ULVER
Messe I.X / VI.X
2013 - Jester Records
PAOLO FERRANTE
26/05/2015
Introduzione recensione
Gli Ulver ci hanno sempre riservato sorprese, lo sanno bene quelli che hanno approfondito le recensioni che abbiamo proposto fino ad ora, questa volta la loro idea è dannatamente ambiziosa, forse ancora più delle altre volte. Abbiamo già visto come questa formazione, capitanata da Kristoffer Rygg che è l'unico elemento che permane dall'inizio, abbia attraversato un periodo Black Metal nella cosiddetta "trilogia pagana" composta dai primi tre album, per poi lanciarsi nell'elettronica, poi nella composizione di colonne sonore con un misto di elettronica, trip hop e neoclassico, poi tornare nel neoclassico più virtuoso, poi proporre nientemeno che un album di cover di brani degli anni '60, cambiando formazione nelle diverse fasi ma confermando da diversi album la presenza del socio Tore Ylvisaker (che ha saltato solo la trilogia pagana) e di Jørn Henrik Sværen (introdotto in formazione in occasione della prima colonna sonora, quindi successivamente rispetto ad Ylvisaker). Chi conosce gli Ulver sa bene che si sono avvalsi, nei diversi album, della collaborazione di artisti ospiti - a volte richiamandoli in successive occasioni, altre invece limitandosi ad approfittare del loro contributo per una volta sola - ma questa volta l'hanno fatta davvero grossa: hanno preso con sé, per la realizzazione del presente album, la Tromsø Chamber Orchestra. Per spiegare il motivo di questa collaborazione prestigiosa occorre precisare che questo album è stato commissionato dal Tromsø Kulturhus (che è qualcosa di simile ad un Ministero per la Cultura) della Norvegia, quindi si tratta dell'orchestra nazionale! Ricordiamo che lo stesso Ylvisaker ha fatto studi di composizione classica (i cui risultati hanno determinato la bellezza di brani che abbiamo avuto modo di apprezzare in recensioni precedenti), nonostante ciò la band ha ricevuto il supporto del compositore norvegese Martin Romberg al fine di adattare le parti per l'orchestra. Le parti orchestrali sono state quindi composte ed eseguite, dall'orchestra, dal vivo nel 2012, però non si può parlare di live album visto che queste parti sono state poi prese e rielaborate dagli Ulver che vi hanno aggiunto i suoni elettronici. "Messe I.X-VI.X" quindi esce nel 2013 tramite la Jester Records (di proprietà dello stesso Rygg) e la Kscope Music, sia in formato CD che in formato Vinile. La band, all'interno del libretto, spiega - sotto forma di ringraziamenti - quali sono state le fonti di ispirazione che hanno portato a questo album: la Sinfonia n. 3 "Dei canti lamentosi" di Henryk Miko?aj Górecki, compositore moderno polacco che ha dedicato un'opera struggente in memoria della deportazione e sterminio dei polacchi ad opera della Gestapo, nel secondo movimento il libretto dell'opera riporta la preghiera che una ragazzina, Helena B?a?usiak, scrisse sul muro della propria cella a Zakopane per invocare la grazia della Vergine Maria, mentre il resto e la maggior parte della composizione è dedicata alla maternità ed alla separazione dai propri genitori come conseguenza della guerra (temi questi che, lo vedremo, rivestono un ruolo principale nella presente opera degli Ulver); il progetto musicale When di Lars Pedersen (Rock Psichedelico, diversi lavori sono stati pubblicati proprio dalla Jester Records); il progetto Nurse with Wound, col suo Dark Ambient sperimentale eccessivamente Noise; altri artisti ed opere ed infine San Giovanni della Croce. Per quanto riguarda le tematiche trattate, con specifico riferimento al titolo del primo brano - "As Syrians Pour In, Lebanon Grapples with Ghosts of a Bloody Past" (Mentre i