YES

Close To The Edge

1972 - Atlantic Records

A CURA DI
SANDRO NEMESI PISTOLESI
20/08/2015
TEMPO DI LETTURA:
10

Introduzione Recensione

L'avvento di Rick Wakeman ha portato una ventata di freschezza e una svariate soluzioni in fase di arrangiamento dei brani e gli Yes sono impazienti di presentare il loro nuovo tastierista anche al pubblico americano. Infatti, dopo qualche data in giro per l'Europa ed un paio di memorabili serate al Rainbow Theatre di Londra, a Febbraio intraprendono il loro terzo tour americano, inaugurandolo a Providence nel Rhode Island, terra natale del geniale Howard Phillips Lovecraft. Nel poco tempo libero a disposizione, fra tour, registrazioni e sessioni di prova, Jon Anderson riesce a trovare il tempo per sposare la sua amata Jenny, anche se agli inizi la loro vita matrimoniale non sarà tutta rose e fiori. Oltre a lottare con i vari impegni musicali che spesso tengono lontani i piccioncini innamorati, la coppia novella deve combattere duramente con il vertiginoso e continuo aumento degli affitti, cambiando una dozzina di appartamenti nel breve giro di pochi mesi. Per fortuna, anche se in ritardo, iniziano ad arrivare i proventi ricavati dalle vendite dei due precedenti album, marchiati con il disco d'oro, grazie ai quali gli Anderson riescono a trasferirsi in pianta stabile in un confortevole appartamento, cercando anche di ritagliarsi qualche giorno per una meritata vacanza. Con l'estate alle porte, gli Yes iniziano a buttare giù materiale per il nuovo album. Le prime sessioni furono effettuate presso la Una Billing School Of Dance di Sheperds Bush, passando poi l'intero mese di giugno all'interno dei consueti Advision Studios. Bill Bruford ricorda quelle sessioni di registrazione come un vero e proprio tormento, prime avvisaglie di un rapporto che andava deteriorandosi. La lunghissima struttura delle nuove composizioni, faceva sì che i nostri iniziassero a suonare senza sapere di come diavolo sarebbe andato a finire il brano. Ogni sessione di prova venivano aggiunte ai brani nuove idee, questo innovativo sistema compositivo non permetteva mai di eseguire un brano dall'inizio alla fine. All'epoca non c'erano i computer negli studi, l'unica risorsa disponibile era l'editing su nastro. Rick Wakeman ricorda che il loop di Close To The Edge misurava almeno dodici metri! Quelle esperienze erano comunque divertenti ed affascinanti, e secondo il saggio Wakeman, l'avvento della tecnologia ha tolto l'elemento umano dalle composizioni, rendendole più fredde. Le estenuanti sessioni di prova portarono la band sull'orlo di una crisi di nervi, che non riguardava solo l'ormai demotivato Bl Bruford, anche Steve Howe e Rick Wakeman iniziarono a dare i primi segni di cedimento. Secondo Roger Dean il titolo del nuovo album non poteva essere più appropriato. Eddie Offord, diventato ormai il sesto membro del gruppo, cercava di tenere a freno l'istinto anarchico dovuto al nervosismo, che minacciosamente iniziava ad essere una presenza costante all'interno dello studio di registrazione. Wakeman e Bruford non riuscivano ad entrare in perfetta sintonia con il progetto Close To The Edge, solo Anderson e Howe sembravano avere le idee chiare a riguardo, mentre Squire ed Offord erano gli unici in grado di sapergli dare una forma. Quasi estraniati dal resto del progetto, Bill e Rick iniziarono a dare forti segni di squilibrio. Bruford vagava per lo studio tentando di suonare un flauto nordafricano in legno, lo suonava in maniera talmente stonata ed irritante che riuscì a far adirare perfino una persona educata e calma come Steve Howe, il quale asserì che avrebbe preferito suicidarsi anziché essere tormentato ulteriormente dalla fastidiosa melodia proposta da Bill Bruford. Wakeman invece era intento a mescolare zuppa e cioccolato in una tazza per offrirla qualche sfortunato eventuale ospite, blaterando nel frattempo incomprensibili frasi fingendo di essere muto (?). Il frastuono svegliò Offord, che nel frattempo aveva ceduto ad un colpo di sonno, addormentandosi sopra