VOLA

Witness

2021 - Mascot Label Group

A CURA DI
ALESSANDRO GARGAGLIA
02/02/2022
TEMPO DI LETTURA:
5,5

Introduzione recensione

Tre anni dopo "Applause of A Distant Crowd" (2019), I Danesi tornano con nuova musica, fortemente caricati dall'ottimo album appena citato, un album che ci ha lasciato un'ottima considerazione del gruppo Progressive Metal. La vera e propria magia, generata dall'unione di Metal e Dream Pop ci aveva convinto a pieno, un'idea e un lavoro bellissimo, particolare e unico. Attenzione però perché proprio in questi casi arriva il difficile, mi spiego: hai creato qualcosa di nuovo, un sound tutto tuo che ha stupito e colpito numerosi ascoltatori, hai dato una svolta al tuo stile. Ora devi confermare quanto fatto, è il momento, dopo tre anni, di far uscire un album che sia ancora migliore del precedente, che porti avanti quelle idee, e magari ne cambi alcune se si vuole azzardare anche qualcosina in più. L'ombra del fallimento tuttavia è sempre presente e getta la sua negatività su tutto. Luci e ombre a parte, sarà interessante scoprire se i "VOLA" con "Witness" siano riusciti a mantenere l'altissimo livello dell'uscita precedente. La formazione del gruppo resta invariata, con il frontman dall'inconfodibile voce "Asger Mygind" alla chitarra e, ovviamente, voce, "Nicolai Mogensen", con il suo basso onnipresente in ogni passaggio dell'album, "Martin Werner", elemento chiave al reparto tastiere, e grooveman "Adam Janzi" alla batteria. L'album è prodotto direttamente da Asger, e mixato da "Jacob Hansen". Personalmente mi aspetto due cose, da una parte solidi riff sicuramente, ma soprattutto Dream Pop, dato che quest'ultimo elemento è stata la chiave vincente secondo me, della formula musicale "VOLA". Voglio precisare che sono personalmente molto legato al percorso del gruppo in questione, perché li seguo dal primo full length, "Inmazes" (2016), e sono rimasto folgorato dalla svolta evolutiva dell'album seguente. Vi ho trovato un'enorme peculiarità sonora, e un'interessante direzione stilistica. Detto questo, mi risulta difficile in questo paragrafo introduttivo parlare dell'album senza fare spoiler rispetto ai quesiti che ci siamo posti, soprattutto conoscendo già i brani e sapendo dove andrà a finire il nostro giudizio conclusivo. Quindi non dirò tanto a riguardo, perché preferisco andare traccia per traccia, ad analizzare e scoprire insieme i vari episodi di "Witness". L'unica cosa da dire, per accendere un po' la scintilla della questione, è che dopo aver ascoltato i quattro singoli usciti in anteprima del full lenght, la paura di aver perso qualcosa in casa "VOLA" è aleggiata nella mia testa, e mi sono detto, dai, quattro brani non sono mica tutto l'album, ma avendo "Witness" nove tracce, quattro sono effettivamente quasi la metà, quindi non poco.

