U2
Songs Of Experience
2017 - Interscope
ANDREA CERASI
22/06/2018
Introduzione Recensione
Il ragazzino è diventato adulto, ha messo in valigia le cose essenziali della sua esistenza ed è partito verso un futuro ignoto ma carico di aspettative. "Ogni meditazione sulla vita inizia con una morte". Sono le parole del Dalai Lama, che indica la morte prima come un oblio e poi come una rinascita. Bono si appropria di queste parole e le fa sue, condizionato anche dalla poetica di Dylan Thomas, autore che lo influenza fortemente nelle sue riflessioni sin da quando è ragazzo ed è costretto a fare a pugni con una vita difficile e con una morte che gli ha strappato fin troppo presto l'amore di una madre. La morte della madre Iris quando Paul è solo un adolescente esercita sul suo carattere un trauma profondo, un vuoto insanabile che costringe il piccolo Paul Hewson ad alzare i pugni e a trasformarsi in Bono Vox, l'artista che tutti noi conosciamo. Durante la giovane età, il ragazzaccio della periferia nord di Dublino sperimenta dolori e paure, si circonda di delusioni e di rimpianti, riuscendo poi ad esorcizzare il fascino per la morte, liberandosi di tutti quei demoni che, in quegli anni, infestano la sua vita. Bono affronta gli spiriti molesti, riesce a controllarli, sfida la morte combattendola col potere dell'amore, della famiglia e dell'amicizia, e sopravvive. Le esperienze del lontano passato vengono raccolte, analizzate e scomposte, scaturendo nel doppio progetto discografico dedicato all'infanzia e alla maturità e ispirato alla raccolta di poesie "Songs Of Innocence And Experience" di William Blake. Nel 2015 gli U2 si trasferiscono un'intera estate nel sud della Francia per riordinare le idee, qui ritrovano loro stessi, entusiasmandosi di fronte alla bellezza della natura, ritrovando l'amore per la vita e riaccendendo la passione per la musica. Riscaldati dal sole, con le placide acque del mediterraneo davanti agli occhi, la pace del momento viene arricchita da continue e profonde riflessioni: la guerra in Siria, la politica occidentale, l'immigrazione, le relazioni personali, la fede in Dio. Tutte tematiche che toccano la band nel profondo del cuore, tutte tematiche che accompagnano i musicisti da oltre quattro decenni. E poi ci sono l'amore e la morte, due entità fuse in un unico corpo e che si riflettono allo specchio, completandosi in un sogno immortale. Amore e Morte come Innocenza ed Esperienza, due facce della stessa medaglia. Dagli inni primordiali di "Songs Of Innocence", ecco che prende forma l'altra metà del lavoro, il suo proseguo: "Songs Of Experience", più che un gemello un fratello maggiore, dai toni maturi e dagli arrangiamenti raffinati, che rivela sin da subito un carattere più sobrio e più sofisticato rispetto al fratellino uscito nel 2014. Il disco si forma nella mente di Bono a seguito dei consigli del professore e poeta Brendan Kennelly, che suggerisce al cantante di scrivere una serie di lettere come se fosse morto, e allora questi, da sempre affascinato dalla morte, intesa come rinascita spirituale e battaglia personale, decide buttare giù una manciata di testi dattilografici, diretti e lineari, senza rinunciare però alla solita sensibilità che lo caratterizza sin dagli esordi. E allora ecco che ci troviamo a leggere tredici lettere di amore e di morte destinate a tredici soggetti: figli e figlie, mogli, politici, amici, ma anche lettere a se stessi. I brani contenuti in "Songs Of Experience" sono delle vere e proprie epistole che affrontano varie tematiche e che fanno tesoro di esperienze personali vissute in più di cinquanta anni. Questi sono gli U2 nella loro essenza e nella loro essenzialità, liricamente e musicalmente, che non si nascondono più dietro mega produzioni e che non cercano facili consensi. Proseguendo sul tema famigliare intrapreso col disco precedente, che immortalava l'immagine del figlio di Larry Mullen, Anton Corbijn questa volta si focalizza sul figlio di Bono, Eli, e sulla figlia di The Edge, Sian, fotografati mano nella mano davanti a una parete grigia in uno splendido bianco e nero che ne risalta le ombre e le luci, e che inoltre è in grado di rivelare il trapasso del tempo per via di tutti quei particolari colti dall'obiettivo, come l'elmetto o le macchie di muffa sul muro. Se "Songs Of Innocence" simboleggia la rievocazione di un lontano passato, "Songs Of Experience" ne è il superamento, l'approdo all'età adulta, quando la paura della morte è stata combattuta e superata, forse accettata.
