TWISTED SISTER

Club Daze Volume I - The Studio Sessions

1999 - Spitfire Records

A CURA DI
DAVIDE CILLO
31/08/2020
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

I Twisted Sister nascono nella settimana natalizia del 1972 sotto il nome di Silver Star, nella 315 first-street, Ho-Ho Kus, New Jersey. Si auto propagandano come le "New York Dolls" del New Jersey, imitando in molti atteggiamenti la celebre punk rock band che, proprio in quegli anni e con leggendari lavori discografici come l'omonimo album di debutto "New York Dolls" del 1973, si stava facendo conoscere costituendo fra l'altro una vera e propria pietra miliare del punk della east coast anni '70: del resto, chi non ha mai conosciuto e apprezzato brani come quella "Personality Crisis" tanto irriverente e che tanto rimane in testa? I Twisted Sister si lanciano così, in quegli anni, nei loro primissimi show dal vivo, mostrandosi però come una sorta di "glam" cover band, portando sul palco brani di artisti come Bowie, Rolling Stones, Lou Reed, Mott the Hoople. In questo periodo il chitarrista Jay Jay French scrive il suo brano "Follow Me", un brano mai registrato, ma che fa a più riprese la sua comparsa dal vivo. Nell'estate del '74 per la prima volta un produttore approccia la band, proponendo ai Twisted di registrare un brano di nome "To Serve Man", per un episodio della serie TV "Twilight Zone" in cui creature aliene approdavano sulla Terra per rapire uomini di cui poi cibarsi sul proprio pianeta: il progetto non si conclude nella maniera più appropriata, perché il cantante del gruppo non si presenta in sala di registrazione e il brano non viene dunque mai registrato. Nell'ottobre del 1975 la formazione dei Twisted Sister vede Jay Jay non solo alla chitarra, ma anche alla voce principale, insieme ad un suo chitarrista compagno di corso all'università, il batterista Kevin John Grace trovato attraverso un annuncio su Rolling Stone e il bassista Kenneth Harrison Neill, fra l'altro membro originario del gruppo. Questa line-up dunque suona "Can't Stand Still" e "TV Wife", due brani di Jay Jay che saranno poi in futuro registrati. Nel febbraio '76 arriva la svolta: il manager del gruppo, Kevin Brenner, suggerisce ai ragazzi di ingaggiare un frontman, un vero cantante di ruolo, così Dee Snider si unisce alla band: dell'ingresso del vocalist nei Twisted, fra l'altro, se ne parlava già da qualche mese. Due mesi dopo dall'ingresso del cantante nel gruppo, il 1° aprile del '76, un ulteriore ed importante cambiamento di formazione: Tony Petri entra nel complesso, andando a sostituire quel Kevin John Grace che inizialmente era stato trovato attraverso l'annuncio. Jay Jay, fra l'altro, aveva già conosciuto Tony Petri e aveva avuto l'occasione di suonarci un po' anni prima. Con questa nuova formazione i Twisted Sister iniziano lentamente a cambiare volto, inizialmente portando cover di band più pesanti come Led Zeppelin ed Alice Cooper: da questo momento, la popolarità del gruppo inizia lentamente ad esplodere. A partire dal settembre del '76 i ragazzi affittano una casa nella Long Island, ed è proprio lì che il sound del gruppo inizia a prendere forma. Dee Snider scrive due canzoni, "Come Back" e "Pay the Price", che diventano in quegli anni dei classici del gruppo. Nel 1978 l'attività compositiva di Dee Snider viene influenzata sempre più da artisti del mondo heavy come Black Sabbath, AC/DC e Judas Priest e Steve Bramberg, un manager di New York, offre del tempo in studio gratis ai Twisted Sister. il 5 maggio alle 10:00 di mattina il gruppo entra in studio ed entro l'ora di pranzo ha già registrato i seguenti pezzi: "Rock'n'Roll Saviors", "Pay The Price", "Come Back", "High Steppin'", "TV Wife", "Big Gun", Follow Me" e "Can't Stand Still": un'attività di registrazione rapida e scorrevole come più non poteva essere stata. La recensione odierna vede protagonista la raccolta "Club Daze Volume 1: The Studio Sessions": la storia della band prosegue, e ve la racconteremo nel finale di recensione. Godiamoci intanto un po' di musica, con ben tredici tracce targate Twisted Sister: si tratta delle prime incise dalla band, di cui diverse non inserite poi nell'album di debutto "Under the Blade": buon ascolto a tutti, ed un rumoroso "Rock 'n Roll"!

