TWISTED SISTER

Under the Blade

1982 - Secret Records

A CURA DI
CRISTIANO MORGIA
05/10/2020
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione recensione

Siamo al cospetto di una delle band più rappresentative del metal degli anni '80, soprattutto se di un certo tipo, ovvero americano e dalle forti tinte rock, con una forte attrazione per le classifiche. Questo "Under the Blade", però, è leggermente diverso dalle hit dei Twisted Sister che tutti conoscono, quelle conosciute da tutti, anche da chi non è proprio un fan di questo tipo di musica. Già, perché "Under the Blade" è meno patinato e più, per così dire, istintivo. Ma facciamo un passo indietro. Se il suddetto album esce nel 1982, la band ha il suo nucleo originale ancora prima, grazie al chitarrista Jay Jay French. A lui si unì presto, in realtà dopo due anni, l'altro chitarrista storico della band, cioè Eddie Ojeda. Ci furono quindi altri cambiamenti di formazione, normalissimi quando una band è alle primissime armi e va ancora in giro per locali suonando cover, ma un vero punto importante per quanto riguarda questo punto è senza dubbio l'entrata nel gruppo di Dee Snider, il quale prese subito il ruolo di cantante, lasciando French libero di dedicarsi alla sola chitarra. Il nucleo storico è quasi pronto, tre membri ci sono, ne mancano ancora due. Alla soglia degli anni '80, precisamente nel 1979, la band riesce a raggiungere un livello superiore rispetto a quello di suonare cover nei locali quando pubblica il singolo "I'll Never Grow Up Now"/ "Under the Blade" e dopo un anno  "Bad Boys (Of Rock & Roll)" / "Lady's Boy". Tutto questo con una propria etichetta, chiamata non a caso Twister Sister Records, e l'aiuto di Eddie Kramer, produttore che ha nel suo curriculum produzioni con artisti del calibro di Beatles, KISS, Carlos, Santana e Led Zeppelin. Non l'ultimo arrivato insomma. Eppure, non era ancora arrivato il momento del successo, visto che la band non era ancora stabile e continuavano ad esserci defezioni e nuove entrate. Tra le nuove entrate, precedenti i singoli, però spiccano senza dubbio quelle di Mark "The Animal" Mendoza al basso e di A.J. Pero alla batteria. E così il nucleo storico dei Twisted Sister era finalmente formato. C'è una piccola curiosità da aggiungere: il bassista Mendoza veniva da una band chiamata The Dictators, e lì vi militava anche un certo Ross the Boss, che di lì a poco sarebbe andato a formare i leggendari Manowar. In ogni caso, la band dovette abbandonare i suoi club newyorkesi per attraversare l'Atlantico e giungere in Inghilterra, dove firmò il contratto con la piccola Secret Records, che prima licenziò l'EP "Ruff Cuts", e poi, finalmente, il debutto "Under the Blade". È con questo album che Dee Snider e soci abbandonano il tipico atteggiamento e look glam tipico degli anni '70, per adottarne uno altrettanto particolare. In un certo senso è ancora glam, ma ne è diventato quasi una parodia esagerata e grottesca. Vi basti guardare le foto della band nel 1980 e quelle successive, quelle del periodo d'oro della band, per intenderci. Comunque sia, questo "Under the Blade" è un album che suona molto metal anni '80. Sembra scontato, ma la band era partita suonando cover dei Mott the Hoople e di David Bowie, affiancate dal summenzionato look androgino e glam. Ovviamente il retrogusto rock c'è sempre, sia chiaro, non è certo metal à la Judas Priest o Iron Maiden, però è chiaro che c'è una certa voglia di creare un suono più forte e roccioso rispetto a quello di altre band cosiddette glam che andavano formandosi negli U.S.A. Dopotutto qui c'è un ospite d'eccezione, che non fa che confermare quest'aspetto: "Fast" Eddie Clarke, storico chitarrista dei Motörhead, che presta la sua chitarra per la traccia "Tear it Loose". Ma basta con la biografia, andiamo sotto la lama.

