U2
Achtung Baby
1991 - Island
ANDREA CERASI
14/04/2018
Introduzione Recensione
Nel 1990 Berlino è una città in fermento, dove sperimentazione, modernità e cicatrici ancora arrossate sono i tratti che la identificano. Vecchio e nuovo, passato e futuro qui si abbracciano tra le macerie di un muro appena abbattuto, tra le polveri di una struttura che per tanti anni è stata allegoria di costrizione ideologica, di limite fisico e psicologico e di gabbia mentale, oltre che di separazione geografica. La sua caduta libera tutti da un passato di degrado e di soprusi e regala la voglia di assaporare nuove delizie. All'alba degli anni 90 Berlino risorge dalle proprie ceneri e si proietta nel futuro, rovistando tra le macerie di un mondo distrutto alla ricerca di tesori da portare con sé nel nuovo decennio. Importanti registi, cantanti e pittori avevano scelto proprio Berlino, nel corso degli anni, come sede e musa ispiratrice per le proprie opere, ma è tra il 1989 e il 1990 che la capitale tedesca esplode in un milione di scintille emozionali che fanno della libertà artistica la propria filosofia. E allora, anche gli U2 decidono di spostarsi a Berlino, proprio nel cuore dell'Europa, al fine di reinventarsi per l'ennesima volta, per autodistruggersi e poi ricostruirsi, di pari passo alla città che li ospita. Nel 1991 avviene la rinascita, la band irlandese abbandona l'America, il blues, il gospel, il country e la smaccata spiritualità della decade precedente e ritorna nel continente che li ha visti affermarsi. Adesso però tutto è cambiato, l'Europa degli anni 90 è diversa da quella degli anni 80, il punk, il goth e il folk hanno lasciato spazio a sonorità inedite, all'elettronica, all'industrial, alla dance, al rock alternativo e a ogni sorta di sperimentazione. Berlino è una belva famelica in cerca di modernità, qui si respira un'aria particolare che comporta un senso di libertà totale, tra le cui strade, ancora scalfite da ferite sanguinanti, la gente ha desiderio di riscatto, di assaporare ogni singola novità, di riprendersi ciò che gli è stato tolto per quasi tre decenni di prigionia. Gli U2 si dichiarano morti e nascondendosi dietro lo slogan "Tutto ciò che conosci è sbagliato" si rinnovano, senza perdere anima, ma presentandosi in una veste scenica e sonora alterata: appendono i cappelli da cowboy, i jeans strappati, i gilet di velluto e gli stivali a punta, si tagliano i capelli lunghi, li lucidano col gel, indossano vesti di pelle nera, riempiono le dita di anelli incarnando lo stereotipo della rockstar. Il look adesso diventa robotico, cyber-punk, proiettando la band e i suoi ascoltatori in territori futuristici, richiamati nell'esorbitante tour che seguirà: lo ZooTv Tour, un vero bombardamento visivo e concettuale che si rivela un attacco nei confronti di una modernità superficiale e sterile. Così, venendo profondamente assorbiti dalle atmosfere della città, come il muro aveva diviso la Germania in due parti, anche gli U2 si ritrovano ad essere divisi in due fazioni durante le prime sessioni del nuovo album: da una parte Bono e The Edge esigono di adottare un suono prettamente mitteleuropeo per sopravvivere ai cambiamenti culturali che si avvicendano freneticamente nelle società, dall'altra Larry e Adam, appoggiati dal produttore Daniel Lanois, che preferiscono andare sul sicuro riprendendo le sonorità country rock di dischi come "The Joshua Tree" e "Rattle And Hum". A mitigare il diverbio ci pensa Brian Eno, che raggiunge la band agli Hansa Studios di Berlino. Il risultato finale, dopo interminabili sessioni, ha un nome di due parole: "Achtung Baby", titolo composto da una parola tedesca e una inglese, perfetto per indicare il mix tra due culture e i due luoghi di lavoro, Dublino e Berlino. Il rock si fa duro, chitarre affilate e filtrate da basi elettroniche, voce esasperata, composizioni audaci e dalle forme sfuggevoli. "Achtung Baby" è un album che abbraccia passato e futuro, che fa dello sfogo e della sperimentazione le sue armi vincenti, che rielabora idee consumate e che le rinfresca dando loro una magia inedita. Il capolavoro assoluto è servito ma forse non tutti se ne rendono conto nell'immediato, tanto che l'album spiazza il pubblico, a cominciare dal primo di cinque singoli rilasciati: "The Fly" sbalordisce i fans a causa della cattiveria delle chitarre distorte, dei suoni elettronici in sottofondo e di un testo cinico, ma anche le seguenti "Mysterious Ways" e "Even Better Than The Real Thing", cavalcate rock influenzate dal funky e dall'industrial, scioccano parecchio il pubblico, mentre a bilanciare vecchi e nuovi fans ci pensa la delicata "One", vero trionfo di melodia e dal significato esemplare, che mette in musica separazione e ricongiungimento delle due Germanie e che quindi incarna perfettamente lo spirito di una Berlino ancora incredula dopo la caduta del muro.