siriani arrivano in massa, il Libano si aggrappa a fantasmi di un sanguinoso passato) - tratto dal titolo di una notizia emanata da Reuters - Rygg ha precisato in un'intervista (a Decibel Magazine) che "This appropriation is not any more, or less, political other than an indication of concern. We live in troubled times. The song itself has a distinct Middle Eastern feel to it and coupled with sounds of vultures and war that title seemed both appropriate as well as contemporary. But we have no ideology for sale. Only our sadness" (Questa appropriazione non è più, o meno, politica di quanto lo può essere una manifestazione di preoccupazione. Viviamo in tempi travagliati. Il pezzo stesso ha una distinta influenza Medio Orientale ed affiancata a suoni di avvoltoi e guerra quel titolo sembrava sia appropriato che contemporaneo. Ma non abbiamo ideologia in vendita. Solo la nostra tristezza); ancora una volta quindi la band tiene a precisare di non avere implicazioni politiche eppure, questa volta, manifesta diverse implicazioni religiose perché la volontà di chiamare l'album "Messa" e l'aver inserito testi quasi esclusivamente consistenti in preghiere la dice lunga (come del resto è eloquente la dedica a San Giovanni della Croce) e colpisce visto che in "Themes from William Blake's The Marriage of Heaven and Hell" gli Ulver si sono mostrati piuttosto sprezzanti nei confronti del credo cristiano.. La copertina, in bianco e nero, riporta uno specchietto con la tracklist e l'indicazione delle prestigiose presenze coinvolte nella realizzazione, sullo sfondo una texture che dà l'idea di un tessuto, un lenzuolo, e sotto questo velo la figura del volto della Vergine Maria, un volto che non ha i tratti di una Maria Addolorata - come suggerirebbe la tematica del lutto e della guerra - ma piuttosto sembra mantenere il contegno ed avere un'espressione estatica da preghiera (concetto che mostra la tristezza, l'accettazione del martirio e della volontà divina che si esplica per mezzo di esso, completa fiducia in Dio); la tematica dell'accettazione degli aspetti negativi della vita è entrata più volte nelle tematiche degli Ulver, a volte sotto forma di stoica accettazione, altre sotto forma di triste sopportazione.
As Syrians Pour In, Lebanon Grapples with Ghosts of a Bloody Past
Iniziamo l'ascolto con "As Syrians Pour In, Lebanon Grapples with Ghosts of a Bloody Past", l'inizio è un bitonale ultragrave appena percettibile, si aggiungono rumori elettronici molto bassi che si capisce essere dei versi di avvoltoi, poi dei suoni orchestrali soffusi che si fanno sempre più vicini, delle melodie mediorientali in lontananza ottenute con la ghironda ed intanto l'atmosfera aumenta di volume. Sono passati più di due minuti ed il sound, minimale, ci fa già intendere l'approccio che verrà adottato nell'intero album (un ritorno al minimale che ha caratterizzato i primi lavori elettronici e colonne sonore). Al terzo minuto si sovrappongono altre melodie, altrettanto mediorientali fatte di fiati ed archi, sempre in crescendo anche se il volume generale è ancora tanto basso, c'è molta aspettativa, poi suoni sintetici che sono molto simili ad un possibile coro ecclesiastico femminile. Poi arrivano dei rumori di tempesta che si mischiano a dei suoni di battaglia con dei colpi di armi da fuoco in lontananza, finalmente la melodia diventa chiara ed in primo piano con un violino dal sapore decisamente orientale e malinconico, intanto sotto l'orchestra è atmosferica, il violino continua a dipingere scenari di fame e disperazione con delle note acute e strazianti. Poi dei violoncelli più decisi e ritmici, dei suoni più elettrici (come un feedback di una chitarra elettrica a