U2
How To Dismantle An Atomic Bomb
2004 - Island
ANDREA CERASI
30/05/2018
Introduzione Recensione
"Al secondo disco brutto penso che ci scioglieremo". È una dichiarazione di Bono in risposta alle forti critiche dei vecchi fans nei confronti di "All That You Can't Leave Behind", lavoro che segna un forte passo indietro rispetto al passato, introducendo gli U2 nel nuovo millennio non proprio nella migliore forma. Nonostante l'incredibile successo di vendite, ben dodici milioni, i numerosi singoli entrati ai primi posti delle classifiche, e l'Elevation Tour che ha fatto il pienone in tutti gli stadi del mondo, la critica ci era andata giù pesante nella disamina del disco e la maggior parte dei fedeli era rimasta delusa; non poteva essere altrimenti, in quella occasione gli U2 apparivano stanchi, ispirati melodicamente ma svogliati, dediti a una lunga serie di ballate rock pop da classifica che poco aggiungevano, almeno in termini di qualità, alla loro gloriosa carriera. È il momento di dimostrare che si è trattato di una sbandata, che i quattro irlandesi non sono invecchiati di colpo, che non si sono adagiati a suonare un rock melodico per accontentare tutti i gusti, ma che sono ancora decisi a portare avanti un discorso evolutivo iniziato nel 1980 e che li ha portati in cima al mondo. Nel 2002 la band si esibisce al Super Bowl, poi termina le registrazioni di due nuovi brani da inserire nel Best of 1990-2000, "Electrical Storm", un pezzo fenomenale, girato interamente sulla spiaggia vicino alla casa di Bono e che vede Larry Mullen che recita insieme all'attrice Samantha Morton in una storia d'amore intensa e poetica. L'altro inedito si intitola "The Hands That Bulit America", altra perla vincitrice, tra l'altro, del Golden Globe Awards per la colonna sonora del film "Gangs Of New York" di Martin Scorsese. Un paio di apparizioni televisive e la promozione del DVD del concerto del 2001 nella stupenda cornice dello Slane Castle, e poi la band si chiude in studio per la realizzazione dell'undicesimo album in studio. In questo periodo di relativa tranquillità, si susseguono diverse voci, la critica e persino molti fans cominciano a vedere gelidamente le attività del combo irlandese. Brian Eno e Daniele Lanois danno solo piccoli aiuti nelle fasi finali delle sessioni, semplici ritocchi ai nuovi brani, mentre il controllo della produzione viene dapprima affidato a Chris Thomas, famoso per le collaborazioni con Beatles, Elton John, Pink Floyd, Procol Harum, Sex Pistols e INXS, e infine passato nelle mani dello storico produttore e amico della band Steve Lillywhite. Col ritorno dietro la consolle di Lillyhwite, personaggio che accompagna gli U2 dagli esordi, si vocifera seriamente di un ritorno alle origini, lo stesso che "All That You Can't Leave Behind" aveva fallito. I fans ci credono e il nuovo nato in casa U2 acquista maggiori credenziali: si chiama "How To Dismantle An Atomic Bomb" e sin da subito appare sincero, riconsegnandoci una band in forma, che cerca effettivamente di fare qualche passo indietro per recuperare elementi originari. La grinta purtroppo non è più quella di una volta, ed è forse questa la maggiore pecca dell'album, ma gli intenti sono onesti e, in alcuni passaggi, si intravede, anche se timidamente, lo spettro degli U2 d'annata, soprattutto per via di una forte malinconia di fondo che invade l'opera. Tra l'estate e l'autunno 2004 i file di alcune tracce vengono rubati e messi su internet, ciò costringe la produzione ad anticipare di un mese l'uscita dell'album, nel novembre dello stesso anno. Il primo singolo estratto è "Vertigo", una specie di "Elevation" parte seconda, ma decisamente migliore nell'arrangiamento, dove basso e chitarra fanno il loro dovere costruendo un muro sonoro duro e dinamico, stessa cosa per "All Because Of You", altro discreto pezzo rock. I restanti singoli sono eccellenti ballate, ben scritte e ben costruite. Diciamo la verità, gli U2 di "How To Dismantle An Atomic Bomb" non sono quelli delle origini e nemmeno quelli sperimentali degli anni 90, ma almeno non sono quelli furbetti di "All That You Can't Leave Behind". In questo undicesimo percorso, i quattro musicisti irlandesi si pongono a metà strada tra passato e presente, recuperando, ma solo a tratti, ciò che sono stati, facendo intravedere ulteriori sviluppi che si concretizzeranno nel prossimo album, "No Line On The Horizon", l'unico lavoro dal 2000 ad oggi che conterrà qualche elemento sperimentale.
