X
RAY LIFE
2012 - Atomic Stuff Records

OLEG EGON BRANDO
17/01/2013











Recensione
Esce per la nostrana Atomic Stuff records l'interessante debut album dei veneti X-Ray Life.Dalle note biografiche scopro che la band è di recentissima formazione(tardo 2011) ed è quindi ammirevole come in così poco tempo siano riusciti a dare alla luce il debut album.Per gli amanti delle categorie di genere, potremmo inquadrare il sound del disco come "Grunge", prendendo il termine come connotazione di stili sviluppatisi nella prima metà degli anni novanta principalmente nell'area di Seattle.Ma così come la proposta musicale delle band inflilate dal music business nel calderone "Grunge" era variegata e con enormi differenze sonore fra le band più rappresentative, anche il disco in esame non è accostabile ad un sound o una band in particolare.Come sviscererò con maggior completezza nel "track by track" a seguire, questi X-Ray Life hanno il pregio di saper dare alla propria musica colori ed atmosfere molto diverse fra brano e brano.Cosa positiva perché non rischiano di annoiare l'ascoltatore. Non tutte le canzoni però hanno la stessa intensità creativa (ok, questo è più che normale) e dopo diversi ascolti mi sono fatto un'idea di cosa riesce meglio al quintetto.Ma di questo ne parlerò dopo.Quello che è certo è che questa band dimostra una sincera passione per quello che fa e l'assoluta mancanza di piaggeria nei confronti del mercato musicale.Già solo questo dovrebbe indurre chi legge ad interessarsi a quanto propongono per la curiosità che il rispetto dovrebbe fare sorgere spontaneamente.Dal punto di vista della produzione, l'album si attesta su un buon livello di qualità. Il sound esce compatto e potente anche se non esente dai difettucci che sono propri ad un'autoproduzione.In certi casi la voce è un pelo sepolta nel mix (colpa anche di un troppo abusto effetto "megafono" che se in certi momenti è più che azzeccato, usato troppo spesso penalizza più che arricchire,almeno per me) mentre la batteria in alcuni frangenti risulta un pò meccanica (non so se per la prestazione del drummer o per il troppo editing) ed i suoni dei piatti non mi sembrano così curati tanto che il crash a volte può risultare fastidiosamente distorto , togliendo groove e feeling nei momenti in cui è suonato a ripetizione. Sono comunque difettucci che non pregiudicano la buona qualità della proposta.Mi sono permesso di scriverli più come umile suggeriemnto per future incisioni che per giudicare.A livello di line-up il punto di forza è sicuramente il cantante Mattia Briggi (anzhe compositore principale e curatore della produzione). Il suo timbro vocale è decisamente influenzato dai mostri sacri della scena alternative rock (ecco, basta con 'sto Grunge) di metà anni novanta, pur mantenendo per la maggior parte del disco una sua personalità.In certi brani si sente un po' di più la propensione all'emulazione,in particolare dell'indimenticabile Layne Staley, ma resta comunque un timbro non eccessivamente forzato. Sicuramente spontaneo nella sua derivabilità.Un armonico mix di Daniel Johns dei Silverchair così come di Scott Weiland,Kurt Cobain ed il già citato Staley.Altro elemento che mi ha colpito è il bassista Matteo Ruglianicich autore di una prestazione solida,puntuale e mai fuori luogo. Nessun virtuosismo ma "solamente " potenza,armonia e precisione messe al servizio delle canzoni. Ottimo anche il sound dello strumento, corposo ma nel contempo pungente quanto basta. Le chitarre di Corrado Rinucci e Giovanni Zanardo sono belle massiccie ma nel contempo armoniche, con un sound alla Black Sabbath/Kyuss/Soundgarden, e sanno il fatto loro dal punto di vista ritmico e di struttura del brano. Non mi hanno convinto molto a livello solista, devo dire la verità. Qualche buona idea c'è sicuramente ma il sound e le esecuzioni mi sono parsi spesso