EMPEROR
Emperial Live Ceremony
2000 - Candlelight Records

ALBERTO COSTA
07/12/2016











Introduzione Recensione
Appena tre mesi dopo la pubblicazione del loro terzo lavoro in studio, "IX Equilibrium" (Nonus Equilibrium) uscito per la britannica "Candlelight Records" il 22 Febbraio 1999, gli Emperor, dei veri e propri titani della scena black metal norvegese, decidono di registrare la loro esibizione del 14 Maggio dello stesso anno al LA2, un Nightclub di Londra situato nel seminterrato del Astoria Theater, nel quartiere di Westminster. Salvo poi, il 15 Maggio del 2000, rilasciare il prodotto sottoforma di live album, intitolandolo "Emperial Live Ceremony", sempre quest'ultimo licenziato dalla "Candlelight..". La location era abbastanza gettonata negli anni 90, infatti si ricordano anche performances dal vivo di gruppi quali Korn (1995) e Metallica (sempre nel 1995, una data definita "segreta"). Il LA2 negli anni successivi è stato prima venduto, poi rinominato ed infine demolito nel 2009. Dopo le controverse, intriganti, sanguinose e blasfeme vicende che gravitarono intorno al cosiddetto "Black Metal Inner Circle" dal 1990 al 1994, gli Emperor dovettero eseguire dei cambi di formazione: se Samoth (Tomas Tormodsæter Haugen) era rientrato nelle fila degli Imperatori come chitarrista già nel 1997, ai tempi di "Anthems to the Welkin at Dusk", secondo album della band, dopo due anni passati in galera accusato di aver partecipato a diversi roghi di luoghi di culto cristiani, il leggendario batterista Bård "Faust" Eithun era ancora dietro le sbarre, per via di una pesante condanna per omicidio; infatti, già dal sopracitato "Anthems..", lo sgabello dietro le pelli era occupato da Trym Torson, storico batterista di un'altra grande band del genere: gli Enslaved. Se durante la registrazione di "IX Equilibrium" le parti di basso erano state suonate da Ihsahn, in occasione dei live, si aggiungeva alla corte imperiale anche Jan Erik Torgersen, in arte "Tyr"già membro dei Borknagar, formazione orientata verso un Black metal più progressivo ed epico. Un'altra autorevole aggiunta alla formazione degli Emperor in occasione del tour di "IX Equilibrium" è stata quella di Joachim Rygg, in arte Charmand Grimloch, la mente ed il cuore di un progetto melodic black metal norvegese che negli anni ha raggiunto lo status di gruppo di culto totale: i Tartaros. Durante "Emperial Live Ceremony" (questo il titolo del live album oggi recensito), Rygg sarà invece impegnato come tastierista. Quindi, ricapitolando, i membri degli Emperor che la sera del 14 Maggio 1999 suonarono a Londra in un LA2 gremito erano: Vegard Sverre Tveitan "Ihsahn", Voce, Chitarra ritmica e solista; Tomas Tormodsæter Haugen "Samoth", Chitarra ritmica; Trym Torson, Batteria; Jan Erik Torgersen "Tyr", Basso e Joachim Rygg "Charmand Grimloch", Tastiere. Per quel che riguarda il lavoro alla consolle, annoveriamo lo stesso Samoth come produttore, coadiuvato da Thorbjørn Akkerhaugen. Quest'ultimo già attivo come bassista nei Thou Shalt Suffer e di seguito sempre al fianco di Samoth nel progetto "Zyklon", in qualità di addetto a sintetizzatori, programmazione e tastiere. Anche per quel che riguarda l'artwork, inoltre, le collaborazioni non mancano. In verità esistenti due copertine (una per l'edizione CD e l'altra per il DVD), la prima azzurra, ritraente il gruppo durante l'esibizione, l'altra beige tendente all'ocra, raffigurante corpi straziati, la seconda è opera di Stephen O'Malley, all'epoca chitarrista dei Burning Witch e qualche anno dopo degli House of Low Culture. Insomma, diverse personalità di un certo calibro, non c'è che dire. La versione in CD di questo live contiene anche del materiale multimediale, ovvero degli screensaver per il computer, delle foto dei membri della band in posa o delle catture durante il concerto ed un video della terza celeberrima canzone presente nella scaletta: la monumentale "I Am The Black Wizards" (Io Sono I Maghi Oscuri). Questi contenuti occupano la prima traccia del disco, la quale dunque non può considerarsi come un vero e proprio "episodio" ma solamente un piccolo riempitivo in attesa dell'inizio vero e proprio. Curiosità quanto meno da segnalare, il fatto che la stessa etichetta pose una sorta di disclaimer, inerente alla traccia multimediale: qualche vecchio lettore CD, infatti, avrebbe potuto riscontrare più di qualche problema, una volta avviato il compact disc. Si raccomandava, quindi, di tenere il volume a livelli molto bassi. In caso contrario, il sistema audio dell'impianto avrebbe potuto subire danni a causa della riproduzione del primo "brano". Per quanto riguardava invece gli impianti più moderni, non vi fu problema: erano soliti, infatti, saltare direttamente il primo episodio "ammutolendolo", non provocando danni. Il vero e proprio concerto inizia, dunque, quando sul display dello stereo appare il numero due ed i secondi riprendono a scorrere da zero. Altro non ci resta da fare, a questo punto, che goderci appieno questo live.