Zoo Station
La Zoo Station (Stazione Zoo) si trova accanto agli Hansa Studios dove gli U2 incidono l'album. Proprio in onore della stazione e del quartiere che la circonda, degradato e sporco, frenetico e ricco di vita, che la canzone trae ispirazione. Bono prende spunto dallo zoo per parlare di tutto noi, realizzando una preziosa metafora nella quale la città si è trasformata in una giungla. La chitarra distorta di The Edge apre un mondo sonoro fino ad allora inesplorato dalla band irlandese, il riff è abrasivo e sporco come la stazione berlinese, mentre in sottofondo si fa largo un basso che sembra evocare i passi incessanti della gente che lì si reca per prendere il treno. Bono entra in scena con la voce filtrata, scioccando il proprio pubblico e dichiarando che la svolta stilistica è pianamente avvenuta. "Sono pronto per il gas esilarante, sono pronto a tuffarmi nella novità. Sono felice di essere vivo" dichiara il vocalist, voce robotica e glaciale, mentre un inedito Larry Mullen batte colpi metallici alle sue spalle. Lo dichiara la band stessa: sono pronti a tuffarsi in un mondo nuovo, incarnando non solo il nuovo stile musicale intrapreso, ma dando voce a tutti i berlinesi ed europei all'alba della caduta del muro che ha aperto, una volta per tutte, le frontiere in tutto il continente. La voce è soft, molto leggera ed effettata, una dimensione moderna è appena iniziata e ne siamo tutti testimoni. Si attacca col pre-chorus, sofisticato e nebbioso: "Nel freddo della notte, nel calore della brezza, striscerò su mani e piedi per prendere la linea, devo fare in tempo per prendere la Zoo Station". Appena Bono pronuncia le parole che compongono il refrain, ovvero quelle del titolo, si ha una sensazione di spaesamento, di folla accalcata sulla banchina, in attesa che arrivi il treno della speranza che porti in un mondo nuovo. I cori in sottofondo simboleggiano il clamore della folla, il caos del momento, il buio degli anni passati. "Sono pronto per l'ingorgo, sono pronto a portarlo in strada. Pronto per mescolare e lasciare andare il volante per lo schianto finale". Lo schianto è l'incontro tra il vecchio e il nuovo, tra due mondi così vicini ma tanto diversi. "Va tutto bene, bambina", ripete Bono ipnoticamente, sostituendo le parole del ritornello, impuntandosi come i colpi ai tamburi da parte di Mullen. La base ritmica procede intrepida su una tavolozza industriale che evoca caos, come la fuga degli animali dallo zoo, e non è un caso se la fuga degli animali sia un'analogia con quello che sono gli U2 nel 1990, ovvero una band che fugge dal proprio passato e che è alla ricerca di suoni freschi e moderni. Il bridge è servito, dotato di una fredda e pungente melodia: "Il tempo è un treno, fa diventare il futuro passato, ti lascia fermo alla stazione con la faccia schiacciata al vetro". L'elettronica prende il sopravvento, la chitarra di The Edge svetta alta contornata da effetti alienanti, la voce di Bono è perennemente modificata, e allora si giunge al termine con l'ultimo grandioso refrain, che apre un mondo sonoro totalmente inedito e scioccante. Questi sono i nuovi U2.
Even Better Than The Real Thing
Il quarto singolo estratto è Even Better Than The Real Thing (Anche Meglio Delle Cosa Reale), cavalcata elettro-rock, il cui videoclip vede presenti dei sosia di cantanti e spezzoni di tv spazzatura. Sembra incredibile quanto un testo possa ancora essere attuale dopo decenni, segno che la band ha sempre visto lungo. Il riff portante è tanto glaciale quanto affascinante, pungente come un ago che entra nelle carni, affilato come lama di rasoio. Clayton e Mullen affiatati come non mai nell'elaborare un tessuto sonoro rigido e penetrante, dunque la suadente voce di Bono Vox, narratore di questo degrado culturale. Le linee melodiche sono subito avvolgenti e calde, e contrastano non poco con una base ritmica fredda, creando un effetto particolarmente affascinante e moderno. "Dammi un'altra possibilità e sarai soddisfatto. Il mio cuore è lì dove è sempre stato, la mia testa è da qualche parte lì in mezzo. Lascia che sia il tuo amante, stanotte", recitano i primi criptici versi che insinuano un dubbio nella mente dell'osservatore, dubbio poi chiarito nel clamoroso ritornello: "Tu sei la cosa reale, anche meglio della cosa reale", nel senso che la replica è considerata migliore dell'originale, la copia ha soppiantato l'originale, facendosi largo tra stereotipi e cattivo gusto, cavalcando l'onda della cultura trash. È come restare incantati davanti alla vetrina di un negozio che vende repliche usate e in cattive condizioni e pensare che queste siano meravigliose. Il mondo è in costante declino e nessuno fa nulla per combattere, per riportare a galla la verità. The Edge esegue una serie di fraseggi affilati, si stagliano alti nel cielo terso dominato da sciocchezze e superficialità e contornato da nubi velenose che intossicano le persone, plagiandone le menti. "Dammi un'altra occasione e ti farò cantare. Dammene mezza per cavalcare le onde. Sei miele per uno sciame d'api". Il miele è un elemento prezioso, che dovrebbe restare sempre puro e incontaminato, Bono invita la sua partner a unirsi a lui per un ultimo ballo, mano nella mano, sorvolando la distesa di rifiuti prodotti dalla società. È il momento del chitarrista, capace di creare un'atmosfera futuristica da brividi con un assolo tanto elementare quanto coinvolgente. "Siamo liberi di volare nel cielo cremisi. Il sole non scioglierà le nostre ali stanotte", tranquillizza Bono, cercando di farci capire la realtà delle cose e la differenza tra originale e sosia, mentre continua a muoversi lungo questa danza elettrica assieme alla chitarra e ai solenni giri di basso.