al mixer. Una volta desto, mise in play una traccia del nuovo album, intitolata Total Mass Retain, titolo che suscitò le perplessità dell'annoiato Bruford, che preferiva il titolo Poke. Nonostante la disapprovazione di Bruford, Total Mass Retain rimase il titolo del secondo capitolo della suite Close To The Edge. Successivamente Offord fece suonare And You and I, 10 minuti di vera e propria poesia musicale. Con un tono di sarcasmo Steve Howe chiese di risuonare il finale e di ascoltarlo attentamente, perché non lo avrebbero più sentito, in quanto lui e Jon stavano per rimetterci le mani sopra. Il nuovo album stava prendendo forma, e in maniera direttamente proporzionale Bill Bruford si stava allontanando dagli Yes, in direzione King Crimson. Anche se nel momento migliore della band, Bruford era ormai stufo degli Yes ed era ammaliato dalle oscure e tetre sonorità del Re Cremisi. Con lo stupore di Squire e compagni, una volta ultimate le registrazioni di Close To The Edge, Bill Bruford si presentò presso gli Advision Studios dicendo che aveva deciso di andare a suonare con Robert Fripp ed i King Crimson. Gli Yes stavano rivivendo un terribile flash back, per l'ennesima volta, ultimato un nuovo album, si trovavano di fronte all'arduo compito di rimpiazzare quanto prima un elemento del gruppo, in vista dell'imminente tour promozionale. Per di più stavolta il compito era ancora più duro, in quanto non erano gli Yes ad allontanare un membro con in mente già un papabile sostituto, come era capitato in passato. Bill Bruford aveva gelato Squire e compagni annunciando improvvisamente la sua dipartita, convinto che dopo un capolavoro del genere sarebbe stato impossibile ripetersi, ma solo peggiorare. Trovare un degno sostituto all'altezza non sarebbe stato un compito per niente agevole.

Close To The Edge

Ma continueremo questa nuova pagina della storia degli Yes sulla prossima recensione, ora è venuto il momento di inserire nel nostro lettore uno dei più grandi capolavori della storia del rock, Close To The Edge. Un rilassante rumore di un ruscello, ricamato da una tastiera ambient, ospita uno stormo di diverse specie di allegri uccelli che cinguettano librandosi in volo, è così che i nostri aprono I. The Solid Time Of Change (I. Il duro periodo dei cambiamenti), il primo capitolo della lunga suite Close To The Edge (Vicino Al Bordo). Meno di trenta secondi paradisiaci ed irrompe Steve Howe con un riff cadenzato che ha un che di inquietante. Chris Squire ricama con il suo potente Rickenbacker, mentre Bill Bruford incentra la ritmica sui piatti, con qualche corsa sulle pelli dei tom. Dopo una prolungata rullata, Steve Howe inizia ad ordire una delle trame che ormai lo hanno reso famoso, mentre la ragnatela tessuta da Wakeman pare provenire da un altro Mondo. Il lavoro eseguito da Bill Bruford dietro la batteria è praticamente indescrivibile. La babele sonora si protrae a lungo, di tanto in tanto interrotta da un improvviso breve coro a tre voci, che al minuto 02:25 annunciano un cambio di tempo e di atmosfera. Rallentano i BPM, su una ritmica più regolare ed un tappeto di tastiera, l'assolo di Steve Howe si fa molto più melodico e rilassante, ricamato palla perfezione dal basso di Chris Squire. Dopo circa un minuto dalle tastiere in fader, prende vita una breve rullata che annuncia un altro cambio, dove la tastiere spaziali di Wakeman sono l'elemento portante ed invitano ad entrare in scena Jon Anderson, il quale si presenta con una linea vocale dal sapore epico. Chris Squire spadroneggia con un bel groove misto di scale e glissati, impreziosendo il lavoro del compagno di sezione ritmica. Al minuto 04:07 calano improvvisamente i BPM ed arriva l'inciso, caratterizzato da una ammaliante armonia a tre voci che si intreccia meravigliosamente con l'angelica voce del santone di Accrington. Un breve interludio con la chitarra in evidenza anticipa la seconda strofa, stavolta servita in una salsa diversa, l'andatura allegra porta Jon Anderson ad affrontare la strofa con una spensierata linea