corda libera), successivamente gli archi prendono il controllo con un contrabbasso gravissimo che si intreccia agli incalzanti violoncelli mentre il violino solista continua la propria melodia rafforzato da un secondo violino, è qualcosa di maestoso ed al contempo straziante. Al settimo minuto una variazione, il tono si fa più acuto ed urgente, il violino glissa da una nota e l'altra trascinandosi lentamente, poi dei tocchi gravi di pianoforte ed atmosfere lugubri degli archi che tremano velocemente in sottofondo, il ritmo rallenta gradualmente e decresce fino al silenzio. Poi un pianoforte solitario e lento, lo stile è quello delicato e malinconico al quale ci hanno abituato gli Ulver coi loro ultimi lavori, eppure c'è una complessità melodica più evidente: la parte è davvero ancora più ragionata, complessa e si inserisce in un contesto novecentesco privo di classicismi che vogliono imitare il terzo romanticismo musicale a la Chopin. Poi ancora gli archi, che duettano col pianoforte, ci lasciano in mente la calma che segue agli scontri in cui rimane solo la desolazione ed i sopravvissuti si trovano a soffrire le conseguenze di una guerra combattuta da altri. Una nota particolarmente positiva al suono del contrabbasso, imponente, che poi ha una parte accompagnato dal violoncello prima che il violino riprenda la propria melodia disperata, il suono cresce nuovamente con un fraseggio diverso, un sublime crescendo di archi, una poesia triste, un crescendo, altro ancora, un altro: sbocciano uno dietro l'altro susseguendosi ed i toni diventano addirittura romanzeschi, il sound è europeo, romantico, naturalista. Il finale tronca la melodia nel mezzo della frase e ci scaraventa al prossimo pezzo. Il titolo si riferisce alla situazione in Libano al momento del concepimento dell'album: mentre la Siria era in preda ad una feroce guerra civile il Libano, piccolissimo stato costiero a sud della Siria ed a nord di Israele, e quindi, vista la situazione di neutralità del Libano ma anche la storia che lo lega alla Siria, molti miliziani ribelli scelgono di fuggire in massa e radunarsi in Libano (dove trovano anche l'appoggio di diversi libanesi che decidono di unirsi alla causa jihadista), questo provoca delle guerre di confine e presto anche il Libano sarà reso oggetto di attacchi da parte del governo siriano: due miliziani libanesi di Hezbollah (partito armato libanese, prima formato come armata per combattere nel sud del paese contro le ingerenze israeliane, poi costituitosi nel 1985 come partito armato, sciita e nazionalista) vengono uccisi in territorio libanese, da ribelli siriani che vi si erano rifugiati, da questo evento scoppia il caos con l'aviazione siriana che sconfina in territorio libanese per abbattere delle postazioni ribelli, il massacro coinvolge indifferentemente miliziani siriani e libanesi, il Libano ormai teme un'invasione in larga scala, intanto Hassan Nasrallah approfitta dell'occasione di debolezza del governo libanese per rafforzare la posizione del proprio partito Hezbollah. Nel 2013 i miliziani di Hezbollah iniziano ad appoggiare apertamente il governo siriano e si inseriscono in Siria, col consenso di questo, per cambiare nettamente i rapporti di forza e combattere contro i ribelli siriani; il governo del Libano tenta nuovamente di mantenere una posizione neutrale nel conflitto, però viene ricattato dai ribelli siriani che pretendono la cessazione degli attacchi da Hezbollah ed al contempo penetrano in territorio libanese per combatterli, la modalità è spesso quella delle auto-bombe ed altri attacchi terroristici a danni dei civili, per fare pressioni sui governi, immagini che hanno impressionato il popolo mondiale.