What You Don't Know (Sure Can Hurt You)

È un riff solitario quello che apre la prima canzone del disco, cioè "What You Don't Know (Sure Can Hurt You)" (Ciò che Non Sai, Sicuramente Può Farti del Male). Però, è uno di quei riff che si capisce da subito che servono proprio come degli apripista, visto che fanno da base ad un inizio vero e proprio, che infatti comincia a farsi sentire quando il mattatore Dee Snider dà il letteralmente il benvenuto al suo pubblico. Quel riff iniziale era solitario, ma ora viene affiancato dall'altra chitarra e da poderosi colpi di batteria che seguono la prestazione vocale del cantante, rendendo il tutto sempre più tridimensionale. Dopo poco più di un minuto accade quello che stavamo aspettando davvero, ed ecco infatti che la batteria comincia a darsi da fare accelerando improvvisamente, e lo stesso fanno le chitarre, gettandoci subito in una corsa di stampo tipicamente heavy. La band continua a presentarsi, ma non indora la pillola, non sono una storiella come Cenerentola e non vogliono né applausi né ovazioni. Come mettere le cose in chiaro, insomma. Tuttavia, la melodia del ritornello è di facile presa, incita l'ascoltatore a cantare e, effettivamente, anche ad applaudire. Ciò che non conosci può farti del male, sì, ma forse può anche rilevarsi una sorpresa. La galoppata riprende, e il cantante pare voler fare di tutto per scoraggiare i fan, come se si prendesse gioco di loro e li sfidasse: "Non siamo un'immagine graziosa? Non siamo un sacco divertenti? Non lasciarmi influenzarti, lo farò quando ho finito. Oh, siamo irritanti? Oh, stiamo grattugiando i tuoi nervi? Non sai che i bravi ragazzi non ottengono ma quello che meritano." Dee Snider si diverte a spaventare i giovincelli, ma in realtà sa che è un modo per incuriosirli, e il ritornello tutto da cantare non fa che avvicinarli ancora di più. Nella breve strofa che segue, in effetti, il cantante capisce che qualcosa frulla nella mente degli ascoltatori, capisce che si stanno facendo delle domande, ma non sarà di certo lui a dargli delle risposte! Non resta che continuare a seguire lo spettacolo allora, seguendo la scia di note dell'assolo posto proprio a metà brano. Assolo che ci porta ad un momento di quiete, in cui ritorniamo ad inizio pezzo, quindi con nessuna galoppata e Snider che a bassa voce, a metà tra il malefico e l'amico fidato, si rivolge ancora agli ascoltatori, i quali sono sempre più attratti: "Ti piace finora? Dillo, non siamo un bello spettacolo? Non c'è nessuno come noi.". Tutto questo cantato con un certo orgoglio, che ovviamente esplode nuovamente nella galoppata heavy e, conseguentemente, nel ritornello che ormai è entrato in testa a tutti, tant'è che anche la chitarra solista ne segue la melodia fino alla fine.

Bad Boys (of Rock 'n' Roll)