Straight Lines

Una chitarra lontana lentamente si avvicina e ci esplode letteralmente in faccia, nel primo entusiasmante riff di "Witness". "Straight Lines" (Linee rette), è un brano di apertura molto molto promettente. È il perfetto connubio tra melodia, aggressività, complessità e orecchiabilità. Il ritornello è arioso, sognante, ma allo stesso tempo potente, con una melodia da subito coinvolgente e familiare, mentre le strofe si adagiano su una ritmica complessa, ma anch'esse allo stesso tempo dinamiche e facilmente digeribili, con le 7 corde di "Mygind" in chiaro stile "Meshuggah", a voler delineare la parte più "Modern" Metal della formazione danese. Anche i suoni, e la produzione cristallina, da subito apparentemente perfetta, ci rimandano a sonorità a cui siamo ben abituati nel panorama del Prog Metal contemporaneo, forse anche troppo abituati. Se nel capitolo precedente un elemento caratterizzante dell'album era proprio una produzione a tratti oscura, ovattata, quasi distante, che dava una personalità unica all'intera opera, gli conferiva una sorta di natura extra mondana, quasi lo esonerava dal tempo nel quale è stato concepito, in questo episodio tutto ciò sembra venire a mancare, almeno finora. Il brano è totalmente adattato a qualunque canonicità esistente del panorama, e di fatto, è un ottimo brano, una bomba commerciale, per quanto sempre commerciale il genere possa essere. Sicuramente è un pezzo che può piacere a chi digerisce Metal senza problemi, e anche a chi non ne ha mai sentito parlare, ma sicuramente, come ho già detto, non è questo il problema. La melodia e la linearità erano presenti anche in "Applause of a Distant Crowd", solo che erano presenti in una formula tutta sua, una formula che aveva un qualcosa di unico, un qualcosa di inimitabile. Il testo rimane invece abbastanza legato ai lavori precedenti, sono una serie di frasi metaforiche, apparentemente sconnesse, ma sicuramente riferite a qualche concetto introspettivo. Il nostro soggetto sembra stia in qualche modo perdendo la retta via, le linee rette potrebbero raffigurare i binari di un treno, e quindi le linee guida della vita, dalle quali ci si può discostare e perdere il controllo. Nel testo ricorrono numerose immagini, che sicuramente non possiamo collocare in un contesto ben definito, scene di vita, di quotidianità, che ci permettono comunque di costruire questo quadro generale.

Head Mounted Sideways

"Head Mounted Sideways" (testa montata lateralmente), è rappresenta esattamente l'ambivalenza contraddittoria di "Witness". Il secondo brano dell'album è effettivamente un ottimo brano Metal. Il riff di apertura, in cui il basso graffiato, fuoriesce dal mix producendo frequenze quasi tangibili, con le chitarre distorte quasi a fare da cornice, presenta il brano ottimamente. Dalla pesantezza aggressiva della strofa si passa a un ritornello tipicamente VOLA; bella melodia, coinvolgente e dal registro deciso e marcato, per poi ritornare a una seconda strofa, stavolta più calma e soffice. Secondo ritornello, e fino a qui tutto nella norma, niente che gridi al miracolo, per fortuna a innalzare il brano troviamo una lunga coda in crescendo, che pone un netto contrasto tra voci angeliche, e la strumentale probabilmente più aggressiva mai proposta dalla formazione danese, con l'esplosione di essa, in un vero e proprio breakdown, da fare quasi invidia a "Smartfriend", della fatica precedente. Le chitarre taglienti, supportate da una batteria potentissima e uno scream esplosivo di "Asger", il tutto coronato da una massiccia produzione. Prima parlavo di ambivalenza contraddittoria, perche si, abbiamo praticamente uno dei migliori brani Prog Metal dell'anno, o almeno alcuni dei riff migliori sicuramente, ma in tutto questo, viene ancora una volta a mancare quella che per me è la magia VOLA, precisamente, il supporto sperimentale del Dream Pop. Il brano è sicuramente meno personale ed emotivo di ciò a cui ci avevano abituati, e se così fosse per un unico brano dell'album, nel quale magari hanno voluto dirigersi verso una pesantezza ritmica quasi monolitica, come poteva appunto esserlo da una parte magari "Smartfriend" o "Whaler" nell'album precedente, mi andrebbe pure bene, per poi concentrarsi di più sulle emozioni nelle zone più profonde dell'album, questo lo vedremo proseguendo con l'ascolto. Anche il testo in un certo senso ci rimanda ad un brano come "Smartfriend", in quanto tratta il cambiamento portato da determinate tecnologie, e come questo cambiamento aumenterà esponenzialmente andando avanti nel futuro.
Una sorta di disumanizzazione è in atto, ed è prossima a degenerare, con l'utilizzo dei vari media quasi come distrazione dalla realtà di tutti i giorni. Il brano è in qualche modo un invito a riprendere il controllo delle nostre vite, per ricordarci che il mondo vero è all'esterno, e che non va vissuto attraverso uno schermo.