Shri Schneider
"Shri Schneider" si presenta in silenzio, un'orchestra che si sveglia in armonici soffusi, l'atmosfera orchestrale è interamente classica ed ha un sapore di colonna sonora, parti acute di violino, poi un ritmo elettronico trasforma il pezzo in qualcosa di fantascientifico (torna alla mente qualcosa ascoltata nelle colonne sonore, specie in Svidd Neger), scariche elettriche, i rumori si fanno più forti e l'atmosfera diventa davvero futurista mentre l'orchestra in sottofondo è a malapena percettibile, la melodia è portata avanti dagli elementi elettronici, adesso fortemente ritmici e frenetici, e da qualche sprazzo che mostra il suono di un clarinetto sintetico in primo piano. Si sente una moltitudine di effetti diversi che sovrasta l'orchestra, ormai scomparsa, unendo incalzanti ritmi elettronici e melodie acute che ricordano il mondo della fantascienza, in questo contesto, a volte, intervengono delle parti orchestrali brevi e camuffate all'interno dei numerosi effetti, verso il finale si riesce a sentire la melodia portante del pezzo eseguita dai fiati dell'orchestra, tre accordi veloci e pomposi. Il finale rallenta il pezzo e diminuisce il volume, alcuni effetti portano rumori in effetto surround che passano da un lato all'altro sfrecciando, poi una lunga parte in cui si sentono solo degli effetti che sembrano tanti bip frenetici di un qualche macchinario futuristico. Questo pezzo rappresenta un bel salto nel passato delle colonne sonore della band, questa cosa non deve stupire perché gli Ulver hanno rilasciato nel 2012 un DVD "The Norwegian National Opera" nel quale si può vedere un concerto in cui i membri della band eseguono (utilizzando sintetizzatori, mixer, tastiere e voce) molti dei loro brani tratti da diversi album, includendo anche quelli delle colonne sonore, con alle spalle una proiezione gigante di immagini suggestive. Questo lavoro deve aver impressionato qualcuno ai piani alti nel governo norvegese, che poi avrà commissionato questo album.
Glamour Box (Ostinati)
Il terzo brano è "Glamour Box (Ostinati)", inizia in silenzio e poi nasce una parte molto elettronica, strana e psicotica, un po' come i lavori del già citato Nurse with Wound perché dà un ché di macabro e strano. A duettare ci sono suoni sintetici fantascientifici che sfarfallano da una parte all'altra, poi un contrabbasso molto basso ed imponente, solenne nell'incedere. L'ostinato, nella composizione, è un ripetersi continuativo di una stessa frase di uno o più strumenti, per innumerevoli volte (mentre altri strumenti portano variazioni); in questo caso il contrabbasso è ostinato mentre, poco più tardi lo è anche una parte melodica, futuristica e frenetica, ripetitiva, con un stile simile a quanto ascoltato nel brano precedente. Su di questa struttura poi vengono collocati, via via, diversi interventi elettronici e rumoristici che offrono delle variazioni; ad un certo punto altri effetti da space ambient e poi un pianoforte. Ci sono delle percussioni, molto forti ed impetuose, poi degli archi orchestrali veloci, incalzanti, da colonna sonora thriller/avventurosa in chiave oscura (sì, forse per certi versi ricorda qualche passaggio di Batman - Il cavaliere oscuro), suoni inquietanti da Dark Ambient, a metà brano poi la calma, degli accordi forti ed inquietanti, bassi, si alternano a parti con largo uso di percussioni, campanelli, sonagli e vari altri suoni. Il pezzo prende una natura quasi esclusivamente elettronica e sperimentale, a parte piccoli interventi di archi, il sound è pieno di disturbi che si alternano a parti acustiche di strumenti, il suono particolarissimo della ghironda fa la sua parte per rendere la stranezza. Al quinto minuto il pezzo varia, prende una nuova vita diventando più massiccio e maestoso, con le frenetica parte futuristica che si alterna ad archi e basse percussioni ed esplosioni sonore, disturbi vari, il tutto con una produzione eccelsa. L'ultimo minuto si fa più elettrico, perché gli effetti sono più distorti e pesanti, la melodia si alza di tonalità, il ritmo si fa più incalzante e diventa una galoppata, fino a zittirsi all'improvviso.