Love Is All We Have Left
A differenza delle altre produzioni, questa volta gli U2 optano per un'introduzione eterea: Love Is All We Have Left (L'Amore è Tutto Ciò Che Ci È Rimasto) è una breve perla ambient ricamata su un tappeto elettronico che via via va a ingoiare persino la voce soffice di Bono, annebbiata dall'utilizzo del vocoder che ne filtra il timbro rendendolo robotico. "Questo potrebbe essere il giorno più bello, nulla ci impedisce di essere dove siamo. Io volevo il mondo, tu lo sapevi meglio di me, e tutto ciò che abbiamo è l'immortalità". Si apre così un disco intimista e sobrio, e proprio una sobrietà minimale è alla base di questa ipnotica e tetra cantilena che ricorda il periodo più sperimentale degli U2, quello ambient, quando con Brian Eno misero in piedi il progetto Passengers che sfociò in un unico ottimo album. Il ritornello è incantevole, le tastiere si intensificano diradando la nebbia, il basso di Adam Clayton fa capolino a rifinire il tutto: "L'amore è tutto ciò che ci è rimasto, un bambino piange sulla soglia, alzi la voce perché non lo riesci ad accettare ma l'amore è tutto ciò che ci è rimasto". Si palesa, davanti ai nostri occhi, un mondo desolato, scriteriato, cupo, depressivo, ma la miseria e i sentimenti più tristi vengono superati dal potere dell'amore. Alla fine, tutto ciò che resta è l'amore, soltanto l'amore. La voce di Bono si fa effettata con l'auto-tune, tanto per restare attuali, come per dare l'immagine di una seconda persona, lontana milioni di anni luce, ed ecco la seconda strofa: "Sei dall'altra parte del telescopio, sette miliardi di stelle negli occhi di lei. Così tante stelle, così tanti punti di vista. Questo non è il momento per non essere vivi". Le soffici tastiere ci proiettano nel cosmo, sospesi nel vuoto in mezzo a miliardi di stelle, e Bono parla col suo alter-ego, su un'altra galassia. La pace della musica ora è tutta nella nostra testa, ci sentiamo rilassati, guardiamo il mondo dall'alto e lo compatiamo. Quanti altri esseri viventi ci sono nell'universo? Quante galassie esistono? Quanti punti di vista ci sono? È il momento di vivere, al di là di ogni riflessione morale, perché quello che conta è solo l'amore, anzi, l'amore è l'unica cosa che ci è rimasta. Le tastiere sfumano e con esse anche la voce di Bono. Una grandissima intro.
Lights Of Home
È il momento di The Edge, il chitarrista entra in scena sfornando un bellissimo riff country ispirato a un pezzo delle HAIM, rock band femminile presente nei cori, per poi proseguire su toni più lineari che trasformano Lights Of Home (Le Luci Di Casa) in una bellissima canzone soul dotata di due anime, l'una più energica, sostenuta da chitarra e batteria, e l'altra più spirituale, data dai cori. Larry Mullen attacca dietro le pelli, quadrato ma certamente ispirato, iniziando la prima strofa, una specie di trascinante liturgia. "Non dovrei essere qui perché dovrei essere morto, posso vedere le luci davanti a me, credo che i giorni migliori debbano ancora venire. Gesù, io sono tuo amico, cosa diavolo hai in serbo per me? Dovrei uscire dal letto per vedere le luci, ho aspettato a lungo di tornare a casa". Bono sta descrivendo la paura della morte, nel 2016 il cantante ha avuto un brutto incidente che lo ha costretto a una delicata operazione alla spalla. Durante i giorni di ricovero, l'artista ha buttato giù questo testo con la paura di morire, ma anche con la voglia di tornare a casa dai suoi cari. "Conosci il mio nome? Ora dove sto andando? Se non ho risposte le cerco nei tuoi occhi, dove ci sono le luci di casa". Iris è sempre presente, la mamma di Bono rappresenta la casa, ma anche la morte e il buio. La donna è con Dio e il cantante la cerca, creando questo ponte con "Iris (Hold Me Close)", traccia del disco precedente. Ma la madre rappresenta anche la Madre Terra, così come scriveva William Blake nella sua raccolta di poesie che ha ispirato il disco in questione. "Sono nato da un suono urlante, non potrei vedere le luci davanti a me e invece la mia testa è più dura del terreno. Ancora una spinta e sarà nato di nuovo. Vedo una lunga strada, vi è la statua di una chitarra d'oro, le luci brillano intorno ed io sto tornando a casa". La morte che è anche sinonimo di rinascita, un nuovo inizio. Durante l'operazione Bono sogna questo sentiero lastricato d'oro, brillante, e una statua a forma di chitarra. Lo strumento musicale indica la via da seguire, fare musica il suo scopo, il suo destino, metafora di vita stessa. The Edge esegue un suadente assolo, ricco di emozione, sempre accompagnato dalla batteria 70s di Mullen. Ecco che il pezzo si trasforma in un canto gospel con un finale da brividi: "Liberati da te stesso per essere te stesso, se solo potessi vederti", è l'emblematica frase ripetuta più volte e che simboleggia appunto la rinascita, cambiando pelle come i rettili, un ritorno alla vita dopo la morte, laddove Madre Terra ci sta aspettando.