Curse You All Men
Il concerto si apre con questa "Curse You All Men" (Maledetti, tutti voi Uomini), pezzo estratto dall'album (all'epoca) appena dato alle stampe e terza opera della band, ossia "IX Equilibrium". Non c'è più la cattiveria, l'opprimente aura nera che sprigionava ogni pezzo di "In The Nightside Eclipse" e nemmeno la sfarzosa atmosfera che si creava ascoltando "Anthems to the Welkin at Dusk", ma il pezzo non manca di mordente, di energia, di rabbia. La riproposizione dal vivo presenta uno scream meno secco, meno acido di quello che si può sentire sull'album registrato in studio: viene fatta risaltare molto di più la parte sinfonica, soprattutto dopo circa un minuto di canzone, dove chitarra e tastiera sembrano intrecciarsi, dando vita ad un bellissimo momento musicale, sicuramente esaltante per la folla di ascoltatori che inizia ad animarsi sotto al palco. Sicuramente degno di lode è il lavoro svolto da Trym Torson dietro alle pelli, e ce lo confermano anche le ripetute inquadrature offerte allo spettatore dalla versione uscita in DVD. Possiamo vedere quanto l'ex batterista degli Enslaved mantenga un ritmo ai limiti dell'umano, a partire dalla maledizione iniziale lanciata da Ihsahn, fino all'ultima nota, non solo di questo pezzo. "Maledetti voi, uomini che osteggiate il mio Impero, perché sono sorto ancora. In guerra, stavolta": già dal titolo e da questo verso in particolare possiamo capire il tema centrale nel pezzo, già ampiamente spiegato negli articoli precedenti. Una dichiarazione d'odio pronunciata nientemeno che dal demone supremo, quel Satana il quale si prepara ancora una volta a muovere guerra all'intero universo. Osteggiato e confinato nei meandri dell'oscurità, il principe delle tenebre spezza le sue catene e si prepara a riprendersi con la forza ciò che è sui. Non teme le armate avversarie ed anzi, è risorto ancora una volta per poterle sgominare. Sperando, per sempre. Guerra dichiarata, non resta altro da fare che combattere.