Vertigo
Vertigo (Vertigine) si scrolla di dosso le polveri del tempo e lustra bene gli strumenti. Lo spirito post-punk fa capolino nelle linee di basso e nel ritmo scellerato indotto dalla batteria. The Edge affila la chitarra ed esegue una serie di fraseggi di grande impatto. L'attacco è quello che tutti i fans desiderano, la sensazione di vertigine aumenta di spessore proiettando l'ascoltatore in una dimensione rock funestata da riff taglienti e grassi giri di basso. Purtroppo le linee melodiche non sono delle migliori e fanno scemare l'effetto nostalgia creato all'inizio, nonostante l'ottimo incedere del basso di Clayton. "Le luci calano, è buio, la giungla è nella tua mente, non puoi comandare il cuore. Il sentimento è più forte del pensiero, la tua anima non può essere comprata". La vertigine è la turbolenza interiore, un contrasto tra cuore e mente, tra ragione e sentimento, dove è quest'ultimo a prevalere e a lasciarsi andare. Il refrain giunge nell'immeditato, orecchiabilissimo, ottimo per le classifiche e per fomentare la folla durante i concerti. "Mi trovo in un posto chiamato vertigine. È ogni cosa che speravo di non dover conoscere, tranne tu che mi hai trasmesso qualcosa che posso sentire". Vertigine è puro sentimento, dimensione oscura, intima, personale. Un mondo a sé che getta il malcapitato in una situazione mai desiderata, quasi di disagio. L'ambientazione, non a caso, è notturna, e ciò viene ribadito nella seconda strofa: "La notte è piena di buchi, come proiettili che squarciano il cielo d'inchiostro e oro che brillano quando i ragazzi suonano rock 'n' roll". La metafora è preziosa: la notte illuminata dalle stelle e cosparsa di sfumature nere e grigie, ricorda l'arte della musica, dove l'inchiostro è quello utilizzato per buttare giù testi e il brilluccichio delle stelle, color oro, ricorda i riflessi degli strumenti musicali che risplendono sotto i riflettori. Oppure, l'oro sottintende il momento della creazione, l'idea partorita nel buio della mente di un artista. L'utilizzo della lingua spagnola è ampiamente utilizzato, anche se resta quasi impercettibile, confondendosi con i coretti del ritornello. Quando Bono urla nel chorus, infatti, si sentono le risposte "Dònde està" e "Hola", mentre è chiara la numerazione in apertura, numerazione però sbagliata: "Unos, dos, tres, catorce", gridata dal vocalist, non significa "Uno, due, tre e quattro", ma "Uni (al plurale), due, tre e quattrodici". Quando è stato fatto notare alla band l'errore, il leader ha dato la colpa all'alcool. La seconda strofa si prolunga, sdoppiandosi in una sorta di bridge dove a comandare è la chitarra di The Edge, qui alle prese con un riff agrodolce gradevolissimo. "Non riesco a mantenere il ritmo, la ragazza dalle unghie rosse ha Gesù attaccato al collo, ondeggiando tra le note della musica". Questo passaggio è abbastanza criptico, potrebbe descrivere il ballo di una fan sotto al palco; unghie rosse e catenina al collo raffigurante la croce, che si muove sinuosa tra le note del brano eseguito dal vivo. Le curve della ragazza richiamano l'ondeggiamento indotto dal suono e le vertigini causate dal frenetico ritmo. La parentesi strumentale è quanto di più vicino ai primi U2, Adam e The Edge incrociano le asce e creano un momento intenso, dalla foga alla riflessione nel giro di pochi secondi, poi però si torna a spingere, infarcendo tutto di troppi cori, disperdendo la magia. Un discreto singolo, forse troppo furbetto, che tenta di porsi a metà strada tra post-punk e rock commerciale.
Miracle Drug
Un bellissimo inno alla scienza, alla tecnologia e al benessere che questa comporta per la salute dell'uomo viene immortalato in Miracle Drug (Medicina Miracolosa), stupenda ballad ispirata alla vera storia di un amico poeta della band, affetto da paraplegia sin da tenera età, che grazie all'assunzione di un farmaco miracoloso ha potuto sopravvivere tanti anni, studiare e dedicarsi alla scrittura. Più in generale, afferma Bono, il testo di questo brano è un omaggio a tutte le cure farmacologiche scoperte negli ultimi anni. Se il testo è così profondo, riflessivo e delicato, allora la musica non può che seguirne i tratti, e infatti la chitarra oscura e malinconica di The Edge svetta alta attraverso dolci plettrate che fanno saltare dalla sedia ricordando la leggendaria "With Or Without You". La melodia è intensa, la voce di Bono morbida e quasi rotta dal pianto; le due quartine iniziali sono un colpo al cuore: "Voglio fare un viaggio nella tua testa, restarci qualche giorno per sentire le cose che non hai detto e vedere quello che tu vedevi. Voglio sentirti quando chiami, senti qualcosa? Voglio vedere i tuoi pensieri prendere forma e alzarsi". Bono si rivolge al suo amico, incapace di esprimersi a voce per via della malattia, ma vispo e attento, capace di assorbire la realtà del mondo. Proprio per superare la difficoltà di espressione vocale, il povero Christopher (era questo il suo nome) si dedica alla scrittura, esprimendosi attraverso la poesia. La sezione ritmica esplode in un trionfo melodico quando si giunge al ritornello: "La libertà ha un odore, come la testa di un neonato. Le canzoni sono nei tuoi occhi, le vedo quando sorridi. Ne hai abbastanza ma non cedere, ecco la tua medicina miracolosa". La libertà della guarigione è paragonata alla nascita, una infusione di vita aspetta il malato non appena assume la cura; gli occhi brillano, il volto è sorridente, la bocca sospira canzoni, forse canti sacri per ringraziano per questa possibilità. Emerge il basso di Clayton, poi le tastiere ad accompagnare la seconda parte del brano. "Alla scienza e al cuore umano non c'è limite. Il fallimento c'è solo quando rinunci. Io sono qui e tu sei mio, l'amore è un nonsenso dello spazio e il tempo scomparirà. L'amore e la logica ci mantengono lucidi, la ragione è con noi". Questo è un grido a favore di tutti i malati, costretti a sopravvivere attraverso medicinali, è un grido di battaglia a non arrendersi mai e ad affidarsi alla scienza, alla ragione, alla logica, ma anche all'amore, al sentimento e alla fede, come viene ribadito nel ponte che dà inizio allo struggente assolo di chitarra, dove Bono dice: "Dio, ho bisogno di te stanotte". Bilanciare sentimento e ragione, per la band, è la via migliore. The Edge fa lacrimare la sua ascia creando un soffice effetto che va dritto al cuore dell'ascoltatore, e allora si procede con questo atto di fede, prima di chiudere, citando direttamente il Vangelo di Matteo, dove la scienza è dimora di sapienza che ospita il malato: "Nel rumore sento una voce che sta sospirando nella scienza e nella medicina, dicendo -Ero uno straniero e tu mia hai ospitato-".