You're The Best Thing About Me
Il singolo You're The Best Thing About Me (Sei La Migliore Cosa Di Me) è un pop rock sdolcinato e danzereccio dedicato alla moglie Allison e che ricorda, per sonorità e testo, un altro singolo degli U2, anch'esso dedicato ad Ali, "The Sweetest Thing", composto nel 1988 come B-side e poi fatto riuscire nel 1998 in occasione del Best Of. Il tema della delicatezza e della forza, elementi imprescindibili di ogni animo umano, ricorre anche questa volta, dipanandosi su un brano divertente e leggero, che stempera per un attimo le tensioni fin qui ascoltate. "Quando sei così carina, il dolore sul tuo viso non si vede, quando sei così bella e non lo sai nemmeno. Quando il mondo è nostro ma non è il tuo genere, pieno di stelle cadenti che si illuminano mentre si dissolvono", la strofa è veloce, calda e gioiosa, appoggiata su un solido e solare riff di chitarra che mette in evidenza un arrangiamento non proprio scontato, soprattutto quando a intervenire sono basso e batteria, peccato per un refrain non proprio memorabile e piuttosto fiacco, anche se gradevole: "Sei la migliore cosa di me, la migliore cosa che sia mai successa a un ragazzo. Io sono il tipo di problema che ti diverte, le cose migliori sono quelle più facili da distruggere". L'unione fa la forza, la debolezza della donna, facile da distruggere, in questo caso si rafforza perché unita alla forza dell'uomo, che da problema vivente si trasforma in divertimento e passione. Come già accennato, l'arrangiamento non è così scontato come potrebbe sembrare, Adam Clayton spinge che è una bellezza con una linea di basso killer, Mullen è scaltro e ben attrezzato per dare dinamicità al ritmo, coretti, tamburelli e archi in sottofondo rifiniscono il tutto. "Stavo gridando di quanto possa essere sbagliato divertirsi, ma ho chiuso il becco. È una mia grande qualità, adesso ho tutto ma mi sento una nullità, ho bisogno di imprese rischiose, sono un uomo a cui piace cadere". Allison è colei che riporta sulla retta via l'uomo ribelle. In queste liriche Bono ritorna adolescente, il ragazzo ribelle che era un tempo, pieno di problemi e spericolato. Oggi è maturo e il divertimento sembra così sbagliato, invece si sente così giovane che vuole rivivere quelle sensazioni di tanto tempo fa. Nel ritornello, a emergere su tutto è la chitarra di The Edge, con il suo solito fraseggio nostalgico riconoscibile tra mille e che dona quel sentore un poco amaro che tutti noi fan degli U2 amiamo, anche in pezzi come questo, solari e spensierati. La parte migliore arriva subito dopo il break, quando basso e batteria si sfidano a duello, dunque il riff godereccio di chitarra torna a farsi sentire per introdurre il buon bridge cantato in falsetto dallo stesso chitarrista, che si rivolge direttamente al compagno: "Posso vederlo chiaramente, posso vedere quello che vedi tu. Posso vedere quanto la ami profondamente e quanto lei ti desideri silenziosamente".
Get Out Of Your Own Way
L'altro singolo si intitola Get Out Of Your Own Way (Smetti Di Preoccuparti) ed è la riproposizione della popolare "Beautiful Day", estratta dal disco "All That You Can't Leave Behind". I due brani, infatti, sono gemelli, costruiti sulla stessa identica base e dotati delle stelle linee melodiche. Forse è anche per questo che tale brano risulta essere uno dei migliori singoli dal 2000 ad oggi. Frizzante, leggiadro e radiofonico, "Get Our Of Your Own Way" è un buon pezzo da classifica, furbo ma elegante, con il basso, i drum-beat e i cori in primo piano che denotano un missaggio meticoloso. "L'amore fa male, sei rimasta senza parole e il tuo cuore è un palloncino che scoppia. Non ci vuole un cannone, basta uno spillo, la tua pelle non è resistente. L'amore deve combattere la sua esistenza, il nemico ha eserciti di assistenti". La ragazza, in questo caso figlia di Bono ma che può essere chiunque, denota la sua fragilità, ferita dall'amore, dalle delusioni di un rapporto andato a male. Ma l'amore è anche conforto e resistenza, è il sentimento attraverso il quale tutti noi viviamo e combattiamo quotidianamente contro nemici invisibili. "Smettila di preoccuparti" suggerisce l'incantevole ritornello, soave e morbido come una nuvola e del tutto simile a quello di "Beautiful Day", melodicamente parlando e anche a livello di arrangiamento, con la chitarra di The Edge e i cori a fare da padroni. Mullen fa esplodere la seconda parte del chorus: "Posso cantare per te tutta la notte, se potessi sistemerei le cose. Niente può fermarti, a parte ciò che hai dentro di te, io posso aiutarti ma la battaglia è tua", sono le parole di conforto di un padre, addolorato nel vedere la figlia triste, ma l'uomo sa che la battaglia è personale e che deve essere lei a reagire. "Reagisci, non cadere nello sconforto, la faccia della libertà comincia a creparsi. Lei aveva un piano fino a quando non ha preso un pugno in bocca ed è andato tutto a rotoli. Libertà, gli schiavi stanno cercando qualcuno che li guidi, la terra promessa è là, per quelli che ne hanno bisogno, dove c'è il fantasma di Lincoln". Qui si cambia registro, da una dimensione personale, come può essere quella relativa alla delusione d'amore della figlia di Bono, a una dimensione generale. Bono si rivolge a tutti i giovani d'America, accostando il volto di sua figlia a quello della statua della libertà, simbolo di un paese andato a rotoli dopo l'elezione di Trump, ed ecco le citazioni della terra promessa, degli schiavi venuti dall'Africa e del fantasma di Lincoln. Tutto questo preambolo serve a fare da ponte con la traccia successiva, proseguimento stesso di questo pezzo, entrambi uniti dalla recitazione di un passo del Vangelo da parte dell'ospite Kendrick Lamar che dice: "Beati gli ignoranti perché il loro è il regno della solitudine. Beati i venerati perché nella luce della loro magnificenza noi comprendiamo la nostra insignificanza. Beati i ricchi perché possono possedere davvero ciò che regalano, come il dolore".