vocale da sapore Beatlesiano. E' di nuovo il turno dell'inciso, stavolta dotato di un'appendice dove spadroneggiano le armonie vocali, ormai consolidato marchio di fabbrica degli Yes. Ritorna la strofa nella sue vesti originali. Poi al minuto 06:00 un breve interludio di tastiera annuncia la seconda parte intitolata II. Total Mass Retain (II. Contenimento del blocco totale), la strofa ricalca quella sentita nella prima parte, mentre i nostri ci propongono una versione alternativa del ritornello, con spaziali riff di tastiera che si intervallano all'ammaliante linea vocale, sapientemente modificata in un intreccio vocale assai complicato da descrivere. Si ha l'idea che per questo arrangiamento, Anderson e soci siano andati avanti nel tempo per captare nuovi spunti. Jon Anderson lancia l'ennesimo cambio, ricalcando la seconda strofa in modalità Beatles. I raffinati intarsi di chitarra confermano che Steve Howe è uno dei migliori chitarristi del Pianeta, con uno stile talmente particolare che lo rende facilmente distinguibile fra mille chitarre. Ritorna l'inciso, stavolta nella canonica veste originale, seguito ancora dalla strofa, che ormai mantiene fermamente le sonorità Beatlesiane. Nell'ultima apparizione il ritornello viene concluso con un armonia vocale che apre le porte ad uno stralunato interludio strumentale con l'organo di Wakeman in evidenza che va a concludere il secondo capitolo di Close To the Edge. Una versione leggermente modificata e prolungata sino alla durata di 03:22 minuti di Total Mass Retain è stata scelta come singolo. Al minuto 08.29 le rilassanti tastiere ambient di Wakeman annunciano il terzo capitolo, III.  I Get Up, I Get Down (III. Mi alzo, mi deprimo). La distensiva atmosfera ricreata da Mr. Wakeman ci trasporta con la mente in un immaginario rilassante Paradiso immerso nel verde. Un' armonia vocale condita da effetti si alterna all'angelica voce di Jon Anderson, che nuovamente strizza l'occhio John Lennon. L'avvolgente intreccio di voci perdura a lungo, supportato dalle rilassanti tastiere di Rick Wakeman, poi con un angelico crescendo Anderson invita Wakeman ad abbandonare le rilassanti tastiere a scapito di un tetro organo che sembra partorito dalle mani dell'abominevole Dottor Phibes. A sorpresa ritorna il santone di Accrington, che accompagnato dalla tastiera recita dolcemente l'inciso, poi spazzato via dal ritorno del macabro organo, che sul finale viene sovrastato da funamboliche e pompose tastiere che ben presto diventeranno il marchio di fabbrica di Mr. Wakeman. Improvvisamente la minuto 14:02 irrompe il quarto e conclusivo capitolo, intitolato IV. Seasons Of Man (IV. Stagioni dell'uomo). Una potente e complicata cavalcata ritmica supporta uno squillante unisono di tastiera e chitarra. Dopo qualche battuta irrompe Rick Wakeman, prima con epiche tastiere dal sapore latino, poi con un funambolico e prolungato assolo di organo, supportato da una ritmica ossessiva. Dopo questo prolisso interludio strumentale dai sentori psichedelici, ritroviamo la strofa che abbiamo incontrato all'inizio di questa epica suite, seguita poi da un breve bridge dall'aria sognante che precede l'inciso, per l'occasione prolungato e modificato con l'aggiunta di splendide armonie vocali ricamate splendidamente da Rick Wakeman, mentre gradualmente i BPM calano sotto i colpi della possente sezione ritmica. Il brano si conclude nella stessa identica maniera di come era iniziato, e cioè con il rilassante interludio dal forte sapore ambient - new age. Le liriche sono ispirate al romanzo Siddharta dello scrittore tedesco Hermann Hesse, pubblicato nel 1922, romanzo che unisce la poesia lirica alla narrazione epica, ispirato alle vicende biografiche del Buddha, anche se è doveroso sottolineare che il Siddharta protagonista nel romanzo in questione non è il Buddha storico (che pur compare nelle vesti di protagonista secondario), ma si tratta di un personaggio di fantasia che rappresenta uno dei tanti Buddha potenziali. Nelle impenetrabili liriche, Jon Anderson descrive