Sometimes You Can't Make It On Your Own
Il basso introduce questo canto d'amore che ricorda il papà di Bono Vox, deceduto pochi anni prima dopo una lunga malattia. I giri di basso assomigliano ai battiti di un cuore dolorante e la chitarra acustica è soave e placida come un pensiero che svolazza nell'aria e ricade a terra, posandosi morbidamente come una piuma. Se "Grace", contenuta nel disco precedente, celebrava l'importanza delle gesta femminili, omaggiando la figura della mamma, Sometimes You Can't Make It On Your Own (A Volte Non Ce La Puoi Fare Da Solo), che è gestita sugli stessi accordi, almeno nelle prime battute, ricorda la figura del padre del vocalist, Bob Hewson. "Dici a me a tutti quanti di quanto sei forte. Non devi opporre resistenza, non devi sempre avere ragione, lasciami prendere qualche pugno al posto tuo". Il padre di Bono, un po' burbero e duro caratterialmente, proveniente dalla classe operaia, era uno di quegli uomini che non chiedeva mai aiuto, che era cinico e freddo, che si sentiva forte e ne andava orgoglioso. Un uomo tutto d'un pezzo, che adesso Bono ricorda con le lacrime agli occhi, che implora di ascoltarlo, ed è qui che parte il ritornello, sostenuto dal fraseggio ipnotico di The Edge e dai tamburi di Mullen, mentre il basso di Adam produce uno strato denso e nebbioso, sinonimo di rammarico e di dolore. "Ascoltami ora, voglio che tu lo sappia, non devi andare da solo. Sei tu quando mi guardo allo specchio, sei tu quando non rispondo al telefono. A volte non ce la puoi fare da solo", dichiara Bono, utilizzando il suo magico falsetto, ponendosi come alter-ego del padre. Il carattere, probabilmente, è lo stesso, quando il cantante si guarda allo specchio vede l'ombra di suo padre, e allora è lì che invoca un aiuto. Da soli non è possibile fare tutto, a volte si è costretti a mettere l'orgoglio da parte e farsi aiutare. "Combattiamo tutto il tempo, tu ed io, siamo la stessa anima, non ho bisogno di sentirtelo dire. Se non fossimo stati così simili ti sarei piaciuto di più", non è mai stato un segreto il rapporto conflittuale di Bono con suo padre, da sempre visto quasi come un nemico; un rapporto conflittuale per via di due caratteri simili, scontrosi e non proprio facili da affrontare. La melodia cresce d'intensità e si consolida in un bridge miracoloso, da lacrime, da pelle d'oca, cantato col cuore, dove passione, amore e rammarico riecheggiano in ogni singola parola pronunciata, mentre chitarra e basso si acutizzano all'unisono sottolineando questo processo introspettivo. "Lo so che non parliamo, sono stufo di questo. Puoi sentirmi quando canto, perché tu sei la ragione per cui canto, sei la ragione per cui io ho l'opera in me. Dove siamo adesso? Devo fare in modo che tu lo sappia, non lasciarmi solo". Bono ha intrapreso la carriera di cantante non solo per gridare al mondo le sue tragedie, o perché era un ribelle da ragazzo, per esorcizzare il dramma della morte della mamma, ma canta perché suo padre gli ha trasmesso la passione per la musica. Suo padre, infatti, nonostante un'estrazione sociale bassa e un'indole poco delicata, era un vero appassionato di Opera lirica; Bono è cresciuto ascoltando l'opera alla tv e alla radio, vedendo suo padre gesticolare come fosse un direttore d'orchestra. Dove siamo adesso? Si chiede, nessuno può saperlo, ma il messaggio che la band vuole trasmettere è l'importanza di non lasciare sole le persone che amiamo, accettarle anche quando hanno un carattere particolarmente burbero, perché solo l'unione permette di superare gli ostacoli della vita.
