THE 69 EYES
Universal Monsters
2016 - Nuclear Blast
SANDRO NEMESI PISTOLESI
18/05/2016
Introduzione Recensione
Dopo un lungo e preoccupante letargo durato quasi quattro anni, passato in comode bare in pregiato legno e rifinite in zinco, messe a dimora nelle gelide lande finlandesi, tornano dal mondo dei morti i The 69 Eyes, insieme agli HIM una delle poche band che sono riuscite dare un sostanzioso seguito alla loro carriera, dopo la rigogliosa germogliazione di band gothic rock esplosa in Finlandia, intorno agli anni 90. Purtroppo, molte band dell'oscuro movimento finlandese, si sono perse nel corso del tempo, comprese quelle più interessanti, come ad esempio i Sentenced, ormai scioltisi da un paio di lustri dopo la morte del proprio leader. Altre invece, come gli Entwine e i To/Die/For (fra le mie preferite NDR), sono resuscitate proprio ultimamente, dopo un lunghissimo periodo di silenzio che ci faceva pensare ad una loro estinzione. I Vampiri di Helsinki, oltre a pubblicare album con una cadenza media di due anni, sono stati costanti anche nella formazione, infatti, fatta eccezione dei primi due perduti e dimenticati EP, dal 1992, una volta completata la line up con il nuovo batterista Jussi 69, i nostri hanno mantenuto inalterata la formazione fino ad i giorni nostri. Padre fondatore e leader indiscusso dei The 69 Eyes è l'oscuro e vampiresco frontman Jyrki 69, coadiuvato dai due axeman Timo-Timo e Bazie i cui taglienti riff non dimenticano mai l'anima rock'n'roll della band e dal tellurico bassista Archzie. I nostri usano dei nickname, che ad alcuni potrebbero sembrare infantili, perlomeno è quello che talvolta mi è capitato di leggere in rete da qualche "critico musicale" di turno, ma la mie sindacabile idea è che i nickname sono stati creati per una ragione prettamente logistica. Per farvi un esempio, il nostro beneamato Jyrki 69, alla anagrafe suona come "Jyrki Pekka Emil Linnankivi". Per quanto riguarda il curioso nome, le origini si perdono nella notte dei tempi, una leggenda, forse metropolitana, narra che i nostri videro la scritta "The 69 Eyes" su un muro, e decisero di adottarla come nome della band, senza saperne neanche lontanamente il significato, mentre un'altra leggenda dice che era il nome di una band di amici, estinta ancor prima di nascere, di cui era rimasto solo il nome. Comunque sia, si tratta di due parole forti, l'occhio è dagli inizi della storia del genere umano che ha avuto sempre un significato particolare, mentre il 69 ?. Fatto sta, che insieme suonano veramente bene, diventando insieme al font a tinte horror un moniker vincente. Ma a onor del vero, i Vampiri di Helsinki non sono nati proprio come una band di gothic rock. Agli inizi della loro carriera, per ben tre album, fra il 1992 ed il 1995, i nostri ci proponevano un glam rock con venature punk, che strizzava l'occhio agli Hanoi Rocks. L'oscura mutazione ha inizio nel 1997, con l'album "Wrap Your Troubles in Dreams", ma è due anni più tardi, con l'ormai mitico "Wasting the Dawn", che i nostri mettevano definitivamente dietro le spalle l'era glam, in virtù di un nuovo ed oscuro sound gotico ed una sviscerata passione per la letteratura horror, in particolare quella vampiresca. La voce di Jyrki abbandona il graffiante stele street rock in virtù di un oscuro cantato baritonale ispirato a due icone come Peter Steele (R.I.P.) e Glen Danzig, tanto da far pensare che a cantare non fosse la stessa persona. A cavallo fra il 1999 ed il 2000, quando il millennium bug terrorizzava tutti gli amanti della tecnologia, i nostri iniziano una redditizia e duratura collaborazione con il produttore Johnny Lee Michaels, che riuscì ad integrarsi meravigliosamente con l'oscuro combo scandinavo, tanto da diventare il sesto vampiro della band, e dando una mano con le parti di tastiera. Nel 2000, pubblicano il capolavoro "Blessed Be album con i quale i nostri definiscono in maniera cristallina la loro nuova direzione musicale, che mira verso oscuri lidi gothic rock. Da qui in avanti, i nostri hanno sfornato una serie di ottimi lavori, come il successivo "Paris Kills" (2002) altra pietra miliare del gothic rock e la micidiale accoppiata "Devils" (2004) e "Angels" (2007), distribuiti dalla blasonata Virgin Records, che permette ai nostri di affermarsi anche nel Nuovo Continente. Solo nel 2009, con l'album "Back in Blood" grazie al produttore americano Matt Hyde, i nostri riscoprono in parte le acide e frizzanti sonorità street rock degli esordi, mixandole però in maniera esemplare con le oscure e malinconiche trame del gothic rock finlandese, dando vita all'ennesimo album di ottima fattura. Nel 2012, i nostri tagliano il prestigioso traguardo dell'album numero 10, pubblicando "X", che sancisce un ritorno verso le melanconiche sonorità del periodo d'oro. Ora, a 44 mesi di distanza, grazie alla strabiliante efficienza di "Amazon Prime", ho fra le mani "Universal Monsters", album numero undici, e che vede il ritorno di Johnny Lee Michaels, il quale oltre a riportare l'oscuro sound del periodo d'oro, torna ad occupare la sesta bara dei Vampiri Di Helsinki, suonando le tastiere sul platter. I nostri tornano a collaborare anche con il fotografo nonché vecchio amico Ville Juurikkala, che cerca di riportare con spartane ma affascinanti fotografie in bianco e nero e oscuri videoclip, l'inimitabile fascino dei vecchi film horror degli anni '40, che ben si sposa con le tenebrose trame musicali dei Vampiri Di Helsinki. E' giunta l'ora di inserire l'oscuro CD nel nostro lettore e di andare ad ascoltare questi 46:50 minuti di puro e schietto Goth 'n' Roll.