American Soul
"Beati i bulli perché un giorno anche loro dovranno affrontare loro stessi. Beati i bugiardi perché la verità può essere imbarazzante". Così come le parole di Lamar avevano fatto da outro per il brano precedente, le stesse fanno da intro per American Soul (Anima Americana), pezzaccio rock molto sporco sostenuto da chitarre zanzarose e da forzuti colpi di batteria che regalano grandi emozioni. Il tema è politico, Bono interpreta il testo con un timbro altisonante, sovrastando la potente batteria e il grande giro di basso intavolato da Adam: "Non è un posto, questo paese me per è il suono di basso e batteria. Chiudi gli occhi, guardati intorno, c'è il suono" e giunge subito il monito rivolto al presidente Trump, che lo informa che l'America non è un paese qualsiasi, è un crogiolo di culture, unite tutte sotto il vincolo del rock n roll, lo stesso ribadito nella seconda strofa e poi ancora nel ritornello. "Non è un luogo comune, questo paese per me è un concetto che offre grazia e accoglie ogni bisognoso", invitando alla politica dell'accoglienza. "Tu sei rock n roll, tu ed io siamo rock n roll. Siamo giunti qui per cercare l'anima americana" ripete il ritornello, bello tosto, con la chitarra di The Edge affilatissima, e che ripropone le stesse parole di "Volcano", brano di "Songs Of Innocence", evidenziando una linea comune tra i due album. Larry Mullen si scatena con colpi pressanti, avvolto da rintocchi elettronici, probabile l'utilizzo di una batteria elettronica, mentre The Edge esegue un fraseggio fuzz, sporco e micidiale. "Non è un luogo, questo è un sogno che tutto il mondo riconosce. La faccia del pellegrino, Lei ti ha preso il cuore ed è diventata casa. Troppe madri piangono, tu resisti, ma nei tuoi sogni resta sempre vigile". L'America è un concetto, terra di libertà e di sogni da vivere ad occhi aperti, le madri piangono per i figli approdati in quei luoghi, fuggiti dalla propria patria in cerca di fortuna. L'America che è casa. Il break centrale è favoloso, il basso domina la scena e pompa che è una bellezza, poi, tra i cori cupi in sottofondo e che inducono a danzare, Bono intona il bridge: "Alzate le mani al cielo, sollevate il cielo. Potrebbe essere troppo tardi ma dobbiamo provarci. C'è un momento in cui un'anima può morire, anima di una persona o di una nazione, per colpa di una menzogna. C'è una promessa all'origine di ogni sogno, la fine del sogno e l'inizio della realtà. Lasciate che ci sia una comunità per i rifugiati come voi e me". America è sinonimo di libertà e di comunità, la politica di Donald Trump per contrastare l'immigrazione clandestina viene fortemente criticata dalla band, che vede il presidente come un tiranno guerrafondaio. Certamente un brano dal significato emblematico e importante, un brano di protesta come ai bei vecchi tempi, quando gli U2 criticavano la politica irlandese e la società europea.
Summer Of Love
Un riff di chitarra sognante, dolce ed estivo, Summer Of Love (L'Estate Dell'Amore) si apre nel migliore dei modi, dalle forme sinuose, aggraziate e calde, si palesa come una splendida traccia impegnata che riflette sulla guerra in Siria. "L'inverno non ti vuole, ti perseguita. Le serenate estive sono lontane da questo luogo e dal tuo volto. I nostri insegnanti, i nostri predicatori, è la natura e come fiori che crescono nel cratere di una bomba. Dal nulla, una rosa che cresce". Mentre la band è in vacanza nel sud della Francia e guarda il mare, riflette sul conflitto in atto in Medio Oriente, proprio dall'altra parte del Mediterraneo. Il riff di chitarra si fa più cupo, invernale, il basso di Clayton è imperioso, il ritornello è un colpo al cuore: "Stavo pensando alla costa ovest, non quella che tutti conoscono. Siamo stufi di vivere nell'ombra, abbiamo ancora una possibilità prima che la luce si spenga. Un'estate d'amore". L'inverno è sinonimo di morte, di atrocità, di desolazione. Come da tradizione, nei testi degli U2 le stagioni identificano umori e sentimenti. Eppure, nonostante tutto, nonostante la desolazione di quei territori e l'aridità dei paesaggi, i fiori crescono ancora, dando una speranza per tutti i popoli che vivono il conflitto. "Congelati, partiamo e crediamo che tutto ciò che ci serve sia davanti a noi, in un'estate che sta per arrivare. Così corriamo". L'inverno perseguita le vittime del conflitto, ma l'estate sta per giungere, bisogna mettersi in marcia. Tra i cori figura Lady Gaga, la cui voce si percepisce nel ritornello, sensuale e dalla carica emotiva impressionante. Il bridge è gelido, fatale, la voce di Bono ricca di dolore: "Quando tutto è perduto, quando tutto è perduto scopriamo cosa è rimasto. Gli stessi oceani attraversati, per alcuni è un piacere, per altri è dolore" e qui riemerge il tema dell'immigrazione, dove in mare (in questo caso il Mediterraneo) si incontrano le barche di chi è in vacanza e di chi fugge dalla guerra. La chitarra di The Edge emette un riff sfuggevole e dolorante, accompagnata dagli archi che donano maggiore pathos. "Tra le macerie di Aleppo i fiori crescono tra le ombre, in un'estate d'amore". C'è ancora speranza per far risorgere una terra e rimettere in piedi un intero popolo.