Come Back

Si parte con la seconda canzone scritta da Jay Jay, siamo a "Come Back" (Torna indietro), una canzone che con le sue liriche puramente di fantasia fece ai tempi arrabbiare Suzette, la ragazza del chitarrista. Il brano racconta infatti di un uomo estremamente innamorato, ricco di sentimenti per la sua amata, cosa che porta ad un grande momento di tristezza e debolezza quando la donna, purtroppo, decede. Di qui il titolo del brano "Come Back", torna indietro appunto, e il desiderio più volte espresso dal protagonista di poter riabbracciare colei che ama. Il pezzo dispone di riff semplici e strutturalmente elementari, privi di ogni inutile ed indesiderata complessità tecnica: il risultato è melodico e coinvolgente, abbastanza classico dell'epoca e del sound delle rock band fine anni '70, sebbene manchi quell'impatto che potesse far rimanere il pezzo stampato in testa, o scalare le classifiche sulle radio. Ciò che si intravede, anzi, già percepisce, sono le grandi potenzialità di Dee Snider dietro al microfono, come del resto è possibile più che apprezzare i diversi frangenti di chitarra solista suonati da Jay Jay French: il brano infatti dispone di brevi assoli, ma tutti quanti estremamente calzanti e godibili all'ascolto. Nella parte centrale del pezzo, in ultimo luogo, c'è persino spazio per una breve ma semplice armonizzazione di chitarra vagamente in stile NWOBHM. Questa canzone d'apertura è estremamente lunga, addirittura oltre i sei minuti e trenta di durata, una follia per il genere: l'ultima parte, in effetti, rischia di sfociare un po' troppo nella ripetitività e poteva essere un po' snellita. Sebbene alcune cose che ho scritto di questa canzone possano effettivamente sembrare negative, sappiate che al contrario ho adorato la spontaneità e la sincerità della traccia, così come la spontaneità che si percepisce attorno ad essa.

Pay the Price

E siamo ora invece al primo brano mai scritto dal chitarrista, "Pay the Price" (Paga il Prezzo): ai tempi della composizione del pezzo, Jay Jay French era il componente più giovane dei Twisted Sister, Mark Mendoza e A.J. Pero entrarono dopo di lui, ma comunque erano entrambi più "anziani" rispetto al chitarrista. Il brano sembra uno di quelli rock fatti per entrare in testa, per sfondare in radio, è davvero semplice con il suo riff principale, ciò tuttavia non impedisce alla canzone di mostrare tutte le potenzialità per una potenziale hit rock anni '70. Gli assoli, melodici e sempre calzanti, accompagnano il nostro ascolto attraverso un brano che ci racconta di una storia di sesso e amore dove, tuttavia, "nulla viene concesso gratuitamente". Una storia di ricattini sentimentali e dettagli piccanti che certamente qualcuno di noi si sarà trovato a vivere. Ai tempi in cui J.J. French ancora doveva scrivere il pezzo, e nulla aveva composto, gli altri componenti del gruppo gli chiesero "Tu scrivi musica? Sei in grado di farlo?" ed il chitarrista risposte affermativamente. Alla successiva domanda dei componenti del gruppo, cioè cosa avesse scritto, il chitarrista tuttavia rispose "Nulla!". A quel punto, gli altri dei Twisted quasi lo schernirono, dicendogli di star zitto finché non avrebbe concluso qualcosa. Offeso e punto nell'orgoglio, Jay Jay French si chiuse allora nella sua stanza e scrisse il suo primissimo brano, come detto appunto questa "Pay the Price", che sbloccò il chitarrista dal punto di vista compositivo: se prima J.J. non aveva infatti mai scritto nulla, dal momento in cui propose "Pay the Price" al resto dei membri della band non si fermò più, riempiendo i Twisted Sister di materiale compositivo e di idee. Del resto è proprio così che funziona, l'importante è sbloccarsi, no? Ben fatto uomo, ben fatto. Voliamo alla prossima canzone, una lunga e piacevolissima strada ci attende! 

