TWISTED SISTER

You Can't Stop Rock'n'Roll

1983 - Atlantic Records

A CURA DI
GIANCARLO PACELLI
13/07/2020
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione recensione

New York è un posto unico al mondo. Tante culture insieme, unite da chissà quale forza magica che le rende coese come poche cose al mondo. Tanti punti di vista, tanti approcci che hanno dato vita ad una città incredibilmente fruttuosa per ogni forma artistica, da quella architettonica e pittorica fino ad arrivare, ovviamente, a quella musicale. Noi ci soffermeremo su quest'ultima, principalmente perché ha reso la Grande Mela una fonte inesauribile di tantissimi gruppi, tra i più disparati generi musicali. Una miriade di stili e di forme armoniche che hanno fatto della ribellione il loro punto di forza, prendendo il testimone del flower pop di San Francisco del decennio prima. Qualche esempio di grandiosità artistica? Non bisogna scavare così a fondo per intravedere la maestosità di poeti urbani come Lou Reed o per incontrare profeti del rumorismo come Glenn Branca e gli allievi Sonic Youth. O per adocchiare i più noti Talking Heads, Ramones, MC5 e New York Dools, gruppi che rappresentano l'essenza della più pura ribellione del punk stradaiolo di fine anni 70' (in questo senso alcuni locali newyorchesi come il CBGB rivestirono un ruolo a dir poco fondamentale per sponsorizzare questi gruppi di giovani scalmanati). Ma non c'è solo (proto) punk, c'è anche metal, che proprio in quegli anni stava diventando un genere ben definito grazie al suono della NWOBHM proveniente dalla vecchia Inghilterra o a band connazionali come Kiss e Motley Crue. E proprio in questo contesto storico/musicale si inseriscono i Twisted Sister di Long Island, zona lontana dai luoghi caotici dei punksters di Manhattan ma vicina per tematiche e volontà di rompere le regole. Non a caso l'etichetta britannica che promosse il primo disco della band del 1982, la Secret Records, si occupava principalmente di punk, ma i Twisted Sister destavano parecchio interesse per i modi oltraggiosi con cui si mostravano al pubblico e la sfrontatezza con cui proponevano il loro brani. Non esistono convenzioni o norme per Dee Snider e soci, il loro disco d'esordio, Under the Blade, parla schiettamente da questa parte: brani veloci, colmi di melodia e strutturati sul refrain tipico di quel che diverrà glam metal (la passione di Dee Snider per il glam rock inglese giocherà un ruolo fondamentale). Un miracolo potremo definirlo quel disco, principalmente perché dopo nove anni di gavetta e di cambi di line-up finalmente si raggiunse un equilibrio che ben si sposa con la scaletta dei brani. Dopo quindi un buon esordio si sperava nel disco del lancio definitivo nel music business americano, da sempre una industria incredibilmente grande e in grado di far sprofondare anche le più radianti promesse. Per questo motivo l'Atlantic Records non si sfuggì la possibilità di diventare l'ala manageriale per un gruppo affamato di arrivare in cima. Secondo questi propositi nacque You Can't Kill Rock and Roll, lavoro incuneato su un solido hard rock, spruzzato di forme evidentissime di glam. Insomma, quel sound che diventerà pane per i denti di milioni di persone, prima di scomparire negli anni 90', in questo disco già era massicciamente predisposto a fare da scuola. Ed infatti noi potremo definire i newyorchesi degli autentici pilastri di quel modo di suonare che elevava il semplice hard rock in forme ancora più sbilenche e sguaiate, ribelli ed inondate di quel make-up tanto particolare quanto clownesco. Come detto la band ebbe le idee chiare su questo disco, motivo per cui furono lanciati diversi singoli. Uno di questi, uno dei più importanti essendo la title track del lavoro, racchiude i punti cardine del suono del gruppo. Un singolo che analizzeremo al dettaglio perché formato anche da due chicche interessanti: "Let the Good Times Roll", cover di Shirley & Lee, e "Feel So Fine", riproposizione di un altro brano classico del rhythm-blues/ rock and roll a stelle strisce, Johnny Preston. Due brani intenti a celebrare il suono più puro dell'America.