il risveglio spirituale del protagonista del romanzo, avvenuto proprio nei pressi di un fiume, appunto "accanto al bordo", fiume che rappresenta simbolicamente le vite del suo spirito. Questo risveglio spirituale in riva al fiume viene usato dal poeta di Accrington come metafora della vita, dove i meandri del fiume rappresentano il tortuoso percorso che deve affrontare un essere umano sin dai primi giorni di vita, un lungo tragitto pieno di insidie e trabocchetti, percorso che comunque offre sempre una seconda scelta e anche molte soddisfazioni se si è scaltri e pronti a cogliere la giusta occasione. Spesso la natura ci offre gli indizi utili per poter imboccare la retta via, retta via che molte volte è più vicina di quanto possiamo immaginare. Camminiamo sempre vicino al bordo, come su un filo del rasoio, dove da una parte c'è sempre la strada giusta, che ci permette di lavare via tutti i problemi. Mentre camminiamo sul bordo, non dobbiamo farci distrarre dai tanti problemi e dalle insidie che incontriamo durante il duro cammino della vita, problemi utili solo ad ingannarci, o peggio ancora ad ingannare il prossimo. La vita va vissuta in pieno, assaporandone tutte le essenze, ponendoci traguardi sempre più lontani, in modo da dare un senso ed un significato alla nostra esistenza. Un'ultima nota, esiste una corrente minore, la quale  sposa la teoria che le liriche di Close to The Edge siano ispirate, almeno in parte, ai libri di Carlos Castaneda, scrittore peruviano che è stato naturalizzato statunitense nel 1957. Posso tranquillamente asserire che in questa epica suite, firmata Anderson - Howe, è racchiusa tutta l'essenza del progressive rock. Siamo di fronte ad un capolavoro assoluto, forse la migliore composizione di sempre di Squire e compagni, che hanno sapientemente legato le varie parti in oltre diciotto minuti che scorrono via velocemente senza annoiare l'ascoltatore con eccessi di auto celebratismo fini a se stessi. Chapeau. 

And You And I

Veniamo alla traccia numero due, And You And I (E tu, ed Io), altra suite divisa in quattro parti. Il primo capitolo è intitolato I. Cord of Life (I. Il Legame della Vita), la cui introduzione è stata partorita da Steve Howe durante le operazioni di accordatura della chitarra. I delicati tocchi sulla sei corde sono accompagnati da un quasi impercettibile tappeto di tastiera, poi una manciata di cupe note fuoriuscite dal basso di Chris Squire danno il via al solare strumming di chitarra di Mr. Howe. Rick Wakeman esegue un effimero assolo con il sintetizzatore, producendo suoni che in futuro lo renderanno distinguibile fra mille tastiere, ed apre le porte all'ingresso di Jon Anderson, il quale si presenta con una ammaliante linea vocale calda e solare. Bruford si limita a ritmare con terzine di gran cassa, mentre il collega di sezione ritmica interviene con fraseggi di basso, sporcato da flanger e distorsore. Dopo quasi tre minuti si cambia, una ritmica andante trascina il resto della band in un bridge dalle forti sonorità beatlesiane, dove spadroneggia il basso. Nell'angelico inciso vengono lasciati solamente Steve Howe con un articolato arpeggio acustico e Jon Anderson, con una delle sue linee vocali più angeliche e dolci proposte sino ad ora. Al minuto 03:47 incontriamo la seconda parte, II. Eclipse (II. Eclissi), uno dei momenti più belli del brano, epiche tastiere guidano il resto della band in un interludio pieno di emozioni, la ritmica delicata lascia il campo a Rick Wakeman, successivamente affiancato dall'amico Howe con uno stralunato assolo di chitarra. Stiamo ascoltando uno dei più belli ed emozionanti interludi strumentali del progressive rock, destinato a diventare leggenda. Sulla note di questo bellissimo wall of sound, Jon Anderson canta la strofa volando il più in alto possibile, poi torna a spadroneggiare nuovamente Rick Wakeman con il riff simbolo del brano. Il brano sembra volgere al termine, Steve Howe ci ripropone l'ormai mitico tema dell'introduzione, poi al minuto 06:16 riparte con un solare strumming, stavolta