24 Light Years

Ciò che ho argomentato nel paragrafo dedicato al brano precedente, viene praticamente distrutto da "24 Light Years", (24 Anni Luce). Chiaramente il brano migliore dell'album, seguendo la mia personale ottica. Finalmente ritroviamo quei suoni, parlo di quei suoni digitali, distanti, permettemelo, anni luce. Leggerissimi synth provenienti da uno spazio indefinito, che puntano direttamente a catapultare la nostra mente nell'ignoto più lontano, che ci fanno girare mille domande in testa, quelle domande eteree che rimangono in eterno, senza risposta alcuna. Nel brano troviamo anche un groove di batteria ispiratissimo nella strofa, con il classico pattern sincopato di "stack", il soffice piatto chiuso da vari piccoli piatti sovrapposti. Le melodie vocali sono finalmente a un livello VOLA, il ritornello è semplicemente un viaggio bellissimo. Qui protagonista, è l'inimitabile delicatezza del gruppo danese, che riesce a donarci finalmente, un'autentica perla.
Il brano riesce, in poco più di quattro minuti, a lasciare un segno indelebile. Anche il testo ritorna su un'introspezione metaforica e astratta di non facile comprensione. Tuttavia riesce a trasmettere emozioni profonde contestualizzato nel brano; ci troviamo di fronte a qualcosa che sembra irraggiungibile, forse un enorme ostacolo ci impedisce di raggiungere questo scopo. Metaforicamente, 24 anni luce è una distanza praticamente inimmaginabile, basti considerare che il Sole dista dalla Terra all'incirca otto minuti luce. Il sound è pieno di emozioni, il lavoro sulle tastiere e sulle armonie, è magistrale. "24 Light Years", a mio parere, è uno dei brani migliori dell'intera carriera dei VOLA.

These Black Claws

Siamo al quarto brano e singolo rispettivamente, di Witness. "These Black Claws" (questi artigli neri), vuole essere un episodio decisamente particolare dell'album; i Vola, azzardano un primo, e si spera ultimo, approccio tra Prog Metal e Rap. Già l'inizio del brano sembra una sorta di beat Hip Hop, con batteria digitale, i tipici hi-hat, che accompagnano linearmente il groove in 4/4 circondato da suoni anche interessanti. Il ritornello ci esplode addosso, con una bellissima melodia, trainata dai caldi accordi delle chitarre distorte. Ed eccoci nella seconda strofa, in cui la profonda voce del rapper "Shahmen", si accomoda sul beat, eseguendo una strofa rappata che nel brano s'inserisce pure molto bene. L'esperimento è sicuramente interessante, è una mezza pazzia che cattura l'attenzione e risulta decisamente riuscita, il problema è che tutto questo lo vedo molto poco inserito all'interno del contesto VOLA. Il brano si distacca troppo dal resto dell'album, sembra una tassella di un puzzle che non può in nessun modo combaciare con le altre, quindi la lasciamo li, in rilievo giusto per non lasciarvi sotto un buco, ma il dislivello purtroppo, è evidente. Diciamo che forse non era il tipo di sperimentazione che mi sarei aspettato dai VOLA, poi quando scelte del genere si limitano ad un brano solo, le digerisco a fatica, è un po' come risvegliarsi da un sogno, non è che la realtà sia brutta, pero la riconosco differente dal sogno. Il brano ha anche un bellissimo breakdown in chiusura, con un riff devastante degno di tutti i riff dell'album. Questo per dire che il brano in sé non è male, considerando anche l'ottimo ritornello, che ritorna alla fine chiudendo il brano. Il testo è decisamente interessante. Sembra un altro avvertimento, in cui il soggetto è l'intera umanità, che sta sprofondando nell'oscurità. C'è un netto pessimismo in tutto il brano riguardo la nostra condizione, non sembra esserci redenzione, siamo una causa persa, ci stiamo piano piano affidando sempre di più, a "questi artigli neri".