Thus Spake the Nightspirit
Rilasciato originariamente nel 1997 come terza canzone dell'album "Anthems to the Welkin at Dusk", "Thus Spake the Nightspirit (Così parlò lo spirito della notte)" è presto entrata a far parte di quei classici immortali degli Emperor. A pieno diritto, aggiungeremmo: infatti, i Nostri erano e sono soliti riproporla ad ogni esibizione dal vivo. Non poteva perciò mancare una grandiosa versione di questo pezzo anche su "Emperial Live Ceremony". Un brano che inizia con una maestosa intro strumentale la quale vede protagoniste, ancora una volta, tastiera e chitarra. L'atmosfera che si crea è piena di quell'epicità e quella magia degne di una vera e propria invocazione agli spiriti notturni, di un arcano rituale. La protagonista indiscussa della canzone è la tastiera, le cui parti sono state composte da Ihsahn e suonate da Charmand Grimloch in maniera impeccabile. Stando alla sua carriera musicale, infatti, Grimloch era la persona giusta a cui affidare l'esecuzione delle parti di keyboard, essendo lui il compositore di quelle melodie che hanno reso famosi i Tartaros nella scena black metal norvegese di fine anni 90, Tartaros che facevano delle orchestrazioni e delle melodie il loro punto di forza. La mezza citazione al filosofo tedesco Friedrich Nietzsche (Thus Spake Zarathustra era il titolo inglese della sua opera più famosa) contribuisce a dare al pezzo un'aria solenne, confermata appunto dalla costante presenza della tastiera, in questo caso portata in primo piano, e del coro finale che, anche dopo quasi vent'anni dall'uscita di "Anthems to the Welkin at Dusk" è capace di emozionare ancora tutti i fans. Il testo è forse uno dei più elaborati partoriti dagli Imperatori norvegesi: lo Spirito della Notte parla all'ascoltatore intimandolo a chiudere gli occhi ed osservare il mondo che lui svela, istruendolo anche su come arrivare a sfidare la morte. "Temi e fallirai, la debolezza soffoca la tua volontà. Osa, non hai mai fallito! La saggezza guida il prescelto, il valoroso che può sfidare la Morte". Si può leggere in questi versi un richiamo al Superuomo di Nietzsche, non a caso citato sia da noi sia dalla stessa band. Una figura, quella del "superuomo", particolarmente cara chiunque rinneghi od abbia rinnegato il concetto dogmatico di spirito, preferendo abbracciare una "fede" (o meglio un modo di vivere) che preveda l'esaltazione dell'individualità con istinti annessi e connessi, e non il trinceramento dietro un moralismo pedante e castrante. Il superuomo è infatti libero da ogni tipo d'obbligo o catena, sia essa di stampo morale o politico. Un uomo oltre la vita stessa, pura essenza e forza di volontà portata allo stadio perfetto. Una componente tipica di un certo tipo di filosofia anche LaVeyiana, se vogliamo; propria del cosiddetto satanismo spirituale, corrente che metteva l'uomo al centro dell'universo, preferendo rinunciare al dogmatismo giudaico cristiano. Il pezzo si conclude con un emozionante coro cantato in voce pulita:"Nightspirit, Nightspirtit.. Spiri,t Embrace My Soul! - Spirito della Notte, Spirito della Notte... Spirito, avvolgi la mia Anima". L'ultima invocazione all'entità vista come salvatrice, come protettrice d'arcane radici e tradizioni, contrapposta al severo e barbaro dio abramitico.

I Am the Black Wizards
Prossima in scaletta, quella della quale ci appropinquiamo ora a parlare non è solo una delle canzoni più conosciute e amate degli Emperor, ma una vera e propria pietra miliare del Black metal e di tutta la musica estrema. Originariamente rilasciata nel 1993 come opener dell'EP "Emperor", "I Am the Black Wizards (Io sono gli oscuri stregoni)" è apparsa poi ufficialmente come penultima traccia del monumentale album del 1994 "In the Nightside Eclipse", considerato universalmente tra i migliori dischi che il Black metal abbia saputo produrre. In questo pezzo, come in altri risalenti al primo periodo della carriera degli Emperor, vediamo accreditare la scrittura del testo a Mortiis, all'anagrafe Håvard Ellefsen, il primo bassista della band poi fuggito in Svezia dopo gli avvenimenti del 1993. Dopo aver spronato il pubblico a lanciarsi in un Headbang senza riserve, Ihsahn inizia a suonare un riff conosciuto e molto caro alle orecchie ed al cuore di tutti coloro che erano presenti quella sera. Tra i boati del pubblico in estasi, Trym Torson rallenta leggermente i ritmi alla batteria, per riproporre il modo di suonare di "Faust", colui che per primo aveva ricoperto quel ruolo nella band. Se in Thus Spake the Nightspirit la parte di tastiera era la vera protagonista del pezzo, in questa canzone ritorna a creare un