Lo spettacolo è dunque iniziato, ed ecco quindi che la band prosegue proponendo un'altra canzone che pare piuttosto autoreferenziale, vale a dire "Bad Boys (of Rock 'n' Roll)"(Ragazzacci, del Rock 'n' Roll). A dare il via alle danze ci pensa Pero, con una sfuriata alla batteria che dà la carica anche a Snider, il quale da subito si fa sentire con una sonora esclamazione. Le cose si fanno però più interessanti non appena fa il suo ingresso la melodia chitarristica portante, che è davvero accattivante e orecchiabile. La cavalcata metallica della canzone precedente lascia il posto ad un approccio, per l'appunto, più melodico e quasi giocoso. Tuttavia, quest'aria gaia nasconde un attacco: "Così ti sembriamo strani, beh tu come sembri a me? Come te ne stai sfacciato seduto lì, a sghignazzare per tutta la notte. Non ti piace quello che vedi?".  Pare di sentire il seguito della canzone d'apertura, con il concerto iniziato ma non tutti sono contenti di vedere questi capelloni che suonano questa musica così strana. Però, chi se ne frega, poiché, come recita il melodico, ma a suo modo "anthemico", ritornello, loro sono i ragazzacci del rock and roll! Le strofe successive continuano con questi attacchi e queste autodifese, facendoci pensare che durante i primi i tempo è molto probabile che i Twisted Sister abbiano ricevuto più di qualche critica, ma il discorso vale un po' per tutto il genere in realtà, che si è sempre dovuto difendere dalle critiche provenienti da quella parte della società benpensante. Non mancano, infatti, soprattutto negli anni '80, canzoni autoreferenziali e che inneggiano al metal e a quanto questo faccia sentire liberi e contro il resto del mondo. Questo brano ne è una prova lampante, e per certi versi sembra anche presagire ciò che sarebbe accaduto alla stessa band qualche anno dopo l'uscita dell'album, con le feroci critiche provenienti dal PMRC. I seguenti versi sono un oscuro presagio di quello che sarà: "Così dici che ti stiamo offendendo, che c'è che non va, è qualcosa che abbiamo detto?". Però all'epoca non si pensava ancora a cose così estreme, e infatti la canzone prosegue confermando quel piglio spensierato che esce fuori soprattutto nel ritornello, ma anche nell'assolo, il quale punta più sulla melodia che sulla velocità. L'ultima strofa continua ancora con l'attacco a chi intralcia la strada della band, arrivando anche a dire che stanno solo avvelenando le cose buone, e che tanto Snider e soci sono stufi di sentirli e se ne andranno per la loro strada, ovviamente cantando il refrain a ripetizione, con la melodia iniziale che torna a farsi sentire accompagnando il tutto fino alla fine.

Run for your Life

Dal titolo, "Run for Your Life" (Corri per la Tua Vita) potrebbe far pensare ad una canzone veloce e frenetica, invece le chitarre di Ojeda e French decidono di restarsene su ritmiche dapprima rocciose, poi si spostano su accordi soffusi che seguono pian piano la lenta batteria di Pero. La musica è crepuscolare, lenta e dotata di un certo andamento sensuale che ricorda il blues, e in effetti Snider decide di seguire questo schema lasciandosi anch'egli andare ad un timbro più caldo e rilassato. Anche il testo, dalle tinte triste e intimiste, ci trasmette questa sensazione di un brano vicino ai territori blues. All'improvviso, però, succede qualcosa. La voce del cantante esplode esclamando il titolo del pezzo, e lo stesso fanno gli altri strumenti, con le chitarre che sembrano godere nel suonare dei riff metallici. Ecco allora che la traccia si trasforma e si sposta su territori hard'n'heavy, pur mantenendo un certo retrogusto triste nei testi: "ragazza, hai giocato con la mia testa, mi hai distrutto la mente, ora farei meglio ad essere morto". Tuttavia, il protagonista del pezzo non sembra darsi per vinto, tant'è che invita alla suddetta ragazza a correre per la sua vita! La tristezza si accompagna quindi alla rabbia, la quale vorrebbe sfociare in una vendetta. Chissà poi se tutto questo non è soltanto nella sua mente. La galoppata è abbastanza incitante, però, da farci credere che il disperato stia davvero rincorrendo colei che gli ha fatto così male, colei che ha abusato della sua fiducia e l'ha fatto cadere così in basso. Ora le cose sono diverse e lei deve correre per la sua vita! Snider lo esclama ancora una volta, e anche questa volta, grazie alla sua schiettezza e brevità, il ritornello riesce a far presa. Stavolta la band pare essere più convinta del solito, e la chitarra solista va a mettere l'accento con un assolo messo proprio al punto giusto, anche se forse risulta davvero troppo breve. In ogni caso, le lamentele del ragazzo continuano: "ragazza, la mia vita è in rovina, pago 'la pasticca del dolore', ora ti sto cercando." Questa volta sentiamo proprio la pressione, il fiato sul collo di una persona che cerca vendetta per un torto subito, e la band riesce a confermare questa sensazione ripetendo più volte il semplice ma efficace ritornello, che ci trascina verso un finale in cui non sapremo mai se era solo immaginazione o realtà, se la vendetta è avvenuta o no. Un altro bel pezzo, con un testo che sicuramente oggigiorno solleverebbe non poche polemiche, ma dopotutto, ricordiamolo, la band avrebbe avuto problemi simili entro poco tempo.