One
One (Uno) è una dolce poesia che simboleggia l'anima stessa del disco e il clima di una Berlino appena liberata dalla costrizione del muro. Questa strepitosa e leggendaria ballata è incarnazione della separazione europea e della conseguente riunificazione, ma è anche una disamina sul rapporto tra popoli e razze, e anche, in piccolo, un resoconto dell'amore di coppia. Il testo è applicabile a diverse tematiche, ed è anche questa la grandezza della canzone. "One" parla di tutto e tutti, e lo fa attraverso un testo breve ma intenso, tanto semplice quanto geniale. Nata nel periodo di maggior tensione all'interno della band, divisa in due fazioni durante le prime sessioni di "Achtung Baby", è grazie all'intuizione di The Edge, che trova la linea melodica per caso, durante un esercizio, che gli U2 capiscono che devono proseguire in armonia, reinventandosi senza snaturarsi. Il riff portante del brano è ciò che salva la band dall'oblio nel quale è caduta, e da lì in poi ogni crisi si dissolve all'istante. Il delicato arpeggio colpisce dritti al cuore, Bono ha una voce angelica e ci culla in questa dimensione pacifica: "Va meglio o ti senti come prima? Sarà più facile per te, ora che hai qualcuno da incolpare", in relazione alla divisione delle due Germanie, ora finalmente riunite in un'unica identità. Il ritornello si insinua velatamente dopo pochi secondi, rapendo all'istante grazie a una melodia paradisiaca: "Un amore, una vita, quando c'è un solo bisogno nella notte. Un amore dobbiamo condividerlo, perché se non te ne prendi cura, questo ti lascia", queste sono le sacre ed emblematiche parole recitate, incarnazione di un mondo appena ripresosi dopo la guerra politica, un mondo che porta con sé le cicatrici del passato. "Ti comporti come se non conoscessi l'amore e vuoi che io me ne vada", prosegue Bono, cantando con una dolcezza infinita su una base ritmica che si snoda sinuosa come un serpente pronto a mordere e a iniettare veleno prendendo velocità. "È troppo tardi stanotte per rimpiangere il passato. Nella luce noi siamo uno, ma non siamo uguali". Le liriche sono chiare, ricche di amore e di armonia, che invocano unione e pace eterna, superando i limiti e i piccoli difetti. Chitarra e basso si abbassano di volume per fare posto alle tastiere, che stendono un tappeto sonoro nostalgico che ci accompagna alla seconda parte e che rievoca emozioni profonde: l'amore di un padre per un figlio, che può indicare il rapporto contrastante tra Bono e il papà, la crisi matrimoniale che colpisce il chitarrista e sua moglie, le divergenze famigliari che tutti noi attraversiamo. Il testo è polivalente, infatti vengono girati ben tre videoclip della canzone, tutti incentrati su tematiche e soggetti diversi. "Sei venuto qui per il perdono, sei venuto per resuscitare i morti, sei venuto per giocare con Gesù e i lebbrosi? Non mi hai dato nulla e ora il nulla è tutto ciò che possiedo". Qui trasuda tutta la conflittualità tra due persone, probabilmente tra un padre e un figlio, e allora il testo diventa più personale. Probabilmente Bono sta parlando con suo padre, cercando di trasmettergli amore. Il brano si trascina armoniosamente fino al geniale bridge, senza prendersi una pausa, e allora ecco la miglior parte: "L'amore è un tempio, l'amore è più alto della legge, tu mi chiedi di entrare e poi mi fai strisciare. Io non posso aspettare ciò che tu hai, quando quello che hai è dolore. Un amore, un sangue, una vita", urla il vocalist con voce straziata dal dolore, ma speranzosa in un ricongiungimento.
Until The End Of The World
La parabola biblica viene servita con la perla Until The End Of The World (Fino Alla Fine Del Mondo), capolavoro selvaggio incentrato sul dialogo tra Giuda e Cristo e inserito nella colonna sonora dell'omonimo film di Wim Wenders "Fino alla fine del mondo". È qui che gli U2 ritrovano la rabbia dei primi lavori e l'attitudine provocante tipica di molti loro brani. La danza tribale eseguita dal drumming di Larry Mullen apre a un mondo ancestrale che ci conduce dritti indietro nel tempo, poi subentrano le asce di The Edge e di Adam Clayton e allora succede il delirio. Strutturato su tre lunghi e compatti blocchi, il pezzo è un tripudio di suoni e di sfumature che indicano una band coraggiosa, che osa sperimentare e che lo fa con grande gusto. "L'ultima volta che ci siamo incontrati è stato in una stanza male illuminata. Eravamo vicini, mangiammo e bevemmo vino. Tutti si divertivano tranne te. Tu parlavi della fine del mondo". Giuda rievoca l'ultima cena degli apostoli, in compagnia di Cristo. Tutti si divertivano, bevendo e mangiando, ma Cristo sapeva già dell'imminente tradimento, presagiva già la fine di un'era. Le plettrate di The Edge sono fugaci, pungenti, danno la sensazione del rimorso, del tradimento, del dolore inflitto al profeta. "Ho preso i soldi, ho drogato il tuo drink, ho perso tempo dietro a te, mi hai ingannato con quegli occhi innocenti. Nel giardino stavo giocando". Giuda non sembra rattristato dal tradimento, lo rievoca con grande chiarezza e lucidità. È nel giardino dei Getsemani dove tradì Gesù per 30 denari, lo baciò in bocca giurandogli fedeltà, per poi colpirlo alle spalle facendolo arrestare dai soldati romani. La fase strumentale è intensa, travolgente, l'assolo di chitarra magnetico, intriso di poesia, la voce di Bono soffocata di dolore per chiudere l'ultimo blocco. "Nei miei sogni stavo annegando i dispiaceri, ma i miei dispiaceri impararono a nuotare, circondandomi e affogandomi, traboccando in onde di rimpianto e di gioia. Ho cercato di raggiungerti ma tu hai detto che avresti atteso la fine del mondo". In questo caso, Giuda è titubante, da una parte si pente per ciò che ha combinato, dall'altra sa che il dolore e il rimpianto non possono essere cancellati e che proprio da questi verrà strangolato. Clayton e The Edge si lanciano all'unisono in un duello di note metalliche che creano il putiferio, Larry accelera il passo proiettandoci nella foga sonora, nella mente turbolenta e annebbiata del traditore, dove riecheggiano echi di frustrazione, balbettati dallo stesso Bono. Un pezzo tripartito, che fa della sua compattezza la sua vera forza. Bello, elegante, selvaggio, uno dei migliori brani mai composti dal quartetto irlandese.