sottofondo utile a creare un'atmosfera oscura, mentre le chitarre di Ihsahn e Samoth, si inseguono in riff veloci ma non troppo complessi, per raggiungere un climax verso la fine della traccia, dove i ritmi rallentano e i suoni da claustrofobici e taglienti prendono un tono più aperto e melodico, creando l'accompagnamento perfetto per una corta parte in cui Ihsahn parla, quasi come se stesse recitando, prima di tornare allo scream e terminare il pezzo. "I miei stregoni sono molti, e la loro essenza è mia. In Eterno staranno sui colli nelle loro pietrose case di dolore, perchè io sono lo spirito della loro esistenza. Io Sono Loro!". Un testo quantomeno criptico, a metà fra la tipica oscurità propria del Black Metal, del folklore e delle derive fantasy care ad un qualsiasi Varg Vikernes. Gli stregoni oscuri, figure particolari, custodi d'arcani segreti e di potenti incantesimi. Mostri e saggi al contempo, arroccati in castelli dimenticati dagli eoni. Il protagonista sembra voler assorbire il loro potere, assurgendo dunque a Re supremo dei maghi demoniaci. Quasi come egli si ritrovasse a tramutarsi nel Re Stregone di Angmar, capo supremo dei Nazgul, celeberrimi spettri dell'anello creati dalla penna di Tolkien. Il concetto sembra proprio ricondurci a ciò: una scuderia di figure tetre, pericolose, di nero ammantate. Ed un Re, un generale, capace di assorbire la loro forza e da essa trarre vantaggio per aumentare il suo potere.

An Elegy of Icaros
Arriviamo quindi al brano numero quattro, "An Elegy of Icaros (Un'Elegia di Icaro)", nonché forse la traccia meglio riuscita dell'allora nuovo album "IX Equilibrium". Durante i suoi sei minuti di durata, si alternano riff semplici e di forte impatto a parti di chitarra e tastiera molto più melodiche, accompagnate dal cantato molto vario di Ihsahn che alterna clean vocals al suo classico scream aspro e tagliente. Il pezzo è percorso da un'evidente influenza progressive, segno di quella che sarà la strada battuta dagli Emperor nella parte finale della loro carriera: i Norvegesi, infatti, daranno alle stampe ancora un album intitolato "Prometheus, The Discipline of Fire and Demise" nel 2001, un concept album di perfetto Progressive Black Metal. Dopo di esso, la band cesserà la sua attività in studio, ma i vari membri continueranno ad essere impegnati nei progetti solisti, quali "Ihsahn" dove l'ex frontman continuerà percorrendo la strada del Black metal progressivo o i "The Wretched End" dove il chitarrista Samoth suonerà un misto tra Black, Death e Thrash metal. Non sono cessate invece le esibizioni live della band, ci sono state fin ora tre reunions: 2006, 2014, in occasione del ventennale del loro primo album "In The Nightside Eclipse" e ne è prevista un'altra nel 2017 per celebrare i vent'anni di "Anthems to the Welkin At Dusk". Tornando alla canzone che stiamo analizzando, la versione live di An Elegy of Icaros pare giovare della registrazione dal vivo e dall'inusuale utilizzo delle clean vocals da parte di Ihsahn, espediente che di fatto trasforma intere strofe in malinconici lamenti funebri. Verrebbe quasi da dire che il pezzo renda di più su "Emperial Live Ceremony" che sull'album in studio. Il testo è, come prevedibile, dedicato alla figura di Icaro, eroe tragico della mitologia greca, morto sotto gli occhi del padre Dedalo, mentre cercava di fuggire dall'enorme labirinto fatto costruire da Minosse, mitico re di Creta, come nascondiglio per il suo terribile figlio deforme: il Minotauro. Icaro fabbrica col padre delle ali fatte di piume e cera, con queste riesce a volare fuori dal labirinto. Ma spinto dall'euforia, non tenne conto degli avvertimenti del padre, il quale lo intimò più volte a non volare troppo in alto, troppo vicino al Sole. Il calore della stella sciolse così le ali di cera ed Icaro cadde in mare, annegando. Gli Emperor omaggiano la sua figura in questo modo: "Icaro, io ti sfido, poiché io posseggo le ali della fede. Sebben grevi sulle mie spalle, nessun metro può stabilire il lor carico. Per me non rappresentan un fardello. Io sono lo sfidante della gravità". Testo ancora una volta criptico, nel quale ben non si capisce il ruolo che Icaro debba effettivamente avere, all'interno di una strana dissertazione circa la fede ed il credere in generale. Forse, le ali dell'eroe greco vengono viste come le ali dell'ingegno, capaci di trasportarci via, qualora decidessimo di abbandonare il cieco dogmatismo. Sebbene Icaro non abbia trovato fortuna, quanto meno il suo slancio viene apprezzato e dunque fatto assurgere come tentativo massimo di far trionfare la ragione sul pedissequo seguire un qualcuno od un qualcosa.

