema eseguito con la pedal steel guitar, accompagnato da una ritmica andante. Dopo un paio di ripetizioni è il turno della strofa, fra le più melodiche sfornate dal combo albionico. Fra le rullate di Mr. White e la ragnatela di note sparate dalle chitarre di Howe, a dominare è l'ammaliante linea vocale di Jon Anderson, arricchita dal bellissimo controcanto di Chris Squire. Di pari bellezza è il bridge, dove su una bellissima ritmica stoppata e ricca di rullate è ancora Jon Anderson ad emergere, con l'ennesima linea vocale vincente, ricamata da preziosi intarsi di pedal steel guitar dal sapore hawaiano. Nell'inciso, Jon Anderson si limita a ripeter più volte il titolo del brano, rafforzato dai cori, a cui fa eco Rick Wakeman con squillanti riff di tastiera. Strofa bridge ed inciso si ripetono in perfetta successione, poi incontriamo una variazione, la linea vocale frammentata proposta da Jon Anderson viene ricamata da funamboliche tastiere e dalle chitarre di Steve Howe, che alterna temi eseguiti con chitarra elettrica e pedal steel guitar, con la quale poi intraprende un prolungato assolo duellando con il pianoforte di Mr. Wakeman. Strofa e bridge sono particolarmente ammalianti, i nostri lo sanno e ce li propongono nuovamente, seguiti ovviamente dall'inciso, stavolta l'appendice dalla linea vocale frammentata viene prolungata, Rick Wakeman e Steve Howe riprendono a duellare con una serie infinita di funambolici assoli che quasi ricoprono le voci. Nel finale una calorosa armonia vocale tiene testa ai due virtuosi guerrieri. Ispirato dalle corse dei cavalli e da un film che vedeva degli intrepidi scendere le rapide del Grand Canyon a bordo di un gommone, con le immancabili licenze poetiche dal sapore filosofico, Jon Anderson ci illustra la magia dello sport. Il santone di Accrington ci invita ad immaginare di risalire un fiume fino alla sorgente, compensando poi la fatica spesa con il paradisiaco scenario che troveremo, immersi nel verde a giacere stremati sull'erba, contemplando la bellezza offerta della natura. E' un po' l'essenza dello sport, che vede premiate le fatiche con il culmine della vittoria. Lo sport è seducente, ti invita a correre per vincere, a primeggiare sugli altri. Una volta eliminate le paure, l'adrenalina ci fa correre veloci per raggiungere l'unico obbiettivo, la vittoria. Lo sport ci fa assaporare tutte le essenze della vita, rafforza lo spirito e la stima verso noi stessi e ci mette in perfetta sintonia con la natura. Nelle liriche non mancano l'apertura di una finestra cosmica e il riferimento all'amore, l'unica cosa che quanto a intensità è paragonabile allo sport; entrambi vivono sulla base di intensi momenti, di attimi pieni di gioia, che rimarranno per sempre impressi nella nostra mente. Liriche solari e positive che rispecchiano perfettamente le musiche partorite dal combo albionico. Going For the One, che è stato scelto come secondo singolo, è uno dei brani più festosi scritti dagli Yes, che sprizza gioia e positività da tutti i pori. I punti di forza sono le ammalianti linee vocali e l'interminabile duello a colpi di funamboliche note fra Seve Howe e Rick Wakeman.