servito in una piccante salsa texana, aprendo la terza parte della suite, III The Preacher, the Teacher (III. Il Predicatore ed il Professore). Viene richiamato all'ordine Rick Wakeman, che con un effimero tema di synth annuncia il ritorno Jon Anderson, che non varia la linea vocale della strofa. Un paio di fraseggi di chitarra fortemente flangerata ed una scala di basso annunciano il nuovo cambio, dove ancora una volta spadroneggia il fragoroso Rickenbacker di Squire. La linea vocale è solare e sprizza gioia da tutti i pori, ricamata da preziosi intarsi di chitarra. Altra escursione solista di Rick Wakeman con uno spaziale sintetizzatore, poi un crescendo della batteria accompagna una emozionante strofa cantata a tre voci. Rallentano i BPM, nel bridge Anderson accenna la linea vocale dell'inciso, poi Rick Wakeman ci ripropone il tema portante del brano, quando il brano sembra evaporare, al minuto 09:26, come una fenice risorge il ritornello finale, Jon Anderson lo esegue in una tonalità maggiore in modo da renderlo ancora più solare ed ammaliante, accompagnato dallo strumming flangerato di Mr. Howe, inciso che caratterizza la conclusiva ed effimera IV. Apocalypse (IV. Apocalisse), che come suggerisce il titolo va a concludere questa epica e melliflua suite. Nelle liriche viene illustrata l'importanza del legame fra uomo e donna nel corso della vita, sposando in pieno la teoria della legge della conservazione della massa di Lavoisier, la quale sostiene che nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma. Tutto quello seminato da una coppia è il perfetto coronamento delle esperienze maturate insieme. Fra un triste predicatore schiavo del tempo ed un professore schiavo della rima, i termini politici moriranno come le foglie sotto i freddi colpi inferti dall'inverno, e non ci sarà un nemico mutante da combattere. Una piccola curiosità, il produttore televisivo e scrittore Joss Whedon, esploso con la serie televisiva "Buffy The Vampire Slayer", ha chiamato la sua società di produzione Mutant Enemy, estrapolando esattamente questa parte dalle liriche di And You And I, essendo un fan sfegatato degli Yes. Tu ed io inseguiremo il richiamo che proviene oltre le valli dei mari infiniti, scalando la tortuosa strada della vita, cercando di raggiungere il Sole. Jon Anderson sottolinea l'importanza del rapporto fra uomo e donna, evidenziando che tutto ciò che la coppia ha costruito nel corso degli anni passati insieme, non morirà mai, suggellando la visceralità del loro rapporto. Liriche solari e positive, di difficile interpretazione, di forte stampo onirico e filosofico. Un'ultima curiosità sul brano in questione, alcuni frammenti di and You And I sono stati inseriti nella colonna sonora originale del film "Apollo 18", precisamente al minuto 00:13:21 e 01:08:50. Si tratta di una produzione fra Stati Uniti e Canada, risalente al 2011, diretta da Gonzalo López-Gallego, che sfruttando la pista del mocumentary aperta dai vari Cloverfield, Rec e compagnia bella, ha rimontato filmati esistenti, ispirandosi ad una vera missione nello spazio della NASA che doveva essere lanciata nel Dicembre del 1974, missione poi misteriosamente annullata. Il film tratta di una missione di routine che si svolge in segreto sulla Luna, in cui vengono ritrovati dei nastri video lasciati dagli astronauti delle precedenti missioni, nei quali sono registrati scioccanti avvenimenti relativi all'incontro con forme di vita aliene altamente ostili. Uno dei protagonisti, forse non a caso, porta il nome di Benjamin Anderson. Altri 10 minuti di vera e propria poesia musicale, ancora una volta firmata dallo strabiliante duo Anderson-Howe, con l'eccezione del secondo capitolo Eclipse, partorita dalla fenomenale sezione ritmica formata da Bill Bruford e Chris Squire. And You And I è uno dei brani più dolci composti da Anderson e compagni, brano che non ha faticato a diventare un classico degli Yes, sempre presente nelle set list live. I primi due capitoli della suite formano la versione singolo del brano.