Sin After Sin

È un riff deciso e potente quello che apre "Sin After Sin" (Peccato Dopo Peccato), un riff che però si ammorbidisce dopo qualche secondo, in favore di una melodia squisitamente heavy e con le carte in regola per restare impressa. Le porte della chiesa si sono aperte, e il peccatore si appresta a varcarle per recarsi dal confessore per espiare i suoi peccati. La canzone è si concede un ritmo medio-veloce, ed è come se il peccatore avesse una certa fretta: fino ad ora non ci aveva mai pensato, ma adesso è arrivato il momento di scendere a patto con le proprie azioni e riconoscerle. In un baleno ci ritroviamo con il ritornello e il suo incedere quasi ossessivo, con quella ripetizione martellante del titolo stesso del brano. Pare quasi di vedere Snider affacciato a una delle vetrate riccamente colorate mentre schernisce il peccatore, che dopotutto non sembra volersi fermare dal peccare. Snider è ancora lì, stavolta si potrebbe immaginarlo seduto direttamente sull'altare, mentre critica l'operato del peccatore e lo tratta quasi in malo modo: "Ti pensavi rispettabile, ma nel profondo sai che hai violato le regole e non lo lasci mai trasparire, capendo che avevi tempo per rafforzare la bugia che hai condotto. Non hai interrotto l'attenzione mentre la tua anima cominciava a sanguinare". Come se non bastasse il peccatore deve anche sorbirsi le critiche del cantante, mentre la band partecipa attivamente, soprattutto nel ritornello grazie alle parti corali e alla melodia chitarristica, la stessa vista in apertura, che però qui prosegue e si tramuta in assolo, il quale sferza il peccatore come le fiamme dell'inferno ricordandogli ogni singolo peccato commesso. Come se non bastasse, la band se la prende anche con la persona che dovrebbe salvare il peccatore, e pare quasi di vedere uno dei tanti predicatori americani che si approfittano dei credenti per fare soldi: "Lui sta manipolando, salivando, promettendo solo bugie. Prima ti confonderà poi abuserà di te". Per concludere però, prima dell'ultimo refrain, c'è un invito da parte dello stesso Snider a darsi una svegliata, prima di cadere definitivamente all'Inferno. Il finale è tutto affidato ad un ritornello in veste leggermente più selvaggia e fuori dal solito schema, aiutato inoltre dalla chitarra solista che lo rincorre come le fiamme infernali seguono i peccatori da bruciare.

Shoot'em Down

"Shoot'em Down" (Abbattili) comincia in modo altrettanto deciso, ma stavolta l'andamento hard rock è più presente, soprattutto quando Snider comincia a cantare con il suo piglio quasi spensierato e gioviale. Anche il testo non è da meno, e lo si capisce da subito: "è così bella, come lo champagne o il vino, nessuno la prende mai. Oh non è figa, ci prende per sciocchi. Se la vogliamo far passare per la stanza lei vede qualche buffone, sopraffatto dal suo stile. Lei se ne va dalla sua via, così che può giocare e farlo implorare per un po'". Chiaramente si tratta di una prostituta, una che pare essere conosciuta "nel giro" e che possiede un certo stile e fascino, tanto da lasciare tutti sbalorditi al suo passaggio. L'incedere e il testo ricordano quasi gli Ac/Dc, solo un po' più metallici, e il ritornello, come sempre piuttosto accattivante e di facile presa, potremmo quasi sentirlo intonare da Brian Johnson. Abbattili tutti, invita Snider. La strofa seguente, invece, è incentrata su un'altra figura tipica delle strade, o almeno così pare. Dalla descrizione di una persona vestita perfettamente, che si comporta come un padrone, si intuisce che potrebbe trattarsi di un pappone pittoresco, collegato in un certo qual modo alla prostituta precedente. In effetti, il ritornello questa volta è rivolto proprio a lui, e il fatto di abbatterli tutti non sembra più una metafora legata al fascino. Tuttavia, la musica non si fa per questo più cupa o drammatica, anzi, l'anima hard rock resta ben salda, e l'incedere ritmato è parecchio piacevole. L'assolo è, un po' come tutto il brano, a metà strada tra il rock e il metal, riuscendo quindi a fondere entrambi i generi dando però quel tocco, non a caso, stradaiolo che è perfetto per una traccia come questa. Dopodiché, ci attende l'ultima strofa, che però aumenta ancora di più quel lato drammatico e non molto felice che abbiamo visto poco fa, dato che la situazione nella strada sembra farsi parecchio movimentata, tanto che si arriva senza problemi alla violenza: "Se vogliono giocare, facciamogliela pagare e abbattiamoli con una cazzo di pistola." Come sempre, Snider va dritto al punto. La canzone resta, in ogni caso, fedele a sé stessa fino alla fine, restando quindi a cuor leggero per tutto il tempo, mentre il ritornello si ripete più e più volte durante il finale, accompagnato ovviamente da una selvaggia chitarra solista, che fa da colonna sonora alla rissa appena cominciata.