Rock N Roll Saviors

Il terzo pezzo del lavoro si intitola "Rock N Roll Saviors" (Salvatori del rock 'n roll), un brano che i Twisted Sister scrissero ai tempi in cui si sentivano letteralmente seppelliti dalla disco music, all'estremo della popolarità, il film "La febbre del sabato sera" di Badham con Travolta era fra l'altro uscito da poco. I Twisted Sister disprezzavano a più non posso questa tendenza, girando per le strade urlando "la disco fa schifo!", invitando a spaccare in due tutti gli album di musica disco con un martello. "We're going to fight with all of our might 'til disco is dead" (dobbiamo combattere con tutta la forza che abbiamo fino a che la disco non sarà morta): è questo il mantra del pezzo, la frase ripetuta a più non posso e che rimane stampata in testa al termine dell'ascolto. Il pezzo, per la verità, mostra dei Twisted Sister ancora parecchio immaturi, non è un brano efficace e trascinante come quelli che poi li hanno condotti al successo, e anche nella stessa raccolta protagonista della recensione odierna non mancano brani che mostrano una maggiore maturazione. Ad ogni modo, questo brano da "crociati della musica rock" piace proprio grazie a questa sua caratteristica, quella di unire persone con la medesima passione contro un nemico comune: consapevoli di questo, i Twisted scelsero per molti molti concerti di aprire la loro esibizione proprio con questo pezzo. Jay Jay French scrisse questo pezzo guidando verso Manhattan dopo uno show, col suo registratore, e così improvvisamente ispirato scrisse questo inno da battaglia. Ciò che invece possiamo carpire senza alcun margine di dubbio è che i Twisted Sister all'epoca questo già facevano e sempre poi avrebbero fatto: provare a creare grandi hit di successo, rock o metal che siano.

High Steppin

Si procede con "High Steppin'" (Passi alti), un brano ancor più carico di spirito rockeggiante e dalle atmosfere allegre e ricche di spirito. Niente velocità eccessiva, niente frenesia, la band in questo caso ci culla con la straordinaria melodia di questo brano che, nei suoi due minuti e quaranta di ascolto, ci tiene letteralmente incollati. "Passi alti", questo il titolo dato dal gruppo al pezzo composto J.J. French: il nome della canzone risiede nel fatto che, al termine dei concerti e nella fattispecie degli show dei Twister, la gente era oramai ubriaca e non si reggeva in piedi. "Passi alti" perché la band, solitamente, scelse di suonare questa canzone nella parte finale dello show e, per poi uscire dal locale, ci si ritrovava a dover letteralmente scavalcare bottiglie e corpi di gente rimasta a terra. Quando il chitarrista scrisse la canzone non avrebbe mai immaginato che si rivelasse uno dei pezzi migliori, per questo "High Steppin'" si potrebbe definire come una "piacevole" sorpresa: il pubblico infatti partecipava con il massimo entusiasmo all'esecuzione della traccia, sentendosi coinvolto dalla goliardia del pezzo come più non potrebbe essere. A trascinare il tutto, poi, l'ottima linea vocale del vocalist, davvero semplice, mai raschiata, ma perfettamente melodica ed efficiente a più non posso. Nel finale il ritmo vocale di Dee Snider si fa ancora più intenso, e sempre più in fretta scariche di parole vengono ripetute ad accompagnare la chiusura del pezzo, che fa appunto della linea vocale e del carisma del riff principale la sua colonna portante: come definirla una novità, del resto, per i Twisted Sister?