Freak

"Freak" (Strano), quinto brano di "Witness", suona molto più VOLA, finalmente. Una melodia carica di emozioni si presenta con lunghi e leggeri accordi di chitarra acustica, e una tastiera eterea che ci avvolge dolcemente. i danesi tornano nella loro "comfort" zone in timbri caldi e soft. Anche il ritornello di "Freak" suona a tutti gli effetti come i VOLA che ci ricordiamo da "Applause of A Distant Crowd". Possiamo sentire chiaramente l'alienante suono prodotto dalla tastiera di "Martin Werner", che tanto ci era mancato. Il brano è emotivo, profondo, e melodicamente interessante. anche la calda voce di "Asger Mygind", si trova a suo agio nella soffice strumentale semi acustica. Sono proprio quei frammenti melodici, tipicamente VOLA a farci passare quel brivido lungo la schiena, quella sensazione di assuefazione fisica. Il gioco sonoro dato dalle note di tastiera sovrapposte alla grave e calda voce di "Asger", ritrova finalmente il suo scopo in "Freak". Il testo è nello stile dei precedenti, tratta di maschere tolte, e di una delusione nel vedere cosa vi era veramente sotto. Abbiamo probabilmente un individuo che nasconde la sua vera persona, che una volta scoperta, risulta un deludente "Freak", il termine ha molti significati, difficile tradurlo correttamente nel contesto, potrebbe essere una sorta di "scherzo della natura", una persona eccentrica, maniaca, o addirittura un mostro. Sicuramente non qualcosa di positivo comunque. Tra l'altro viene aggiunta una richiesta di allontanamento, e viene ribadito il fatto che questa persona non mancherà al narratore.

Napalm

Anche "Napalm", promette bene; una melodia che sembra quasi familiare, effettivamente mi ricorda qualcosa di "Inmazes", si avvicina, da un'eco lontana. In seguito entrano le chitarre e i riff potenti, seguiamo anche una melodia d'accompagnamento di tastiera. La strofa si destreggia in dei riff niente male, su timbri e registri moderati, ma è l'esplodere del ritornello, e il ritornare della melodia iniziale a prendersi tutti i nostri applausi. Ancora una volta, ritornello azzeccatissimo, molto bella e folgorante la melodia, tipicamente VOLA, forse, il miglior ritornello dell'album. La seconda strofa entra più potente, con un riff Djent di chitarra che si avvicina al lato più "Meshugghiano" dei danesi, ma noi stiamo solo aspettando il ritorno del chorus. Anche il bridge finale riesce a soddisfare, nessun colpo di scena, ma ci accontentiamo. Forse finora questo sta un po' mancando all'album, qualche sezione di un brano inaspettata, giusto il breakdown finale di "Head Mounted Sideways" ha creato questa situazione, ma diciamola tutta, ci mancano le sezioni alla titletrack dell'album precedente, o come la parte centrale di "Whaler", o l'intera "Vertigo". Insomma episodi che lasciano il segno davvero per capirci. Ma non ci attachiamo al passato, ritorniamo al nostro presente, forse un po' più grigio, come in copertina. Possiamo sicuramente promuovere però, il riff finale di "Napalm", prima dell'ultimo ritornello, in cui chitarra e tastiere si doppiano, andando all'uniscono in armonie interessanti. A catturare la mia attenzione in questo brano, è anche il testo, soprattutto nel ritornello; colui che parla, si chiede come gli sia possibile tornare in dietro, per "non cambiarti mai". In genere si vuole tornare indietro per cambiare qualcosa, in questo caso è interessante il gioco un po' paradossale creato dall'inverso della situazione. Per ora sicuramente, brano secondo solo a "24 Light Years".

Future Bird

"Future Bird" (uccello del futuro), entra con un bel riff, ritmicamente incisivo, e con una progressione armonica intrigante. La strofa si adatta su registri molto più soft, il basso rimane l'unico strumento distorto, e conduce la morbida ritmica, sostenuta da un altrettanto morbida batteria, e dolci note di tastiera. Il ritornello entra potente, sopra il riff iniziale, a confermare dopotutto una melodia coinvolgente. il brano non è chissà quanto esaltante, si salva decisamente la sezione finale, in cui, dopo il secondo ritornello, ancora una volta, un riff doppiato da chitarra e tastiere, esplode in un'armonia decisamente interessante. anche la scelta melodica della linea vocale di "Asger" in questo punto è ben piazzata. Il brano si chiude con questo piacevole groviglio melodico in fade out.