Red Flag Day
Lo stesso tema di "Summer Of Love" prosegue in Red Flag Day (Il Giorno Della Bandiera Rossa), grande pezzo punk in stile Clash che non avrebbe sfigurato in un disco come "War", dal ritmo adrenalinico e frizzante, dall'ottimo sound retrò impartito dalla batteria di Mullen. Ancora una volta troviamo la bellissima linea di basso di Adam, e poi la dirompente chitarra di The Edge. La band è affiatata e trasuda passione, Bono attacca con una strofa dinamica e dal contenuto profondo: "Sono fatto di tutto ciò di cui hai paura. Ho paura di perderti, soprattutto. Che inferno di stagione, tu sei la ragione per cui ho sognato di farcela". Il pre-chorus viene gridato, ricco di dolore e amarezze: "Posso sentire il tuo corpo tremare, ti incontrerò dove le onde si infrangono". Le onde si infrangono in una nuova terra, le spiagge dell'Europa, che rappresentano sogni di salvezza. Ma il ritornello è spietato, sembra adagiato sullo stesso riff del brano precedente, dapprima cantato quasi a cappella, voce e una timida chitarra, e poi costruito con tutta la sezione ritmica. "È il giorno della bandiera rossa, entriamo in acqua spinti al largo da un'onda dove non siamo mai stati. Andiamo lontano, verso un paradiso che non puoi vedere quando è tuo". Il rosso della bandiera indica il sangue, un mare pieno di corpi annegati e di sangue, un mare pericoloso che spinge al largo, ma anche un mare che divide due mondi, uno dei quali, l'Europa, che rappresenta il paradiso per i poveracci in fuga. Un paradiso che noi, abituati a vivere una vita tranquilla, non possiamo vedere. Il cambio di tempo è repentino, torna il basso in prima linea, Mullen accompagna con colpi quadrati, poi si riprende: "Il sole arriva furtivo, sensazioni oceaniche, presto il cielo sarà sereno. Oggi non possiamo permetterci di essere preoccupati di ciò che temiamo". L'acqua come elemento di vita, ma anche di morte. Affrontare le paure significa affrontare il mare, l'oceano, i suoi abissi e le sue onde. ma la paura è anche dell'uomo bianco, una paura del diverso che deve essere affrontata. Ritmicamente e liricamente siamo molto vicini allo storico brano contenuto in "War", ricordate "The Refugee"? la voce di Bono viene affogata dai cori, quasi inabissata in quelle acque pericolose, poi la nebbia si dirada e resta da sola a intonare il cupo bride: "Nessuna notizia oggi, così tanti dispersi in mare la notte scorsa, l'unica parola che il mare sa pronunciare e NO". Uno dei brani migliori dell'album, uno di quelli che riesce davvero a portarci indietro nel tempo, dritto ai primi dischi della band.
The Showman (Little More Better)
Clima estivo e melodia alla Beatles sostenuta dalla chitarra acustica, The Showman - Little More Better (L'Intrattenitore - Un Po' Meglio) è una dolce e sentimentale semiballata che affonda le proprie radici negli anni 60. La lettera è scritta da Bono per se stesso, ma richiamando all'attenzione la sua schiera di fans, che lo vorrebbe sempre spericolato e coinvolgente, col sorriso stampato in volto e l'agilità di un giovincello. "Il bimbo piange perché è nato per cantare, i cantanti piangono per tutto, si dondolano e piangono sull'altalena fino a quando non cadono. Voi lo sapete. Sono acceso come una torta di compleanno e non posso sbagliare". C'è un pizzico di autocritica nelle parole di Bono, il quale ammette che di errori ne fa parecchi, oggi più che mai, ma che tutto ciò fa anche parte del suo mestiere, il mestiere più bello del mondo. Il suo pubblico sa che non deve essere facile presentarsi sul palco e divertire tutti, ma l'irlandese ci mette cuore, anche quando non è in vena. Il divertimento giunge frizzante col refrain, totalmente diverso per attitudine e stile rispetto alle strofe, che erano adagiate su un'atmosfera acustica sognante. La sezione ritmica esplode in una fase rock danzereccia e dalla melodia trascinante: "Tu pensi di essere così bello, un po' meglio, solo un po'. Pensi di essere figo, ecco cosa otterrai, solo un po' di più", Bono si rivolge a se stesso in tono ironico, facendoci divertire. Il chorus è studiato per far ballare e scatenare tutti durante i concerti, lasciando una gradevole sensazione. I toni si placano e inizia la seconda parte: "Le cose vanno così ma non è ciò che sembra, questa robaccia è materia di sogni. Ho così poca autostima da andare dove voglio andare. L'intrattenitore vi concede la prima fila del suo cuore. Egli prega che la sua sofferenza finisca in classifica, creando uno spettacolo tutto suo fatto di sentimenti spezzate". Sarcastico, Bono si mostra per quello che è al proprio pubblico, mette a nudo le sue emozioni, i suoi dolori, sperando di venderle a tutti. Dopotutto questo fa parte del suo spettacolo. Il successo comporta anche questo, a volte è un'arma a doppio taglio. Il secondo ritornello prosegue trasformandosi e arricchendosi di una diversa melodia: "Inseguirò la luce del sole, ecco perché sto sveglio tutta la notte. Io mento per vivere, mi piace farlo, ma voi lo rendete vero quando cantate insieme a me". Alla fine, l'arte diventa concreta e raggiunge il suo messaggio solo quando raggiunge il suo pubblico, e quando questo accade, l'artista è soddisfatto perché vuol dire che ha raggiunto lo scopo, anche se spesso non è sincero nei confronti delle proprie emozioni e finge. I toni anni 60 riecheggiano nella coda finale, tra tamburelli e squilli di trombe, chiudendo una delle parentesi più spensierate e divertenti del disco.