Turn of the Century
La successiva Turn of the Century (Il Mutare del Tempo) è l'unico brano dell'album che vede comparire Alan White nei crediti. Ma non aspettatevi una massacrante escursione sulle pelli del drum set; contrariamente Alan White si limiterà a delicati tocchi sui piatti aumentando il pathos del brano. Steve Howe ci colpisce al cuore con uno struggente ed articolato arpeggio eseguito con la chitarra acustica. Dopo alcune battute entra in scena Jon Anderson con l'ennesima linea vocale vincente, interpretandola con estrema dolcezza ed intersecandosi perfettamente con le note della chitarra. Rick Wakeman confeziona una incantevole atmosfera mistica, ricamando prima con un pad di tastiera, successivamente con i più emozionati archi. Un effimero crescendo di voce e tastiera interrompe per pochi istanti la rilassante atmosfera ricreata da Howe e compagni, che ritorna immediatamente con l'ammaliante strofa. Un breve bridge apre le porte ad un interludio strumentale, dove Steve Howe ci colpisce con un emozionante assolo di chitarra acustica, accompagnato dal solo Rick Wakeman. Ritorna la strofa, stavolta il crescendo si fa più pronunciato e perdura più a lungo. Al minuto 03:47 il brano sembra volgere al termine, ma Rick Wakeman lo rivitalizza aprendo la seconda parte con un prolungato ed emozionante assolo di pianoforte, che da solo giustifica il perché del suo ritorno negli Yes. Mentre le dita di Rick Wakeman imperversano sui denti d'avorio, i sottili e raffinati ricami di basso e chitarra e le leggere escursioni sui piatti danno vita ad un interludio strumentale da brividi. Il tema di chitarra si fa più pronunciato, le tastiere di Wakeman annunciano il ritorno della strofa, servita in una salsa leggermente più piccante, Steve Howe abbandona la chitarra acustica, tessendo una bellissima ragnatela di funamboliche scale con quella elettrica. Alan White tiene il tempo percuotendo delicatamente il "china" ed invitando Jon Anderson a donare un po' di verve alla linea vocale. I compiti del finale vengono affibbiati a Steve Howe che ci delizia con altri quaranta secondi di pregevoli escursioni con la chitarra acustica, lasciando gli ultimi istanti a Rick Wakeman con una impercettibile parte di tastiera, udibile solo se alziamo notevolmente il volume. Mi voglio sbilanciare, per me queste sono le liriche più belle in assoluto uscite dalla penna del poeta di Accrington. Sposandosi perfettamente con le struggenti ed incantevoli atmosfere, Jon Anderson sottolinea l'inossidabile potere dell'amore, narrandoci la triste storia di Roan, che si è visto portare via la moglie da una incurabile malattia, in una profonda notte di un freddissimo inverno. Spirata come la luce immobile del tramonto, la donna se n'è andata mostrando un'anima indifesa, davanti allo sguardo impotente del marito. Ma durante questi tragici momenti i due scoprono un segreto: l'Inverno fa morire ogni cosa, tutto tranne la pietra. Una volta finite le lacrime, il povero Roan si mette a modellare una pietra, dandole le sembianze della amata moglie, che l'inverno si è portato via per tutte le stagioni future. Lui la immagina che pian piano prende vita ed inizia a danzare e cantare, invitandola a stare ferma ed immobile per far sì che possa terminare il lavoro. Se solo lei potesse vederlo mentre cerca di riportarla in vita modellando una fredda pietra. Roan passa intere giornate a scolpire la pietra, rivivendo i magici momenti passati insieme alla moglie. Una volta ultimata la scultura, Roan attende paziente il mutare del tempo ed il prossimo Inverno, sperando che stavolta si porti via lui e lo faccia ricongiungere alla propria amata, in modo da rivivere gli splendidi momenti passati assieme nella vita terrena. Devo essere sincero, Turn of the Century era incomprensibilmente finita nel mio cassetto dei brani dimenticati, l'ho riscoperta e rivalutata in fase di recensione. Le incantevoli atmosfere ricreate da Wakeman e compagnia cantante vengono accentuate dalle profonde liriche partorite da Jon Anderson, confezionando uno dei brani più struggenti e di atmosfera dell'intera discografia Yes.