Who's Gonna Ride Your Wild Horses
L'animo più eclettico e sognante dell'album emerge con Who's Gonna Ride Your Wild Horses (Chi Sta Cavalcando I Tuoi Cavalli Selvaggi), dove la chitarra di The Edge sperimenta più che mai e l'atmosfera generale riporta al soul degli anni 60 e lo proietta nel futuro. La batteria di Larry sembra gli zoccoli di un cavallo lasciato libero di correre, i riff il vento tra gli alberi, le pulsazioni di basso prodotte da Adam un cuore che batte forte, in piena adrenalina. Non a caso il brano parte lento per prendere quota lentamente, caricando la corsa selvaggia, eppure non parla di natura né di spirito animalesco: qui si narra della relazione extraconiugale di uno dei componenti della band con una ragazza conosciuta durante il precedente tour, la cui onestà e spontaneità ha rischiato di mettere a repentaglio il matrimonio. "Sei pericolosa perché sei onesta" dice Bono, e poi riprende "Sei pericolosa perché non sai cosa vuoi. Hai lasciato il mio cuore vuoto come una casa sfitta preda di spiriti", la metafora tra il cuore infranto, vuoto, e una casa disabitata infestata da spettri è semplicemente geniale per delineare la fine di un amore che non si sarebbe mai dovuto creare. "Sei un incidente che aspetta di accadere, sei un pezzo di vetro lasciato sulla spiaggia. Mi dici cose che non dovresti dirmi, poi mi lasci". Insomma, a troncare la relazione è proprio la ragazza, stufa di dover fare da amante. Le chitarre grondano dolore e sofferenza, poi prendono il via per la corsa sfrenata che si slancia nell'incantevole refrain: "Chi sta cavalcando i cavalli selvaggi? Chi sta annegando nel mare blu? Chi altro cadrà ai tuoi piedi?". La separazione è dolorosa, probabilmente si tratta di The Edge, all'epoca in collera con la moglie Aislinn e in procinto di separarsi una volta per tutte, ma la band non ha mai chiarito chi fosse il protagonista delle liriche. "L'hai rubato perché ho avuto bisogno di contanti, e l'hai ucciso perché io chiedevo vendetta. Tu hai mentito quando ti ho chiesto di farlo, ma possiamo essere amici?" implora Bono alla fanciulla che ha perduto, poiché il suo amore è stato fatto a pezzi a causa delle bugie. A questo punto la musica rallenta, Mullen frena di colpo e lascia spazio agli effetti sperimentali dell'ascia di The Edge, ritorna Bono sospirando l'immaginifico bridge, sospeso nel tempo: "Giro alla larga ma il cacciatore peccherà per la tua pelle d'avorio. Ho girato sotto la pioggia sporca fino a luogo dove il vento chiama il tuo nome. Sotto gli alberi il fiume rideva di me e di te". L'uomo è un cacciatore in cerca d'avorio, ma la caccia è lunga e faticosa e non va a buon fine. Bono sfodera il suo falsetto e poi urla il suo rimpianto nell'ultimo magnifico ritornello: "Non voltarti. Chi gusterà i tuoi baci salati? Chi prenderà il mio posto? Chi potrà domare il tuo cuore?", si interroga, ora che la donna è lontana, magari tra le braccia di un altro.
So Cruel
Il dramma che sta vivendo il chitarrista per la separazione dalla prima moglie Aislinn è concentrato nell'oscura e tragica ballata So Cruel (Così Crudele). Le tastiere creano un clima tetro e sofferto nel quale Bono, solenne, narra di un rapporto fatto a pezzi. "Abbiamo attraversato la linea, chi ha spinto l'altro? Non ti importa nulla ma a me sì. Siamo alla deriva, ma ancora galleggiamo, sto tenendo duro solo per vederti affogare, amore". La coppia sta affogando placidamente e l'uomo tenta di restare a galla il più a lungo possibile per sincerarsi che la donna sia la prima ad affondare. Le parole sono dure e pregne di acredine, qui si percepisce la crisi che ha colpito il musicista e di conseguenza tutta la band, che è sempre stata una famiglia unita sin dall'adolescenza. "Io sono scomparso in te e tu sei scomparsa da me. Ti ho dato ogni cosa che hai voluto e non era quello che volevi. Gli uomini che ti amano tu li odi, loro ti passano attraverso come fantasmi". Tra ritocchi di pianoforte, effetti elettronici in sottofondo e la docile batteria di Mullen, Bono declama un testo aspro su una linea melodica seducente, raffinata ma inquietante. La donna viene descritta non proprio come una figura positiva anzi, dal brano si ha l'idea di una ragazza egoista e viziata, quasi priva di emozioni. Il ritornello è molto delicato: "Tu dici che in amore non ci sono regole. Tesoro, tu sei così crudele", è lo spietato verdetto inflitto dalla band ai danni della ragazza. Il ritmo pacato e sognante si concentra nella coda finale, ancora più toccante grazie alle incursioni chitarristiche e ai grassi giri di basso che avvolgono con candore i timpani dell'ascoltatore. "Lei indossa il mio amore, come un abito trasparente. Lei sue labbra dicono una cosa, i suoi movimenti un'altra, come un fiore che urla e che muore ogni ora". L'amore è come un vestito di pizzo che si adagia delicatamente al corpo, prendendone le forme. La notte sta svanendo e con essa il ricordo di questo amore, di questa travagliata relazione che viene raccontata come fosse uno squarcio procurato dalla lama di un coltello, e infatti, verso la fine, Bono asserisce: "Veniamo calpestati tra i cavalli dell'amore e della lussuria", a indicare un amore sfuggevole, sempre in corsa come un cavallo libero, ed è qui palese il collegamento con la precedente traccia "Who's Gonna Ride Your Wild Horses", dove il nobile animale è incarnazione di amore sofferto.