Big Gun

E siamo alla quinta "Big Gun" (Grande arma), un brano che capovolge parecchio lo stile della ritmica, in quella che è un'autentica inversione di rotta rispetto ai pezzi precedenti. I ritmi diventano ben più serrati ed enfatizzati, forse più classici, prevedibili, e la canzone non è fra quelle in grado di rimanere in testa, probabilmente non riuscita come molte altre presenti in questa raccolta. Anche la durata della canzone è ben superiore rispetto a pezzi come l'appena conclusa "High Steppin'", siamo infatti oltre i quattro minuti d'ascolto: in questo caso però non si tratta di una qualità positiva, in quanto si tratta di un minutaggio che non incide, non resta scolpito in testa, non è accattivante. Il lato debole della canzone è, probabilmente, la carenza vocale per gran parte della traccia: Dee Snider infatti scompare nel corso di tutta la parte centrale del pezzo, dove a diventare protagonista è la ritmica di chitarra accompagnata da squillanti, ma mai troppo carismatici, momenti di chitarra solista. In sostanza, si notano i "progressi" della band avuti successivamente, e sono d'accordo con la scelta di escludere questo pezzo dai lavori più importanti del gruppo. Per quanto riguarda le liriche, queste provengono dalla presa di consapevolezza da parte del gruppo che gli uomini fossero "ossessionati" dalla dimensione del proprio pene: il chitarrista, fra l'altro, scherza sui pantaloni che gli preparò la sua ragazza (poi moglie), che mettevano in mostra le sue misure oltre la media. Il pezzo inverte completamente questa tendenza, dicendo, "fregatevene di quanto misura il vostro uccello, chi se ne frega!": lo stesso chitarrista, tuttavia, ironizza sul fatto che probabilmente è più semplice fare un testo di questo tipo venendo da una posizione di vantaggio, piuttosto che di svantaggio.

T.V. Wife

Il sesto pezzo si intitola "T.V. Wife" (Moglie televisiva), un divertente brano estremamente semplice e che, seguendo la più classica delle ritmiche rock, racconta la storia di una moglie che di fatto spende quasi tutta la sua vita guardando la TV. Sui ritmi semplici e rockeggianti, il brano racconta ora dopo ora la giornata tipica della donna, oramai alienata dalla realtà e completamente assuefatta dallo schermo. "Inizia dalla mattina quando i bambini sono a scuola, e sa già a memoria tutti i programmi che guarderà nel corso della giornata: prima quiz, poi la classica soap opera, i programmi sul pianeta Terra la cronaca del telegiornale -che però non riesce a sopportare-" e così via. Una canzone interamente goliardica, sia con il suo testo che con le sue ritmiche, che dà un ulteriore tocco di leggerezza al nostro ascolto. Una realtà, questa della dipendenza dallo schermo e della vita condotta in grande misura dinanzi alla TV, reale per noi italiani ma altrettanto per gli states, dove spesso nelle liriche dei brani viene raccontata una televisione spesso rea di assuefare e "sopraffare", "plagiare", l'ascoltatore. Certo, i tempi sono cambiati, la TV ha ceduto il passo ai social, e sempre più si propende verso una realtà che vede ognuno selezionare, liberamente, cosa guardare. Ad ogni modo, "T.V. Wife" descrive perfettamente un'epoca e uno stile di vita effettivamente condotto da molte casalinghe nei decenni passati. L'argomento, poi, si presta estremamente bene ad una band come i Twisted, che ha dimostrato a più riprese di saper "alleggerire" e "ironizzare" su ogni argomento. E a voi, il pezzo è piaciuto? E' tempo di passare al brano successivo.