Parallels
Un teatrale ed inquietante organo da chiesa, che pare partorito dalle mani dell'abominevole Dottor Phibes, spazza via le incantevoli atmosfere del precedente brano. In questo brano, intitolato Parallels (Vite Parallele), l'eclettico Rick Wakeman ci dimostra che anche un organo da chiesa può legare con la musica rock. Per suonare le parti di organo, Wakeman si è recò presso la Chiesa di San Martino, a Vevey. Una volta ricevuto il permesso di suonare il poderoso organo, lo suonò come non lo era mai stato, scuotendo le fondamenta della suggestiva chiesa. Le registrazioni furono effettuare tramite l'uso delle linee telefoniche ad alta definizione. Un tema di chitarra ed una scala di basso anticipano Alan White, che ci propone una ritmica trascinante, impreziosita da un bellissimo groove di basso che sarà la colonna portante dell'intero brano. Steve Howe e Chris Squire duettano a colpi di note, poi dopo qualche battuta e arriva anche Jon Anderson. La ritmica trascinante se lo tira dietro con una linea vocale dal sapore epico, ricamata da preziosi fraseggi di chitarra che gli fanno eco, mentre il tetro organo continua a dominare. Un effimero inciso dove si stoppano tutti ad eccezione del tetro organo, a cui sono affidati i compiti di accompagnare il santone di Accrington, e poi via, di nuovo con la trascinate strofa, che viene riproposta altre due volte, intervallata da un effimero interludio strumentale. Di nuovo l'inciso, che nella sua semplicità risulta geniale, poi dopo il ritorno della strofa è il turno del rockeggiante assolo di chitarra da parte di Mr. Howe. L'assolo evapora improvvisamente, lasciando il campo ad un limbo dove primeggia il basso. Una serie di armonie vocali viene ricamata da pregevoli fraseggi sulla sei corde. Rick Wakeman non poteva certo esimersi dal deliziarci con un maestoso e gotico assolo con l'organo da chiesa. Una piccola variazione sull'inciso e poi ritorna la trascinante strofa, con il bellissimo groove di basso a duettare con l'organo. Sul finire, Steve Howe e Chris Squire danno vita ad uno splendido groviglio di assolo che si intrecciano e rotolano sul tappeto di organo. E' ancora una volta l'amore al centro delle liriche del poeta di Accrington, stavolta rivisitato in versione "Ai Confini Della Realtà". Jon Anderson ci invita a scavare a fondo nel nostro cuore, dove sempre troveremo quello che cerchiamo, basta volerlo a fondo. Ognuno di noi è in grado di crearsi una dimensione parallela dove è il protagonista assoluto, dove può creare la visione di un nuovo amore e far sì che si materializzi. Dopo aver girato il mondo, ascoltato svariate storie e visto una miriade di volti, è giunta l'ora di fare sbocciare un nuovo amore. Nella nostra nuova dimensione non dobbiamo esitare a coronare i nostri sogni, il nuovo amore potrebbe essere un fiore che sboccia per sempre. Scopriremo che abbiamo bisogno l'uno dell'altra, unendo le nostre aspirazioni e raggiungendo assieme i nostri obbiettivi e portando il nuovo amore verso la purezza, tutto nella nostra nuova dimensione. Jon Anderson ci invita a credere in noi stessi e ad essere positivi. Molto spesso la positività è un fattore fondamentale per far sì che i nostri sogni si trasformino in realtà. Un altro messaggio che scorgiamo fra le righe e che il tempo del divertimento non è eterno. Una volta raggiunta un'età matura, l'uomo deve porre fine a viaggi ed avventure, cercando la persona giusta con chi formare una famiglia e intraprendere una seconda vita, dove le soddisfazioni le troveremo ugualmente, anche se in maniera diversa. In origine, Parallels era un brano scritto da Chris Squire per il suo album solista "Fish Out Of Water", rimasto fuori per motivi di spazio e di sonorità non in sintonia con il resto dell'album. La geniale trovata di usare un organo da chiesa dimostra lo stato di forma che attraversavano i nostri in quel periodo. Il giro di basso è la colonna portante del brano, trascinante e facilmente memorizzabile quanto un inciso. Un dei cosiddetti "brani minori" che ha tutto il diritto di essere rivalutato.