The Fly
The Fly (La Mosca) è il primo singolo estratto di "Achtung Baby", la chitarra distorta svetta alta sulle nostre teste, impazzita e spericolata come il volo di una mosca che sbatte le ali nevroticamente e guarda tutto dall'alto a grande velocità. Il rock elettronico prende il sopravvento rivelando una band rinnovata e coraggiosa, spietata come non mai. Questo brano rappresenta una ventata di freschezza non solo per il suono, ma anche per la sua struttura, molto particolare, specialmente nel doppio ritornello, e per le liriche disilluse che contrastando con la popolare spiritualità della band. L'immagine evocata, infatti, è quella del diavolo, in una cabina telefonica, che parla con un bambino al quale spiega i segreti della vita, l'importanza di un amico, l'egoismo degli artisti, la miseria dell'amore. La chitarra intavola un riffing metallico che produce scintille, per poi smorzare la sua corsa quando si attacca con il primo verso, sostenuto interamente da un clamoroso giro di basso. Non ci sono spiragli melodici, il tutto è frenetico, gelido, Bono indossa i suoi occhiali da sole giganti, che assomigliano agli occhi di una mosca, e incomincia a declamare le prime frasi, sussurrando sensualmente: "Non è un segreto se le stelle stanno cadendo dal cielo. Non è un segreto se il nostro mondo è nell'oscurità. Dicono che il sole sia stato eclissato dalla luna, ed io non ti vedo più". Sin dalle prime battute la band ci fa sprofondare in un mondo buio, crepuscolare, dove la luna è sinonimo di separazione, forse di morte. "Non è un segreto che un bugiardo non crede a nessun altro. Dicono che un segreto è qualcosa da dire ad un altro, così te lo sto dicendo". La mosca svolazza nell'etere, ascolta i discorsi degli uomini, apprende i segreti celati, li custodisce, magari li rivela ad altri. Mullen potenzia il suo drumming, appoggiando i due axe-men che si dimenano in un duello serrato, a colpi di riff, poi giunge il refrain, doppio, nel quale Bono si divide intonando contemporaneamente una parte in falsetto e un'altra in tonalità grave, ricordando la traiettoria impazzita della mosca in volo. Tra misteriose tastiere che emergono lentamente seguendo una specie di rituale, le chitarre si gonfiano a dismisura: "Un uomo striscerà, un uomo supplicherà, sulla faccia liscia dell'amore, come una mosca sul muro. Amore, splendiamo come una stella che brucia, stiamo cadendo dal cielo, stanotte". La caduta, ardente come stella cometa, è la fine di un amore, di una relazione, le cui scintille sono visibili al buio, nella notte. Adam Clayton è fenomenale, il suo basso ricopre l'intera sezione, proiettando una scia densa come fumo, mentre The Edge esegue selvaggio dei riff pungenti che stordiscono. "Non è un segreto che una coscienza può essere una peste. Non è un segreto che l'ambizione morde le unghie del successo. Ogni artista è un cannibale, ogni poeta è un ladro, tutti uccidono le loro ispirazioni e poi cantano i loro dolori". Poche volte è stato ritratto così profondamente l'animo di un artista, le parole di Bono sono geniali, incredibilmente evocative, veritiere. Gli artisti sono cannibali che si nutrono delle proprie muse, le fanno a pezzi per poi mettere il loro dolore nelle opere. C'è un cambio di tempo repentino, The Edge prende in pugno la situazione e crea una bella parentesi strumentale, tetra e malinconica, facendo stridere la sua sei-corde attraverso un potente assolo. La coda finale è da brividi, prima si riparte col refrain, dunque troviamo un ultimo verso, il più cinico di tutti, dove il vocalist canta sovrastando le ripetute rullate di Larry e il delirio sonoro del chitarrista. "Non è un segreto che le stelle stanno cadendo dal cielo. L'universo è esploso per la bugia di un solo uomo. Ora devo andare, sto finendo gli spiccioli". Il finale è ironico, il diavolo sta finendo le monetine per la chiamata e quindi è costretto a riattaccare, lasciando il bambino con tanti dubbi.
Mysterious Ways
La molleggiata Mysterious Ways (Modi Misteriosi) è una delle hit più famose degli U2, dal ritmo funky generato dalla chitarra di The Edge e dal basso preziosio di Clayton, questa è una delle prime canzoni composte per l'album. Intitolata inizialmente "Sick Puppy", in origine aveva tutt'altro arrangiamento, quasi del tutto sostituito da nuovi ingredienti tranne che nelle linee di basso. Alle percussioni troviamo il produttore Daniel Lanois, che ci culla con un ritmo danzereccio rievocato anche dall'utilizzo, nel videoclip, di alcune danzatrici del ventre, tra cui figura la futura seconda moglie di The Edge. La luna è metafora di donna, questo pezzo è un funky rock notturno e seducente, una lode alla notte e alla luna, e quindi alle curve e alle emozioni femminili. "Johnny, fatti una passeggiata con tua sorella Luna, lascia che la tua camera si riempia della sua luce pallida. Stai vivendo sottoterra, cerchi di scappare da ciò che non capisci". Johnny è un ragazzo che, secondo le liriche, vive chiuso in casa e non si sa approcciare al sesso femminile. La luna, incarnazione di donna, cerca di filtrare tra le finestre della sua stanza per affascinarlo e sedurlo con i suoi tiepidi raggi luminosi. Johnny è un ragazzo timido, che non capisce il mondo, non osserva la realtà, ma è comunque un uomo, non esente al fascino femmineo, tant'è che nel ritornello ecco che è pronto a perdere la testa: "Lei è scivolosa, tu stai scivolando già, ma ci sarà lei quando tu cadrai a terra". La luna/donna salverà il nostro timido ragazzo, gli mostrerà il mondo, gli rivelerà emozioni infinite. Il refrain prosegue nella cantilena ormai diventata famosissima: "Va tutto bene, va tutto bene, lei si muove in modi misteriosi", perché luna è anche rappresentante di fato, colei che illumina le notti, cambia le maree, influenza l'umore degli esseri viventi. "Johnny, fatti un tuffo con tua sorella nella pioggia. Lascia che parli di cose che tu non puoi esprimere. Se vuoi baciare il cielo è meglio imparare a inginocchiarsi". L'allusione sessuale è evidente, bisogna prima piegarsi ai voleri della donna per essere soddisfatti dopo. Il premio va conquistato, va atteso e corteggiato costantemente. "Lei è l'onda, lei cambia le maree e vede l'uomo dentro al bambino", la donna sa riconoscere l'uomo che vive dentro al ragazzino, sa come farlo maturare, sa come farlo impazzire in un'esplosione di emozioni. Gli effetti metallici della chitarra si scontrano le tastiere e l'andamento popeggiante indotto dalla batteria, mentre il giro di basso risalta per compattezza. Bono ritorna in scena dopo la sezione strumentale, e lo fa con voce modificata per declamare il bridge: "Un giorno guarderai indietro e vedrai dove tu eri bloccato da questo amore, mentre avresti potuto fermarti e far durare di più questo momento seguendo il sentimento". La vita è un'emozione continua che va assaporata di gusto, va vissuta per non avere rimpianti, inutile è quindi farsi dei blocchi mentali, crearsi degli impedimenti.