With Strenght i Burn
Metà raggiunta con "With Strenght i Burn (Con Forza io Brucio)". Ancora una traccia molto sinfonica e perfetta per essere suonata davanti ad una folla di fans in estasi, originariamente il brano era presente su "Anthems to the Welkin at Dusk" (1997). si inizia con un possente riff di Samoth, sostenuto dalla batteria (apparentemente non suonata da un essere umano) di Trym Torson. Con l'arrivo della parte cantata si uniscono anche le tastiere di Charmand Grimloch per creare un insieme sonoro molto evocativo e con una vena di epicità, favorita ancora una volta dall'uso di parti cantate in pulito da Ihsahn. Sicuramente, uno dei momenti più alti della canzone (forse dell'intero live, e che esalta anche chi sta scrivendo questa recensione) si ha quando, dopo una breve parte parlata (durante la quale, l'Astoria 2 sembra invaso da una calma surreale) la tastiera pian piano aumenta il tono; fino a quando, alla fine del breve discorso, viene raggiunta dagli altri strumenti e da un pezzo cantato dal signor Tveitan che, in quanto alla capacità di creare epicità e con la sua espressività vocale, potrebbe fare invidia anche al buon Quorthon (creatore e unico membro dei Bathory) in pieno periodo "Hammerheart". "With Strenght I Burn" è sicuramente uno dei pezzi più belli e sottovalutati presenti nel repertorio degli Imperatori norvegesi, canzone che ha veramente poco da invidiare alle classiche "Cosmic Keys to My Creation and Times", "Thus Spake the Nightspirit" o l' "Inno a Satana". Anche in questo caso, la trasposizione live del brano rende più che quella sul disco. Il testo, lungo ed introspettivo, sembra spaccarsi in due. Separato da una parte parlata, nella sua prima metà ci introduce ad un protagonista profondamente colpito da alcuni drammi interiori. L'uomo arriva a maledire la sua stessa carne, in quanto una dimensione troppo terrena lo costringe forse a non comprendere ciò che egli vorrebbe davvero scorgere, nell'infinità dell'universo. Divenire un tutt'uno con gli elementi, pura quintessenza. Eppure, non può, poiché ancora legato al mondo terreno in maniera indissolubile. Dopo il breve discorso, in cui il "narratore" ci informa del fatto che l'uomo è stato presumibilmente "rapito" da alcune entità, tutto cambia. Entrato in contatto con un qualcosa di incredibilmente superiore, il protagonista sembra avere un po' più di forza in sé. Ardendo dall'energia e dal vigore, pur ripensando alla sua condizione di mortale. Eppure, sa che la risposta ai suoi quesiti è lì vicina. E che presto la raggiungerà, senza alcun problema.