Can't Stand Still

Passiamo al settimo pezzo "Can't Stand Still" (Non posso stare fermo). Si tratta di un brano di J.J. French ancora una volta estremamente allegro e leggero, ma che tratta di qualcosa di veramente personale e cupo: il pezzo è stato infatti scritto dal chitarrista per parlare di un momento di vita difficile come più non potrebbe, dovuto alla rottura di una relazione importante e seguito dalla morte della madre. Fra assoli squillanti, cambi, e ritmi incalzanti, la musica di questo brano sceglie di trattare il più buio degli scenari con la massima euforia, come solo il rock 'n roll sarebbe in grado di fare. Il giro di chitarra è estremamente classico, il più sentito fra i sentiti, ed il pezzo è effettivamente meno "originale" e dunque "coinvolgente" e carismatico rispetto a quelli poi divenuti celebri della band. L'ascolto resta tuttavia, per intenderci, piacevolissimo, e anche la linea vocale è qualcosa di davvero apprezzabile e trascinante. Nei suoi quasi quattro minuti d'ascolto, potremmo definire questa "Can't Stand Still" come una parte un po' riempitiva all'interno di un release o di una compilation come quella protagonista della recensione odierna, ci si regala un tocco di gioia nonostante i tristi argomenti, giungendo ad una combinazione pungente e frizzante che all'interno di una scaletta può solo portare tanta, tanta salute. Sadicamente rinfrescati dunque da questo triste racconto di vita, è il tempo di dedicarci alla successiva ottava traccia presente all'interno di questa compilation del 1999 targata, rigorosamente, Twisted Sister.

Follow Me

Il successivo ottavo brano è intitolato "Follow Me" (Seguimi), ed è in tutto e per tutto un omaggio al brano "Go All The Way" dei Raspberries, ripercorrendone ritmiche ed allegre melodie con tanto di rallentamento nella seconda parte del pezzo: del resto, il chitarrista, non ne ha assolutamente fatto un segreto. J.J. French sceglie con questo pezzo di celebrare la sua passione per la band pop rock dell'Ohio: nati nel 1970, i Raspberries si rifacevano a band come Beatles, The Hollies ed agli Who. La band smette di essere attiva nel 1975 dopo aver rilasciato ben quattro capitoli discografici in cinque anni complessivi di attività: Raspberries (1972), Fresh (1972), Side 3 (1973) ed appunto il quarto ed ultimo Starting Over (1974). Lo scioglimento della band fu dovuto al fatto che il leader del complesso Eric Carmen decise di dedicarsi alla sua carriera da musicista solista. Nel 2004 la line-up originale dei quattro componenti si è poi riunita, con tanto di tour nel 2005. Lo scioglimento definitivo, poi, nel 2009. I Twisted Sister, nei panni dei Raspberries, sono perfetti, e questo omaggio lo dimostra: semplice, poco pretenzioso, ma incredibilmente carico di felicità ed entusiasmo, dritti trasmetti al pubblico senza alcuna flessione, alcuno strappo. Personalmente ho apprezzato davvero molto questo capitolo, di poco inferiore ai quattro minuti complessivi di ascolto. Bando alle ciance, volume sempre mantenuto rigorosamente al massimo, è tempo di lanciarci al nono pezzo di questa compilation.