You Can't Stop Rock 'n' Roll

Partiamo col botto, con la title track del futuro secondo disco in studio dei Sisters. L'andamento della traccia si manifesta in crescendo, con la chitarra Jay "Jay" French che si sgranchisce a dovere con pochi accordi. I colpi del charleston di A. J. Pero si intervallano prima di accogliere anche la seconda chitarra, che seguendo il classico verbo dell'hard rock innalza i ritmi fino a farci scoppiare le orecchie e la testa. La tematica incentrata è tanto semplice quanto oculata: "tu non puoi fermare, o addirittura uccidere, il rock and roll" dicono. "Tu, società, non le hai le forze. Tu, potere, hai perso a prescindere. Tu, comunità, con la puzza sotto il naso, non hai le carte in regola per contrastare gli spiriti ribelli della musica dura" affermano di conseguenza. I Twisted Sister celebrano il loro essere fuori dagli schemi, il loro essere giovani e desiderosi di portare avanti a tutto spiano la loro amata musica. Riprendendo il discorso musicale, una volta che la chitarra di Eddie "Fingers" Ojeda interviene, con scale che ricordano quelle del grande Eddie Van Halen, tutta l'impalcatura musicale si solidifica sempre di più, mostrando i muscoli nei confronti dei vincoli imposti dalla società. Non a caso Dee Snider, una volta entrato nel terreno di battaglia, se la prende con chi vuole morto e sepolto il rock (his head thrown back, defiantly proud under constant attack), luogo di ritrovo di migliaia di giovani che hanno voglia di intraprendere un percorso fatto di trasgressione ma anche di amore puro per la musica e per la vita. L'amore traspare anche dal cantato gracchiante di Snider che non ha un minimo di paura. È lui il fulcro del suono della band newyorchese, che non sembra avere ostacoli. "(il rock) È troppo veloce, è fantastico", ripete Dee Snider mentre corre come un pazzo lungo il legno consumato del palco. La foga dei decibel spinge tutta la band a urlare la propria indignazione nei confronti della classe sociale alta con sede nella Grande Mela. La rabbia sembra attenuarsi nel ritornello, in cui il mantra da seguire, You can't stop rock and roll, viene ripetuto tre volte, riuscendo nell'obiettivo di centrare la nostra mentre. Concluso il refrain, la chitarra di Fingers diventa padrone della composizione sposando un repertorio di primo livello, facendo a spallate con le urla assatanate di un Dee Snider incorreggibile. È rock, musica ribelle ma ricca di cuore. Un luogo in cui le sette note si spogliano dei loro ruoli e diventano loro stesse, fregandosene degli stereotipi o dei giudizi altrui.

Let the Good Times Roll (live) (Shirley & Lee cover)

Ci apprestiamo ad ascoltare le due cover che i Twisted Sister hanno inglobato in una medley. La prima è Let the Good Times Roll e riguarda la riproposizione di un classico del duo rhythm and blues Shirley and Lee, mentre la seconda tocca il brano di punta di un altro cantautore salito alla ribalta nella fine degli anni 50', il texano Johnny Preston. La band propone queste due cover dal vivo, in un clima che definire torrido è poco. Difatti la voce calda e squillante di Dee Snider ci dà il benvenuto accogliendoci a braccia aperte, mentre la batteria del compianto A.J Pero scandisce le prime note. Ben si capisce che proporre la cover di un brano R&B non è proprio un'impresa, soprattutto per chi ha il metallo nelle vene; ma Snider e compagni non hanno paura, anzi prendono in prestito lo charme danzereccio dell'originale in modo da convogliarlo in sano hard rock. Il basso di Mark "The Animal" Mendoza si appresta a diventare lo strumento a corde apripista, riuscendo a calmare il pubblico subito incuriosito nel vedere dei colossi del metallo mettere le mani su suoni così distanti. Dee Snider esordisce dal canto suo al meglio, mettendosi nei panni del duo di New Orleans; non manca qualche nota fuori-posto ma il nostro cantante riesce a sistemare il tutto con la sua ineguagliabile grinta. Con picchi vocali semplicemente paurosi, soprattutto quando le chitarre premono di più nei loro disegni ritmici e tonali. Sembra di tornare indietro negli anni 50', quando i cittadini di colore trovavano sfogo solo in quella musica tanto rumorosa quanto ballabile. Quando i diritti erano pochi ma si sorrideva lo stesso solo a sentire quella nota tanto cara al loro cuore. Questo fanno i Sister, ossia riuscire a non modificare fin troppo l'originale regalandosi una prestazione ottimale, che trasuda una rabbia repressa di natura sociale. 

Feel So Fine (live) (Johnny Preston cover)