Son of Man
Il quarto pezzo è "Son of Man", inizia in modo drammatico con degli archi d'orchestra ed un disturbo di suono che li fa apparire come provenienti da una vecchia registrazione e gli conferisce anche un'ulteriore malinconia. La composizione si differenzia nettamente dalle altre, ha la natura della musica sacra settecentesca, è struggente e con delle parti di archi stoppati, si pone come uno Stabat Mater di Pergolesi - limitatamente agli archi - scevro di ogni orpello barocco ed interpretato in chiave minimale, ma in realtà - proprio questo minimale ci suggerisce che - dobbiamo andare a ricercare altrove la radice di questo stile: proprio nel minimalismo sacro, di cui proprio Henryk Miko?aj Górecki è un esponente di spicco. Risultato di un post-modernismo compositivo, questo stile di composizione si caratterizza per una specie di ritorno alle origini della musica, che riprende e rielabora tutte le nozioni fondamentali dell'armonia andando poi ad accompagnarle da suoni aleatori; l'uso delle scale modali e di melodie ripetitive (l'ostinato di cui si parlava prima) sono altre caratteristiche dello stile. Il termine è dovuto al fatto che questo stile si accompagna quasi sempre ad una espressione di religiosità o spiritualità: a volte più accentuata con l'inserimento di melodie o timbriche prettamente da musica sacra, altre invece il riferimento è nelle parti cantate in stile gregoriano o da coro sacro, altre semplicemente le tematiche. Non si è mai creata una corrente vera e propria ed i diversi interpreti non hanno sentito la necessità di aggrupparsi e confrontarsi, molti di essi non parlano di un vero e proprio stile, quelli che ne parlano preferiscono che si chiami musica neo-contemplativa. Dopo il primo minuto l'atmosfera si rilassa, a questo punto si riesce a sentire la voce di Rygg, bassa e poco dopo acuta, intanto in sottofondo un dungeon ambient, poi la voce diventa un coro di due voci tipico degli Ulver. La parte cantata si interrompe con dei bip da sala operatoria, poi riprende il cantato che si alterna in cori acuti e voce bassa, intanto sotto ci sono dei tocchi di un pianoforte, interventi orchestrali sublimi e parti elettroniche. Un momento da pelle d'oca che fa venire le lacrime agli occhi. Nella voce ci sono influenze da Avant-Garde Progressive, poi il piano regala momenti toccanti prima dell'intervento del coro angelico, un climax di elettronica che si inserisce appena dopo l'intervento corale, per poi accompagnarlo, è un momento fantastico, sentire come si sposa bene il neoclassico sacro minimalista con l'elettronica, poi il coro è quel tocco di classe che davvero ha fatto la differenza, seppure breve. Successivamente una parte elettronica, pulsazioni ritmate, poi disturbi sonori ed il pezzo prosegue oltre, alcuni interventi di un violino impazzito, poi un crescendo e dopo il pezzo torna nel vivo con una melodia magnificente, enorme, il basso sintetico scandisce tempi lenti di una marcia maestosa, tripudio di archi, poi cori, poi campane tubolari ed il sound si apre, è una liberazione, è la salvezza, poi violoncelli lenti, violini incalzanti ed ostinati in atmosfere thriller mentre le campane tubolari disegnano atmosfere festose, dopo una parte drammatica con contrabbasso continuo ed evoluzioni di violini, fiati, corni, ritmato da timpani d'orchestra tempestosi. Il finale è lento, sublime, sembra non voler finire mai dopo due finta, finalmente l'accordo finale. Un pezzo che lascia davvero esterrefatti. Il testo è una preghiera, una variante del Padre Nostro (gli attenti lettori che hanno approfondito la recensione di Svidd neger ricorderanno che in quel caso c'era un padre nostro storpiato e dissacrato), prima chiede perdono per aver peccato contro il creato, poi elenca ciò che l'uomo ha distrutto poi, sfogandosi col Padre, si dispera per il fatto che l'uomo sia condannato dal proprio sangue a commettere queste atrocità: il massacro degli innocenti, perfino l'uccisione del Figlio di Dio è stata perpetrata da mani umane e dunque, infine, si chiede quale coro di angeli potrebbe mai accogliere tali peccatori. Un testo che si addice all'atmosfera di sacralità del pezzo, si ricollega alle atrocità già descritte parlando della guerra in Siria e Libano, atrocità ancora attuali se si pensa che questa guerra ha cambiato bandiere ma non è mai finita e si protrae da secoli a danno degli innocenti.