The Little Thing That Give You Away
Si cambia toni con la ballata The Little Things That Give You Away (Le Piccole Cose Che Ti Tradiscono), dall'arrangiamento elegantissimo e la melodia irresistibile che cresce di intensità. Il basso di Clayton è un cuore in pena, batte colpi possenti e cupi, accompagnato dalla drum-machine programmata da Mullen. Le atmosfere sono glaciali, invernali, quasi ambient. "La notte ti ha donato una canzone, una luce è stata accesa, camminavi nel mondo come se ne facevi parte, calmo come la brezza. Ogni cuore era fatto per farti felice, ma io non lo vedevo di buon occhio", Bono canta in toni pacati, seguito dalla base elettronica, e ancora "Non sono un fantasma ora, posso vederti e tu hai bisogno di vedere me", ripete nel pre-chorus, nebbioso e astratto proprio come la sagoma di uno spettro. "Sono le piccole cose che ti tradiscono, le parole che non riesci a pronunciare, la tua grande bocca in moto", recita il grandioso ritornello, costruito sul fraseggio tenebroso di The Edge. Torna in scena il basso si Adam, questa volta in coppia con la batteria di Mullen: "Ti ho visto sulle scale, non hai notato che ero lì, questo perché tu parlavi a me e non con me. Eri immersa nella tempesta come un uragano, libera e autonoma". Il deluso è come un fantasma, invisibile agli occhi dell'amata, tradito dalle sue stesse parole. Il refrain si allunga, raddoppiandosi: "Sono le piccole cose che ti deridono e ti ingannano, il cacciatore ora è diventato preda". Questo passaggio è reso come nell'arrangiamento iniziale, infatti il brano è stato uno dei primi ad essere suonato in anteprima durante i concerti, e l'arrangiamento originario prevedeva solo voce, piano e chitarra, per una sensazione coinvolgente e drammatica. In studio poi è stato arricchiti da numerose sfumature elettroniche, che emergono soprattutto nella seconda metà, in un crescendo da brividi. L'atmosfera onirica è data dalla leggiadra chitarra che si aggira nell'aria come un insetto: "A volte non posso credere alla mia esistenza, vedo me stesso da lontano. A volte l'aria è viziata, i miei pensieri azzardati, la mia innocenza è morta. A volte mi sveglio la mattina presto, quando le tenebre brulicano, e ho paura". Questo bridge determina il passaggio alla seconda fase, dalla cupa melodia nella quale Bono si lascia andare ai dolori interiori del suo non-essere, evidenziati dalla sofferta chitarra del compagno. "A volte sono pieno di rabbia e di dolore, lontano dal credere che un sole possa riapparire. La fine sta arrivando, la fine è già qui. Il bicchiere si frantuma e tu sei l'unica cosa che conta, lo riesco vedere tra le lacrime". L'uomo, deluso dall'amore, si sente un fantasma invisibile, le sue piccole azioni lo hanno condannato a questa prigionia. La fine è arrivata, le lacrime sgorgano veloci, e allora questi si accorge che l'unica cosa che è contata nella sua vita è l'amore. Adesso lo vede chiaramente e si pente per il male recato.
Landlady
Landlady (Padrona Di Casa) è un'altra meravigliosa ballata, forse la migliore dell'album, dove Bono mette in scena la sua gioia famigliare quando torna a casa, stanco dopo aver affrontato un lungo tour. La chitarra emette un lamento gelido, poi Bono ci adagia sopra la sua voce: "Ho vagato, in giro col telefono, fino a quando non sono tornato a casa. Suono il campanello e tu dici che ho le chiavi. Non c'è strada senza curva, e se ne esiste una, la strada sarebbe troppo lunga". La base strumentale è la stessa già ascoltata in "Raised By Wolves", ma la sua evoluzione si nota al primo ritornello quando, al posto di esplodere come nel caso della traccia del precedente album, resta quieta e serena. "La padrona di casa mi porta su in cielo, vado dove non oserei mai andare. Lei mi mostra le stelle, sono senza peso. Non capirò mai cosa intendevano i poeti perché quando ero al verde c'eri tu che pagavi l'affitto". Allison c'è sempre stata, è stata lei a badare alla casa e ai figli quando il marito era fuori per lavoro. La melodia si apre in un'emozione strozzata dalla voce del vocalist, regalando brividi sulla pelle. "Spazio, il suo posto è dove ho trovato il mio parcheggio. Quando non sto perdendo terreno so già che lei me lo rende dicendo -non fare, esisti solamente-". La donna è sicurezza e ancora di salvezza, alla quale Bono si affida per ogni problema, per ogni attimo di smarrimento. Il break centrale è paradisiaco, sospeso nel tempo e dotato di una delicatezza incredibile, cullato da docili e mistici riff di chitarra ed eteree tastiere. "Ogni onda che hai infranto, ogni canzone che hai scritto, ogni alba che mi ha svegliato, è stato un ritorno a casa da te" attacca Bono nella seconda fase del brano, dal cambio di tempo e dalla spiccata melodia agrodolce. "Ogni anima che mi ha abbandonato, ogni cuore che mi ha tenuto, gli stranieri che mi hanno protetto solo per riportarmi a casa. Ogni pozione magica, ogni emozione falsa, ogni devozione incrollabile nonostante alcune bugie. Dichiarerò sconfitta se il premio non sarai tu", ed ecco le risposte al brano "Every Breaking Wave". Come è possibile notare, i due album gemelli si prendono di continuo, completandosi a vicenda. La ballata sfuma con questa deliziosa coda finale, una dedica d'amore bellissima nei confronti di Allison, premio di un'intera vita.