Tryin' Throw Your Arms Around The World
Tryin' Throw Your Arms Around The World (Provando A Gettare Le Tue Braccia Attorno Al Mondo) è probabilmente il brano minore dell'album, dall'indole dream-pop, nello specifico shoegaze, che sa comunque creare un'atmosfera crepuscolare grazie a suoni nebbiosi e un testo surreale che parla di un uomo ubriaco che torna a notte fonda a casa, barcollando, ma che non riesce a trovare le chiavi per entrare. Forse ispirato da un fatto vero, magari la band ha alzato il gomito dopo un concerto, o durante una serata qualunque trascorsa in un pub di Dublino, questo pezzo evidenzia l'evoluzione intrapresa dalla band con il nuovo decennio. Le tastiere avvolgono i timpani come pomata, la batteria ci culla in una dimensione delicata e notturna, il basso e la chitarra restano defilati, lasciando il palco alla voce di Bono e ai raffinati rintocchi di piano, soffocati comunque da effetti sonori in sottofondo elaborati da The Edge, che trasmettono surrealismo e foschia sonora. La melodia è vincente, ci abbraccia e ci sussurra alle orecchie, svegliandoci all'alba dopo una notte stramba. "Le 6:00 del mattino, tu sei l'ultimo a sentire la sveglia, stavi cercando di gettare le braccia attorno al mondo, mentre cadevi dal marciapiede. Le tue labbra si muovono ma non puoi parlare". Ecco che viene evocata la sensazione del risveglio, un risveglio tormentato, nel quale una persona non riesce ad aprire bocca, ha la gola impastata e la mente offuscata. I sogni ancora aleggiano in testa, sogni strani, particolari, nei quali la persona, in questo caso una donna, cerca di afferrarli. È attraverso i sogni che lei cerca di abbracciare il mondo per capirlo, per non cadere nell'oblio dell'ignoranza, del vuoto emotivo. Il ritornello è soffice, giunge veloce come l'alba e si stempera subito: "Sto correndo da te, stai ferma. Sto correndo da te, lo farò, donna". Bono incarna il sogno, forse l'uomo dei sogni, che cerca di raggiungere la sua amata prima che si svegli del tutto. Egli è un sogno, effimero, che svanisce alle prime luci, ma tenta comunque di correre per insinuarsi nella memoria della donna assonnata. Veniamo ancora cullati in questa dimensione onirica: "L'alba è come un naso sanguinante, la testa ti fa male e non riesci a respirare. Hai provato a stendere le braccia attorno al mondo, ma quando ci metterai a perdere la strada di casa?". Alzarsi all'alba è come avere dolori fisici: sangue dal naso, mal di testa, fiato corto, dolore alle ossa e ai muscoli. È l'effetto dell'alba che toglie il riposo notturno e aumenta la stanchezza. Il pezzo è un quadro surrealista, e infatti viene citato lo stesso Salvador Dalì, il più illustre dei poeti di questa corrente, in uno degli ultimi blocchi recitati da Bono, dove descrive un suo sogno: Dalì è al supermercato e ci prova con una ragazza, intanto fuori un maggiolino cabrio attraversa la cruna di un ago. La canzone si muove sinuosa e annebbiata sempre sulle stesse note, non cambiando mai tempo come per non destarci dal torpore mattiniero, arrivando a concludersi con queste parole: "Una donna ha bisogno di un uomo come un pesce ha bisogno di una bici", che altro non è che uno slogan femminista degli anni 70. La donna è forte anche senza un uomo alle sue spalle, la donna è come la luna stessa, inafferrabile.
Ultraviolet (Light My Way)
Il tappeto sonoro sognante prosegue con la geniale Ultraviolet - Light My Way (Ultravioletto - Illumina Il Mio Cammino), che ci fa fare un tonfo dal letto e ci scaraventa nell'eco di voci che si accavallano tra di loro, stordendoci. Bono declama: "A volte mi sento come se non sapessi, a volte mi sento come se provassi a fare qualcosa di sbagliato. Non si può essere sempre forti e l'amore non può durare a lungo". Quelle che inizialmente sembrano essere parole amare, di disillusione nei confronti della vita, in realtà poi si rivelano preludio alla forza caratteriale per affrontare le difficoltà del quotidiano. Gli strumenti entrano in scena diretti e ricchi di sfumature, la chitarra elettrica inventa un fraseggio magico, sostenuto dalle tastiere nella sua corsa surreale. "Bambina, asciuga le lacrime dagli occhi. Sai che ho bisogno di te per essere forte, così come il giorno è buio fin quando dura la notte. Mi sento spazzatura e tu mi fai sentire pulito", le bellissime parole pronunciate dal vocalist sono ricche d'amore. In realtà, l'artista sta facendo una vera dichiarazione d'amore nei confronti della moglie Alison, all'epoca incinta della secondogenita Eve. "Mi sento invisibile ma tu illumini il mio cammino" dichiara nel bellissimo refrain, dove gli strumenti sono sognanti e delicati e si riconcorrono come sogni nella mente del dormiente. Passiamo alla seconda fase, dunque seconda strofa, dove questo grande amore diventa ancora più incisivo e forte: "Seppellisci il tuo tesoro dove non può essere trovato, ma l'amore è come un segreto che è stato riferito a tutti. C'è silenzio in casa, dove nessuno dorme, immagino sia il prezzo dell'amore, so che è a buon mercato". L'amore è un sentimento comune, non ha un prezzo alto, tutti sono in grado di provarlo, di afferrarlo, ma nonostante ciò, Alison lo considera come un tesoro da seppellire. Alcuni invece pensano che questo brano sia incentrato sul ricordo della mamma di Bono, Iris, morta quando lui era solo un adolescente, e il dubbio viene ascoltando la coda, dove Bono alza il tiro e grida: "Ricordo quando dormivamo sui sassi, adesso giacciamo insieme tra sussurri e gemiti. Quando ero stravolto il tuo amore era una luce accesa sul mio letto". Si parla al passato, quindi di un tempo lontano, quando Bono era ragazzino e dormiva in camera sua con la lampadina accesa sul comodino, o forse è proprio sua moglie Alison a incarnare la luce della speranza che lo culla nei sogni notturni. A seconda di come vengono interpretate le liriche, resta certa una cosa: l'amore è unione, è forza, è una macchina capace di far superare le difficoltà della vita.