Noche Oscura del Alma
Si continua con "Noche Oscura del Alma", con un effetto molto grave, simile ad un contrabbasso o al motore di un apparecchio fantascientifico, dei disturbi sonori striduli che sfumano, si sente ancora il rombare regolare, si ripropone il rumore stridulo, assieme ad altri effetti che si moltiplicano, sempre inquietanti e disturbanti. Lo spazio poi viene preso unicamente dagli effetti ed il rombare cessa, il suono grave si fa costante, poi pulsa di nuovo, altri disturbi sonori, sempre molto bassi. Siamo a metà pezzo ed abbiamo sentito solamente rumori da dungeon oscuro e disturbante, c'è inquietudine e suspense. Le parti si ripetono, identiche, con delle variazioni offerte solo da effetti, il risultato assomiglia a lavori fatti in "Lyckantropen Themes", poi delle parti tipicamente horror ed una voce bassa ed inquietante che sembra presa da un vecchio film e dice "Take me out of this world", poi un pianoforte con un suono anni '50 suona melodie distorte, poi gli archi inquietanti, intanto il pezzo continua e la voce continua a parlare, quasi cantando una vecchia canzone, parlando di freddo e dolore, sembra di sentire delle vecchie canzoni anni '50 cantate da uomini e donne diverse, in stile Frank Sinatra o Dean Martin, intanto le atmosfere sono ancora cupe e horror, nel finale si può sentire ancora la canzone e l'orchestra che decresce in un tremolio di archi. Pezzo singolare, questo, che fa principalmente sperimentazione e non ha melodie che emergono in modo chiaro ma ottiene solo il risultato di inquietare. Perché il titolo in spagnolo? La risposta ce la danno gli stessi Ulver dedicando l'album a Juan de la Cruz, San Giovanni della Croce, basti sapere che il santo è stato protagonista di un'orribile vicenda allorquando, in convento, fu erroneamente accusato di un incidente e quindi incarcerato; in occasione della prigionia subì torture fisiche e psichiche, gli ispirarono alcune sue poesie mistiche. Questa stessa sofferenza dell'anima, questo momento di oscurità in cui si fa appello a Dio per la salvezza è troppo simile alla vicenda della ragazzina polacca citata descrivendo il primo brano: anche lei, ingiustamente punita, trovò la forza nella fede e decise di scrivere queste sue preghiere.
Mother of Mercy
Il brano finale è "Mother of Mercy", ha un inizio da musica liturgica, con un pianoforte ad effetto organo, la voce è molto riverberata e leggera, sfiatata e dolce, i violini sono incalzanti ma dolci, leggeri e danno atmosfera. La voce è quasi da Dark/Gothic, poi una batteria dà ritmo al pezzo, gli archi si fanno più presenti, il pezzo prende i connotati di una musica pop da chiesa, una specie di gospel molto lento. Arriva una specie di ritornello con tanto di suono di campane, poi uno spazio per gli archi da soli che rimangono molto vellutati, morbidi e lenti, c'è solo melodia. Dopo due minuti e mezzo si riesce a sentire la litania del Ave Maria, pronunciata in italiano, probabilmente è stata tratta da una vera preghiera: il suono delle campane e la litania occupa tutta la scena, c'è un suono di organo lento ed a basso volume, si sente solo questo. Il risultato è minimale al massimo, l'organo si fa più presente e quindi copre sempre più le voci, aumentando di intensità le parti si fanno più elaborate, ma pur sempre minimali. Si aggiungono suoni elettronici, l'atmosfera si fa estatica, c'è un crescendo di intensità mentre la litania, ora musicale, si ripete incessantemente, dei brevissimi interventi di archi, che poi si fanno più frequenti ed inquietanti. L'organo ormai è scomparsi e si sente questa litania elettronica ed armonica che duetta con degli archi tremanti, sul finale una voce femminile si riesce a sentire a stento, candida e quasi bianca. Poi il pezzo volge al termine.