Love And Peace Or Else
Un suono crepuscolare e nebbioso prende forma in Love And Peace Or Else (Amore E Pace O Altro), scaltro brano rock n' roll venato di blues. Chitarra e basso avanzano come tempesta di sabbia, travolgendo gli altoparlanti, una base campionata, suonata dalle tastiere di Brian Eno, ci raggiunge fluttuando in questa tormenta, dunque esplode la batteria di Mullen. Con sensualità Bono entra in scena: "Lascia la tua dolcezza a terra, lascia il tuo amore sul tracciato, spezzeremo la schiena del mostro. Lascia il tuo tesoro, lascialo giù adesso, fratello mio, tu non hai tempo per un amante gelosa". Mano a mano che avanziamo, gli strumenti prendono il loro posto, garantendo grinta e solidità come ai vecchi tempi. Sembra di sentire il blues rock degli anni 80 e ciò non può che far piacere. Niente coretti in sottofondo, niente sdolcinate melodie pop, questo è rock 'n' roll grezzo, serio e adulto, che conferma la sua grande carica nel bellissimo ritornello: "Non so se posso permettermelo, sono in ginocchio, imbarazzato, il mio cuore è spezzato. Ho bisogno si sollievo. Tutti abbiamo bisogno di pace e amore". Il ritmo si incendia, Larry Mullen pesta alla grande, le tastiere in sottofondo rafforzano l'energia del brano, la chitarra si potenzia attraverso fraseggi sudati e abrasivi. Si ricomincia: "Abbassa la pistola, lascia indietro le figlie di Sion e i figli di Abramo", la band suggerisce di dimenticare le religioni e le sette, di abbassare le armi e di concedersi alla pace. L'armonia deve regnare sul mondo, niente guerre, niente religioni. Gli strumenti abbassano la guardia e allora rimangono il tappeto tastieristico e un giro di basso sinuoso: "Non combattiamo, siamo tu ed io, amore. La tv è accesa e ha il volume basso, le truppe sono in marcia e stanno per scavare, mettendosi in assetto da guerra. Dove è l'amore? Pace e amore, contano solo pace e amore". Nonostante l'invocazione di pace, alla tv si apprendono notizie sconcertanti, i militari sono in strada, pronti alla battaglia, ma ai due amanti ciò non interessa, il volume è abbassato e loro pensano alla loro armonia. I toni si placano, Adam sperimenta al basso, producendo un suono particolarissimo che rimbomba nell'etere, poi la chitarra si scatena per l'ultima sfuriata. Un bel pezzo, tra i migliori dell'album, forse quello che più ricorda i vecchi gloriosi U2.
City Of Blinding Lights
La città di New York è ancora una volta omaggiata in City Of Blinding Lights (Città Dalle Luci Brillanti), buona ballad che rappresenta anche l'immagine di una città ferita a morte dopo l'11 settembre ma che non si dà per vinta e che sta cercando di risollevarsi. Questo brano, estratto come quarto singolo dell'album, parla dell'innocenza e della spontaneità, ispirato dalla data al Madison Square Garden, avvenuta subito dopo l'attacco terroristico del 2001. The Edge fa stridere la chitarra, conducendo un suono che dal fondo emerge catartico portando grande atmosfera, ricordando vagamente la opener più bella e famosa degli U2, la straordinaria "Where The Streets Have No Name", per poi prendere un'altra forma, meno rock e più melodica. Le tastiere si prendono la scena, risonando alle spalle della chitarra e del basso: "Più vedi e meno conosci, ne sapevo più allora che adesso. Cuore al neon e occhi fluorescenti, una città illuminata da lucciole. Sono avvertimenti in cielo per tutte le persone", decanta Bono con tono spedito e molto soffice. I coretti decorativi, un po' fastidiosi e smaccatamente pop, rientrano al momento del bel ritornello, addolcendolo ulteriormente: "Mi manchi quando non ti ho vicino. Sono pronto a lasciare la terra. Sei così bella stasera, nella città dalle luci brillanti". Qui è presente una doppia dichiarazione d'amore, non solo a New York, ma alla moglie del vocalist, Ellison, lontana da lui quando la band è in tour, ma non in questa città, dato che la famiglia possiede un appartamento in centro. Gli occhi della donna risplendono con tutte le luci della città. Bono descrive il suo rapporto con la moglie, le passeggiate tra le vie, le fotografie, le vetrine dei negozi, e gli sembra impossibile che questa città sia stata ferita al cuore quel maledetto 11 settembre. L'aria è serena, spensierata, qui tutto è armonia e delizia, non vi è amarezza. Bono canta di una giornata qualunque trascorsa assieme al suo amore. "Riesci a vedere la bellezza dentro di me? il tempo non riuscirà a togliermi il ragazzo che ero un tempo". New York è come ognuno di noi, che resta sempre giovane dentro nonostante gli anni sulle spalle. Riusciamo comunque a trovare la bellezza nel nostro animo? Bono lo chiede a sua moglie; esiste ancora quel ragazzo ribelle e spensierato che era una volta, quando si conobbero da adolescenti?