Dolce Vita
Si parte con il secondo singolo estratto dall'album, "Dolce Vita", brano ammaliante, con cui i nostri esternano tutta l'ammirazione nei confronti del Bel Paese. L'idea è nata a Giugno del 2015, quando Jyrki, in vacanza a Roma, ha registrato il suono delle campane del Vaticano a mezzogiorno. Il nostro è anche un grande fan di Paolo Sorrentino e della pellicola "La Grande Bellezza", oltre che naturalmente de "La Dolce Vita" di Federico Fellini, pellicola dalla quale ha preso spunto per il titolo, ma non per le liriche. Quando Jyrki canta "Dolce Vita Baby", si riferisce alla vita delle belle ragazze degli anni '60 che dopo essere scese da auto scintillanti, attraversavano Via Veneto tra i flash dei paparazzi, ammaliando i ricconi con minigonne mozzafiato, quelle le ragazze che vivevano una vita mondana, tra feste, divertimenti, posti lussuosi e i giochi proibiti dell'alta borghesia. In un certo senso, nel brano finiscono anche le ragazze di oggi che amano fare "La Dolce Vita", cercando di accaparrarsi il riccone di turno, puntando su dei look mozzafiato. In passato, la Città Eterna viene citata anche nella hit "Gothic Girl" brano ispirato da una fans conosciuta durante un tour in Italia, infine, la foto del back di copertina dell'album "Wasting the Dawn" è stata scattata presso il Cimitero Del Verano di Roma. Bazie è sempre stato un fan di Metallica e Motorhead, è stavolta è riuscito a strappare un riff grintoso e duro, di pura matrice metal, con il quale ci sorprende spazzando via i festosi rintocchi delle campane del vaticano ed i caotici rumori del traffico. Timo Timo risponde per le rime, con un altrettanto aggressivo riff. Le due chitarre dialogano passando da un canale all'altro. Jussi 69 folleggia sulle pelli, prima di irrompere con un potente 4/4, accompagnato dal fragoroso basso di Archie. Dopo questa potente introduzione, un accordo in fader annuncia la strofa, dove grazie alla tenebrosa voce di Jyrki e i classici fraseggi delle sei corde di Lostboysiane memorie, iniziamo a riconoscere il caratteristico sound Goth'n'Roll dei nostri. A riempire gli spazi compare un oscuro pad di tastiera, ma quello che ci colpisce è la linea vocale, con una metrica studiata a tavolino, ed un suggestivo sustain che rimarca le lettere aspre pronunciate in maniera profonda dal Signore della Tenebre. Nel bridge le chitarre prendono il sopravvento, portandoci dritti verso il melodico ritornello, che si stampa immediatamente nella nostra mente. Un martellante pianoforte si attorciglia ai riff delle chitarre, valorizzando l'ammaliante linea vocale. Breve break strumentale che ci ripropone l'energico riff di aperture e ritorna la strofa, dove spicca un sorprendente "Bongiorno Rome, Buonanotte Bangkok", recitato in maniera soddisfacente nella nostra amata e complicata lingua. Il bridge tira nuovamente su il brano, aprendo le porte all'inciso, che siamo già in grado di ricanticchiare, seguendo le orme del tenebroso Jyrki. E' il turno dell'assolo di chitarra, di puro stampo hard rock, spigoloso e melodico allo stesso tempo, appesantito dal potente unisono fra il basso e la chitarra ritmica. Sul finale i nostri rallentano i BPM annunciando lo special che vede protagonista Johnny Lee Michaels. Il pianoforte e le spaziali trame della tastiera creano un oscuro limbo, dal quale emerge la tenebrosa voce baritonale di Jyrki 69, accerchiato da oscuri echi effettati, che giocano intorno alle frasi più significative della strofa. Jussi ritma con fragorosi colpi sul charleston, Archie si fa notare con affilati e pungenti fraseggi del basso. Con un bel climax, i nostri fanno rinascere il brillante inciso, annunciato da un profondo glissato del basso e ravvivato da sottili cori. L'inciso funziona, i nostri lo sanno e ci concedono il bis, salutandoci poi con i calorosi rintocchi delle campane che suonano a festa. Se qualcuno aveva dei dubbi riguardo i Vampiri Di Helsinki, i nostri li spazzano via brutalmente, con un brano grintoso e melodico allo stesso tempo, con la parte lirica studiata attentamente perché ci possa entrare con facilità nella mente, rimanendoci a lungo. Brano destinato a diventare un nuovo classico dei The 69 Eyes.