poco fluidi. Niente che non si possa migliorare, comunque.Per quanto riguarda la batteria di Matteo Boranga, come ho già scritto in precedenza,alcuni difetti di editing/sound non me la fanno apprezzare pienamente nonostante qualche spunto interessante quà e là.TRACK BY TRACKIl disco si apre con l'aggressiva MACHINE GUN KELLY. Una legnata "punk 'n' roll" aperta da un bel riff e sostenuta dalla bella prova vocale del cantante che alterna sfuriate rabbiose a frasi più melodiche.Un pezzo semplice e diretto che sicuramente ha la sua connotazione naturale quando suonato dal vivo.Nella successiva EVERYONE IS A STAR gli X-Ray Life iniziano a navigare nelle acque che ritengo più congeniali a loro, quelle dei mid-tempos con struttura granitica sovrastati da linee melodiche meno aggressive e più di matrice Stone Temple Pilots. Un brano cattivo e nel contempo ipnotico che mi ha ricordato le cose migliori presenti in Bleach dei Nirvana. Il refrain è bello "arioso" e "catchy" ed si alterna alle atmosfere claustrofobiche delle strofe.Si torna su lidi più punkeggianti in COMA LIKE A DREAM. Anche qui l'influenza dei primi Nirvana è più che evidente anche se,per quanto mi riguarda, i risultati sono inferiori ai brani precedenti e successivi. In sostanza il brano non mi convince nonostante le buone idee di melodia vocale. Il problema del sound del crash fastidioso di cui parlavo ad inizio articolo qui è ai suoi massimi e le parti di chitarra solista proprio non mi piacciono.Anche la seguente "HEY" si piazza su coordinate simili,coi medesimi pregi ed i medesimi difetti del brano che la precede. Nulla di grave perchè dopo questi due "passi falsi"(relativamente) arriva quanto di meglio gli X-Ray Life sanno offrire. LAY ON YOU è una delle perle del disco.Dopo una breve intro di ricerca frequenze radio (tipo in "Song for the Deaf" dei QOTSA...qui però con alcuni secondi da Radio Maria intervallati ad Africa dei Toto ed altre songs) parte un riff fottutamente Black Sabbath. La strofa viaggia su atmosfere accostabili ad alcuni lavori dei Cathedral su cui si staglia una linea vocale alla Alice in Chains sporcata dall'effetto megafono (qui sì che ci stà) per fluire agilmente nel ritornello: un mantra psichedelicho in cui la voce si alza di tonalità fino ad arrivare ad una sorta di flasetto.Una canzone coinvolgente ed ipnotica. Non mi fa impazzire la scelta di inserire dopo il solo una parte più accellerata...ma è,appunto,una scelta. Il finale ci riporta sui binari lisergici del resto del brano chiudendosi con il ritornello seguito da un bell'arpeggio con un azzeccatissimo effetto "low-fi". Ottimo Lavoro. I complimenti alla band continuano anche per la traccia successiva, la ballata acustica SAD. Indubbiamente figlia di ripetuti ascolti dei seminali Unplugged di Nirvana ed Alice in Chains, SAD è un pezzo completamente acustico con un buon lavoro di interazione fra le due chitarre (una che mantiene la pennata "folk",l'altra a dipingere arpeggi), un basso semplice e mai invasivo (anche nel suo brevissimo momento "solista" a metà brano) e la voce che sussurra una melodia malinconica decisamente bella.Non è certo la canzone più orginale del mondo ma da questo tipo di brani non si cerca certo altro che calore ed atmosfera, caratteristiche ben presenti in questo piccolo gioiello.Si torna all'aggressività con DEVIL ON EARTH, aperta da un riff pseudo-funky, il pezzo unisce alle atmosfere alternative rock un attitudine più hard rock e "stradaiola". Strofe belle cattive con la voce in primo piano e ritornello bello "tamarro" con chitarre e voce all'unisono. Non mi fa impazzire il bridge prima del solo ed anche il solo stesso,benchè inizi bene, si perde nei difetti di fluidità citati alcune righe fa. Comunque un pezzo niente male, fra quelli più "speed" del disco lo ritengo quello più efficace. Con 665 INSIDE si tornano ad