All Beacuse Of You
Secondo Larry Mullen, la band lavora sodo per ogni pezzo, e lavora ancora più sodo quando deve comporre brani rock. All Because Of You (Tutto Per Causa Tua) invece è nata in breve, non appena trovati gli accordi basilari, e per fare ciò sono bastate solo due prove. Le parole del batterista possono far intuire l'essenzialità di questa canzone, giostrata su pochi accordi e su una struttura molto semplice. Rock puro, la chitarra elettrica slitta su suoni sinistri e metallici, dunque, non appena entrano basso e batteria, il rock n' roll degli U2 prende forma. "Sono nato come figlio della grazia, nient'altro riguardo al posto, tutto era brutto tranne il tuo viso bellissimo, che non mi ha lasciato nessuna illusione". Il tiro è quello giusto, la quartina sprizza energia da tutti i pori, la sezione ritmica scalcia che è una bellezza. Il secondo singolo non colpisce per originalità né per qualità, ma almeno dà una bella scossa. "Ti ho visto sotto la luna, nell'ombra proiettata nella mia stanza. Tu hai sentito me attraverso il mio canto, quando io sentivo solo confusione". Il rock è alla base di una storia d'amore: "Tutto per causa tua" grida Bono alzando la voce, mentre la band alle sue spalle si scatena in una danza notturna. Le linee vocali e l'andamento sono molto anni 70, classicissimi, e riescono a trascinare sin dal primo ascolto nonostante una linea vocale non proprio memorabile. "Mi piace il suono della mia voce, mi sento come una tartaruga intelligente che fa a gara con un proiettile. Tu hai risanato le crepe per rendermi nuovamente perfetto". Il potere dell'amore è un elemento salvifico, risanatore, laddove l'uomo, sebbene schiacciato dai problemi della vita, riesce comunque a sopravvivere grazie al sentimento. The Edge si lancia in una lunga fuga, prima accompagnando i lamenti di Bono, poi scappando in solitaria con un assolo squillante e piacevole, introducendo una sezione strumentale eccitante e grintosa. Ritroviamo il Larry Mullen dei bei vecchi tempi che detta il tempo, libero di sfogarsi. L'energia del rock viene evidenziata dalle ultime parole pronunciate dal vocalist: "Sono vivo, sono nato, sono appena arrivato, sono alla porta del posto da dove sono partito e voglio tornare dentro". Il rock è come l'amore, entrambi fanno sentire vivi, rappresentano la casa, le origini, l'utero della donna che dona la vita. Questo brano trasuda tutta la passionalità della band irlandese.
A Man And A Woman
L'estate newyorkese ispira la delicata A Man And A Woman (Un Uomo E Una Donna), bellissima ballata acustica che nasce da un'idea tanto semplice quanto vincente. Bono afferma di essersi ispirato al suono dei Clash. Questo è il suono degli U2, magico e nobile, melodicamente ispiratissimo. Bono e The Edge sono una coppia formidabile, voce e chitarra acustica che creano un'atmosfera stupenda, ricca di malinconia e classe. "Sorellina, non preoccuparti oggi. Prendi il calore dal sole, so che tutto non è apposto ma tu sei come miele sulla mia lingua". Bono dipinge un rapporto delicato e sincero, sostenuto dalla purezza di due anime unite nel sacro vincolo dell'amore. La melodia si acutizza nel lungo e sofisticato refrain: "Non potrei mai rischiare di perdere l'amore per un'avventura, nella distanza misteriosa tra un uomo e una donna". L'amore è una cosa seria, la promessa di una situazione stabile, l'unica emozione che riesce ad accorciare la distanza tra uomini e donne, spiriti così diversi e menti così lontane per natura. Si continua sulle note della chitarra acustica, morbida da cullare l'ascoltatore grazie al docile ed essenziale tocco di The Edge: "Puoi scappare dall'amore, e se è vero amore questo ti troverà, ti afferrerà per il tallone e tu non potrai restare insensibile. L'unico dolore è non sentire niente, come posso farti del male mentre ti sto abbracciando?". Ecco la verità: l'insensibilità è dolore, l'assenza di emozioni è sofferenza, e allora perché non lasciarsi andare? Il bridge è sottile, si alza leggiadramente cambiando la linea melodica, pur restando in territori sognanti: "Ragazza dagli occhi castani dall'altra parte della strada, in via Saint Divine, ho pensato che potesse essere lei quella adatta a me, poi ho realizzato che lei era già mia". Bono parla di sua moglie Ellison, in quei giorni lì con lui durante le sessioni dell'album nel sud della Francia. Una compagna, una moglie, una sorella e amica, Alison è tutto questo e molto altro ancora. Il tripudio amoroso prosegue, questa volta interviene Adam Clayton a condurci verso le battute finali, un giro di basso interessante e la voce del vocalist inondata di sentimento, quando declama le parole più dolci mai espresse nei confronti di una donna. "Ho dormito in strada di nuovo, come un cane randagio. Sorellina mia, ho cercato di sentirmi completo, ma tu eri andata via, così come Dio. L'anima ha bisogno della bellezza di un'anima gemella". Alison è la compagna di una vita, Alison è la sua anima gemella, anche quando l'uomo si è trovato perduto, senza la sua comprensione, o quando la sua fede ha vacillato. "Per amore, sesso, fede e paura, per tutte le cose che ci tengono qui. Nella misteriosa distanza che c'è tra un uomo e una donna".