Jet Fighter Plane
I Tenebrosi Rocker Scandinavi, decidono di giocare subito tutte le loro carte migliori, e ci attaccano con il primo singolo estratto dall'album, "Jet Fighter Plane (Aereo Jet Fighter)" uscito in anteprima il 15 Gennaio 2016 per promuovere l'album, vista la natura melodica. Nel brano emergono affascinati e frizzanti atmosfere anni '80. Dopo un metallico messaggio via radio partito da una torre di controllo, Bazie spara un melodico riff di chitarra, armonizzato da profondi accordi di basso. Jussi percuote con energia il charleston, mentre continuano i disturbanti messaggi via radio. Timo Timo segue all'unisono il basso, con potenti accordi distorti, mentre si materializza un vetusto tappeto di organo. Con classe, Jussi apre i cancelli ad un melodico e ridondante riff di pianoforte che entra prepotentemente nella nostra mente come il più orecchiabile degli incisi. A rendere ancora più ammaliante queste primi secondi di brano, sopraggiungono simpatici cori dal piacevole gusto retrò. Questo sarà il tema portante del brano, che incontreremo più volte a fare da collante fra strofe e ritornelli. Il classico accordo distorto in fader annuncia l'arrivo della strofa, dove emerge il basso tellurico di Archzie. Bazie tesse un'intricata e sottilissima ragnatela di note, Timo armonizza con blandi accordi arpeggiati ricreando l'habitat ideale per l'ammaliante linea vocale con cui ci conquista immediatamente Jyrki. Una scolastica scala all'unisono spezza in due la strofa, che continua il suo cammino verso l'inciso, annunciato da un vigoroso filler di batteria. Lo squillante incedere del piattello dona una spruzzata di luce sul melodico ritornello, fra le trame degli strumenti a corda emerge un ammaliante dialogo fra Jyrki ed un simpatico coro d'altri tempi. Ritorna la strofa, fra i migliori momenti del platter, seguita a ruota dall'anthemico inciso. Come un ciclone irrompe Johnny Lee Michaels, con il melodico riff di pianoforte sentito nei primi secondi del brano, che va ad intrecciarsi con i coretti dal piacevole retrogusto ottantiano, urlato ai quattro venti dagli adepti dei Vampiri Di Helsinki. Arriva lo special, il pianoforte ci colpisce salendo di un tono, armonizzato da potenti accordi distorti. Con grinta il Vampiro di Helsinki annuncia l'assolo di chitarra. Le melodiche trame di Bazie sono di quelle che ti invitano a suonare una chitarra immaginaria. A seguire uno scorcio di strofa in versione drum&bass, poi una prolungata corsa sulle pelli ci riporta verso l'inciso, che ancora una volta si fonde con le azzeccatissime trame del pianoforte. In conclusione ritorna anche il bellissimo special, che lentamente fa estinguere il brano, lasciando il campo al rumore di un aereo che si allontana verso una destinazione sconosciuta. Jet Fighter è un termine per indicare la costante mutazione degli aerei da guerra, alla ricerca della macchina perfetta. Il riferimento più lampante va al periodo della guerra fredda, argomento preso di mira dal Paroliere Tenebroso. Con l'espressione guerra fredda si indica la contrapposizione politica, ideologica e militare che venne a crearsi intorno al 1947 tra le due potenze principali emerse vincitrici dalla seconda guerra mondiale: gli Stati Uniti d'America e l'Unione Sovietica e che inevitabilmente si allargò a macchia d'olio per tutto il resto del globo. Guerra che per fortuna non è mai esplosa. Vista l'enorme potenza nucleare di entrambe le fazioni, una terza guerra mondiale avrebbe potuto radere al suolo l'intero Pianeta. La guerra fredda si basava su una competizione nei campi militari, spaziali e tecnologici, influenzando anche le ideologie, la psicologia ed addirittura le competizioni sportive. Una guerra di nervi alla ricerca dell'arma migliore, dove a fare la differenza erano le subdole spie infiltrate su entrambi i fronti, a cui era affidato il compito di rubare le idee migliori. Jyrki nelle prime strofe canta che "ci vuole un ladro per catturare un ladro", frase semplice quanto significativa per far capire la vera politica della guerra fredda. I governi delle due potenze mondiali, raccoglievano soldati e spie, sgretolando lentamente il Mondo. Ufficialmente, la guerra fredda si è dichiarata conclusa con la caduta del Muro di Berlino e con la successiva scissione dell'Unione Sovietica nel 1991, ma ne siamo proprio sicuri? Altro brano vincente, destinato ad entrare nel cuore dei fans e obbligatoriamente nelle scalette live, brano dove i nostri mixano perfettamente le loro classiche sonorità Goth'n'Roll con frizzanti spruzzate di anni '80.
Blackbird Pie
Andando avanti incontriamo "Blackbird Pie (Torta Di Merli)", una riuscitissima escursione verso sonorità sperimentali ed esotiche, con arrangiamenti ricercati e raffinati, un vero suicidio commerciale secondo Jyrki, una delle migliori canzoni del platter per chi scrive. Bazie apre con un ridondante e melanconico tema di chitarra, accompagnato dallo sferragliante strumming acustico di Timo Timo e armonizzato da potenti pennate del basso che si spostano sulle toniche. A spruzzare un po' di verve, arrivano potenti accordi distorti, che seguono all'unisono le note del basso. Dopo questa epica introduzione, arriva la strofa, l'oscura voce baritonale di Jyrki riecheggia nelle nostre orecchie, facendosi largo fra le trame delle chitarre, mentre Jussi si diverte, picchiando come un matto sulle pelli. Dopo alcuni passaggi della trascinante strofa, con classe un paio di accordi distorti vanno ad aprire le porte all'inciso. Epiche fiammate di tastiera si fondono con le trame delle chitarre, il Vampiro di Helsinki ci conquista con una trascinante linea vocale in modalità scioglilingua, che ci invita ad alzare il pugno a tempo di musica. Dopo un break strumentale che evidenzia il potente riff portante, ritorna la strofa, arricchita da pompose trame di tastiera. L'effimero bridge stavolta viene colorato da una celestiale armonia vocale, che ci riporta dritti verso l'inciso, anch'esso impreziosito da cori e contro canti dal piacevole retrogusto gospel. Breve stacco all'unisono del riff portante, e poi al minuto 02.32, sulla dissolvenza di un accordo distorto all'unisono, i nostri ci portano all'interno di un affascinante villaggio Navajo, con i dolci sospiri dei flauti tipici dei nativi americani. Uno struggente tappeto di tastiera accompagna la vera sorpresa dell'album, un emozionante assolo con la chitarra acustica, una vera e propria novità per i Vampiri di Helsinki. Le chitarre intrecciano le loro trame acustiche, Jussi percuote sui tom, rievocando una ritmica tribale. Le trame orchestrali si fanno più vivaci, creando un magico intreccio con il melanconico assolo di chitarra acustica. Brividi. Un paio di potenti accordi distorti aprono i cancelli al ritorno dell'inciso, dove fra le sinfonie della tastiera emergono emozionanti cori e controcanti. Dopo una seconda dose di ritornello, un grintoso break con le chitarre che si intrecciano con le fiammate dei violini ci porta verso l'ennesimo cambio, una vera e propria babele di accordi, riff, cori, controcanti e acide trame di assolo, che ci accompagna verso il finale, dove i nostri ci sorprendono ancora con un suggestivo intreccio vocale a cappella, accompagnato da un sostenuto battito di mani, andando a rievocare le colorite atmosfere gospel. Se le trame musicali sono una innovativa escursione verso lidi sperimentali, le liriche non sono da meno.