Sworn
Terza ed ultima traccia presente in scaletta proveniente da "IX Equilibrium", "Sworn (Devoto)" ha l'ingrato compito di precedere quello che, senza aver paura di esagerare, si può definire un gran finale. Il brano si apre quindi su ritmi che richiamano neanche troppo alla lontana un pezzo Death metal, mentre il tocco dell'Imperatore si riconosce con l'arrivo delle tastiere, delle parti di chitarra guidate e legate da melodie e, ovviamente, grazie allo scream inconfondibile ed inimitabile di Ihsahn. Un altro giro di chitarra tipicamente death divide in due la canzone, sostenuto da un potente blast di Trym, per poi introdurre l'unica, breve parte cantata in clean, intervallata dal medesimo riff, prima della scarica che porta alla conclusione del pezzo, forse il più anonimo dell'esibizione. E non ce ne sorprendiamo, vista la caratura del terzetto finale, il quale metterà a durissima prova (in senso buono) tutti gli ascoltatori: dai lì presenti a noi, decisamente "a posteriori" ma ugualmente emozionati come fossimo lì, in quel giorno, a quell'ora. "Così appare il vero Devoto. Per essere visto, per essere Temuto. Anche per non essere raggiunto". Inutile dire come il tema centrale del brano sia la devozione, naturalmente affatto intesa come un discorso da associarsi ad elementi catto-cristiani / ebraici, monoteisti in genere. Al contrario, gli Emperor distinguono il devoto come una figura fortemente sapiente, entrata in contatto con la vera conoscenza. Una persona in grado di abbandonare il corpo e viaggiare in quei reami ombrosi, ove tutto è perfetto e trascendentale rispetto all'immanenza puramente terrestre. Viene inoltre citata, spesso, l'importanza che assume la vista, in questo processo. Una vista non più considerata come solo "fisica" ma anche interiore. Dobbiamo avere quattro occhi: due "normali" e due interiori. Entrambi dovranno sommarsi e dar vita ad un unico, grande e perfetto sguardo. Il tutto in perfetta armonia, corpo e mente. Un equilibrio che ci aiuterà a raggiungere la devozione più totale. Stadio per pochi, che in tanti non eletti non potranno mai raggiungere.

Night of the Graveless Souls
Ho parlato prima di "Gran Finale": cosa potrebbe dare inizio ad un crescendo musicale di enorme portata se non un brano tratto dalla prima, storica, seminale, leggendaria demo del 1992 intitolata "Wrath of The Tyrant"? Parlando di una band come gli Emperor, semplicemente nulla. E' così che, dunque, i Nostri danno il via all'ultimo trittico con "Night of the Graveless Souls (Notte delle Anime senza Tomba)". Un assolo di batteria di Trym Torson che richiama vagamente quello che è presente all'inizio di Painkiller, title track dell'omonimo album dei britannici Judas Priest del 1990, introduce questa devastante esecuzione, una canzone la quale riporta l'ascoltatore ai tempi in cui Euronymous era ancora vivo ed aveva stabilito delle regole per la corrente musicale che lui stesso aveva creato: suoni grezzissimi, ruvidi, taglienti, portatori di tetano. Lo scream di Ihsahn torna ad essere acidissimo, spariscono le parti in voce pulita; il Male, Satana, torna in trionfo sul palco della A2 di Londra. Tra un riff affilato ed uno spettrale verso di un rituale, si può sentire la tastiera di Grimloch emergere dalla cacofonia generale con un motivo semplice, veloce ma che dona ancora più oscurità al pezzo. Questi elementi sinfonici in mezzo alla totale esaltazione del male in musica, sono stato il motivo principale dl successo degli Emperor nei primissimi anni 90. Il testo tratta un tema abbastanza diffuso e puerile come quello dei morti che tornano a vagare sulla terra per portare all'Inferno anime fresche. "Quando la notte giunge strisciando, oscure ombre senza pace sorgono. Preparati a correre per la tua vita o preparati a sparire. Notte delle Anime senza Tomba". Ci allontaniamo sensibilmente dalla complessità dei testi precedenti: niente più fantasie oscuro-tolkeniane e nemmen più riflessioni circa la vita. Tutto il contrario, anzi, un semplicissimo immaginario Horror tipico di un B-Movie pieno di zombie. Ed è questo lo scenario che gli Emperor dell'epoca volevano suscitare. Un gruppo ai suoi inizi, quello del pezzo in questione, il quale si ritrova con molta più esperienza e consapevolezza a parlarci di spettrali cacciatori notturni. La trama è già scritta: come nella saga dei Resuscitati Ciechi di Ossorio, i morti giungono a camminare fra di noi, per poterci condurre alla loro stessa, medesima condizione.