Crumbs From Your Table
La chitarra, dal ritmo tipicamente U2 e che ricorda l'atmosfera degli album più blues come "The Joshua tree" e "Rattle And Hum", apre l'impegnata Crumbs From Your Table (Briciole Dal Tuo Tavolo), brano che tratta del tema della beneficenza. Le briciole del titolo sono quelle elargite dalle comunità cristiane per i poveri del terzo mondo, definite da Bono stesso come "mosse disperate per cercare di tirare fuori sangue dalle pietre". L'andamento è quello un po' troppo inflazionato dagli U2 odierni, si tratta di una semiballata nostalgica che ha dei bei momenti ma che forse non decolla bene in fase di ritornello, o forse colpisce meno proprio perché già sentita troppe volte nell'archivio della band, come fosse stata composta col pilota automatico. Le strofe hanno un buon tiro, persino le asce di The Edge e di Clayton graffiano a dovere, laddove si recupera quel piglio cinico del recente passato: "Dalla stella più luminosa viene il buco più oscuro. Tu avevi molto da offrire, perché hai offerto la tua anima? Io ero lì per te quando avevi bisogno. Cosa pretendi per te?" Bono si rivolge a queste comunità religiose, le implora di fare qualcosa e non di chiacchierare soltanto. Il ritornello sale dal basso, prendendo spinta, restando comunque delicato: "Calmati, tranquillizzati. Tu parli di segni e meraviglie, io ho bisogno di qualcos'altro. Crederei se ne fossi capace, ma tu mi offri solo briciole dal tuo tavolo". In un'intervista, Bono dice di aver scritto questo testo dopo un viaggio in Uganda, dove ha conosciuto una suora, Ann, che si spaccava la schiena per curare i malati di AIDS e lavorava in un posto terribile, una vera fogna, senza l'aiuto di nessuno. Una volta tornato in Europa, il cantante ha chiesto dei contributi alle autorità cristiane ed è stato ignorato da quasi tutti. Il vocalist descrive la figura di questa donna attraverso il canto: "Eri bella come un dipinto, io ero lì che vedevo, allora la tua faccia ha sorriso con una bocca piena di denti, pensando che ogni cuore si sarebbe aggiustato" e poi prosegue "Sorella Ann, la dignità avanti a tutto, anche quando tre persone morenti erano stese sullo stesso letto". I malati in agonia erano stipati in tre per ogni letto, perciò le condizioni erano davvero pessime. La coda finale è forse la cosa migliore del brano, dove The Edge prende le redini della sezione ritmica e ci conduce in questa dimensione sospesa.
One Step Closer
One Step Closer (Un Passo Più Vicino) è ancora un pezzo che parla di Bob Hewson, il padre di Bono, le cui gesta ispirano il figlio nella stesura del testo. Un brano intriso di malinconia, basato sulla perdita di fede. Durante un concerto in Inghilterra, Bono parlava con Noel Gallagher della perdita di fede di suo padre, allora il cantante di Manchester ha detto: "Bè, allora è un passo più vicino alla conoscenza", sottolineando il fatto che la religione spesso e volentieri è un limite alla conoscenza della vita. Bono ha preso spunto da queste risposta e ha creato l'ambientazione ideale per questa composizione. Tastiere e basso ci cullano nella disamina: "Sono sulla strada della speranza, sotto un ponte in una corrente trascinante che ha portato via tutto il mio essere". Questo è lo stato d'animo dall'uomo, smarrito in strada, senza speranza, lontano dalla fede, in balia degli eventi. "Un passo più vicino alla conoscenza" ripete Bono nel ritornello, disteso e sognante, decorato dalla leggiadra chitarra di The Edge. L'apparato ambient, tipicamente Eno-Style, emerge tra una strofa e l'altra, facendoci immergere nel clima di questo ottimo brano, quasi a rievocare la calma autunnale di un disco come "The Unforgettable Fire", dai toni amari e disillusi scanditi dalle tastiere e dai pizzichi intermittenti delle corde della chitarra. "Sono su un'isola pedonale a ridosso di un incrocio intasato, non posso proseguire, non posso tornare dietro. Non posso vedere il futuro che è lontano da me. Guardo solo le luci sbiadire". La metafora brillante è presto servita: la mente dell'uomo è paragonata a un incrocio, uno spartitraffico affollato che non può essere abbandonato; le sponde sono lontane e non è possibile attraversare la strada. Si resta immobili ad attendere che scocchi il semaforo verde. La fede è il semaforo, in questo caso bloccato sul rosso, le auto sono i pensieri che scorrono veloci. Il brano è tripartito, senza cambi di tempo, dotato di tre parti identiche, tutte introdotte da una lunga strofa e concluse col breve refrain. "Sono steso ad asciugare con vecchi vestiti. Ho il dito rosso per via della puntura di una spina di rosa, il mio cuore fa male perché batte, riesci a sentire i battiti rallentare?" e quando parte l'ultimo ritornello Larry Mullen si impone con colpi sempre più insistenti, quasi a sottolineare i battiti rallentati ma pressanti di questo cuore smarrito. Una canzone calma come le acque di un lago, simile ad un intermezzo, che regala tre minuti di incanto e rilassatezza.