Sing a Song of Six Pence
Quel genio di Jyrki si è liberamente ispirato ad una vecchia filastrocca inglese intitolata "Sing a Song of Six Pence (Canta Una Canzone Per Sei Pence)", le cui origine si perdono nella notte dei tempi. Pare che risalga al 18° secolo, qualcuno ha trovato lampanti riferimenti nella Dodicesima Notte di Shakespeare e nel Bonduca di Beaumont e Fletcher. In passato, fu attribuita a George Steevens, anche se alcuni versi sono stati riscontrati nel Pretty Song Book, di Tommy Thumb (1744). Come tutte le antiche filastrocche, questa non è da meno ed è di difficile interpretazione, con alcuni passaggi che apparentemente possono sembrare senza senso (vogliano parlare delle "tre civette sul comò?"). Comunque sia, pare che nel lontano 1549, ci fosse un ricettario italiano, che conteneva una bizzarra ricetta, che prevedeva uccelli vivi all'interno di una torta, uccelli che in qualche maniera sopravvivevano e volavano liberi in cielo dopo il taglio dell'insolita dolce, suscitando un suggestivo effetto di sorpresa per i commensali. Un'altra teoria è quella che sposa una serie di eventi storici, dove la Regina simboleggia la Luna ed il Re il Sole mentre i merli erano un'allusione ai monaci. Per quanto riguarda la manciata di segale, pare fosse un'unità di misura. Lasciando inalterata gran parte dei versi, Jyrki 69 ne ha fatta una versione gotica, con un oscuro Re delle Tenebre e un'affascinate Regina della Notte, finendo con un escursione prettamente horror che vede il merlo beccare un occhio. Con astuzia, il nostro nel ritornello, ha mantenuto inalterato l'ammaliante frase "Sing a Song for Six Pence (Canta Una Canzone Per Sei Pence)", che si stampa immediatamente nella mente dell'ascoltatore. Per i più curiosi, la suddetta filastrocca potete trovarla al numero 13191 nel "Roud Folk Song Index" un affascinante ed impegnativo database che raccoglie canzoni popolari da tutto il mondo.
Lady Darkness
Dopo un micidiale trittico iniziale, andiamo a scoprire la successiva "Lady Darkness (Donna Dell'Oscurità)", aperta da una vecchia drum machine dal suono piatto e freddo, seguita da un acido riff di chitarra di puro stampo rock'n roll. L'ingresso di Jussi spazza via la batteria elettronica, seguito da Archie che si fa notare con un brillante giro di basso, in contemporanea si paventa anche un brioso pianoforte che ricorda molto da vicino quello apprezzato nella seconda traccia del platter. L'impatto sonoro è di quelli che ti fanno pensare "che groove!" Dopo questa versione strumentale del ritornello, da un accordo distorto in fader nasce la strofa, dove si materializza un vetusto tappeto di organo. Gli acidi accordi stoppati sparati dalle chitarre mettono in evidenza un trascinante ed articolato giro di basso, che da solo tiene in piedi il pezzo, spianando la strana alla profonda voce baritonale di Jyrki. Nel bridge, le chitarre si fanno più presenti e ci portano dritte verso l'inciso. Jyrki viene affiancato da coro che canta il titolo del brano, mentre Johnny Lee Michaels prosegue la sua preziosa opera di intarsi con il pianoforte. Ritorna la strofa, le cui atmosfere rock'n roll ci invitano a battere il tempo sulla prima superfice piana disponibile, seguendo l'articolato giro di basso. Ritornano il bridge e l'inciso, che ormai riecheggia nella nostra mente, seguito da un grintoso special. Il cambio di tono attira la nostra attenzione, chitarre e pianoforte viaggiano sulla stessa onda, mentre il basso continua a ruggire. Con una grintosa corsa sul rullante, Jussi annuncia l'assolo di chitarra, curato nei minimi particolari, di quelli che ti entrano subito in testa. Si ritorna alla strofa, che quasi subito cede il campo al bridge, che stavolta va ad annunciare un importante cambio di atmosfera. Organo e pianoforte sono i protagonisti assoluti, ritorna anche la fredda drum machine, mentre la voce effettata di Jyrki che recita l'inciso, sembra provenire da una vecchia radio degli anni 50, come del resto i fraseggi di chitarra che timidamente iniziano a farsi avanti. Con un a potente rullata, Jussi ci riporta dritti verso il melodico inciso nella che si paventa nella sua veste tradizionale, accompagnandoci verso il brusco finale. Le liriche del brano sono state ispirate da un appuntamento del Tenebroso Dongiovanni con due avvenenti bariste di New York, a cui dedica romanticamente il brano, ma naturalmente la Lady Darkness in questione è la Grande Mietitrice. Rievocando forse involontariamente il nostro Dylan Dog, Jyrki tenta di rimandare l'appuntamento con la Morte ad un'altra data da destinarsi, ha ancora tanto da dare e da ricevere, è desideroso di rimanere in vita ancora a lungo, nonostante ami vivere nell'oscurità, da buon vecchio "vampiro" vuole rimanere sulla Terra per molto altro tempo. Dopo una serie di riempitive licenze poetiche, il nostro, con estrema galanteria, offre un drink alla Signora delle Tenebre e manda in bianco l'appuntamento. E' ancora troppo presto, questa sera non può andare a casa con lei.