I'll Never Grow Up Now

Siamo dunque ad "I'll Never Grow Up Now" (Non crescerò più ora), uno degli anni adolescenziali (così definiti dallo stesso chitarrista del gruppo) per cui i Twisted Sister divennero conosciuti. Il riff portante del pezzo è semplice, condotto tramite semplici power chord rilasciati a cadenza estremamente regolare, la voce è cantilenata ed espressa per gran parte in coro. Inno adolescenziale è davvero l'espressione giusta per definire questa traccia: è tangibile infatti in essa la forza, la natura vigorosa, tipica di un giovane nel pieno dell'età della ribellione e della freschezza. Il testo del brano, del resto, afferma esattamente questo: facciamo quello che vogliamo, non ci adeguiamo a nessuno, anzi, più ci dite di fare qualcosa, più noi andiamo contro! In sostanza, le basi del principio di autoaffermazione della personalità. Interessante a riguardo comprendere il significato del titolo del brano: "I'll Never Grow Up Now", ovvero appunto "Non crescerò più ora", intende dire precisamente quello, "Non crescero più ORA che tu genitore mi hai detto di crescere!". Il chitarrista e compositore del pezzo J.J. French paragona poi la canzone allo stile degli AC/DC: per tematiche, forse, perché la parte melodica è a mia opinione molto più preponderante allo stile duro e diretto della band australiana. Ad ogni modo, il brano parla precisamente di questo: agire come la propria età impone, crescere, magari anche affermarsi ma a modo proprio, urlando dentro se stessi un potente "fuck you" a tutti coloro che vogliono rappresentare un ostacolo: ebbene sì, fra i destinatari i propri genitori sono inclusi. Direi che questo brano appartiene, in maniera ancor più visibile rispetto agli altri, ad un genere estremamente caratteristico che può piacere come non piacere all'ascoltatore.

Lady's Boy

Il decimo pezzo di questa compilation si intitola "Lady's Boy" (Il ragazzo della signora). Il pezzo possiede uno stile meno potente e diretto rispetto a molti altri presenti nel lavoro, e si contraddistingue per una caratteristica estremamente riconoscibile: come confessato dallo stesso chitarrista, infatti, la canzone è stata composta partendo direttamente dalle liriche, con la melodia scritta interamente attorno a sé. A riguardo, J.J. French ironizza sul fatto che il brano possiede una linea musicale più noiosa e monotona rispetto ad ogni altro. La verità è che, al contrario, questo brano si mostra per questo proprio più che interessante, raccontandoci di un intreccio amoroso che vede il protagonista autodefinirsi un "giocattolo mortale". Fra passione e voce ironicamente provocatoria, sono proprio le uniche caratteristiche della canzone a renderlo, come anticipavo, accattivante: infatti la linea vocale è di quelle veramente ispirate e si vede... del resto, la voce non è lo strumento principale? Questa "Lady's Boy" non annoia per un attimo, diverte, e francamente preferisco addirittura lo stile di molti questi brani a quelli che hanno poi reso celebre la band: di questo, ad ogni modo, avrò modo di parlarne nella fase conclusiva di recensione. Questa "Lady's Boy", dai ritmi più pacati e blueseggianti, gode anche di un profondo assolo di chitarra che ci cullerà ad ogni nota. I Twisted Sister non sono certo celebri come rock band autrice di brani particolarmente lunghi, ed il brano con i suoi quattro minuti e venti d'ascolto si mostra addirittura uno dei più complessi, dal punto di vista della struttura, e sviluppati: se pensate che questo possa essere in contraddizione con lo stile semplice, beh, sappiate che non è così!

Leader of the Pack

L'undicesimo capitolo di questa "Club Daze Volume 1 The Studio Sessions" del 1999 si intitola "Leader of the Pack" (Leader del branco), ed è definita dallo stesso J.J. French il flop che ad un certo punto "anziché accrescerne la popolarità, demolì la reputazione della band": canzone sbagliata, momento sbagliato, video sbagliato, questo racconta ironicamente il chitarrista scherzando sul passato del gruppo. La ricetta per il fallimento è di quelle classiche: melodia semplicissima, voce a "coretto" ed una storia d'amore banale come più non potrebbe. Noi, tuttavia, non apprezziamo anche questo? Non amiamo conoscere e approfondire anche i lavori andati male? Assolutamente sì, sono almeno interessanti quanto i successi! Il pezzo venne fuori quando la band ed in particolar modo il chitarrista erano fortemente influenzati dalla scena glam. La storica è di quelle classiche: una ragazza esce con il tipo perbene, ricco e benvoluto da tutti, insomma, il classico belloccio, il "figo" della città. Ad un certo punto, si innamora invece del protagonista, che si autodefinisce "il leader del branco": sfigatello, senza soldi, tutti parlano male di lui. Per farla breve, il più classico dei colpi di scena tipici delle storie amorose. E' proprio la semplicità e la banalità di questo pezzo a renderlo tuttavia simpatico, divertente, a far sorridere: sarà stato accolto malissimo ai tempi, eppure, bisogna dirlo, questa minestra di stereotipi a noi piace ed anche molto. Sono curioso tuttavia di sapere la vostra opinione, perché osservare un lavoro del genere così tanti anni dopo può solo essere interessante.