Original Of The Species
Uno degli episodi più riusciti si intitola Original Of The Species (L'Originalità Delle Specie), ennesima ballata da pelle d'oca, scritta da Bono in onore di Holly, la figlia di The Edge, e poi diventata più universale, trattando in generale dell'essere giovani e insicuri. Questo è l'ultimo singolo estratto dall'album, dalla melodia beatlesiana, tanto che Bono dice essersi ispirato alla musica di John Lennon, è un vero capolavoro che va in crescendo fino ad arrivare un ritornello fenomenale, tra i migliori mai composti dal combo irlandese. I sintetizzatori si fanno largo tra i giri di basso impartiti da Clayton, il ritmo è calmo e sognante, poi Bono entra in scena, conquistando al primo istante: "Bambina, rallenta. La fine non è divertente come il principio, ti prego, resta bambina nel cuore" e tra queste parole vi è una profonda verità: la giovinezza è divertimento, si va a tutto gas, si cresce velocemente, poi però, la vita si riempie di problemi e il divertimento scema inesorabile. Per sopravvivere felici bisogna mantenersi giovani nel cuore. La seconda terzina aumenta il comparto sonoro tramite l'utilizzo degli archi computerizzati: "Ti darà ogni cosa vorrai, tranne la cosa che vuoi. Tu sei la prima della tua razza". Da qui inizia un lungo pre-chorus, dove la melodia si intensifica per poi farsi largo sfociando nel meraviglioso refrain: "Ti senti come nessuno prima d'ora, ti muovi furtivamente davanti alla mia porta, io mi inginocchio per abbracciarti. Voglio tutto di te e non voglio niente di ciò che non sei", gli archi e la voce di Bono aumentano di volume, la chitarra di The Edge si palesa in un fraseggio mistico di grande effetto, ricco di melodia e di nostalgia, dunque il ritornello: "Ovunque vai lo gridi, non te ne devi vergognare", riferito al fatto che bisogna sempre mantenersi giovani dentro, non ce ne dobbiamo vergognare, perché questo è il segreto per vivere bene. Questa volta, assieme alle tastiere, entra in scena la batteria di Mullen a rafforzare il concetto: "A certe cose non dovresti arrivarci subito, come sorridere, piangere o giungere alla celebrità. Alcuni si prendono troppe confidenze". Il processo di crescita deve essere graduale, bisogna affrontare la vita con la giusta calma, i giusti tempi, senza correre troppo. Un giovane deve prima imparare a sorridere, poi a piangere, infine a realizzarsi, ma per fare ciò ha bisogno di anni, di osservare il mondo e fare esperienze. Rallentare e non divorare l'esistenza, è questo il segreto. Dall'acustica delle strofe, The Edge infierisce con l'elettrica nel delizioso chorus. "Non sarai mai sola, adesso però mostra la tua anima, hai tenuto l'amore sotto controllo. Lascialo andare, adesso", nella coda finale si possono intuire le influenze dei Beatles, come ad esempio nei cori per sorreggere il ritornello, utilizzati per accendere gli animi, concludendo in trionfo.
Yahweh
Yahweh (Dio) è l'inno sacro conclusivo che sembra prelevato direttamente da un disco come "The Joshua Tree", dato l'aspetto religioso ma anche l'attitudine country che troviamo. Yahweh è il nome ebraico di Dio, uno nome imponente che bisogna pronunciare con rispetto. La canzone è anche una celebrazione alla storia della città di Gerusalemme, libera da ogni dominio e da ogni bandiera ma purtroppo da sempre contesa per il suo valore spirituale. Le strofe sono sparate, mentre le si ascolta emerge un certo clima pacifico e gioioso, ma non troppo zuccheroso. "Prendi queste scarpe che stridono lungo le strade chiuse, prendi queste scarpe e falle camminare. Prendi questa maglia, fatta di poliestere bianco da qualche parte, prendi la maglia e lavala. Prendi questa anima incastrata tra pelle e ossa, prendi l'anima e falla cantare". È quasi un'invocazione al Signore, un canto gospel, dove tutti i discepoli si recano a messa, lindi e ordinati, percorrendo a piedi la strada per cantare lode a Dio. Una lode che giunge col ritornello, altamente spirituale: "Dio, c'è sempre dolore prima che nasca un bambino. Dio, sto ancora aspettando l'alba". Dio è luce, nascita e speranza. il dolore del parto serve a donare la vita, la nascita del bambino è come la luce dell'aurora appena sorta in cielo. Il giorno nasce e dona la luce agli uomini. "Prendi queste mani, insegna loro cosa portare, prendile e non piegarle a pugno. Prendi questa bocca facile alle critiche, prendi la bocca e falle scoccare un bacio". Le regole del buon samaritano sono tutte elencate nelle liriche, e sono liriche semplici ma sentite, potenti e profonde. Non ci vuole poi molto a vivere felici e in armonia col mondo. Il break giunge improvviso, le tastiere ci cullano in una dimensione catartica, la chitarra elettrica si fa largo timidamente lasciando un tempo sospeso: "Sto ancora aspettando l'alba, il sole sta sorgendo. Il sole sta sorgendo sull'oceano. Questo amore è una goccia dell'oceano", recita il buon bridge. La band è unita, la sezione ritmica quadrata, e allora giunge l'ultima elegante strofa: "Prendi questa città, una città che risplende sulla collina. Prendi questa città e sarà la tua volontà. Ciò che nessun uomo può possedere, nessun uomo può prendere. Prendi questo cuore e infrangilo". La città che risplende sulla collina è Gerusalemme, appunto, illuminata dai raggi di un sole tanto atteso, portatore di pace e di tranquillità, ma anche di raziocinio, che va a sostituire il sentimento dettato dal cuore, ora spezzato.
