Vesperian Sorrow

Stormwinds of Ages

2012 - The Path Less Traveled Records

A CURA DI
FABIO MALAVOLTI
14/06/2012
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Recensione

Dopo aver realizzato due buoni album fra il 2001 ed il 2006, i Vesperian Sorrow avevano temporaneamente smesso di dare segnali di vita, realizzando solamente una demo di cinque brani nel 2008. Il 2012 sancisce invece il ritorno in via ufficiale della band symphonic black metal statunitense. "Stormwinds of Ages", questo il nome dell'album, non rappresenta certo chissà quali cambiamenti o soluzioni stilistiche innovative rispetto al precedente "Regenesis Creation", ma conferma il fatto che il gruppo, nonostante non disponga di grandi idee e quindi non sia in grado di evolversi a livello compositivo, sia perfettamente in grado di concepire musica di qualità sotto ogni aspetto sonoro, dalla fase di registrazione al "prodotto finito". Se proprio vogliamo cercare il pelo nell'uovo, gli si può rimproverare la scelta della tracklist, leggermente troppo estesa a discapito delle uscite precedenti, considerando anche il fatto che le opere della band sono sempre state composte da brani dal minutaggio elevato, ma in fondo l'ascolto è ugualmente avvincente e tutt'altro che noioso e ripetitivo (almeno per quanto mi riguarda). Cinque degli undici brani sono proprio quelli della demo rilasciata quattro anni prima.



L'intro "Sanguis Vitam Est" ci trasporta immediatamente di peso nel mood dell'album, accogliendoci quasi come una mortifera culla nella quale veniamo assaliti dalle tenebre più profonde e maligne. Sicuramente un intro di effetto e che ci dà subito buone sensazioni e buoni auspici per cosa ci riserveranno i Vesperian Sorrow di qui in avanti. Mentre le ultime note fluiscono nelle nostre orecchie, ha inizio la titletrack, che riprendendo il finale dell'intro ci ipnotizza per il buon lavoro di Subverseraph ai synth, arricchendo il bel pezzo dal punto di vista strumentale con un tocco di magia che contribuisce alla buona riuscita del brano, che tutto sommato risulta soddisfacente ed apprezzabile. "An Empire to Mourn" ci dimostra invece aunto sia profondo l'amore che la band riversa per formazioni ben più note come Cradle of Filth e Catamenia, cercando non di imitarli ma di assimilarne alcuni aspetti e di reinterpretarli a loro modo. Peccato che il risultato non sia ottimale, ma anche in questo caso il brano risulta abbastanza piacevole, ben suonato e di buon spessore in quanto a songwriting. "Casting Dawn into Shadow" rimarca strutturalmente il pezzo precedente confermando che siamo dinanzi ad artisti capaci e musicisti in un grande stato di forma. La performance è davvero di tutto rispetto e risulta essere un pò più personale e distinguibile grazie ad eteree back vocals femminili che rimandano molto al gothic metal. Un bell'intro apre "Crown of Glass" uno dei brani più riusciti del lotto che mette in risalto la sezione ritmica (composta da Kristoph e Justin Mandell), autrice di una prestazione ad elevato tasso tecnico e buona anche a livello compositivo. L'atmosferico intermezzo poetico è veramente la ciliegina sulla torta, elevando il brano e rendendolo un pò più variegato rispetto a quelli uditi fin'ora, i quali risultavano a tratti un pò simili. "Legacies Befallen" ha inizio con un brutale ed affilato riff che lascia presto spazio alla prima strofa, una parentesi più onirica ed eterea, mentre il refrain è basato su un duetto canoro che miscela screaming e growl vocals. Man mano che che il pezzo avanza emerge sempre più una certa assonanza con i nostrani Opera IX e le loro sonorità che al black metal sinfonico uniscono elementi gothic, pur rimanendo in un contesto sempre sufficientemente personale. La lunga "Eye of the Clock Tower" resta a mio giudizio il brano più interessante del pacchetto (è uno dei brani della demo del 2008) per le sue atmosfere maligne vagamente vicine prima alle sonorità di "Enthrone Darkness Triumphant" dei Dimmu Borgir e poi a quelle esaltanti e magiche dei primi Emperor, confermando di riuscire ad attingere dai capostipiti del genere senza mai risultare identici nelle soluzioni stilistiche. Un ispiratissimo riff apre "Oracle from the Ashes", brano nel quale riappare una marcata influenza dei Catamenia. Al fronte di strofe brutali, a mò di tempesta di ghiaccio, si contrappone un refrain più aperto alla melodia ed alla poesia, pur sempre rimanendo in un contesto epico e malvagio. "Relics of the Impure" parte un pò più in sordina rispetto ai brani precedenti, ma sempre con la sezione ritmica in bella vista e pronta ad infarcire il pezzo con le sue feroci incursioni. Ed è proprio ciò che accade di lì a poco, quando, accompagnata dal vocione di Donn Donni darà il via ad un'inserzione molto vicina al death metal. Il decimo brano è "Death She Cried": dopo una breve partenza colma di una cupa melodia, il pezzo si addolcisce (con tanto di chitarra clean) preparandoci alla prima strofa, molto catchy e facilmente memorizzabile. Il ritornello resta sulle stesse coordinate senza minimamente spostarsi, ed il ciò rende Death She Cried un pò meno ispirato (del resto, fin'ora abbiamo assistito a nove brani abbastanza positivi!), ma fortunatamente gli ultimi minuti (conditi fra l'altro da un'evocativa parentesi solistica di JZD) ne risollevano le sorti permettendogli di riacquisire vigore ed eleganza. "Of Opiates and Accolades" chiude il disco in bello stile graffiandoci ripetutamente grazie ad un buon riffaggio dove la doppia linea di chitarra realizza oltre alla solita potenza anche epicità e melodia. Verso metà brano la tastiera è protagonista di un monologo che ci riporta alla mente ancora i Dimmu Borgir, questa volta quelli di "Progenies of the Great Apocalypse" (il più celebre brano di "Death Cult Armageddon" del 2003). Il finale è un crescendo di esplosività e marzialità che culmina in un outro di synth cristallino ed onirico.



Dovendo tirare le somme sono costretto a mettere sul piatto della bilancia da una parte la poca originalità dei brani, la scarsa variegazione degli stessi e la durata eccessiva dell'ascolto, mentre dall'altra la sorprendente capacità di aver dato vita ad un disco tutt'altro che da cestinare, con se non altro un pò di personalità e con spunti assolutamente positivi qua e là. Detto questo, il mio giudizio viene condizionato maggiormente da queste ultime constatazioni, anche considerando i tempi (magri) che corrono ultimamente, perciò mi sento di promuovere i Vesperian Sorrow, anche in futuro dovranno cercare di essere ancora più convincenti.


1) Sanguis Vitam Est
2) Stormwinds of Ages
3) An Empire to Mourn
4) Casting Dawn into Shadow
5) Crown of Glass
6) Legacies Befallen
7) Eye of the Clock Tower
8) Oracle from the Ashes
9) Relics of the Impure
10) Death She Cried
11) Of Opiates and Accolades