Under the Blade

Siamo ad "Under the Blade" (Sotto la lama), uno dei grandi successi targati Twisted Sister e che hanno lanciato il complesso come heavy metal band. Quest'impronta è evidentissima sin da subito, e il brano si distacca decisamente dagli altri presenti all'interno del lavoro protagonista della recensione odierna. I riff sono incalzanti, la batteria più sostenuta, e anche la più serrata parte in power chord dona al pezzo quel tocco unico di old school heavy metal song che porta tanta salute alle nostre orecchie. Lo stesso chitarrista racconta come "Under the Blade", con i suoi oltre quattro minuti di ascolto, sia diventata a tutti gli effetti un "inno di battaglia" della band, nonché title track dell'omonimo album di debutto del gruppo del 1982. La spada, la lama, manco a dirlo, sono quelle autentiche dell'heavy metal: il brano possiede melodia, carisma, capacità di tenere l'ascoltatore incollato, ritmiche incalzanti e all'approccio vocale comincia già a farsi più aggressivo rispetto a quello del periodo di debutto della band. La parte che in assoluto preferisco è, personalmente, quella conclusiva, dove il riff si fa ancor più cattivo e ruggente. Del resto, la band è affezionatissima a questo pezzo è il motivo è evidente: "Under the Blade" ha illuminato la strada, tracciato il sentiero, per la nuova vita dei Twisted Sister che sono divenuti, partendo proprio da questa canzone, la band celebre conosciuta in tutto il mondo. Inutile dirlo, per quanto mi riguarda: anche considerando questa compilation, indubbiamente questo dodicesimo pezzo è stato il più forte, il più riuscito.

Shoot 'Em Down

Eccoci ragazzi al tredicesimo e conclusivo brano, con il nostro percorso che alla fine sta giungendo alla sua conclusione. La marcia si chiude con "Shoot 'Em Down" (Abbatterli), un pezzo hard rock allo stato puro. Il chitarrista racconta del suo amore sconfinato per gli AC/DC, e quanto di grande influenza siano stati per i Twisted. J.J. ebbe modo di incontrare personalmente Angus Young, per lui fu un momento magnifico perché ebbe occasione di confessargli di quanta grande influenza fossero per la sua band. 4/4 semplici e diretti, questi sono la band australiana, questi sono anche i Twisted Sister in questa fluida ed efficace canzone che non lascerà respiro all'ascoltatore. La ricetta è di quelle tradizionali: semplici power chord rilasciati nel puro stile hard rock, tempo base, e ritornello e strofa con quel tanto di melodia che basta. La canzone parla di una donna, nella prima strofa, e di un uomo, nella seconda, che hanno tutti quanti ai loro piedi. Vengono stigmatizzati i comportamenti di questi soggetti, che sentendosi un po' padroni del mondo, hanno anche quel pizzico di cinismo nel vedere la gente crollare ai propri piedi. "Shoot 'Em Down", "abbatterli", laddove abbattuti sono gli ammiratori e le ammiratrici che farebbero di tutto per avere a che fare con una persona in realtà così vuota e vanitosa, nonostante all'appariscenza. Ditemi un po', conoscete anche voi gente così? Vi siete mai ritrovati ad avere a che fare con una situazione del genere, anche semplicemente da spettatori? I testi che coinvolgono di più, sono quelli che riguardano situazioni reali e perché no, da noi stessi vissute! 

