TWISTED SISTER
I Am (I'm Me)
1983 - Atlantic Records
STEFANO PENTASSUGLIA
09/09/2020
Introduzione Recensione
"These are some friends of mine from America. Give'em a listen" ("Questi sono alcuni amici miei dall'America. Dategli un ascolto.").
Poche parole e il pubblico tace. Ammutolisce, annichilito da una forza più forte di lui. Sono le parole di Lemmy Kilmister, leader maximo degli inglesi Motorhead, che sale sul palco per presentare ai suoi aficionados "gli amici americani" Twister Sister. E dire che l'intenzione di tutta quella gente, là sotto, era quella di fare la voce grossa. Cosa non lanciarono ai Twisted Sister, quella sera. Lattine, bottiglie, di tutto e di più. Era il 24 Luglio 1982, e forse mi ricordo così bene di quest'episodio perché avvenne esattamente quattro anni prima che io nascessi. Il nome di Dee Snider e soci stava appena iniziando a circolare al di fuori da New York, "Under The Blade" si faceva sempre più strada nelle orecchie degli americani, ma nell'Inghilterra di Lemmy i nostri erano dei perfetti sconosciuti, e per i fan del cowboy dello Staffordshire chiunque osi aprire i suoi concerti merita di essere preso a bottigliate. Così, senza motivo, per il solo fatto di essere lì. I Twisted lo sapevano, e giustamente prima del live se la facevano un po' addosso (come dichiarerà lo stesso Snider in una famosa intervista, probabilmente Lemmy bussò al camerino perché aveva odorato la puzza di merda da fuori la porta). Ma il buon vecchio Dee questa sorte non la meritava; Lemmy lo sapeva bene, fu uno dei primi a capirlo, e per questo decise di metterci la faccia, di difendere con il suo carisma colossale quella che era una band in cui credeva fermamente. Perché Snider e i Twister Sister avevano qualcosa che a molti altri artisti dell'epoca mancava, qualcosa che gran parte di chi rimorchiava il carrozzone del glam rock e dell'hair metal negli anni '80 poteva solo sognarsi la notte: la personalità. Per quanto lontana dal Queens dei Ramones e dal movimento punk newyorkese, lo spirito che animava la Long Island dei Twisted Sister nei primi anni '90 era dominata da quella stessa voglia di libertà, di trasgressione e di rottura con le regole e gli stilemi del passato che caratterizzava la musica di Joey e Dee Dee. Troppi rozzi ed energici per le derive pop dell'hair metal di quegli anni, troppi brutti e trasandati per poter essere accostati al glamour tutto fascino e lustrini della scena glam, vestiti come puttane per far paradossalmente risaltare ancora di più i loro petti villosi e la prorompente virilità della loro figura: la forza delle "Sorelle" la si ritrova nella voce roca e potente di Snider, nella loro presenza scenica animalesca e nei loro riff a metà strada tra il puro heavy settantiano così amato dai fan di Saxon e Iron Maiden e quelle melodie catchy che strizzano l'occhio al glam più orecchiabile che andava così di moda in quel periodo. In una parola: nella loro "identità".
La parola d'ordine per descrivere "I am (I'm me)" è tutta qui, ed è racchiusa proprio nel suo titolo: "Io sono (sono io)". Una dichiarazione d'intenti, un calcio in faccia ai benpensanti e a chi cerca di snaturare, categorizzare e banalizzare una band a tutti i costi, nonché un enorme dito medio a tutti quelli che oggi chiameremmo "haters", agnelli travestiti da lupi che, proprio come il pubblico di quello storico concerto del 1982, credono di poter giudicare una band senza avere la più pallida idea di chi questa sia e di quale sia la sua anima più profonda. Quando esce "You Can't Stop Rock'n'Roll" è il 1983, i Twisted sono nel pieno del loro fermento creativo, e quello stesso titolo che rifà un po' il verso ai Kiss (che senza dubbio hanno avuto il loro peso nella formazione di Snider e soci) è anche una metafora che racchiude il senso stesso della loro musica: noi siamo il rock'n'roll, non puoi fermarlo e, di conseguenza, non puoi fermare nemmeno noi. Sfacciato, autentico e genuinamente provocatorio, il credo dei Twisted Sister è tutto racchiuso nel titolo del loro secondo album, e ancor di più nella sua quarta canzone: un inno alla propria identità, al voler essere sé stessi a tutti i costi, sempre e comunque, senza paura di non essere compresi o di apparire come troppo frivoli, scanzonati o effeminati. Senza paura di beccarsi qualche bottigliata in piena faccia. Sarà forse anche per questo che "I am (I'm me)" divenne un singolo e fu proposto in un 7'' insieme alla versione live di "Sin After Sin", con in copertina la band in tutto il suo sfrontato e zoccoleggiante splendore. Era il Marzo del 1983, e i Twisted Sister stavano (ri)scrivendo la storia di un genere. Lemmy ci aveva visto lungo, e aveva ragione.