abbassare i ritmi ma solo per renderli più marziali e rocciosi.La base della strofa è cadenzata e "spezzata" tipo alla Five To One dei The Doors-ma con un sound più heavy,ovviamente- e la linea vocale è figlia del blues più marcio e sulfureo (unico difetto: qui Mattia ricorda TROPPO il compianto Staley nel modo di modulare la voce). Il ritornello sembra uscito da Facelift degli Alice in Chains, bello fluido nel suo essere cupo e malato nelle atmosfere. Un bel brano,decisamente,che credo possa avere un'ottima resa dal vivo.Subito dopo troviamo l'unica cover del disco SUSIE Q, classico dei Credence Clearwater Revival. Gli X-Ray Life avvolgono il brano nel loro sound, rendendolo più grintoso e "peccaminoso".Attacchi decisamente heavy e potenti sostituiscono i fraseggini solisti dell'originale dando al brano una personalità tutta nuova. Buono il lavoro di produzione nell'alternare le diverse atmosfere sonore con le quali i veneti hanno stravolto un vecchio classico.Si torna sui brani originali della band con CHARLIE THE SHEPPERD.Sinceramente il pezzo non mi è piaciuto molto non per altro perchè sembra una sorta di Breed dei Nirvana capitolo secondo. Forse è un mio problema, non lo so...ma a me questo brano per struttura ed intenzione ricorda troppo il brano presente in Nevermind. Certo gli accordi sono diversi-non sempre- ma non riesco a non essere condizionato da tale somiglianza. il breve stacco centrale stacca un pò da questo feeling di "deja-ecoutè" ma con l'assolo -anch esso simile a quello di Cobain- ed il finale con l'urlo selvaggio del cantante a fine ritornello non posso non tornare a sentire una copia sbiadita di un brano con cui sono cresciuto.Per fortuna con l'ultimo brano (non a caso intitolato THE LAST SONG) gli X-Ray tornano ad essere se stessi per salutarci con un altro dei loro pezzi più interessanti. La canzone è lenta,atmosfericha,solida e ben arrangiata.Per la prima volta sono i Pearl Jam , non a caso mai citati fino ad ora, il punto di riferimento più accostabile al sound del brano. Ottima la produzione nella resa degli arpeggi di chitarra e delle rullate di batteria, buon lavoro di tutta la band nel tessere una trama sonora varia, intensa e di indubbia potenza atmosferica. Per quanto mi riguarda è l'unico brano in cui gli strumenti hanno una potenza emotiva superiore alla voce. Complimenti alla band.La canzone è lunga ma non stanca, le lunghe parti strumentali sono tutte funzionali e ben arrangiate e le bonarie critiche fatte alle chitarre soliste vengono messe da parte per lasciare spazio all'apprezzamento per il buon lavoro eseguito. Pregevole l'inserimento di un fraseggio di piano nel finale del brano. Bella chiusura di un viaggio che fra alti e bassi ci ha lasciati decisamente soddisfatti.Luci ed ombre,sicuramente, ma in disco di debutto - oltretutto con un numero di canzoni sopra la media - credo sia inevitabile. Come si sarà evinto da tutto quel che ho scritto, ritengo gli X-Ray Life una band con un gran potenziale che, per quanto mi riguarda, da il suo massimo nei brani più atmosferici e melodici così come nei mid-tempos massicci e blueseggianti. Fossi in loro, cercherei di inquadrare le future composizioni su tali coordinate piuttosto che su quelle più vicine al punk/rock 'n' roll su cui si inquadrano alcune traccie.Umile consiglio da due lire di uno che ha ascoltato il disco diverse volte. Consiglio ai lettori di visitare il loro sito e di dare una chance a questi ragazzi perchè meritano per lo meno di essere ascoltati.Per quanto mi riguarda, questo disco mi ha fatto venire la curiosità di vederli dal vivo. ...e non è forse questa una delle cose migliori che un bell'album Rock può scaturire?

1) Machine Gun Kelly
2) Everyone is a star
3) Coma like a dream
4) Hey
5) Lay on you
6) Sad
7) Devil on earth
8) 665 inside
9) Suzie Q
10) Charlie the sheperd
11) The last song