Conclusioni

Non avrei mai immaginato che l'ascolto di questa compilation potesse rivelarsi così interessante e ricco di sorprese! Ci troviamo dinanzi ad una band parecchio differente rispetto a quella divenuta celebre in tutto il mondo, si ha la sensazione di vivere l'intero percorso e carriera dei Twisted Sister, di essere uno di loro, di crescere e migliorare insieme, in tutto e per tutto! Arrivo a dirvi che, personalmente, per quelli che sono i gusti musicali, molte delle canzoni di questa compilation e alcuni degli approcci stilistici presenti al suo interno, mi catturano addirittura più dei pezzi che hanno reso il gruppo famoso. La sensazione all'ascolto di questo lavoro è proprio questa: nulla di univoco, tanti piccoli approcci differenti, sembra di ascoltare una band che cerca di "sfondare" e parte allora alla ricerca della formula esatta. Ma questa non è una cosa negativa, tutt'altro, è sinonimo di intelligenza, esplorazione, e rende proprio per questo l'ascolto di "Club Daze Volume 1" così interessante. Proseguendo con la storia della band, nel '79 il produttore Eddie Kramer porta i Twisted Sister a registrare una demo di quattro pezzi presso lo studio Electric Lady, non riuscendo purtroppo a catturare l'attenzione di una major label per un potenziale album. Nel 1981, in seguito al rifiuto di molte grandi etichette discografiche, il gruppo con Mark Mendoza produttore ai Bolognese Studios nella Long Island registra la ballad "You're Not Alone", "Destroyer", "Can't Stop Rock 'n' Roll", "Shoot 'em Down" e "What You Don't Know", con le ultime due presenti nella demo "Ruff Cuts" rilasciata nella primavera 1982. Il periodo dei Twisted Sister come band da bar termina definitivamente nel settembre 1982, con l'uscita del disco di debutto "Under the Blade" sotto Secret Records. Il chitarrista del gruppo racconta che, di band che hanno impiegato tanto per avere un contratto, nonostante i concerti ed il pubblico, ce ne sono ben poche (per non dire nessuna). Un percorso lunghissimo, di almeno dieci anni, per giungere al tanto agognato successo e al traguardo della notorietà al pubblico. "Under the Blade", come heavy metal song, del resto non ha mancanze, e già lo abbiamo visto nella compilation del '99 di cui oggi vi abbiamo raccontato. Comprendete e condividete al mio stesso modo la bellezza di questo lavoro? Rivivere, passo dopo passo, il percorso di una band e la sua ricerca del successo, qualcosa che non ha prezzo. "Club Daze Volume 1 The Studio Sessions" si compone di tredici pezzi, per la durata complessiva di 54 minuti di ascolto. La scaletta del lavoro ci sta, e ben si presta alla nostra esigenza di scoprire il passato della band. E' interessantissimo vedere come si passa, per esempio nel finale, dalla melodica canzone glam metal "Leader of the Pack" alla diretta e metallara "Under the Blade", permettetemi di dirlo decisamente più riuscita. Difficile comprendere come mai i Twisted, nonostante il grande pubblico e i tanti concerti accumulati nel corso degli anni, abbiano così tanto faticato ad andare sotto contratto: forse troppe variazioni stilistiche? Magari per qualche flop, come accennato dallo stesso chitarrista? Poco importa perché la storia, ad ogni modo, la conosciamo, ed oggi ognuno di noi, amandolo od odiandolo, ha ben presente il nome "Twisted Sister"

1) Come Back
2) Pay the Price
3) Rock N Roll Saviors
4) High Steppin
5) Big Gun
6) T.V. Wife
7) Can't Stand Still
8) Follow Me
9) I'll Never Grow Up Now
10) Lady's Boy
11) Leader of the Pack
12) Under the Blade
13) Shoot 'Em Down
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