I'm Me (I'm Me)
Poche cose farebbero intenerire di più un glamster nostalgico degli anni '80 come Dee Snider che saltella sul palco di Top Of The Pops, intonando con il suo possente timbro vocale i primi versi di "I am (I'm me)" ("Io sono (Sono io)"). Non è un mistero che la quarta traccia di "You Can't Stop Rock'n'roll" sia stata scelta come singolo di lancio del disco proprio in virtù del suo maggior appeal commerciale, ma ciò non toglie si tratti di un brano che, nei suoi riff come nel suo testo, rispecchi pienamente quella che era l'anima delle Sorelle agli inni '80. Il peso dell'Atlantic si fa tuttavia sentire, e la produzione di Stuart Epps ripulisce palesemente il suono da quelle impurità che caratterizzavano volutamente il disco d'esordio e che adesso sembrano un intralcio per l'evoluzione della band. E così la batteria ovattata di A.J. Pero introduce una hit radiofonica intrisa fino al midollo del più puro spirito Twister Sister, con una ritmica cadenzata su cui Snider costruisce la sua performance, muovendo la folta chioma all'indietro e facendo sobbalzare il microfono da una parte all'altra, mentre la sua voce solida e granitica non può che far ballare gli astanti, catturati dalle luci psichedeliche e dai fumi rosa che si innalzano al soffitto. Dee sputa i suoi versi in faccia al suo pubblico, e l'intero testo della canzone si rivela essere un momento epifanico in cui la band riconosce sé stessa, si accetta per ciò che è e manda a quel paese chi è troppo ottuso per apprezzarla: "Chi sei tu per guardare dall'alto in basso le cose in cui credo? / Quanto ho cercato di compiacerti / Poi la verità mi ha colpito / Ora è il momento di stare a testa alta / La libertà si trova nel tuo cuore". Forse è proprio il ritornello il punto più debole del brano, con quel suo "I am" ripetuto e un po' troppo stiracchiato quasi ai confini della marcetta, seppur orecchiabile e caruccio nel complesso. Ma ciò che più colpisce è il tessuto chitarristico che sorregge il pezzo, graffiante e pachidermico, con le corde di Jay Jay e "Fingers" Ojeda che procedono all'unisono, fino a staccarsi e incrociarsi in un assolo ispirato e dannatamente coinvolgente.
Sin After Sin (Live)
Forse uno tra i brani più ingiustamente sottovalutati nella storia dei Twisted Sister (ma non certo dai loro più stretti die-hard fan), "Sin After Sin" è una mazzata in pieno volto, una bordata di puro heavy metal anni '80 che non può far altro che sollevare di peso il suo ascoltatore, scuoterlo da una parte all'altra e gettarlo nella mischia. La quarta traccia di "Under The Blade", lo si capì già dall'uscita dell'album d'esordio, è uno di quei brani che raggiunge il sua dimensione ideale in sede live, tanto i suoi riff e le sue ritmiche puzzano di sudore, capelli in faccia e magliette bagnate, e in questa versione inclusa nel 7'' Del singolo "I am (I'm me)" ce ne accorgiamo alla perfezione. L'energia di Snider sul palco del Marquee Club di Londra, in quel famigerato concerto nella notte tra il 5 e il 6 Marzo del 1983, è qualcosa di assolutamente palpabile, mentre il pubblico è preso bene come non mai (e del resto i nostri avevano già superato la loro prova costume con il pubblico inglese nello storico live dell'82 in cui vennero presentati da Lemmy). A.J. Pero pesta come un dannato sulla sua batteria, introducendo ritmi molto più spediti e veloci di quelli apparsi nel disco del 1982, e la voce di Snider sputa sul microfono quel "Sin" che si ripete come un mantra, come una poesia che incarna l'essenza di tutto ciò che è rock: "Stai commettendo / Un peccato dietro l'altro / Non riesci a sentirlo / Basta guardarsi intorno / Peccato dopo peccato / Satana ti ha trovato". Stupisce inoltre la qualità dell'audio, se pensiamo che all'epoca venne registrato su cassetta, e se lo si ascolta con attenzione sembra davvero di essere lì, sotto il palco, in mezzo a quella folla che si dimena e si scatena come non mai. I magnifici assoli della coppia d'ascie Jay Jay e "Fingers" sono cristallini, così come i loro riff che sprizzano vigore rock'm'roll da tutti i pori. La voce di Snider, come è ovvio che sia, non è perfetta e pulita come nella registrazione di "Under The Blade", ma anche qui risiede il fascino della registrazione live: sentire la sua ugola più bassa e cascante, nonché percepirne quasi la "stanchezza" in certi momenti, altro non fa che donare maggior fascino alla registrazione, facendoci sognare di esser lì, sotto quel palco ad ammirare rapiti una delle più grandi leggende del rock che si esibisce apposta per noi. E magari nel 1983 nemmeno eravamo nati!