Miss Pastis
Anche la successiva "Miss Pastis (Signora Pastis)" è dedicata ad una delle tante storie amorose passeggiere del Tenebroso Amante di Helsinki. Dopo essere stato a Tolosa, era desideroso di visitare Marsiglia, un'altra città che come Roma e New York ha lasciato un profondo segno nel cuore di Jyrki. Durante un fine settimana di agosto, conobbe una bellezza mozzafiato locale, con dei tacchi lunghissimi inversamente proporzionali alla vertiginosa minigonna. Insieme bevvero del "Pastis", liquore a base di anice tipico della citta di Marsiglia, vero e proprio simbolo di vita dei marsigliesi. Il Pastis nasce nel 1916, quando in Francia fu proibito l'assenzio. I maggiori produttori della "Fata Verde", Pernod e Ricard, che successivamente si fusero nella Pernod Ricard, riformularono le loro ricette aggiungendo zucchero e riducendo il contenuto di alcool, dando vita al liquore simbolo della città focese. Forse per una esecrabile dimenticanza del nome, forse per un piacevole ricordo del liquore all'anice, il nostro ha ribattezzato l'avvenente ragazza "Miss Pastis", dedicandole il brano, ricordando nostalgicamente la piacevole serata passata insieme, finita poi come doveva finire. Il brano inizia con i rumori di un party, dove si bevono aperitivi e si ride in compagnia, poi, all'improvviso irrompe un travolgente impatto sonoro in pieno stile cyberpunk, che inevitabilmente ci ricorda molto da vicino il Billy Idol dei tempi d'oro. A spruzzare un'ulteriore ventata dei nostalgici anni '80, ci si mette Johnny Lee Michaels, sparando uno spaziale riff con il synth. Nella strofa, le chitarre si ammutoliscono, lasciando il campo al basso tellurico di Archie che ci martella prepotentemente insieme al 4/4 mozzafiato di Jussi. Le chitarre tornano a ruggire nel bridge, intervallato dl riff cyberpunk dell'introduzione. Anche l'inciso rievoca fortemente le frizzanti sonorità degli anni '80, con un martellante e robotico riff di tastiera e dove stavolta i nostri omaggiano i cugini transalpini, con un insolito coro che recita "Salut Ca Va (Ciao Come va)". A fare da ponte con la strofa, torna lo spaziale riff di tastiera ottantiano, che dopo aver portato una ventata di brio, lascia il campo alla martellante orda di sedicesime sparate da Archie, che torna ad esser protagonista nella strofa, dove emergono nostalgici ricami elettronici. Ritorna il bridge, che va ad aprire nuovamente le porte al ritornello cantato in francese, seguito da un interludio strumentale dove si cambia in maniera radicale l'atmosfera. Johnny Lee Michaels stende un insolito tappeto di fisarmonica, che accompagna dei suggestivi fraseggi di chitarra dal piacevole retrogusto Old Texas, ai quali successivamente si intrecciano pungenti ricami di basso, annunciando una squillante tastiera Simonettiana, che va ad intrecciarsi con inquietanti frasi parlate. Arriva l'assolo di chitarra, anch'esso in un acido stile cyberpunk, seguito dal travolgente unisono dell'introduzione che ci riporta dritti verso il ritornello, riproposto in loop fino all'epilogo, con alcune variazioni strumentali e vocali.
Shallow Graves
Dopo un insolito (per i The 69 Eyes) brano, la tappa successiva è "Shallow Graves (Tombe Superficiali)", brano deve i nostri ostentano tutto il loro amore verso l'oscuro e affascinante mondo dell'horror. Una incessante pioggia ed il sinistro gracchiare dei corvi che volteggiano nel cielo plumbeo, sono la lugubre colonna sonora alle tristi operazione di sepoltura. Dopo qualche secondo, si materializza un melanconico arpeggio di chitarra, ricamato da tetri intarsi di tastiera. Il becchino, sotto l'incessante pioggia, continua il suo mero lavoro, sempre accompagnato dall'inquietante lamento dei neri volatili dalla fama malaugurante. Successivamente, il tema viene ripreso dalle chitarre distorte, generando un potente riff che vagamente ricorda quello di "Angels", che insieme ai duri colpi inferti sul drum set e al fragoroso basso che riecheggia, va a generare un sinistro e cattivo impatto sonoro. Nella strofa le chitarre sparano graffianti riff ad intervalli regolari, lasciando il campo al fragoroso basso di Archie. Jyrki interpreta magistralmente le prime strofe con una inquietante linea vocale che si lascia dietro una scia di terrore. Nel bridge le chitarre tornano a dominare, aprendo le porte all'inciso, dove spicca un coro grottesco, ricamato dalle taglienti trame delle chitarre e del pianoforte, mentre la granitica sezione ritmica continua a martellarci le orecchie. Breve break strumentale con il riff portante in evidenza e ritorna la strofa a diffondere terrore. Dopo l'effimero bridge, ritroviamo l'anthemico inciso, che stavolta ci vien riproposto due volte, per poi lasciare lo spazio ad un lancinante assolo di chitarra. La chitarra continua a lamentarsi fino allo special, dove spicca uno scolastico cambio di tono che tira su il brano. Nel vorticoso intreccio di tastiere e pianoforte, emergono taglienti fraseggi di basso, Jyrki, con una line vocale ammonente ci porta dritti verso un oscuro limbo strumentale. Dai potenti accordi di chitarra in fader emergono i tetri rintocchi delle campane che suonano a morto, mentre i corvi con il loro inquietante gracchio, portano cattivi messaggi, continuando la triste colonna sonora alle ultime operazioni di sepoltura. La chitarra ripropone l'enigmatico tema portante sentito nelle prime battute, una prolungata corsa sulle pelli apre i cancelli al sepolcrale ritornello, presentato in un ultima duplice dose, dove un sinistro lamento della sei corde va ad intrecciarsi con il grottesco coro. Dopo un terrificante loop del riff portante si sfuma verso l'epilogo. La pioggia si fa più incessante, come il tetro gracchiare dei corvi, che insieme ad un melanconico pad di tastiera va a comporre la colonna sonora che accompagna le ultime operazioni del becchino. Le tombe in superfice non sono altre che le nostre case, che con il sudore ed il sacrificio ci costruiamo, aspettando che la morte lentamente si avvicini, portandoci in una seconda tomba, quella definitiva. Mentre i granelli di sabbia riempiono inesorabilmente la clessidra, noi continuiamo avidamente a vivere nelle nostre tombe in superfice. Jyrki si supera con un intelligente sillogismo, andando a scomodare addirittura Lewis Carroll, paragonando la morte alla figura del coniglio bianco, che nella retorica moderna sta ad indicare un evento inaspettato che porta alla comprensione di una nuova realtà e che scardina in un sol colpo le convinzioni di una vita, come la morte in un sol colpo, distrugge tutto quello che abbiamo costruito.