Wonderous Stories
La successiva Wonderous Stories (Storie Meravigliose) è il primo singolo estratto dall'album. Si tratta di una breve melliflua ballata dal sapore secentesco, dove la melodica e rilassante linea vocale di Jon Anderson brilla e si intreccia con le barocche sonorità proposte da Steve Howe con la vachalia o chitarra portoghese che dir si voglia. Basso e batteria si limitano a sporadici colpi, dando il giusto senso ritmico al brano senza interrompere la perfetta armonia ricreata. Nel caloroso inciso, Rick Wakeman ricama la linea vocale con squillanti appendici, poi alcune pungenti note di basso, suonato sotto il dodicesimo capotasto ci riportano alla solare strofa. Dopo il successivo ritornello incontriamo un interludio strumentale, dove Rick Wakeman si prodiga in un delicato assolo di tastiera. Una piccola variazione dell'inciso anticipa il ritorno della strofa. Il ritornello finale viene arricchito da sottili fraseggi di basso e chitarra, Jon Anderson ci accompagna delicatamente verso l'epilogo di questa piacevole e rilassante ballata dal sapore di altri tempi. Le liriche hanno un forte sentore mistico e visionario, Jon Anderson si risveglia nei pressi di un ruscello, dove lo ha abbandonato il suo amore. Mentre i suoi pensieri lo portavano a perdonare la sua amata, fu attratto dal mormorio delle acque del fiume, che iniziarono a raccontargli storie meravigliose. Il fiume non parlava di storie di terre lontane, ma di ricordi raccolti nel corso del tempo nei pressi dei suoi meandri. Il fiume fece volare Jon Anderson di fronte a cancelli di luoghi senza tempo. Dopo aver dato uno sguardo all'orologio per vedere se era in ritardo, si accorse che il tempo si era fermato mentre ascoltava le storie meravigliose raccontate dal fiume. Era addirittura in grado di vedere nel futuro, vedendo mutare il paesaggio intorno al fiume durante lo scorrere del tempo. Il suo spirito era volato in alto nel cielo, e lui lo invitava a tornare sulla Terra ad ascoltare le meravigliose storie del fiume. Jon Anderson estrae dal cilindro un'altra bellissima poesia, incentrata su un bellissimo viaggio onirico dovuto ad una delusione amorosa, che lo trasporta nel corso del tempo, sottolineando la maestosità e la bellezza di Madre Natura. Wonderous Stories è uno di quei brani nati quasi per caso, che inaspettatamente portano la band ai vertici delle classifiche. Le avvolgenti e melliflue sonorità barocche che fuoriescono dalla chitarra portoghese suonata maestosamente da Steve Howe, si sposano perfettamente con le poetiche e visionarie liriche del santone di Accrington, confezionando un piccolo gioiellino.
Awaken
Un pianoforte dalle reminiscenze classiche apre la successiva e conclusiva suite Awaken (Il Risveglio). Rick Wakeman passa con disinvoltura dalla musica classica alla new age, stendendo uno spaziale e rilassante tappeto di tastiera, pronto ad accogliere Jon Anderson, che per un gioco di effetti, pare cantare da molto lontano. Questa rilassante strofa rispecchia pienamente il titolo, sprigionando le sensazioni di un atavico risveglio. Un improvviso riff di chitarra annuncia quello che sarà il riff portante del brano. Dietro ai colpi potenti del drummer, Chris Squire ci colpisce con un bellissimo groove caratterizzato da profondi glissati, ripercorrendo all'unisono i passi di chitarra e tastiera. Wakeman e Howe donano un senso epico alla strofa, Jon Anderson viene coadiuvato da Squire e Howe in una bellissima combinazione di armonie vocali e controcanti. La ritmica irregolare ed il tappeto di sedicesime sparate dal basso ospitano un prolungato e complicato assolo di chitarra, a cui fanno eco le evocative tastiere di Rick Wakeman. Ritorna la strofa, con il suo trascinate unisono ed bellissimo gioco di voci. Poi incontriamo un piccolo interludio dove Wakeman e Howe duettano splendidamente in solitario lavorando sulla melodia del riff portante. I due continuano poi a dialogare splendidamente, stavolta accompagnati dalla sezione ritmica, fino a che una rocambolesca serie di scale all'unisono apre le porte ad un successivo interludio, dove la linea vocale di Jon Anderson è precipitosa ed irrequieta. Wakeman continua a dominare