Siberian Khatru

Purtroppo siamo giunti al brano conclusivo dell'album, che i nostri suggellano con un'altra perla destinata a diventare un classico, dal curioso titolo Siberian Khatru (Siberiano Come Desideri), aperta magistralmente da Steve Howe con un brillante tema dal sapore rock. Dopo questa breve introduzione si cambia decisamente atmosfera, i nostri ci colpiscono con un bellissimo wall of sound made in Yes, dove come spesso accade spadroneggia il fragoroso basso di Chris Squire, che quasi copre l'epico tema di tastiera proposto da Rick Wakeman, tema portante che verrà ripreso più volte in seguito. Dopo neanche trenta secondi Steve Howe ci martella con un tema ridondante, spostandosi sulle toniche, tema che sarà la colonna portante del brano insieme a quello di tastiera. Siberian Khatru sembra una carrellata dei luoghi comuni dello Yes World, e non poteva mancare la classica armonia vocale a tre voci. La strofa scorre via veloce, il basso trasporta la sognante linea vocale proposta da Jon Anderson, ricamata da un incredibile lavoro di intarsiatura da parte di Steve Howe. Passa un minuto e dopo un effimero bridge con la ritmica stoppata, si cambia nuovamente atmosfera. Arriva l'inciso, la sezione ritmica rallenta e si fa meno invadente, lasciando il campo ad un bellissimo gioco di armonie vocali. Steve Howe ritorna a martellarci con il ridondante riff, aprendo la strada al ritorno della strofa. Nuovamente il bridge e l'angelico ritornello, che stavolta viene prolungato e concluso da un memorabile "dude'ndoodit, dah, d't-d't-dah", che apre i cancelli ad un bellissimo interludio strumentale. Sulla ritmica andante proposta dal duo Bruford - Squire, prima Steve Howe fa centro con uno squillante tema di chitarra carico di effetti, poi Rick Wakeman lo imita con un suggestivo assolo di clavicembalo, inseguito dal basso, riportandoci indietro nel tempo, all'interno della sala principale di un'affascinante castello medievale. Poi è il turno dell'assolo di chitarra che Steve Howe esegue con la lap steel guitar, affascinante variante della sei corde di cui il nostro Steve può considerarsi il precursore nel campo rock. L'avvolgente assolo viene accompagnato brillantemente dalla sezione ritmica, poi Howe passa alla chitarra tradizionale continuando a tessere una meravigliosa ragnatela di note, andando poi a concludere con il riff iniziale. Minuto 04:14, Jon Anderson annuncia l'ennesimo cambio, dove è il protagonista assoluto. Bill Bruford ricama con magici tocchi sul set dei piatti, Squire accompagna con un ossessivo arpeggio, accolto dallo spaziale pad sparato dalla tastiera. Lentamente inizia a far capolino Howe con il riff portante, introducendo nuovamente la strofa. Dopo poco più di un minuto si cambia nuovamente atmosfera. Gli strumenti si placano lasciando il campo ad un bellissimo interludio vocale a cappella. Rick Wakeman rientra in gioco con un rilassante pad di tastiera, poi a turno rientrano in gioco tutti gli altri, sotto la marcia sul rullante di Bill Bruford. Questo bellissimo interludio ha un'aria rilassante, che improvvisamente viene interrotta dell'ennesimo cambio atmosferico. Ritorna il classico wall of sound yessano, dove Rick Wakeman imperversa con il tema iniziale di tastiera, stavolta in maniera assai più pronunciata. In sottofondo inizia a farsi largo Steve Howe con il tema portante, ma viene sovrastato dal potente giro di basso proposto da Squire, che sconfina in parti soliste. Al termine di questa epica cavalcata, sotto i colpi di un ossessivo pad di tastiera, Steve Howe riesce a prevalere con il suo tema ridondante. Dopo un breve bridge caratterizzato da una serie di "da - doo - da - doo - da", i nostri riprendono l'evocativa cavalcata, dove squillano le tastiere di Wakeman, con il tema che ci fa venire in mente i vecchi film di spionaggio. Steve Howe inizia a tessere un trascinante assolo da brividi che sembra non avere fine, solo il fader riesce a farlo evaporare con il nostro rammarico. Riguardo al bizzarro titolo e