Jerusalem
Siamo finalmente arrivati a "Jerusalem", che dopo un prolungato ascolto del platter, si è rivelato il mio brano preferito, vincendo la corsa sul filo del rasoio, brano che sarà il terzo singolo estratto dall'album. Accompagnato da una martellante e pompante ritmica industrial, Johnny Lee Michaels ci cattura con un ammaliante tema di tastiera che si imprime prepotentemente nel nostro cervello, riecheggiandoci a lungo. Durante un'intervista, Jyrki ha dichiarato che il brano sin dai primi ascolti, ha rievocato le magiche atmosfere del medio oriente, tanto da recarsi nella suggestiva città di Gerusalemme, in modo da trarre ispirazioni per le liriche e per gli arrangiamenti. A me invece, sin dalle prime note, il tema di tastiera ha provocato un forte senso di déjà-vu, ricordandomi la sigla di un vecchio telefilm britannico degli anni settanta, "Attenti A quei Due", con le icone Roger Moore e Tony Curtis. Il telefilm, divenne celebre anche per il main theme, uno dei più famosi e riconoscibili della storia televisiva mondiale, composto da John Barry, già autore delle colonne sonore dei film di James Bond. Il compositore britannico utilizzò il "Qanun" o "Kanun", uno strumento cordofono a 78 corde, tipico della tradizione musicale araba, rarissimo in Europa. Consiste in una cetra trapezoidale, con numerosi cori di corde tesi su un piano armonico di pergamena, le corde vengono pizzicate tramite due grossi plettri di corno, conferendo le classiche sonorità della musica araba. Col tempo, in seguito ad antiche leggende, il Qanun è diventato uno strumento sacro. Ma dopo questa dovuta divagazione, ritorniamo al melodico tema di tastiera, che dopo circa mezzo minuto lascia il campo alla strofa. Le chitarre si fanno ancora da parte, lasciando tutto nelle mani di Johnny Lee Michaels che appoggiandosi sulla pompante ritmica crea un avvolgente atmosfera dai sentori elettronici dove riecheggia l'oscuro verbo di Jyrki, che confeziona un'epica linea vocale, l'ennesima vincente. Le chitarre sparano stanchi lamenti nel bridge, dove emerge ancora una volta Jyrki, portandoci con una ammonente linea vocale verso il potente inciso, dove finalmente sono le chitarre a farla da padrone, con un energico riff che ricorda i frammenti più duri di "Dawn's Highway". Ritorna l'ammaliante tema arabeggiante dell'introduzione, un vero e proprio inciso strumentale, di quelli che dopo il primo ascolto inizi a fischiettare, seguito dall'avvolgente strofa e dall'epico bridge, che apre nuovamente i cancelli al ritornello. Jyrki segue meticolosamente la strada mostrata dalle chitarre, fino al ritorno dell'arabeggiante tema portante di tastiera. Johnny Lee Michaels ruba la scena con un importante salto di tono, seguito passo per passo dalle chitarre, dando vita ad uno struggente assolo all'unisono, semplice quanto bello. Arriva lo special, che mantiene le epiche atmosfere del bridge. Un melodico arpeggio emerge dall'incessante e pomposo 4/4. La voce baritonale di Jyrki ci riporta in maniera epica verso il ritornello, seguito dal tema portante, eseguito perfettamente all'unisono dalla tastiera e dalle chitarre, al quale va ad intrecciarsi uno straziante vocalizzo lamentoso, tipico della musica araba. Brividi. Si chiude con la versione strumentale dell'inciso. L'Oscuro Paroliere, dopo aver visitato il Vaticano, continua a prendersi cura della sua anima e ci porta nel magico Regno di Saba e nella suggestiva Gerusalemme, una città dove veramente l'uomo incontra Dio. Tutte le religioni sono presenti, tutte le religioni provengono da lì. Giustamente si dice che tutto ciò che avviene all'interno delle mura della città si riflette in tutto il resto del mondo. Gerusalemme ha una magia unica che difficilmente si riesce a spigare, se non vi siamo mai stati, è un posto sacro, dove è nata la fede e dove possiamo cancellare tutti i peccati e dove puoi trovare la vera pace.