Destroyer

I toni cambiano molto con la traccia che segue però, il lato musicale festaiolo e positivo viene accantonato, in favore di umori più tetri e seriosi. Già dall'inizio, infatti, si può percepire come "Destroyer" (Distruttore) sia alquanto diversa da tutte le canzoni che l'hanno preceduta. Le chitarre seguono un ritmo cadenzato e suonano minacciose e affamate, come un lupo che avanza attento, guardandosi intorno e cercando di capire quale sarà la prossima preda. Il basso di Mendoza segue passo passo il riff, contribuendo a creare un'aria pesante e carica di paura, mentre la batteria di Pero si limita a tenere il tempo con dei colpi decisi ma mai troppo potenti. Il lupo si trasforma in uomo, ma la sostanza non è molto diversa. Come canta Snider, infatti, anch'egli vaga per la città pronto ad attaccare. L'attacco arriva, celebrato dal possente e mascolino ritornello che è un vero e proprio inno al Distruttore che vede il lato roccioso del brano rafforzarsi ancora di più. Ancora non è giunto il momento dell'attacco vero e proprio però, e infatti le ritmiche tornano ad essere come all'inizio, sì cadenzate, ma più caute e meno trionfanti, proprio per favorire una descrizione più accurata del soggetto: "è nato da un grandioso errore, una sciarada mistica creata per decidere il bene e portare aiuto ripercussivo." Sembra quasi di vedere uno di quei mostri meccanici dei Judas Priest, venuti per redimere l'umanità. Gli accordi seguono un climax che ci trascina di prepotenza verso il ritornello imponente e dentro l'abbraccio del Distruttore. L'assolo inizia con un gran gusto per la melodia, ma poi prosegue con note più veloci che rendono il tutto più nervoso. Il perché è presto detto: "Un giorno verrà in cui verrai attratto al centro della tua città e ti imbatterai in una massa d'acciaio che spacca lo stesso suolo. Preparati ad incontrare il tuo giudice." Il Distruttore è lì, al centro della città, con le crepe sotto i suoi piedi e il dito puntato verso chi dovrà essere giudicato. Il refrain fa la sua esplosiva comparsa al centro della città e celebra questo momento, con la chitarra solista che pare lamentarsi del giudizio che si appresta ad abbattersi sul povero malcapitato. Non c'è speranza per nessuno. La canzone infatti si chiude con un'esclamazione di Snider che però si spegne lentamente per poi trasformarsi in silenzio. Ormai tutto intorno è desolazione.