Conclusioni
In definitiva un album di una certa importanza, con dei momenti orchestrali di un certo rilievo ("Son of Man" su tutti, capolavoro) tratti dallo stile del minimalismo sacro che tanto è emerso alle cronache col lavoro di Henryk Miko?aj Górecki al quale il gruppo ha apertamente dichiarato di essersi ispirato. Aver fatto un lavoro del genere per conto del ministero della cultura norvegese, con un'orchestra nazionale di tutto rispetto, per poi trattare delle tematiche contemporanee (sia all'uscita dell'album sia adesso) è davvero una cosa importante. Gli Ulver hanno precisato di non avere inteso implicare nulla, politicamente, ma piuttosto hanno voluto rappresentare un sentimento di cordoglio, trasversale, per ciò che accade nelle tormentate terre della Siria, Libano ed in generale il Medio Oriente tutto. Stilisticamente l'album rappresenta un'ulteriore evoluzione: questa volta gli Ulver decidono di fare tesoro dell'esperienza nella composizione delle colonne sonore ed approfittano del prestigioso incarico ricevuto per adoperare la componente orchestrale nel modo minimale che abbiamo potuto apprezzare in altri lavori, ma al contempo hanno scelto di inserire dei momenti puramente sperimentali, a volte anche privi di melodie riconoscibili. In definitiva possiamo affermare che il presente lavoro è composto da una base Dark Ambient, con momenti dungeon (specie nei passaggi più oscuri) o perfino horror (nei passaggi più inquietanti), che non disdegna nemmeno sonorità elettroniche più futuristiche dal sapore fantascientifico e che fa un largo e sapiente uso dell'orchestra in stile classico da musica sacra, intesa in maniera minimale ma dall'effetto dannatamente maestoso. La cura dei suoni, in questo caso, è assoluta: ogni cosa suona divinamente (era il caso di usare il termine) ed ogni suono è esattamente là dove dovrebbe essere, non ci sono esagerazioni e ciò che abbiamo ascoltato è frutto di un calcolo artistico sapiente. Una recensione che tiene conto, naturalmente, del fatto che l'opera non ha niente a che fare col Rock ed il Metal e che, dunque, intende valutarla secondo canoni diversi ed unici (visto che non esiste una particolare corrente in cui collocare gli Ulver se non quella generica corrente dello sperimentale senza alcuna barriera) e tenendo in considerazione la storia discografica di questa realtà che, pur lontana dal mondo che riempie queste pagine, è riuscita ad appassionare molti di noi. Un album che ci presenta un gruppo maturo, che vuole affrontare delle tematiche scottanti con la delicatezza ed il buon gusto; un gruppo che sembra aver dedicato questa opera alla religione cattolica (la preghiera in italiano è eloquente), a San Giovanni della Croce, ma anche alla stessa Vergine Maria messa in evidenza nella copertina. L'opera vuole essere una messa in onore della povera gente vittima di sofferenze, fisiche e psichiche, causate dalla guerra, gli stessi Ulver, nella dedica - nello spazio in cui va apposto il luogo - hanno indicato Purgatorio, così volendo definire il mondo intero un luogo di atroci sofferenze ed espiazione di peccato. Album consigliato in modo particolare a chi ha nozioni di musica sacra, a chi apprezza molto la musica classica, e non disdegna le sonorità elettroniche; una bella opera, l'ennesimo tassello di una discografia importante.
2) Shri Schneider
3) Glamour Box (Ostinati)
4) Son of Man
5) Noche Oscura del Alma
6) Mother of Mercy