Stiv & Johnny
Dopo le magiche atmosfere di "Jerusalem" i nostri smorzano i toni con "Stiv & Johnny", brano che richiama le loro lontane origini rock'n'roll. Si parte con il rombo di un piccolo aereo che si allontana velocemente, lasciando il campo ad un melodico riff sparato dalle due chitarre all'unisono, accompagnati da una tribale ritmica sui timpani e dai ruggiti delle quattro corde. Jussi sparge un po' di peperoncino, con un incisivo 4/4, ritornando poi alla ritmica tribale nella strofa. Il basso continua a martellarci i timpani, le chitarre iniziano un suggestivo dialogo con gli arpeggi che si spostano da una cassa all'altra, adagiandosi su un incessante tappeto di tastiera. I nostri ricreano l'habitat ideale per Jyrki, che ritorna indietro nel tempo, e momentaneamente abbandona il cantato baritonale, in virtù della sua graffiante voce naturale, che nell'occasione ricorda vagamente l'Alice Cooper di fine anni ottanta. Il nostro interpreta meravigliosamente le prime strofe, lasciandosi dietro un alone di mistero. Seguendo l'effimero crescendo degli strumenti, l'Oscuro Baritono con grinta ci porta verso l'inciso, facendosi largo fra i taglienti riff delle chitarre e il trascinante ritmo del granitico duo Archie-Jussi, che nel frattempo ha iniziato a colpire con maggiore energia. A fare da bridge ritorna il melodico tema dell'introduzione, che ci riallaccia prontamente alle arcane atmosfere della strofa. Una grintosa corsa sulle pelli annuncia di nuovo il graffiante ritornello, seguito da un limbo strumentale che ci tiene come sospesi in aria. Insieme ad un ridondante arpeggio di chitarra, inizia a manifestarsi il rumore delle pale di un elicottero, che si fa largo fra i grintosi accordi della seconda chitarra, volando dritto verso l'assolo, melodico e graffiante, di puro stampo street rock. Arriva lo special, una variazione del tema dell'introduzione, dove Jyrki segue la strada melodica delle chitarre, aprendo le porte al ritorno dell'inciso, che in loop ci accompagna verso il finale, con l'aggiunta di spensierati cori spazzati poi via dallo spostamento d'aria generato dalle pale dell'elicottero. Le liriche sono un sentito omaggio a Stiv Bators (R.I.P.) e Johnny Thunders (R.I.P.), due vere e proprie icone del movimento punk rock americano, che hanno fortemente influenzato il sound degli inizi della carriera dei Vampiri Di Helsinki. Il primo fu il leader indiscusso dei Dead Boys, considerati una delle primissime band del movimento punk a stelle e strisce. Il 3 giugno del 1990 venne investito da un taxi a Parigi. Il giorno successivo morì per le ferite riportate nell'incidente. Leggenda vuole che le sue ceneri vennero poi sparse sopra la tomba di Jim Morrison (altra musa del nostro Jyrki) al Père Lachaise. Johnny Thunders con i New York Dolls prima e gli Heartbreakers poi, contribuì anch'esso alla nascita del movimento punk americano, guadagnandosi ben presto la reputazione di "eroe maledetto del rock" a causa degli eccessi con alcol e soprattutto droghe. Il 23 Aprile del 1991 fu trovato morto, probabilmente per overdose, nella camera numero 37 del St. Peter House, un albergo ubicato nel Quartiere Francese di New Orleans (altra città che ha lasciato il segno nel cuore del nostro Jyrki 69).
Never
Gli Helsinki Vampires continuano per la loro strada con "Never (Mai)", altro frizzante brano Goth'n Roll, il più breve del platter con i suoi 03:30 minuti. Dopo una melodica introduzione che mette in mostra un'ammaliante trama orchestrale, arriva la strofa, dove emerge prepotentemente la sezione ritmica. Le chitarre ci sorprendono con fraseggi alla D.A.D., dal piacevole retrogusto Old Texas. Jyrki, ritorna all'oscuro cantato baritonale, anche se in maniera meno profonda rispetto agli standard. La seconda strofa viene potenziata da sottili e taglienti accordi distorti che in crescendo ci portano verso il ritornello, un vero e proprio tormentone martellante che si imprime immediatamente nella nostra mente, grazie alla grintosa armonia vocale e alle ammalianti trame della tastiera. Ritorna la strofa, interpretata in maniera suadente da Jyrki, poi alzate le mani ed inneggiatele al cielo, che ritorna il martellante inciso, che presumo avrà un discreto successo in sede live. A seguire incontriamo lo special. Rallentano vistosamente i BPM, le melanconiche trame delle chitarre si intrecciano con gli struggenti lamenti dei violini, Jyrki recita quasi parlando alcuni versi, poi dopo un effimero break strumentale, dove emerge una funambolico passaggio di nacchere dal piacevole retrogusto latino, arriva l'assolo di chitarra, molto melodico, mantenendosi in linea con il resto del brano. Altro break strumentale e ritorna l'inciso, dove continua riecheggiare il legnoso caratteristico suono delle nacchere e iniziano a manifestarsi anthemici cori in Twisted Sister style. In pieno stile hard rock, i nostri aumentano l'intensità, Jussi raddoppia i colpi, portandoci verso il gran finale, un grintoso intreccio fra le fiammate della tastiera, chitarre e cori. Veniamo alle liriche, reduce da una scottante delusione amorosa, Jyrki tiene duro e orgogliosamente cerca di andare avanti, non finirà mai nell'essere l'ennesimo numero della lista che alimenta il preoccupante altissimo tasso di suicidi, vera e propria piaga della Finlandia, non sarà mai risucchiato dalla mortale spirale della droga, non finirà mai con il commettere cazzate finendo inevitabilmente nelle mani della polizia. Lui è pronto a tornare sui suoi passi, riconoscendo i suoi errori, pur di trovare nuovamente rifugio fra le braccia della sua fiamma, che ha lasciato una ferita indelebile nel suo cuore.