Stessa cosa si può dire in Feel So Fine di Johnny Preston: questa volta siamo in Texas, lontano dai climi dei bassifondi della Louisiana nera. Viene celebrata la vita, come ben si capisce leggendo il ritornello: "I feel so good, sugar, when you're home. I say, come on baby. Let me rock ya all night long, honey" (che tradotto significa "Mi sento così bene, dolcezza, quando sei a casa / Dico, andiamo piccola / Lascia che ti culli tutta la notte, tesoro"). Anche qui il basso di The Animal e l'operatività di A. J Pero sono semplicemente perfetti nel riuscire ad incastrarsi con gli ululati di uno Snider insaziabile. Degno di nota è anche l'assolo che parte dopo la fine del refrain: ottimo gusto melodico e velocità di scansione degli accordi. Un atmosfera pregna di energia elettrica che sembra quasi dare volume ai capelli per quanto è potente, portandoci in pista a ballare come si faceva una volta, lasciando alle spalle i pensieri e mettendoci sulla stessa linea delle vibrazioni del pezzo. Insomma, una cover sì, ma in cui i Twisted Sister si fanno portavoce di una musica danzereccia, che anche se ascoltata a distanza di anni riesce a rendere bene l'idea di ciò che significava vivere in quell'epoca. Non importano i problemi, almeno non in questo momento, perché la felicità del protagonista che continua a ripetere incessante "I feel so good" (sto così bene), è un mantra che vuole farci diventare spensierati, accompagnati dalle ritmiche dell'assolo. Sembra quasi di volare leggeri sui palazzi: provate a chiudere gli occhi e scoprite insieme a noi cosa ci rende così privi di pietre emotive che invece ti affossano. Un po' è questo lo spirito di quegli anni, non credete? Riuscire a far volatilizzare per un attimo la quotidianità, offrendo un modello incisivo su cui scivolare con la mente e le orecchie, capace di esaltare i sentimenti più puri e divertenti, stampando quel sorriso sul viso che sembra quasi prendere in giro.Che bella storia, e come se fossimo pronti a ricominciare, Snider annuncia alla fine della traccia un countdown: "uno, due, tre, quattro", come se stesse cadenzando il nuovo lancio del razzo musicale.

Conclusioni

Questo singolo riflette appieno lo stato di salute della band di Dee Snider e soci: energico, dirompente e, ovviamente, ribelle. Proprio la ribellione a cui accennavamo nell'introduzione di questo lavoro concede alla title track quel quid in più, quello spunto di energia capace di far faville nella mente dei fedeli seguaci del fuoco della musica. È curioso come un titolo scontato come You Can't Stop Rock'n'roll in realtà nascondi l'intenzione primaria che probabilmente ha spinto i newyorchesi a formare una band. Ossia l'amore per il rock, la passiona per la velocità e la volontà di sposare appieno lo spirito concesso dal Dio della musica, al fine di vivere una vita al limite dell'estremo (con non pochi problemi economici perché si sa all'inizio è dura per tutti). Infatti, solo con Stay Hungry, pubblicato solo un anno dopo, gli statunitensi raggiungeranno l'apice a livello discografico e di pubblico riuscendo nell'impresa di rimanere quasi ininterrottamente nei circuiti video musicali di Mtv (grazie a brani di grande successo come "We're Not Gonna Take It" e "I Wanna Rock"). Al contrario la band in questo episodio non era ancora consapevole al cento per cento dei propri mezzi, anche se il già citato Dee Snider poteva definirsi autentico mattatore della scena: il cantante non ha voglia di dare freno al proprio spirito, e questo si sente praticamente in ogni punto della traccia, capace di esprimere appieno quel sentimento di rabbia e ribellione che avevamo descritto nella New York punk di fine anni 70'. Un panorama in cui la Sorella Svitata viveva appieno nonostante il non eccessivo protagonismo. A questo va aggiunto la produzione coordinata da Stuart Ebbs (ingegnere del suono già a lavoro con grandi artisti del calibro di George Harrison, Bad Company, Paul Weller etc), inviato speciale della nuova label Atlantic Records, il quale spinse tutta la composizione nei binari di una pulizia sonora invidiabile, soprattutto per l'epoca. Poche band in effetti potevano permettersi suoni così roboanti e rifiniti, in un periodo in cui il metal americano stava emergendo in punta di piedi prendendo spunto dai compari britannici e dal glam rock capitanato da David Bowie/Mark Bolan. Di certo giudicare il disco da un solo singolo sembra una mossa del tutto azzardata, e in effetti è così, ma questo assaggio riveste comunque un ruolo di primo piano sia per i fanatici della band che per gli amanti dell'heavy metal puro, perché qui di questo parliamo, di musica registrata "a sentimento" senza fin troppi patemi o considerazioni tecniche. Ricordiamo inoltre che la discografia dei Twisted Sister è molto esigua, quindi ogni singolo, ogni minimo prodotto con la firma di Dee Snider e soci vale l'acquisto. Tornando al discorso tipicamente musicale colpisce il modo in cui le chitarre, capitanate da Jay "Jay" French e Eddie "Fingers" Ojeda, nonostante la loro semplicità di fondo, non rinneghino momenti ruvidi e di impatto in cui le note diventano tasselli per le creazioe  di autentici inni generazionali. I due chitarristi genuinamente corrodono le nostre orecchie con riff efficaci e strutturati in maniera che possano rimanere nella nostra testa il più tempo possibile. Il talento delle due chitarre, oltre che di Dee Snider, viene spinto al limite nella riproposizione delle due cover. Due brani come detto tipicamente americani, marchiati dallo stereotipo della libertà e del gusto del rock and roll tipicamente "cinquantiano" che la band interpreta nel miglior modo, senza modificarli fin troppo.

1) You Can't Stop Rock 'n' Roll
2) Let the Good Times Roll (live) (Shirley & Lee cover)
3) Feel So Fine (live) (Johnny Preston cover)
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