Under The Blade

Arriviamo finalmente alla canzone che dà il titolo all'album (Sotto la Lama). Un brano che avrebbe fatto discutere qualche anno più tardi. I riff iniziali sembrano fare l'eco al brano appena terminato, e lo stesso si può dire per l'atmosfera generale. Snider canta in modo pacato ma allo stesso tempo minaccioso, e tutto quindi a acquista un'aria cupamente soffusa. Il testo poi aiuta la claustrofobia, in quanto ci descrive una persona stesa su un letto, la quale si guarda intorno non vedendo vie d'uscita, pronta ad accettare la lama. La musica cambia subito, però, con la seconda strofa, che ci trasporta verso lidi più ritmati e frizzanti, ma la situazione per la summenzionata persona non è molto differente, visto che la vediamo ancora lì sdraiata e in trappola.  Snider si diverte a ripetere che non c'è scampo comunque: "stanotte è la notte, la lama si farà un giro". Il ritornello prosegue direttamente questa scia, risultando come sempre piuttosto orecchiabile, anche se ci descrive una persona "sotto la lama". Ma cosa sta succedendo? Un omicidio? Una tortura? Niente di tutto questo in realtà. In ogni caso, questa canzone, insieme a molte altre, finì nel mirino del P.M.R.C. e di Tipper Gore, i quali vedevano in questo pezzo un'esaltazione del sadomasochismo. Fu lo stesso Snider a dichiarare che in verità il testo parlava nient'altro che di chirurgia? Molti hanno paura della chirurgia, di finire sotto i ferri (o le lame), e il testo è focalizzato proprio sull'ansia che questa trasmette. Sicuramente la Gore lesse questi versi in modo totalmente sbagliato, travisando del tutto il loro significato: "Questa volta non puoi alzarti, le tue mani sono legate, le gambe fissate. Una luce brilla nei tuoi occhi, debolmente vedi la lama di un rasoio, apri la bocca per gridare, sai che non puoi, è finita adesso". Purtroppo questa faccenda del P.M.R.C. causò tanti problemi alla scena, ma restiamo sul brano, perché nel 1982 ancora non c'erano problemi. L'assolo è fluido e preciso, come un bisturi che taglia la carne senza far sgorgare il sangue, ed è tanto preciso da poterlo fare anche con una certa velocità. Sembra quasi andare tutto bene, ma i toni si smorzano nuovamente, portando così la batteria in secondo piano. L'ansia ritorna e così la paura. Poco dopo il chirurgo è addirittura descritto come un mostro. Il ritornello, però, è talmente orecchiabile che è difficile provare ansia, anzi, viene tranquillamente voglia di cantarlo con spensieratezza. Il chirurgo, agli occhi del paziente terrorizzato, si diverte ghignando mentre gioca con i tessuti e le varie parti del corpo, e il finale con uno Snider selvaggio e una chitarra a ruota libera sembrano descrivere proprio il marasma che si crea nella mente della persona distesa sul lettino.

Tear it Loose

Pero si lascia andare selvaggiamente con la sua batteria, e si capisce subito che tipo di pezzo si appresta a nascere. La conferma ci arriva quando i riff fanno il loro ingresso e "Tear it Loose" (Strappalo) parte veloce. Lo stile è molto vicino a quello dei Motörhead, e in effetti il brano risulta particolarmente adrenalinico da subito, con un testo ribelle e che grida libertà: "Non c'è possibilità che io debba aspettare per il sabato sera, ho lavorato tutto il giorno, ho fatto lo schiavo. Devo sistemare le cose, devo andare per le strade, devo andarmene in giro, devo trovare un po' di azione, non mi fermerò finché non cadrò o troverò un po' di soddisfazione". Sembra proprio di percepire la voglia giovanile di spaccare tutto e divertirsi, con il metal a fare da perfetto accompagnatore. La strofa che segue punta di più sulla potenza, con dei cori che debolmente, ma efficacemente, accompagnano Snider e cominciano a presagire quale sarà il ritornello. Quest'ultimo è forse il più semplice e diretto dell'album, ma probabilmente è anche il più eccitante e frizzante. Nient'altro che il titolo del pezzo ripetuto più volte, ma è difficile non restarne travolti, cercando una via per uno sfogo dopo una giornata faticosa. Dopodiché, i riff si smorzano lievemente, lasciando la scena soprattutto a Snider e alla batteria di Pero, che confermano quanto appena detto, con il cantante che canta piuttosto velocemente e senza mezzi termini: "Così rompo le barricate, rallenterò le lancette del tempo, perché sprecare il resto del giorno è un tale cazzo di errore!". Le chitarre tornano a farsi sentire di più nel pre-ritornello, e ancora di più nel ritornello stesso, con quella sua carica alla Motörhead. Non è un caso allora che l'ospite del brano sia proprio "Fast" Eddie Clarke, il quale non fa altro che aumentare l'adrenalina con un assolo veloce e selvaggio, senza troppa attenzione alla melodia. La voglia di fare è tanta, così come l'energia, quindi bisogna correre e correre, divertirsi e sfinirsi dal divertimento. Un concetto che viene ripetuto dunque a più riprese, con la musica che incanala il concetto attraverso note e accordi. In tutto questo, il ritornello è senza dubbio il punto di sfogo maggiore, in quanto ha una capacità di farsi ricordare e cantare non indifferente, per quanto sia piuttosto semplice. Tuttavia, spesso anche le cose semplici funzionano molto bene, e questo è un brano che dal vivo trova sicuramente il suo campo d'azione più congeniale.