The Blackout
Facciamo un salto indietro nel tempo e torniamo ai mitici anni 90, quando gli U2 fondevano sapientemente rock ed elettronica, con gli strumenti affilati come non mai. The Blackout sembra uscire dalle sessioni di "Pop" o di "Zooropa" e non può che far piacere, dal robusto basso in prima linea che pompa sangue e sudore, la chitarra che si getta nella mischia con un riff abrasivo, una batteria contornata da rumorosi effetti scenici che potenziano il tutto. E poi la seducente voce di Bono Vox che fa il verso alla popolare "Discoteque". La tematica è quella dell'estinzione di massa, e allora la musica non può che essere pressante. "Dinosauro, non cammina più sulla terra. Una meteora che promette di non far danni. I terremoti arrivano sempre quando sei a letto, la casa viene scossa". Il timbro è cupo, quasi sospirato, nella voce di Bono tutta la polvere di un mondo condannato. "Vacci piano con me, fratello" è il pre-chorus, preludio dell'imminente delirio, dove tutti gli strumenti si alzano in volo danzano sul potentissimo giro di basso: "Quando le luci si spengono e tu ti getti nelle tenebre dove impari a vedere. Quando le luci si spengono non dubitare mai, tutto noi possiamo tornare alla luce". Torna il tema della morte che genera altra vita, l'oblio che genera altra luce. Il chorus è bellissimo, da discoteca, da ballare ai concerti, da cantare squarciagola. "Le statue cadono, la democrazia è schiena a terra. Abbiamo avuto tutto e ciò che abbiamo avuto non tornerà mai. Il blackout è l'estinzione che stiamo vivendo", ancora il resoconto di questa apocalisse che ci spazzerà via tutti. Non resta che cantare, nelle tenebre, tra le nubi, anche quando tutto è perduto. Le tastiere sono terremotanti, fanno tremare le casse simulando un terremoto, la voce di Bono sfuma nel buio per poi riprendersi nel soffocante bridge: "Blackout, è chiaro, quello che sei apparirà, nessuna paura, felici di essere ancora qui quando le luci si spengono". The Edge irrompe con un riff fragoroso squarciano il buio che ci avvolge e riprendendo il bellissimo ritornello, immerso tra cori ed effetti elettronici. Uno dei brani migliori degli U2, adrenalinico, dinamitardo e dalla melodia irresistibile. Il singolo viene accolto benissimo sia dai fans che dalla critica e vede un videoclip minimalista ma significativo, con la band su un piccolo palco che suona per un piccolo pubblico, tra mille effetti di luci ed ombre, laser e fumi sparati in scena.
Love Is Bigger Than Anything In Its Way
Con Love Is Bigger Than Anything In Its Way (L'Amore è Più Grande Di Ogni Cosa Nella Suo Cammino) torniamo ai tempi del melodico "How To Dismantle An Atomic Bomb", con la chitarra di The Edge a tracciare la via, una via malinconica e ricca di significato che punta dritto al cuore. Bono parla di sé, di una passeggiata in spiaggia, davanti casa, insieme ai suoi figli, così come era stato in "Kite" o "Sometimes You Can't Make It On Your Own". Bono parla da padre e allora si rende conto che sta invecchiando, che i suoi figli sono ormai adulti e pronti a spiccare il volo, a farsi una vita, una famiglia. Nonostante tutto, egli cerca di dare il massimo appoggio, i consigli, l'amore, perché l'amore è al di sora di ogni cosa nel suo cammino. Il pianoforte, infastidito da alcuni effetti elettronici, accompagna la bella voce del cantante, e subito la melodia ti strappa l'anima andando in un crescendo pazzesco: "La porta è aperta per essere attraversata. Se potessi vorrei venire anche io, ma il percorso è solo tuo. Mentre cammini inizi a cantare e smetti di parlare. Se potessi sentirmi quando dico che l'amore è più grande di ogni cosa". Il ritornello esplode quasi subito, senza perdere tempo, giostrato sulla batteria di Mullen e sulle costanti note di pianoforte. "Così giovane da essere le parole della tua canzone. So che la rabbia in te è forte, scrivi un mondo dove possiamo appartenere. L'uno accanto all'altro a cantare". L'elettronica si fa più invadente quando Bono descrive il carattere dei suoi figli, ancora giovani e in collera col mondo, dai cuori pieni di rabbia. È qui che avviene il cambio di tempo, il bellissimo e celestiale bridge, dove la melodia si concentra tutta in una quartina cantata in coro da tutta la band, facendoci ritrovare sulla spiaggia di Killiney, località dove Bono ha casa. "Se la luce della luna ti vede piangere sulla spiaggia di Killiney, tu canta la tua canzone, fa in modo che possa essere cantata nel silenzio. Quando pensi di essere finito, hai appena iniziato, l'amore è più grande di qualsiasi altra cosa". È curioso perché nel videoclip del brano, la canzone viene riadattata a tutti i ragazzi vittimi vittime di bullismo o allontanati dalla società per la sola colpa di essere diversi, quando la diversità è data dal proprio orientamento sessuale. Questa bella e delicata balla pop si pone come un inno per tutti coloro che si sentono incompresi. La chitarra elettrica resta sensuale e in sottofondo, lasciando che sia questo momento corale a portare a termine il messaggio.