Acrobat
Acrobat (Acrobata) è la gemma rabbiosa che si scaglia contro i modelli proposti dalla società, una società sempre più priva di valori reali, superficiale, edonistica e ipocrita, e più nello specifico, tratta delle debolezze del cantante stesso, attaccato dai media e attaccato in pieno periodo di crisi e debolezza. Gli effetti sonori richiamano un treno che sfreccia, riportandoci in quella Zoo Station tanto importante per la band, inizio di un nuovo cammino, giungla d'asfalto metafora di zoo umano, di mondo multistrato. La chitarra di The Edge prova degli effetti stratificati, appunto, come a ribadire il concetto, per poi fuggire via in una corsa rabbiosa senza speranza, mentre Larry Mullen è un militare che scalcia dietro le pelli e Adam Clayton un sacerdote spirituale che trasmette inquietudine col suo fragoroso giro di basso. "Non credere a ciò che senti. Non credere a ciò che vedi. Devi solo chiudere gli occhi per sentire il nemico. Quando ti ho incontrato, ragazza, avevi il fuoco nell'anima. Cosa è accaduto al tuo viso di neve sciolta?". Bono ci avvisa: non dobbiamo credere alle voci che girano, non dobbiamo credere a ciò che la stampa ci fa vedere. È tutto un'illusione, loro sono il nemico, i bastardi da evitare, da ignorare, da combattere. Questa fantomatica ragazza rappresenterebbe la stampa, i giornali, bugiardi e malvagi che raccontano balle pur di vendere, pur di umiliare personaggi famosi per fare la cresta sulle loro spalle. Bono si sente inadeguato come rockstar, mostra le proprie debolezze e cade in depressione. Il pezzo si evolve, accelera prontamente, si snoda per prendere il volo, la sezione ritmica aumenta il ritmo e si tramuta in polverone che tutto travolge. "E tu puoi ingoiare o puoi sputare, puoi vomitare o ti puoi strozzare. Puoi sognare un sogno potente, sai che il tuo tempo sta arrivando, non lasciare che i bastardi ti schiaccino", nel ritornello c'è tutta la delusione del vocalist, ma vi è anche la speranza di una ripresa, una rabbia inconsueta nell'affrontare il nemico, il bastardo, come viene etichettato. La marziale batteria di Mullen assomiglia a una danza tribale sempre più invadente e che fa da trampolino per la seconda fase. "Nulla sembra aver senso, so che attaccheresti se solo potessi farlo. Io mi unirei al movimento, se ce ne fosse uno in cui poter credere. Spezzerei il pane e il vino se ci fosse una chiesa che mi accoglierebbe". L'uomo è completamente spaesato e non ha più fiducia in nulla, persino dubita della chiesa e della fede che lo ha sempre protetto. "Prendo il calice e lo riempio per berlo lentamente. Non posso lasciarti andare, devo essere un acrobata per parlare così, agire così", asserisce il secondo chorus, facendo un collegamento con la fede e l'evento biblico. Bono si sente come Cristo nell'ultima cena, che spezza il pane e beve vino dalla coppa, ma dentro è irrequieto perché sa che sta per essere tradito e condannato a morte. Bisogna essere agili come acrobati per schivare i problemi, le accuse, le malelingue, saltando di qua e di là per sopravvivere. L'assolo di chitarra è freddo, acutissimo e metallico, stordisce l'ascoltatore sorvolando su questa base tribale sempre in tumulto, dunque lancia la fase più concitata, dove Bono ha la possibilità di scatenarsi vomitando parole a volontà. "Devo essere un acrobata per parlare così, per agire così. Puoi sognare un sogno forte e trovare la tua strada. Puoi costruire e puoi volere, puoi chiamare ed io non vedo l'ora. Dai sogni incominciano le responsabilità". Ecco il segno della speranza concretizzato nella forma dell'amore, un amore trascinante che da sogno diventa realtà e cambia le cose. Proprio in quest'ultima frase, quando si dice che dai sogni iniziano le responsabilità, Bono cita il titolo di una raccolta di poesie, "In Dreams Begin Responsabilities", del poeta e professore universitario Delmore Schwartz, insegnante di Lou Reed. Lo stesso Reed regalò a Bono il libro in segno di amicizia, pochi mesi prima.
Love Is Blindness
Il requiem solenne, profondo come le acque del mare, come una cattedrale inghiottita, e la pesantezza dell'amore di fronte alla morte, nello specifico davanti agli attentati terroristici che infestano l'Irlanda del nord, sono i temi narrati in Love Is Blindness (L'Amore È Cecità), strepitosa ballata dalle fattezze di una preghiera oscura ed eloquente, nella quale viene esorcizzata la paura dell'oblio, scaturita da un amore cieco. Le tastiere aprono questo mondo terrificante e desolato come una veglia funebre, il basso rimbomba echeggiando nell'etere, le note del piano si fondono alla delicata voce di Bono Vox: "L'amore è cecità, non avvolgerai la notte intorno a me. In un parcheggio, in una strada affollata, vedi il tuo amore realizzato. Il filo si spezza e il nodo si scioglie". L'amore per la patria è talmente alto da compiere azioni drammatiche come il progetto di un'esplosione, magari in un parcheggio o in una strada affollata di gente. L'amore che quando è troppo soffoca e rende ciechi, toglie raziocinio e conduce alla follia. The Edge fa lacrimare la sua chitarra e con essa sanguina anche la voce di Bono, quasi in lacrime in questa pregheria funerea che ricorda le morti degli attentati. "L'amore è un meccanismo a orologeria, è freddo acciaio. Le dita intorpidite schiacciano il pulsante, spengono candele con un soffio", la paura del terrorismo è più viva che mai, l'amore in questo caso si tramuta in bomba, pronta ad essere utilizzata per polverizzare innocenti, spegnerli con un soffio come candele in balia del vento. La melodia è eterea, sublime, magica, poi cambia inaspettatamente e diventa più amara: "Una piccola morte senza lutto, nessuna chiamata, nessun avvertimento. Un'idea pericolosa che non ha senso. L'amore sta annegando in un pozzo profondo. Tanti i segreti e nessuno a cui dirli". L'attentato è un'idea folle, priva di senso, l'amore naufraga e viene inghiottito dalle acque del pozzo. L'attentatore conosce i segreti della strage ma non vuole rivelarli per lasciare tutto in balia del destino. Vediamo la morte davanti agli occhi, The Edge fa stridere l'ascia, la molesta attraverso suoni laceranti, dolorosi che risuonano sul dolce tappeto sonoro catturato dalle tastiere. Larry emerge timidamente verso la fine, Bono intona la struggente cantilena, accompagnando il feretro dell'ennesima vittima del terrorismo. Una ballata triste, cupa, incredibilmente bella, utilizzata per chiudere tutti i concerti dello ZooTv Tour a indicare la conclusione di una cerimonia liturgica.