passando dalle tastiere all'organo. Al minuto 06:33 il brano sembra terminare, ma delle sottili tastiere in fader annunciano la seconda parte del brano. Jon Anderson accarezza delicatamente l'arpa, Alan White ritma delicatamente con idilliache percussioni metalliche. Rick Wakeman inizia lentamente con temi di tastiera, le cui sonorità ricordano il flauto, per poi passare ai suoni più pomposi dell'organo. Lentamente il tema portante delle tastiere si fa più importante e viene ricamato dal resto della band con pregevoli intarsi. Dietro al suo imponente castello di tastiere Wakeman spazia da uno strumento all'altro, dispensando avvolgenti atmosfere che caratterizzano questo splendido interludio che gradualmente dalle rilassanti atmosfere ambient passa ad qualcosa di più evocativo e misterioso. Seguendo la scia dell'arpa, Steve Howe inizia lentamente a ricamare con un bel tema, che inizia a crescere lentamente spinto dalle tastiere, confezionando un interludio da brividi che sfocia nel ritorno della strofa. La linea vocale di Anderson ha un sapore epico, rafforzata dalle tastiere che imitano un coro di voci bianche. E' il turno dell'assolo di chitarra, che viene letteralmente trasportato dalle tastiere e dalla sezione ritmica. Al minuto 12:15, il fantasma dell'abominevole Dottor Phibes si impossessa nuovamente di Rick Wakeman, che domina in solitario con un maestoso assolo eseguito con l'organo da chiesa. Dopo alcune battute rientra la sezione ritmica, con un tempo lento ma trascinante, ricco di rullate e potenti pennate di basso. Ai due si aggrega Steve Howe che con dei bellissimi fraseggi rende ancora più epico questo emozionante interludio. Il wall of sound proposto dal quintetto albionico è di notevole impatto. Quando il brano sembra evaporare verso l'estinzione, un paradisiaco pad di tastiera accoglie il ritorno di Jon Anderson che si presenta con una angelica linea vocale. Wakeman si supera confezionando una celestiale atmosfera, impreziosita da uno struggente pad di archi, Chris Squire ritma con dolci tocchi sulle quattro corde. Sul finale leggere rullate e delicati tocchi sul basso sfumano lentamente verso la conclusione di questa splendida suite dove si sprecano le avvolgenti atmosfere. Anche le liriche hanno sentori mistici. Jon Anderson è stato ispirato dopo aver letto un libro sulla vita del pittore olandese Rembrandt ed il libro The Singer: A Classic Retelling of Cosmic Conflict di Calvin Miller, una sorta di nuova versione della storia di Cristo, vista attraverso una narrazione allegorica e poetica di un cantante la cui canzone non poteva essere messa a tacere. Attraverso i sogni di due amanti si ripercorre la nascita dell'uomo, il risveglio della vita. Nel corso del tempo, le imprese dell'uomo hanno dimostrato come sia possibile modificare la storia ed il destino della razza umana, nel bene, grazie a geniali invenzioni ed al progresso tecnologico, nel male, con le guerre e l'inquinamento. Da sempre l'uomo è stato in grado di raggiungere i suoi obbiettivi, con le buone o con le cattive. La seconda parte delle liriche prende una piega mistica assai più pronunciata, descrivendo la magia dell'amore in una maniera del tutto originale. Il Signore delle Immagini e dei Suoni proietta una luce sulla donna, indicando un tunnel che da una normale esistenza porta i due amanti verso una nuova sfida. Nella concatenazione degli eventi, Il Signore della Luce illumina un incrocio, dove le vite dei due amanti si intersecano fra loro, come se tutto facesse parte di un piano ben delineato, fino a che il Padrone delle Anime spinge i due ad entrare in contatto. Infine il Padrone del Tempo li accompagna nel proseguo della vita, dove insieme assaporeranno gioie ma anche dolori. Awaken è un brano che per l'epoca sembra provenire dal futuro. Forte delle sonorità new age, se lo ascoltiamo con attenzione ed in silenzio al buio, la musica ci trasporterà in mondi perduti, le tastiere di Wakeman ci culleranno dolcemente in un inebriante viaggio mistico, attraverso momenti musicali di rara bellezza. Jon Anderson sostiene che Awaken è il brano più bello mai scritto dagli Yes, ascoltandolo profondamente non riesco a dargli torto.