Day of the Rocker

Di tutt'altra attitudine è invece "Day of the Rocker" (Il Giorno del Rocker), che con il suo riff iniziale chiarisce fin dall'inizio dove andremo a parare. I due chitarristi infatti lasciano da parte la velocità per favorire un andamento duro e pesante ma con un retrogusto sensuale. In poche parole, un blues sporcato di metal. Lo stesso Snider non resta troppo distante da quest'alchimia, cantando in modo pacato ma allo stesso tempo graffiante e sicuro di sé. L'atmosfera è piuttosto ammaliante, il ritmo blues ci prende e ci entra dentro diventando parte di noi. Niente versi struggenti però, niente storie d'amore, anche qui la band preferisce un atteggiamento più stradaiolo, con un testo che pare inneggiare a loro stessi: "Voglio dirvi tutto a riguardo. Un tempo sta arrivando, proprio dietro l'angolo, non abbiamo molta strada da fare. Quando saremo più forti i nostri giorni saranno più lunghi". E se la canzone d'apertura dell'album ci aveva immersi in un concerto, qui è come se Snider si sedesse su una poltrona nel suo camerino a riflettere su quanto appena accaduto, sull'energia sprigionata e sulla risposta del pubblico. Tutte riflessioni che portano ad una sola conclusione: il successo è vicino. Quando quest'ultimo sarà arrivato, tutti potranno sapere, come canta il ritornello, del giorno del rocker! Il refrain resta particolarmente impresso grazie alla sua atipicità, almeno rispetto alle altre canzoni dell'album; l'ossatura blues è ancora presente, ma le voci in sottofondo che aiutano Snider lo rendono decisamente più forzuto. Neanche l'assolo riesce a rifuggire il fascino del blues, ed ecco quindi che abbiamo uno degli assoli più interessanti dell'album, molto probabilmente anche il più lungo. La consapevolezza dell'imminente successo non eccita troppo però, la musica resta sempre piuttosto calma, ed è come se la band se ne sta tranquilla al suo posto, attendendo e godendo al pensiero di quello che sicuramente avverrà. Dopotutto ce lo ripetono anche: "Sapranno che abbiamo la musica sotto il nostro controllo, saremo nella nostra gloria, ci ergeremo alti regnando sulla terra, vivremo per sempre e quindi non abbandoneremo mai il potere una volta nelle nostre mani.". Dunque, se la musica resta suadente e priva di troppi scossoni, il testo compensa con una bella dose di consapevolezza di sé, e c'è da dire che il contrasto è ben riuscito. I Twisted Sister non vedono l'ora di vivere una giornata tipica del rocker, magari seguendo il motto sesso, droga e rock'n'roll. Non vedono l'ora, e il ritornello corale che si allontana piano piano è quasi come un sogno che svanisce non appena gli occhi si cominciano ad aprire, ma è un sogno che vivrà anche una volta svegli, perché i Twisted Sister sono pronti ad inseguirlo.