Conclusioni
Con il settimo capitolo in studio si decide di cambiare pelle, passando dai suoni sobri ed eleganti e dalle foto in bianco e nero a una moltitudine di colori e di suoni altrettanto sfarzosi e nevrotici. La realizzazione del materiale fotografico viene affidata, come al solito, a Anton Corbijn, che fa trasferire la band in Marocco per immortalare alcuni scatti che vanno a finire sulla copertina di "Achtung Baby", dando l'idea di un puzzle che simboleggia il frazionamento e il riordino delle idee dopo gli spirituali anni 80. Gli U2 si rinnovano, iniziando un terzo ciclo, quello più sperimentale di tutti e che coprirà l'intera decade, riuscendo a mantenere spirito e natura nonostante l'utilizzo di nuove sonorità e di testi più criptici, a volte ironici, altre cinici, che ben si sposano con la loro attitudine ribelle e provocatoria. Il singolo "Night And Day", cover di un pezzo composto da Cole Porter nel 1932 per un musical, non incluso nel nuovo disco, fa da trampolino di lancio per il nuovo percorso intrapreso e suggella un sodalizio fortunato: quello tra la band e il regista tedesco Wim Wenders, tra gli artisti più illustri che ha dato voce alla sua Germania, con il quale Bono e soci stringono una sincera amicizia, tanto da collaborare con lui per la colonna sonora dei film "Fino Alla Fine Del Mondo" e "The Million Dollar Hotel", mentre il videoclip di "Stay", sublime ballata inclusa nell'album "Zooropa", prenderà spezzoni del film più celebrato di Wenders, omaggiando "Il Cielo Sopra Berlino". La capitale tedesca comporta numerose novità e un'attitudine alternativa, la parola "Achtung", che significa "Attenzione", è presa dai cartelli che erano situati nei posti di blocco che delimitavano la parte est e quella ovest lungo il muro, a testimoniare un lavoro intriso del clima tetro e teso della Berlino degli anni 60-70-80, ma nell'album suggerisce anche un altro significato: aprire bene gli occhi e le orecchie perché adesso bisogna cominciare a ricostruire. Le macerie del muro sono state spostate, la Germania e tutta l'Europa sono tornate alla normalità, ma non tutti i problemi sono stati risolti. "Achtung Baby", e di conseguenza il suo incredibile tour, è il risultato di un esperimento multimediale, tutto laccato e cromato, studiato fin nei minimi dettagli, eppure la Berlino che si cela tra le note di questo disco contiene gli stessi elementi della Dublino dalla quale i quattro ragazzi irlandesi sono partiti: lo sporco, la segregazione, le zone industriali abbandonate al degrado, l'odore dei locali, lo smarrimento della gente, la voglia di ricominciare. Ogni cosa è alla base del disagio, la sensazione di angoscia e di pericolosità, ma anche di intuizioni geniali e di idee fresche, risentono dell'influsso della città, vista come un'entità viva. Ascoltare "Achtung Baby" è come passeggiare nella Berlino del 1989, dove tutto, o quasi, odora di marcio, di industriale, di caotico, ma allo stesso tempo si ha la netta sensazione che qualcosa stia accadendo, che una nuova ventata di originalità e di freschezza stia soffiando forte nei cuori di tutti per portare sogni e speranze. Insomma, nel 1990 è tempo di ricominciare a costruire: i litigi interni per lo stile da adottare all'interno del disco, il divorzio tra The Edge e la sua prima moglie che è causa di un trauma profondo, le delusioni dello sfortunato docufilm "Rattle And Hum", lo shock iniziale del pubblico, tutto è terreno fertile per il concepimento di un'opera fondamentale per il cammino degli U2 e che influenzerà anche innumerevoli band. Si parte dal cuore della città, nella "Zoo station", centro nevralgico da dove la band parte ogni mattina per recarsi agli studi di registrazione. Qui riemergono prepotenti le immagini di una città degradata, dove chitarre chiassose e filtri elettronici ci accompagnano in questo viaggio selvaggio. In questo sentiero degradato ma elettrizzante si procede con il suono gelido di "Even Better Than The Real Thing", "The Fly" e "Until The End Of The World", passando per la lacerante delicatezza di "One", "So Cruel", "Acrobat" e "Ultraviolet", ondeggiando col ghigno stampato sul volto mentre si ascolta divertiti le sfrontate "Tryin' To Throw Your Arms Around The World", "Mysterious Ways" e "Who's Gonna Ride Your Wild Horses", per poi giungere all'ultima fermata con "Love Is Blindness". Gli U2, tornati in Europa, fanno tesoro del loro passato e tendono le braccia per afferrare il nuovo, realizzando un concentrato di incertezze, di dubbi, di tensioni; un puzzle di suoni e di testi affascinanti, dodici incredibili brani che raggiugono la perfezione concentrandosi in un album leggendario che è difficile da definire a parole, impossibile da comprendere se non lo si assorbe fin sotto la pelle, tra le viscere. "Achtung Baby" è un disco di speranza, di illusioni, di leggende metropolitane. Immortale.
2) Even Better Than The Real Thing
3) One
4) Until The End Of The World
5) Who's Gonna Ride Your Wild Horses
6) So Cruel
7) The Fly
8) Mysterious Ways
9) Tryin' Throw Your Arms Around The World
10) Ultraviolet (Light My Way)
11) Acrobat
12) Love Is Blindness