13 (There Is A Light)
Dicevamo che "Songs Of Innocence" e "Songs Of Experience" sono due dischi allo specchio, uniti dalle stesse tematiche, ed è 13 - There Is A Light (13 - C'è Una Luce) a fare da collante tra i due lavori. Nel precedente lavoro si intitolava "Song For Someone", adesso la stessa traccia viene riadattata ed esposta con un titolo emblematico e dal significato religioso: tredicesimo è il salmo dove l'uomo invoca Dio sul punto di morte. Così come "40" chiudeva "War", "13" chiude il disco più intimo della band. La gemella oscura e scarna di "Song For Someone" si mostra in una veste minimale, toccante, costruita sulle tastiere in una sorta di testamento artistico, come fosse un cupo addio. "E se il terrore della notte viene strisciando nei tuoi giorni. E se il mondo arriva rubando nella tua cameretta. Proteggi la tua innocenza dalle allucinazioni, e sappi che le tenebre si dissolvono alla luce". Bono canta la ninnananna alle persone spaurite, verso tutti coloro che hanno paura di affrontare la vita, rinchiusi nella loro cameretta, innocenti e infantili. La vita è dura, è cupa, morde e divora. La vita ha un cuore di tenebra, ma anche nella tenebra esiste la luce che dissolve i dolori. "C'è una luce che non sempre riesci a vedere, c'è un mondo che non riusciamo sempre a toccare. C'è un buio che dovremmo affrontare. C'è una luce, non lasciare che si spenga". La chiusura del disco è affidata a questa lenta nenia funebre, che è un po' il contenitore di un disco segnato dalla malinconia e dal dolore. In questo brano oscuro e intimo si concentrano tutte le tematiche prese in esame e che colorano i destini degli uomini. Il pianoforte è delicato, emette cupi rintocchi, la voce di Bono è sempre sospirata: "Quando il vento arriva e grida e il mare sembra la coda di un drago, la nave che ti ha rubato il cuore salpa e tutto ciò che hai se ne va via. Tutto ciò che hai è povertà e sofferenza, ma questa canzone è per qualcuno, qualcuno come me". Bono non è solo anzi, siamo un esercito infinito, tutti schiavi del dolore e della sofferenza. La tenebra si dissolve alla luce, bisogna guardare il bimbo che è in noi e tranquillizzarlo, non dobbiamo lasciare che la luce si spenga. Una chiusura splendida e sofferta, metafora di tutti quegli strani effetti di luci e ombre che abbiamo incontrato lungo il percorso.
Conclusioni
Come da tradizione dal 2000 ad oggi, il singolo di lancio inganna: "You're The Best Thing About Me", lettera dedicata alla sempre presente Allison, compagna di Bono, non è altro che un discutibile brano pop rock dalla struttura semplice, atto a scalare le classifiche grazie al piglio radiofonico. I restanti brani, fortunatamente, se ne discostano e crescono ascolto dopo ascolto, riuscendo ad amalgamarsi e a creare un unico avvincente clima, sempre sospeso tra schitarrate rock, delicati arpeggi, e lente nenie amorose, mischiando sapientemente rock, pop ed elettronica. In "Songs Of Experience" è l'esperienza a parlare, in questo album gli U2 mettono se stessi, includendo diverse influenze e numerosi stili che li hanno contraddistinti: c'è il roboante rock n roll, dalle chitarre zanzarose e dai pomposi effetti elettronici che riportano alla memoria il grande "Pop", c'è il nostalgico rintocco acustico dal sapore estivo, il moderno tappeto elettronico dell'introduttiva "Love Is All We Have Left", c'è il il punk e infine il soul, che ricorda i tempi di "Rattle And Hum". "Songs Of Experience" è il disco più personale dei nostri da molto tempo a questa parte, registrato tra New York e Dublino e prodotto dalla Interscope, costola della Universal, che nel 2014 ha assorbito la leggendaria Island Records, il quattordicesimo sigillo della band irlandese ci regala un'oretta scarsa di buona musica e una lunga serie di ottimi pezzi che magari si rivelano solo dopo qualche ascolto. Inutile fare paragoni col passato, inutile confrontare gli U2 di oggi con quelli degli anni 80 e 90, quando erano giovani, ribelli e sperimentatori. Inutile campare col rimpianto aspettando solo l'occasione di gettare fango sulla formazione dublinese, aspetto sgradevole e anche irritante, oggi, tanto che massacrare gli U2 sembra sia diventato lo sport nazionale. Bono, The Edge, Larry e Adam sono invecchiati, come tutti noi del resto, e se a quasi sessanta anni hanno ancora voglia di mettersi in gioco e hanno qualcosa da dire ben venga, poiché, al di là delle chiacchiere da bar, a parlare è sempre e solo la musica, e fino a prova contraria, nonostante il calo di ispirazione inaugurato con "All That You Can't Leave Behind" e una diversa attitudine maturata con l'età, gli U2 sanno ancora scrivere e comporre grandi brani, lo testimonia un disco che certamente non inventa nulla, preferendo andare sul sicuro, ma che è farcito di belle canzoni e splendidi testi. La maggior parte della critica probabilmente non se ne è nemmeno accorta, sono sicuro che un buon 80% non abbia nemmeno ascoltato l'album, soffermandosi solo sul singolo di lancio, o al massimo lo ha ascoltato distrattamente solo una volta, sbrigandosi a gettare su carta frustrazioni e insulti, già preparati ancor prima dell'uscita ufficiale del lavoro, in modo tale da affossare l'ennesimo parto discografico di una delle band più amate e odiate della storia. "Songs Of Experience" invece non merita stroncature perché di qualità decisamente alta, ed è un'opera che cresce, cresce tantissimo con gli ascolti, rivelando sfumature molto interessanti che tracciano continuamente un sentiero tra passato e presente, ripercorrendo tutta la carriera degli U2. Questa volta la produzione non è megalomane, lasciando gli strumenti suonare reali e sobri, ed è questo l'aspetto migliore, perché i musicisti si rivelano per quello che sono, mettendo cuore e passione in ciò che fanno, con tutti i limiti del caso. Dopo i canti di innocenza e di maturità messi in musica, ho il vago sospetto che per la band stia per cominciare un nuovo ciclo stilistico, una nuova evoluzione sonora. Confidiamo nel futuro.
2) Lights Of Home
3) You're The Best Thing About Me
4) Get Out Of Your Own Way
5) American Soul
6) Summer Of Love
7) Red Flag Day
8) The Showman (Little More Better)
9) The Little Thing That Give You Away
10) Landlady
11) The Blackout
12) Love Is Bigger Than Anything In Its Way
13) 13 (There Is A Light)