Conclusioni
Oscurato dalla magnificenza di Close To The Edge, Going For The One è un album troppo spesso bistrattato e ingiustamente inserito fra i meno considerati. Per quanto mi riguarda, forte della bellezza della memorabile Awaken e della perla Turn Of The Century, non è per niente inferiore al trittico di diamanti composto da Close to the Edge, The Yes Album e Fragile, anzi rispetto a questi ultimi due è assolutamente privo di punti morti, come ad esempio le dubbie tracce soliste presenti su Fragile. Non me ne voglia il bravo e simpatico Patrick Moraz, che ha svolto un egregio lavoro sul discreto Relayer, ma Rick Wakeman ha decisamente qualche marcia in più. Il lavoro espresso dal mago delle tastiere su Awaken è qualcosa di straordinario. Da solo tiene su il brano dall'inizio alla fine, alternando escursioni soliste di pianoforte ed organo ad avvolgenti e mistiche atmosfere, grazie all'innovativo "polymoog" che offre una vasta gamma di sonorità assai innovative per l'epoca. Jon Anderson sforna alcune linee vocali memorabili e lo trovo molto maturato sotto il punto di vista delle liriche, in linea di massima meno astratte e più facili da comprendere rispetto al passato, raggiungendo il massimo con la struggente storia d'amore di Turn Of The Century. Bill Bruford ormai è un lontano ricordo, Alan White si è inserito alla perfezione nel contesto Yes, segnalandosi anche in fase compositiva. All'estro del suo predecessore ha aggiunto energia, andando a formare assieme a Chris Squire una delle migliori sezioni ritmiche di sempre. Steve Howe si diverte come un matto dietro la pedal steel guitar. Torna a deliziarci con la chitarra portoghese e dimostra di avere uno stile unico ed inimitabile con la sei corde elettrica. Con Going For The One gli Yes riescono a tenere testa al movimento punk, rispondendo per le rime all'irriverente Johnny Rotten, scalando le classifiche. La presenza di temi portanti melodici ricorrenti e di un paio di brani di facile ascolto, rendono Going For the One assai più immediato e facile da seguire al cospetto dei due precedenti album, dove non mancava di certo la tecnica, ma le estenuanti escursioni soliste li rendevano difficili da digerire. Registrato presso i Mountain Studios di Montreux, in Svizzera, fra l'Inverno del 1976 e la Primavera del 1977, Going For the One è venuto alla luce il 7 Luglio del 1977. Per la prima volta non partecipa alle sessioni di registrazione il produttore Eddie Offord, con la band dai tempi dell'album trampolino The Yes Album. Questa volta gli Yes si occuperanno dell'intera produzione, sfruttando il ritorno di Rick Wakeman, il quale offre una vasta gamma di nuove sonorità e geniali soluzioni in fase di arrangiamento, superandosi andando a suonare l'organo nella chiesa di San Martino a Vevey. Gli Yes sono stati comunque coadiuvati dai due ingegneri del suono Giovanni Timperley e David Richards, quest'ultimo diventerà in futuro un ottimo produttore, firmando i lavori di band del calibro di Queen, Magnum e le icone David Bowie ed Iggy Pop. Un'altra importante defezione è quella di Roger Dean, che aveva firmato le strabilianti copertine sin dai tempi di Fragile. Stavolta gli Yes, liberi del produttore Eddie Offord, affidano il lavoro dell'art work alla Hipgnosis, uno studio grafico che si segnala per aver concepito la celebre copertina di The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Nella copertina troviamo un nudo maschile posto di spalle, intento ad ammirare la magnificenza della Century Plaza Towers di Los Angeles, California. In alto troviamo comunque l'ormai classico logo edito dal maestro Roger Dean. Il successo commerciale di Going For The One è dovuto alla varietà della natura dei brani che lo compongono e alla freschezza delle sonorità. Le ammalianti linee vocali della title track catturano immediatamente gli ascoltatori più diffidenti, come del resto l'energetica Parallels. Di facile ascolto anche la breve ballata dai sentori barocchi Wonderous Stories. Ma le perle che attirano gli amanti del progressive sono Turn Of The Century, una dolce ballata dai raffinati arrangiamenti e la suite Awaken, brano che per la prima volta mostra sonorità new age e che mette in luce la magnificenza di Rick Wakeman dietro al castello di tastiere. Dopo aver primeggiato in patria per due settimane nel mese di Agosto e aver raggiunto la posizione numero 8 negli Stati Uniti, ha ottenuto il disco d'oro, certificato da Record Industry Association of America e il disco d'argento, certificato dalla British Phonographic Industry. Going For the One è un album consigliato a tutti coloro che sono rimasti scottati dalle difficili ed estenuanti composizioni di Tales From Topographic Oceans o dalle sferraglianti sonorità di Relayer. Come detto in apertura, con la sua innovativa energia rinfrescante non è per niente inferiore alle pietre miliari della band e merita di essere rivalutato.
2) Turn of the Century
3) Parallels
4) Wonderous Stories
5) Awaken