Il testo è ancora una volta molto metaforico e astratto, di difficile interpretazione. L'assenza di un punto di riferimento cronologico o di un'apparente narrativa, m'impedisce anche di tentare un'interpretazione mia. Ancora una volta abbiamo una serie di immagini forse volte a descrivere uno stato d'animo, una sorta di flusso di coscienza, che si tramuta in qualche modo in una conversazione con un interlocutore. Sorvolando il testo, il brano non convince, anche qui manca qualcosa, ci ritroviamo nella solita struttura, sembra quasi un ripetersi. Ci troviamo con un giudizio più volte avuto all'interno dell'album, riff e melodie vocali azzeccate, però manca qualcosa in più, manca quella magia che caratterizzava i lavori precedenti dei danesi, è questa, è l'ennesima traccia in cui questa avvertiamo questa mancanza. È come una luce, che sembra essersi affievolita, e non riesce più a splendere con la naturalezza con cui splendeva prima, vediamo gli artifici, e le forzature, in un lavoro più faticato e meno consapevole.

Stone Leader Falling Down

Ancora una volta un riff accattivante apre le danze del penultimo brano di "Witness", "Stone Leader Falling Down" (leader di pietra che cade). Il brano torna martellante su dinamiche aggressive, le chitarre distorte ci accompagnano praticamente per tutto il brano. la batteria anche mantiene un ritmo elevato, soprattutto quando il brano entra in un vero e proprio break down, con duri chug di chitarra che rimandano direttamente al Metalcore. Un brano aggressivo in questo modo si presta abbastanza bene ad una transizione conclusiva, ma il brano purtroppo, passa quasi inosservato per mancanza di personalità. A parte il breakdown che può stupire, se fatto da un gruppo come i VOLA, sempre prendendo come riferimento il loro album precedente, non vi è nulla da segnalare, il brano risulta quasi noioso, almeno alle mie orecchie. Non troviamo neanche melodie trascinanti come quella di "Napalm", o di "Freak", insomma, una piattezza che lascia un po' di amaro in bocca. Diciamo che conferisce al brano il ruolo di filler, forse neanche volutamente, ma il risultato è che si rivela in quanto tale. Intressante giusto nel finale, in cui nel ritornello avviene una sovrapposizione di clean e harsh vocals, quest'ultime, poste molto in secondo piano, in modo da creare giusto un effetto armonico piacevole. I "VOLA" non sono il gruppo da cui mi aspetto solo mega riff di chitarra e groove incessanti, anche perché in questi brani, non riescono a rendere al massimo l'aggressività dei riff sperata, conoscendo i loro timbri che trovavano la perfezione proprio li nel mezzo. Anche qui troviamo un testo posto in forma conversativa, l'interlocutore viene accusato di un fallimento, un leader caduto probabilmente. Anche il testo trova una sorta di aggressività, si parla di una persona che risultava essere un peso morto, un nulla buono solo nell'inganno.

Inside Your Fur

Se ripenso alla conclusione di "Applause Of A Distant Crowd", ovvero "Green Screen Mother", ricordo le gelide note di piano, tanto pesanti nell'anima da lasciare il segno, e a quella melodia vocale profondissima, con la quale Asger Mygind ha voluto darci il colpo di grazia, senza dover usare una chitarra distorta, o un singolo colpo di rullante, solo piano e voce, in una poesia con un'interpretazione unica, e devastante. Qui la chiusura di "Witness" è un brano praticamente identico agli altri. Nulla di diverso, nessuna trovata d'impatto, nessuna atmosfera particolarmente in grado di distinguere il brano dagli altri. Non che tutto questo sia obbligatorio ci mancherebbe, non ci sono regole in musica, per io continuo, per come ho deciso di strutturare questa recensione, a fare riferimento all'album precedente, e utilizzarlo come appiglio, come metodo di paragone. "Inside Your Fur" (dentro la tua pelliccia), ultimo brano di "Witness", si apre con una bella melodia di chitarra batteria e tastiere, ma niente di più. Una strofa, con il solito basso, una batteria che non ci dice niente di nuovo, anche le vocals qui non catturano la nostra attenzione. Il ritornello è uno dei soliti ritornelli, forse il meno bello tra l'altro. La seconda strofa emerge un pochino meglio, grazie a qualche nota di tastiera che conferisce uno spessore emotivo differente, e il secondo ritornello arriva, tristemente scontato e poco valorizzato. Anche la chiusura del brano, è di una piattezza disarmante, una coda ripetitiva e piatta con un effetto sul panning e un filtro automatizzato, totalmente fuori luogo e decontestualizzato. Ecco, stiamo parlando di un brano che non solo non aggiunge nulla all'album, ma lo affossa, il colpo di grazia non lo da a noi, come "Green Screen Mother", ma lo da all'album stesso. Ancora una volta il testo è tutt'altro che chiaro, troviamo le solite metafore e astrazioni confuse, sembrano far riferimento a una relazione finita, ti ricorderò e ti cancellerò, voglio dormire dentro la tua pelliccia. Sono un estraneo in questo spazio.