Inno A Satana
Ecco il climax della serata con la canzone più famosa, più maligna e più amata mai composta dagli Imperatori, un vero e proprio Inno al grande Signore dell'oscurità, la canzone simbolo della seconda ondata Black Metal, forse insieme a "Transilvanian Hunger" dei Darkthrone e "Dunkelheit" di Burzum: "Inno A Satana", il titolo che riassume appieno l'essenza del genere. Presente nell'album "In The Nightside Eclipse" del 1994, questa traccia è uno dei principali motivi per cui gli Emperor vengono definiti come gli emissari del male per eccellenza. Non è nemmeno terminata la precedente Night of the Graveless Souls, quando la batteria di Trym subisce un repentino cambio di ritmi. Il pezzo di chitarra con cui inizia la canzone è inconfondibile, rievoca quella che sembra una sinistra marcia trionfale, forse fu con quelle note pesanti, fredde, buie, che Lucifero venne accolto all'Inferno dopo la sua caduta. Il titolo non viene smentito da ciò che viene cantato da Ihsahn durante questi quattro minuti di estasi mistica: una continua lode, una sincera dichiarazione di fedeltà fluisce dalla sua bocca attraverso demoniache grida, mentre le chitarre eseguono passaggi distorti e dissonanti, la batteria è per la maggior parte della canzone impegnata in un blast beat spietato, rallenta solamente verso la metà della traccia, prima di riprendere il ritmo forsennato fino alla fine della stessa. Le tastiere si sentono poco ma si avvertono come contorno a tutto questo perfetto Satanismo musicale. Un pezzo inimitabile, unico, che, anche dopo più di vent'anni è capace di far rabbrividire chi lo ascolta, anche in un pomeriggio di metà Luglio, tanto è pregno di cattiveria e gelo nordico. Il finale "Inno A Satana" ripetuto in coro in lingua italiana, anche se la pronuncia non è esatta, resta un momento molto evocativo e emozionante da sentire dal vivo, non per nulla, alla fine della canzone, le circa mille presenze registrate al A2 sembrano in preda al delirio. "Per sempre sanguinerò per te, per sempre loderò il tuo temuto nome. Per sempre ti servirò e tu prevarrai in eterno. Inno A Satana!": nemmeno in questo caso, servirebbero poi troppe spiegazioni. Delle liriche semplici eppure cariche di mistico fervore, di arcana potenza. Un inno di devozione totale al signore delle Tenebre, al Re dei Dannati, all'Arcidemone. Siamo i suoi umili servitori, ed al grido di non Serviam abiuriamo la nostra precedente fede, qualsiasi essa fosse. Non abbiamo cuore ed anima che per il principe dell'Oscurità, il quale ci accetterà come suoi figli e ci terrà nel suo nero grembo, innalzandoci a suoi celebranti, conducendoci verso la gloria eterna. Rinneghiamo dio e la sua parola, diventiamo seguaci dell'unico, vero Imperatore.

Ye Entrancemperium
Il concerto si sarebbe forse dovuto concludere con l'esecuzione dell'Inno, era infatti già partita la versione orchestrale dello stesso, presente insieme a "In Longing Spirit" sull'EP "Reverence", che dal 1997 viene usata come chiusura delle esibizioni dal vivo. Tuttavia, gli Emperor hanno deciso di concedere un bis al pubblico di Londra, suonando questa "Ye Entrancemperium", seconda traccia dell'album "Anthems to the Welkin at Dusk" dove, il riff di apertura, grezzo, immediato e veloce, venne composto da nientemeno che Oystein Aarseth, in arte Euronymous, e regalato agli Emperor. La struttura della canzone è abbastanza semplice, fino a circa tre minuti dall'inizio, quando Ihsahn si esibisce in un veloce ed acuto assolo, prima di abbandonare momentaneamente lo scream e, come in tutti i pezzi estratti da Anthems, suonati durante questo concerto, cerca di rendere al massimo quelle due strofe che necessitano l'uso di clean vocals, ci riesce sempre, prima di ripartire con lo scream e esaurire gli ultimi versi, così come le ultime energie, prima di salutare, stavolta definitivamente il pubblico londinese e abbandonare il palco. Il testo torna sicuramente più complesso che nei precedenti episodi: ci viene infatti narrato di un viaggio iniziatico, di una sorta di rituale "transitorio", adatto a trasportare la nostra anima da un piano più immanente verso uno decisamente più trascendente. Sacrificando la nostra stessa essenza carnale, possiamo infatti varcare i cancelli di un reame ai più inedito e nascosto. Un regno in grado di pervaderci d'essenza divina, di trasformarci in esseri supremi e superiori, potenti quant'altri mai. L'estasi ci solleva, siamo in diretto contatto con elementi potentissimi. Possiamo volare, la nostra anima spiega oscure ali al cielo, le quali ci terranno a debita distanza dai suoli plebei. Planiamo unicamente sulla sacra terra, quella degna e capace di accogliere chi, come noi, ha avuto l'onore e la forza di penetrare in questo Impero della rivelazione.