al contenuto delle liriche, Jon Anderson quando veniva interrogato a proposito, se la cavava brillantemente sostenendo che in siberiano "Khatru" significa "Come desideri", lanciando un messaggio che fra le righe recita "ognuno è libero di interpretare le liriche a proprio piacimento". Alcuni sostengono che le liriche in questione abbiano una forte impronta filosofica, nel sentire tale teoria, Squire ci scherza su dicendo: "Filosofiche? Secondo me la parola giusta è vaghe", sottolineando che forse neanche Jon Anderson è a conoscenza del significato del titolo e dei messaggi celati nelle liriche, ma è attratto da come le parole suonano, visto che in quel periodo era convinto di interpretare la voce come un vero e proprio strumento musicale, alla ricerca di suoni puri. Esaminando il testo si ha l'idea che sia un enorme calderone di licenze poetiche, prese dall'istrionico Anderson, badando più a come avrebbero suonato all'interno della linea vocale. Al centro di tutto vi sono i cambiamenti, argomento portante dell'intero album, spesso dettati dal destino dell'uomo. Poi si passa ad un fantomatico anello che raccoglie segreti nelle mani di un freddo re, dove io scorgo un velato tributo alla letteratura Tolkienana. Successivamente viene citato anche Martin Lutero, colui che fu l'iniziatore della riforma protestante, rimanendo nella tematica dei cambiamenti. Anche la fredda Siberia, "la terra che dorme" che sembra sempre avvolta dal gelo, è incline ai cambiamenti. Siberian Khatru è l'ennesima perla nella discografia degli Yes, al dire il vero la mia preferita del platter, dove nella stesura Rick Wakeman affianca il duo portante formato da Steve Howe e Jon Anderson.

Conclusioni

Il 1972, si segnala come uno degli anni più prolifici del progressive rock, oltre a Close to The Edge, si segnalano uscite di album che ben presto diventeranno icone del progressive rock, come Thick as a Brick dei Jethro Tull, che precedono di qualche mese gli Yes con l'idea di tracce lunghissime. I Gentle Giant si segnalano con ben due uscite, Three Friends ed il capolavoro Octopus. I Genesis pubblicano la perla Foxtrot, mentre gli Emerson, Lake & Palmer sfornano Trilogy. Anche l'Italia si difende bene con Darwin! del Banco Del Mutuo Soccorso e Storia Di Un Minuto della PFM, mentre lentamente iniziano a prendere vita i Goblin di Claudio Simonetti. Facendosi largo fra queste strabilianti pubblicazioni discografiche, gli Yes erano chiamati nell'ardua impresa di superare il precedente capolavoro, Fragile. Pur decidendo di cambiare a loro rischio e pericolo la formula, dedicandosi ad estenuanti composizioni di lunga durata, ci riescono brillantemente, addirittura superandolo, sfornando Close To The Edge, a mio avviso l'album "per eccellenza" del progressive rock. I nostri riescono a sfornare composizioni interminabili senza annoiare l'ascoltatore con auto celebratismi fini a se stessi, ma ammaliandolo con numerosi cambi ritmici e variazioni di atmosfera, sfruttando a pieno la poliedricità di Rick Wakeman (che per assurdi motivi burocratici figura raramente nei crediti compositivi delle tracce) il quale si sposa brillantemente con l'immenso talento di Mr. Howe, che consolida la posizione di miglior interprete della sei corde. Nonostante la sua avventura fosse quasi al capolinea, Bill Bruford si conferma un batterista che esce fuori dalle linee dei canonici drummer, proponendoci ritmiche complicate ed originali, mai invasive, grazie al supporto del talentuoso Chris Squire, a mio avviso il miglior bassista in assoluto di tutti i tempi, che come sempre domina fra i solchi dei dischi degli Yes. Cresce a dismisura anche Jon Anderson, specie sotto il profilo della stesura delle liriche, sempre piè oniriche e filosofiche e stavolta dal sapore orientale. Close To The Edge è venuto alla luce il 13 Settembre del 1972, registrato presso gli Advision Studios, siti nel West End di Londra, sotto la supervisione del valente Martin Offord. L'album, a dispetto dell'improvvisa defezione del