Conclusioni

Per trarre le conclusioni di quanto detto finora, partirò dal succo vero e proprio della faccenda, senza peli sulla lingua, senza troppe perifrasi: "Witness" è un album debole; sufficiente per voler essere un album Prog Metal senza troppe pretese, ma deludente, per voler essere un album dei "VOLA", per essere il successore di "Applause of A Distant Crowd", e ancora prima, di "Inmazes". L'abbiamo già detto lungo il track by track, i bei riff ci sono, le parti sincopate, il basso corposo, i bei ritornelli, e perfino qualche breakdown, ma manca quel pizzico di magia, quell'ingrediente segreto proprio dei "VOLA", di cui troviamo qualche traccia giusto in "24 Light Years", "Freak" e "Napalm", salviamo anche il finale di "Future Bird" che nel complesso, è una canzone che sa anche stupirci. Inutile negarlo, sono i brani in cui Synth e voce, fanno il miglior lavoro, quando riescono a trovare quel sound tipico e profondo, è quella scelta melodica unica. I brani qui citati sono sicuramente quelli che si salvano dal pesante giudizio, possiamo infilarci in mezzo a fatica anche "Straight Lines" e "Head Mounted Sideways", anche se sono certamente brani inferiori, potremmo metterli nel mezzo. Purtroppo da scartare, e non avrei mai pensato di scartare un brano in un album dei "VOLA", sono "These Black Claws", "Stone Leader Falling Down", e "Inside Your Fur". Questi ultimi sono brani sciapi, privi della brillantezza a cui i danesi ci hanno abituati. Personalmente ho trovato una pecca anche a livello di produzione e missaggio, non fraintendetemi, l'album è prodotto divinamente, a livello oggettivo, rasenta quasi la perfezione per i canoni sonori del Metal ultimo, ma purtroppo, proprio per questo motivo, pecca di personalità, si adegua un po' a sonorità stra sentite.

Anche le migliori produzioni hanno sempre una particolarità sonora riconoscibile, magari il bilanciamento tra basso e chitarre, magari il suono del kick, e così via, ad esempio, l'album precedente, era sicuramente meno cristallino e pulito rispetto a "Witness", ma aveva una particolarità sonora, trasmetteva una sensazione alienante e introspettiva allo stesso tempo. Era una particolarità che caratterizzava l'album, e in quel caso, una produzione "diversa", dava quel plus valore all'intero lavoro. Qui, questa scelta, è stata rimpiazzata da una maggiore cristallinità, da una maggiore precisione di frequenze, meno mischiate, ma forse più fredde e anonime. E a fare questi discorsi in genere, sono coloro che adorano produzioni più sporche e "umane", io adoro invece le produzioni pulite, anche perché sono dell'idea che la tecnologia oggi permetta un trattamento degli strumenti e del suono in generale che può raggiungere livelli mostruosi. Troviamo nel panorama Metal odierno, produzioni di una bellezza spaventosa, ma anche li, la personalità gioca un ruolo importante. Dunque, questa volta purtroppo, devo considerare il lavoro dei danesi come un fallimento, ci sono brani da ascoltare e riascoltare sicuramente, brani che entrano in testa e ritornelli super canticchiabili, ma purtroppo a mio parere, e soprattutto, rispetto al livello raggiunto precedentemente, "Witness" non raggiunge la sufficienza, pur sfiorandola, affermandosi come un bell'album Prog Metal, ma nulla di più. Il voto in decimi, ribadisco, personalissimo dati tutti i pensieri riportati in questa recensione, è di cinque e mezzo, per un album che a mio parere, doveva dare e dire molto di più.

1) Straight Lines
2) Head Mounted Sideways
3) 24 Light Years
4) These Black Claws
5) Freak
6) Napalm
7) Future Bird
8) Stone Leader Falling Down
9) Inside Your Fur
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