Conclusioni
Perché proprio "I am (I'm me)"? Perché scegliere proprio la quarta traccia di "You can't stop rock'n'roll" per promuovere il secondo album della band e non magari un pezzo più concitato come "We're Gonna Make It" o più vigoroso, come "I'll Take You Alive"? La risposta è nel titolo stesso. "Io sono io": è questo che urlano i Twisted Sister della prima metà degli anni '80, è questo che vogliono ricordare a tutti con il nuovo disco, dopo aver stupito il mondo dell'hard'n'heavy con il loro "Under The Blade". Scegliere proprio "I am (I'm me)" come singolo di lancio dell'album ha quindi il sapore di una mossa strategica, di un enorme punto esclamativo lanciato in faccia alla scena hair metal dell'epoca. Non solo glamour, lustrini e capelli perfettamente impomatati: Dee Snider e soci sono lì anche e soprattutto per mostrare il marciume del rock, quello vero, anche in un mondo candidamente patinato come quello glam. Una vera e propria rottura epocale con l'immaginario luccicante degli anni '70, quella avviata con il botto dai T-Rex prima ed ereditata poi dallo Ziggy Stardust di David Bowie. Non solo: imperativo era anche distaccarsi dai canoni estetici imperanti nel loro tempo e portati avanti da loro contemporanei, come i W.A.S.P., gli immancabili Motley Crue e persino gli stessi Kiss. Il rock è fatto di sudore e sangue, di sesso e droga, di putridume, cattiveria e assoluta spensieratezza: e cosa meglio di un look da puttane trasandate per ribadire al mondo questo semplice ma fondamentale concetto? L'estetica dei Twisted Sister, per quanto incompresa nei loro esordi, non era un semplice orpello o un tentativo di adeguarsi alla massa e tuffarsi a pesce nel calderone glam di quegli anni: era semmai l'esatto opposto, era il bisogno viscerale di sottolineare una volta per tutte la propria personale visione del mondo e del rock, i propri valori che avevano molto di più in comune; la propria identità, ribelle, sfrontata e strafottente delle regole. E questo singolo era come una dichiarazione di intenti per la band di New York: nel momento stesso in cui Snider urla "Chi sei tu per guardare dall'alto in basso le cose in cui credo?" è come se stesse ficcando il dito medio nelle bocche di tutti coloro che non avevano creduto il loro, che li avevano ritenuti l'ennesimo inutile prodotto delle mode, l'ennesima band clone senza particolari qualità, o che avevano dubitato del loro carisma e della loro forza espressiva. Non è un caso che proprio "I am (I'm me)" si sia ritrovato al diciannovesimo posto delle classifiche musicali del Regno Unito dell'83 (quella stessa nazione che fino all'anno prima era pronta a lanciargli addosso delle bottiglie in attesa di Lemmy Kilmister). Del resto anche la produzione di Stuart Epps fa il suo, molto più pulita, precisa e raffinata di quella del disco d'esordio, e la promozione sotto mamma Atlantic altro non è che un trampolino di lancio verso il successo e la storia del rock. Perché va bene la spensieratezza, va bene la ribellione giovanile, ma musicalmente parlando, Dee Snider lo sa bene, è arrivato il momento di fare sul serio; e il secondo colpo in canna della band, lanciato in grande stile da questo singolo, altro non fu che un seme di quella maturità che sarebbe arrivata da lì a un anno con "Stay Hungry" nell'84, e che avrebbe trasformato i Twisted Sister da fenomeno passeggero a vera e propria leggenda, destinata a durare nei cuori (e negli stereo) degli appassionati del rock'n'roll vero, crudo e senza compromessi. La presenza poi della versione live al Marquee Club di "Sin After Sin" in questo 7'' altro non fa che sottolineare l'incredibile energia della band in sede live, che sul palco si trasforma in una furia animalesca pronta a travolgere tutto e tutti a suon di assoli, riffoni e capelli che si muovono qua e là sopra i saltelli (e i vocalizzi) di un Dee Snider indemoniato dietro al microfono. Ecco perché, pur risultando un semplice assaggio del secondo album della band, "I Am (I'm Me)", ha la sua importanza e il suo senso di esistere: perché, in sostanza, ci ricorda chi sono i Twisted Sister e che della loro identità la storia del rock, probabilmente, non può fare più a meno. Non sarà forse uno dei brani più riusciti per un disco a suo modo epocale come "You Can't Stop Rock'n'Roll", soprattutto per chi, come il sottoscritto, preferiva i suoni più grezzi e meno radiofonici di "Under The Blade"; resta tuttavia un brano fortemente rappresentativo di quelli che furono i Twisted Sister a inizio carriera e dell'importanza che ebbero negli anni a venire. Nel bene e nel male.
2) Sin After Sin (Live)