batterista Bill Bruford, si è rivelato il più grande successo commerciale degli Yes, grazie anche ad un tour promozionale mondiale di notevole successo. Oltre a ricevere consensi positivi ad unanimità da parte della critica, Close To The Edge ha raggiunto la posizione numero quattro in patria, la numero tre negli Stati Uniti ed un sorprendente primato nei Paesi Bassi. Dopo aver venduto oltre un milione di copie, ha ottenuto il meritatissimo disco di platino. Visto il successo ottenuto da CTTE, il manager Brian Lane non prese nel migliore dei modi la dipartita di Bill Bruford, in procinto di inchinarsi alla corte del Re Cremisi, esclamando: "se questo fenomenale ragazzo se ne vuole andare, gliela farò pagare cara". Detto fatto, Brian Lane chiese un risarcimento di ben diecimila dollari all'estroso batterista, oltre alla cessione al nuovo batterista del set di flight case per la batteria appena ordinato. Ma non è finita qui, Bruford era obbligato a cedere al suo sostituto anche il cinquanta per cento della sua quota di royalties ottenute dalle vendite di Close To The Edge, una cifra esorbitante, ma secondo Bill Bruford , fra le varie penalità da pagare era quella più comprensibile, in quanto lui aveva contribuito alla creazione del capolavoro Close To The Edge, mentre Alan White ha contribuito alla sua consacrazione sgobbando in giro per il mondo durante i tour promozionali, e a dire il vero suonandolo fino ai giorni nostri. Ma CTTE, oltre che a candidarsi come uno dei migliori album di tutti tempi, nell'ambito del progressive rock, ha anche un'altra peculiarità di fondamentale importanza. Durante la progettazione dell'artwork, il maestro Roger Dean da una forma definitiva al logo "Yes", ideando il famoso ed ammaliante logo "a bolla" che accompagnerà gli Yes fino ai giorni nostri. Per quanto riguarda la copertina, non si può certo dire che sia fra le più belle disegnate dall'artista di Ashford, in quanto il front non è altro che uno sfondo che sfuma dal verde smeraldo al nero, dove spicca il logo Yes in verde chiaro, ed il titolo dell'album in celeste, eseguito con i medesimi simpatici caratteri del logo. Ma è all'interno che troviamo un'opera degna di Roger Dean, il quale ci rappresenta magistralmente un paesaggio alieno dove l'acqua è l'elemento predominante e pullulano le cascate, ricollegandosi al pianeta in cui sarebbero poi sbarcati i superstiti saliti sulla nave spaziale "Leonardiana" di Fragile. Per rappresentare il fantastico scenario, Roger Dean ha tratto ispirazione dalla Highlands della Scozia, le spettacolari Angel Falls del Venezuela e Lake District, una regione montuosa nel nord ovest dell'Inghilterra, località turistica famosa per i suoi affascinanti laghi, spesso avvolti da una misteriosa nebbia, tutte location visitate durante le vacanze. Ritornando all'album, mi risulta difficile stabilire un mio brano preferito, ad ogni ascolto scopro qualcosa che fa pendere le mie simpatie verso un determinato brano, facendo sì che i tre brani si alternino nella posizione di leadership, al momento le mie preferenze pendono verso la traccia che chiude il platter, ma non sono in grado di stabilire quanto questo primato possa perdurare. In conclusione, secondo il mio modesto e sindacabile parere, Close To The Edge non deve assolutamente mancare nella discografia di chi asserisce ascoltare buona musica, indipendentemente dal genere preferito e dalle varie simpatie o antipatie verso determinate band e sonorità. Siamo di fronte ad un masterpiece, che nonostante sia stato partorito quarantatré anni orsono, risulta ancora attuale ed emozionante. Sono sicuro che l'album sia in grado di riscuotere consensi anche fra chi ascolta il metal più estremo, mentre credo sia impensabile non trovarlo nella discografia di chi ascolta progressive, rock o metal che sia. Assolutamente da avere e da ascoltare con attenzione, per assaporarne tutte le essenze.

1) Close To The Edge
2) And You And I
3) Siberian Khatru
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