Conclusioni
L'atteggiamento contemplato in "How To Dismantle An Atomic Bomb" è quello di una band onesta con se stessa. Anche in questo caso gli altisonanti proclami del ritorno alle origini sono fuorvianti, ma almeno gli strumenti tornano a farsi sentire, grazie al tocco semplice ma definito di Steve Lillywhite, che cerca di stemperare alcuni passaggi troppo commerciali, rendendoli più concreti e anche più sporchi. Non sono gli U2 degli esordi ma le canzoni ci sono, e sono molto buone, a tratti persino eccellenti, e non cercano facili consensi solo attraverso soffici melodie come nel caso del precedente capitolo in studio. "How To Dismantle An Atomic Bomb" è tutto questo, mancante comunque del rock ribollente di un tempo o del cinismo del recente passato, ma consapevole di raffigurare una band che non ha più voglia di lanciarsi in folli sperimentazioni e che si limita a fare quello che ha sempre fatto, ossia scrivere bei pezzi con estrema facilità. Qui le ispirate melodie di "All That You Can't Leave Behind" trovano una base concreta a supporto, la chitarra di The Edge torna a ruggire e a crogiolarsi nella sua malinconia, il basso di Clayton è robusto ed emette solide pulsazioni, Larry Mullen è quello che si vede meno, ma c'è, la sua batteria esiste, è ancora viva. L'album balza ai vertici delle classifiche mondiali, quasi otto milioni di copie vendute e cinque singoli di successo, e così, anche nel 2004 gli U2 continuano a macinare consensi, a incendiare gli stadi, a conquistare fedeli. La critica però ci va giù pesante, così come i loro detrattori, che dal 2000 in poi non perdonano nulla a Bono e alla sua compagnia. Forse la troppa esposizione mediatica, a livello politico, da parte del cantante, proietta la band in un vortice insensato di critiche e di insulti, di cattiva reputazione e di discutibili accuse che, ovviamente, si ripercuotono nella loro carriera e nell'arte profusa. Gli U2 pagano lo scotto di tale esposizione, ma non se ne fanno un cruccio, tanto che il successo è garantito e i premi agguantati sono numerosi. "Vertigo" e "All Because Of You", pur senza far gridare al miracolo, sono due piacevoli pezzi rock, che riportano in vita lo spettro dei primi lavori, mentre i restanti singoli sono sofisticate ballate ricche di significato. Il resto del disco, ad eccezione di un paio di episodi minori, è di buona qualità. Le venature elettroniche non sono protagoniste ma, come nel precedente album, si ritagliano il loro spazio. Più la band e lo staff della Island proclamano l'agognato ritorno alle origini e più il pubblico ne resta scontento, ed è anche normale, quando la realtà dei fatti è che nessuno, e parlo dei singoli membri, sembra minimamente interessato a riportare in vita il lontano passato. Gli U2 degli anni 2000 sono uomini di mezza età che non hanno più la minima intenzione di creare scalpore, di gridare al mondo la loro ribellione concettuale, di fomentare le folle. Gli U2 di "How To Dismantle An Atomic Bomb" sono quelli che hanno ormai accettato come funziona il mondo, lo condannano, certo, attraverso i loro testi inducono a profonde riflessioni, descrivendo il lato oscuro, i difetti, i limiti, ma anche le gioie e le soddisfazioni dei tempi moderni, ma non si mettono più in gioco, non provocano e non eccedono. La mancanza di questa rabbia ancestrale, di un'attitudine selvaggia che per venti anni è esplosa negli stereo dei fans di tutto il mondo, è drasticamente ridimensionata. Gli U2 di oggi sono ancora capaci di comporre grande musica, sia chiaro, e anche in questa occasione ci troviamo di fronte a un buonissimo album, composto con classe, talento e qualche colpo di genio, purtroppo si percepisce la mancanza di tale rabbia, del coraggio, della follia e della fame, elementi che poi sono alla base della vera filosofia rock 'n' roll ma che gli U2 di oggi tendono troppo spesso a dimenticare.
2) Miracle Drug
3) Sometimes You Can't Make It On Your Own
4) Love And Peace Or Else
5) City Of Blinding Lights
6) All Beacuse Of You
7) A Man And A Woman
8) Crumbs From Your Table
9) One Step Closer
10) Original Of The Species
11) Yahweh