Conclusioni

"Under the Blade" finsce dunque con "Day of the Rocker", ed è proprio una bella chiusura, ma se ci pensiamo anche l'apertura con "What You Don't Know (Sure Can Hurt You)" era di un certo livello. Quindi possiamo dire che è un album che inizia e comincia bene, ed è interessante notare come la prima canzone sia più incentrata sull'heavy metal, mentre l'ultima sul blues. Non è un dettaglio da sottovalutare, poiché ci dice qualcosa sulla band: abbiamo appena detto che la prima e l'ultima canzone sono validissime e diverse tra loro, cosa accade però nel mezzo? Beh, se è vero che non troviamo molte tracce di blues, è anche vero che insieme a pezzi dall'anima heavy troviamo anche moltissime virate verso l'hard rock, quindi trovare ad inizio e a fine album due brani così diversi (ma comunque simili per certi versi) non è proprio un caso, visto che è proprio l'album stesso che tenta di stare con i piedi dentro due mondi. Come sappiamo bene, questi due mondi non sono poi così diversi, e gli intrecci tra questi due non sono certo una cosa rara. In effetti, basta anche ascoltare i primi album dei pionieri della N.W.O.B.H.M.. Tuttavia, nel corso degli anni '80 in America questo intreccio avrebbe avuto terreno fertilissimo, e i Twisted Sister sono proprio tra quelle band fautrici di questo suono. Se ci pensiamo, infatti, molto spesso la band di Snider viene definita glam metal o hair metal, inserendola quindi in quel calderone che si è formato proprio negli anni '80 contenente band come Mötley Crüe, Europe, Poison, Bon Jovi, Warrant, Def Leppard e via discorrendo. Questo è sicuramente dato dal fatto che i Twisted Sister avevano un look e un atteggiamento che facevano sicuramente pensare al glam, e alcuni brani più commerciali e celebri di metà anni '80 strizzavano sicuramente l'occhio a quelle sonorità che andavano tanto di moda. Tuttavia, se andiamo ad ascoltare per bene, come in questo "Under the Blade", si può notare come la componente heavy non sia per niente in secondo piano, anzi, qui non si trovano quasi per niente momenti zuccherosi o ballate strappalacrime, è tutto molto diretto e selvaggio, segnato da una certa attitudine stradaiola. È un po' lo stesso discorso che si fa con i W.A.S.P.: inseriti, secondo alcuni pareri, anche loro nel calderone glam/hair, ma decisamente più heavy, e anche più maturi oserei dire, di tante altre band che ne fanno parte. In ogni caso, non si può negare che, per l'appunto, il look dei Twisted Sister sia molto diverso da quello, per dire, dei vari Iron Maiden e Judas Priest. Niente borchie o giacchetti di pelle. Non si può quindi neanche negare che la componente anni '70 sia particolarmente forte nelle Sorelle. In questi casi risulta molto comodo parlare di hard'n'heavy. E qui torniamo al discorso iniziale. È proprio questa la cosa interessante: significa che la band è in grado di destreggiarsi tra sonorità "vecchie" di qualche anno, ma con un piglio moderno, heavy, energico e tagliente. Basta ascoltare il ritmo galoppante della stessa opener, la monolitica "Destroyer" o la sferzante "Tear it Loose", che sicuramente è il pezzo più veloce ed energico dell'album. Nello stesso tempo, per fare una comparazione e per notare il lato segnato dall'hard rock, basta ascoltare "Shoot'em Down", "Bad Boys (of Rock'n'Roll)" o la traccia conclusiva. La cosa bella è che, comunque, l'album non risulta per niente slegato, c'è un equilibrio, c'è la firma dei Twisted Sister, e così tutto risulta compatto e funzionante senza risultare un collage. "Under the Blade" è dunque un perfetto inizio, un CD con giusto un paio di episodi leggermente sottotono ("Run for your Life" e "Sin After Sin") che spiana la strada ad una band vogliosa di successo.

1) What You Don't Know (Sure Can Hurt You)
2) Bad Boys (of Rock 'n' Roll)
3) Run for your Life
4) Sin After Sin
5) Shoot'em Down
6) Destroyer
7) Under The Blade
8) Tear it Loose
9) Day of the Rocker
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