Conclusioni
Tirando le definitive somme, "Emperial Live Ceremony" è un disco pressappoco perfetto, il quale non gode quasi mai di elementi di stanca (fatta eccezione per l'anonima "Sworn") e ci dona un gruppo al massimo delle sue forze. Poco da dire, se non che un live degli Emperor è assolutamente un'occasione alla quale presenziare. Sia fisicamente (sebbene le loro "epifanie" siano quantomeno rare e non alla geografica portata di tutti) sia "spiritualmente", ascoltando un disco di questo calibro. Un disco che riproduce fedelmente la cattiveria, la potenza ed il fascino di una band sin da sempre immersa in un banco di nebbia. Imprevedibili, misteriosi, crudeli e particolari. Questi sono i nostri norvegesi, i quali non mancano in questo "Emperial.." di mostrarsi in una delle loro innumerevoli facce. Quella live, nello specifico, risulta incredibilmente avvincente e coinvolgente. Uno dei loro tanti pregi risiede senza dubbio nella capacità di trasportare le loro atmosfere lugubri ed "esoteriche" soprattutto sul palcoscenico, facendo in modo che nessun brano risulti "meno" di quel ch'era già stato in sede di full-length. Anzi, come abbiamo avuto modo di vedere, non poche canzoni risultano addirittura più convincenti che nel formato LP. In quanto il palcoscenico ha permesso loro di emergere in maniera ancora più prepotente, di sfondare la quarta parete e di arrivarci dunque in forma d'energia e spirito totali. Un concerto degno d'essere ricordato, sicuramente per via del valore intrinseco dei brani proposti. Ma anche e soprattutto per via dell'atmosfera particolare, per l'energia, per le grandi capacità tecniche di un combo che ha saputo farsi valere, divorando il palcoscenico londinese track dopo track, senza mai cedere, senza mai mostrarsi debole, senza mai gettare la spugna. Un auditorio "devastato" e rapito, come tante menadi coinvolte in uno scatenato baccanale. Andando poi a parlare di dettagli più "tecnici", c'è anche da sottolineare il fatto che, dopo tutto, "Emperial.." sia stato effettivamente il primo live album ufficiale rilasciato dagli Emperor nella loro carriera. Le possibilità di deludere c'erano ed erano ampie, come sempre quando ci si appresta a realizzare un qualcosa di ancora "inedito" o mai provato prima. Ma come abbiamo notato, le eventualissime nubi nere dell'incertezza sono state soppiantate.. anzi, distrutte da una performance incredibile. Del resto, è difficile dire se gli Imperatori abbiano mai sbagliato qualcosa in più di vent'anni di presenza sulla scena Black metal, seppur con qualche pausa. Se quel qualcosa esiste, sicuramente non è questo il caso. Se avete la possibilità, se siete servi leali dell'Imperatore o se volete avere l'unica testimonianza di un Ihsahn pelato, vi consiglio vivamente l'acquisto del DVD o del CD, anche se quest'ultimo credo sia reperibile solo più nei negozi dell'usato o in fondo a qualche magazzino, che in uno shop "canonico". Qualitativamente parlando, "Emperial.." risulta inferiore solo al Live a Wacken 2006. Voto 8. Sempre dalla parte del Capro!

2) Thus Spake the Nightspirit
3) I Am the Black Wizards
4) An Elegy of Icaros
5) With Strenght i Burn
6) Sworn
7) Night of the Graveless Souls
8) Inno A Satana
9) Ye Entrancemperium