Blue
La depressione post rottura continua anche nella successiva "Blue" un'avvolgente ballata elettronica che rispolvera le melanconiche sonorità della Darkwave degli anni ottanta. Blue, oltre ad essere il profondo ed affascinante colore dell'Oceano, è anche sinonimo di depressione. Jyrki, si sente "blue", profondamente blu, e cerca un amore forte come quello che lo ha appena abbattuto, per tornare ad essere vivo. Solo il calore di un nuovo amore, può rimarginare la profonda ferita che si è aperta nel cuore del Romantico Vampiro. Il brano viene aperto da uno spaziale pad di tastiera, seguito da una melanconico passaggio di pianoforte, che sarà il main theme del brano. Il basso inizia a pompare, dando vita ad un profondo climax che apre le porte alla strofa, dove si manifesta una fredda drum machine, a rendere ancora più cupe l'atmosfera. Johnny Lee Michaels crea un avvolgente nebbia che si sposa alla perfezione la suadente e profonda voce del Vampiro di Helsinki. In sottofondo possiamo percepire raffinati arpeggi di chitarra, quasi impercettibili, oscurati dalle trame della tastiera, arpeggi che si fanno più presenti nell'effimero bridge. Jyrki interpreta in maniera struggente ed impeccabile l'inciso, seguendo la strada mostrata da raffinatissimi fraseggi di chitarra e giocando sull'azzeccata combinazione delle parole "If You Love Me, Could You Love Me, Could You Love Me More (Se Mi Ami, Puoi amarmi, Puoi Amarmi Di Più)", una sorta di struggente scioglilingua che inevitabilmente ci cattura all'istante. Ritorna il melanconico tema di pianoforte, ad introdurre nuovamente la deprimente strofa, seguita dal bridge e dallo struggente inciso, dove i lamenti delle chitarre si fanno più incisivi. Breve break del pianoforte, poi Jussi ci sveglia dal torpore spazzando via per alcuni istanti la fredda drum machine, accompagnando con energia il malinconico e breve assolo di chitarra. Ritorna la strofa, con lei anche i freddi sospiri della batteria elettronica. La profonda linea vocale di Jyrki viene ricamata delle solenni note del pianoforte, un potente accordo distorto annuncia la versione power dell'inciso, Jussi torna ad occupare la sua posizione dietro alle pelli, le chitarre accompagnano con profondi accordi distorti, seguite dalle pennate del basso, oscurando quasi i lamenti delle tastiere. Jyrki mescola la rabbia alla tristezza. Pelle d'oca. Nel finale, torna il melanconico main theme di pianoforte, accompagnato dall'inesorabile incedere della batteria e da un profondo e sinuoso giro di basso. Con profondi sospiri, il triste Vampiro di Helsinki ci accompagna verso l'epilogo di questa deprimente quanto meravigliosa ballata.
Rock'n'Roll Junkie
Se vi siete fin troppo depressi con le melanconiche atmosfere "Blue", gli Helsinki Vampires hanno la giusta medicina per tirarvi su, sorprendendoci con l'elettrizzante "Rock'n'Roll Junkie (Drogata Di Rock'n'Roll)", brano che va a scavare a ritroso nel tempo, facendo riaffiorare le primissime radici degli esordi. Il brano si apre con l'affascinante rumore, ormai dimenticato, della puntina che frigge, attraversando i primi solchi vuoti del vinile. Jussi parte a razzo con un brioso tempo anni settanta. Bazie ci aggredisce con un vetusto e acido riff, che ci ricorda sin dalle prime note i Rolling Stones. Archie fa ruggire le quattro corde all'inizio di ogni strofa, lasciando il campo alla chitarra e alla batteria spoglia delle affascinati note gravi che di solito la accompagnano. Jyrki, ritorna alle origini, cantando con la grezza e graffiante voce tipica dello street rock. Nella seconda strofa, Timo risponde per le rime al collega riempiendo gli spazi vuoti lasciati dal basso. Una prolungata rullata annuncia l'arrivo dell'inciso. Le due chitarre si intrecciano come fossero quelle dei fratelli Young, trascinandosi dietro Jyrki, accompagnato da uno spensierato coro d'altri tempi. Dopo un acido assolo di chitarra, dal piacevole retrogusto settantiano, ritorna l'inciso, impreziosito da un martellante pianoforte country che diffonde una festosa atmosfera da saloon. L'inciso ci accompagna al minuto 02:26, dove si materializza uno insolito special dove emerge prepotentemente il basso di Archie, la batteria viene affiancata da un caloroso battito di mani, dopo un paio di insoliti vocalizzi, irrompe uno stanco coro, ricamato da acidi fraseggi di chitarra. Le trame dello special si fondono lentamente con quelle del ritornello, seguito da un caotico e funambolico finale in pieno stile rock anni settanta. A chiudere il desueto friggere della puntina del giradischi. Le liriche sono in perfetta sintonia con l'anima rock del brano, poche parole, messe lì senza nascondere messaggi particolari, puntando sull'argomento per eccellenza del rock'n'roll, l'amore, visto dal tipico lato trasgressivo del selvaggio rocker, tralasciando ai teneri di cuore la parte romantica. Jyrki descrive senza peli sulla lingua una avvenente e disinibita ragazza. Lei è una dannata drogata di Rock'n'Roll, che con il suo provocante atteggiamento, attira intorno a se uno sciame di maschi alfa, con il testosterone a mille. Jyrki è uno dei tenti maschi alfa ammaliati dall'avvenente ragazza, che solo con la sua camminata sensuale fomenta idee libidinose. Lui spera di essere il fortunato che le spezzerà il cuore. I nostri decidono di chiudere in maniera insolita il platter, dimostrando che nelle loro vene scorre ancora il sano Rock'n'Roll degli esordi, che raramente, se pur a fatica, riesce ad emergere sulle oscure sonorità gotiche, ormai da tempo marchio di fabbrica degli Helsinki Vampires.
Conclusioni
The 69 Eyes, da buoni vampiri, più passa il tempo e più diventano forti, e questo "Universal Monsters (Mostri Universali)" è un album che più lo ascolti e più lo apprezzi. Indubbiamente le prime due tracce ti catturano all'istante, ma dopo averlo messo in loop nello stereo della macchina, ogni giorno che passava, riuscivo ad assaporare tutte le bellissime sfaccettature del platter, scoprendo nuovi splendidi brani e apprezzando maggiormente quelli che ad un primo ascolto non mi avevano colpito più di tanto. Dopo averlo ascoltato a lungo, mi è risultato difficile scegliere i due brani da inserire come videoclip nella recensione, cambiando idea di giorno in giorno. Forti di un affiatamento che ormai perdura quasi da un quarto di secolo, i nostri hanno dato vita ad interessanti composizioni, ripercorrendo a sprazzi tutta la loro carriera e facendo forza su raffinati arrangiamenti. Infatti, a mio avviso, gran parte del merito va senza ombra di dubbio al ritorno del produttore Johnny Lee Michaels che, grazie ad un meticoloso lavoro in fase di arrangiamento riesce a rendere speciale ogni singola traccia del platter. Pur non essendo un virtuoso della tastiera, il nostro riesce a diffondere avvolgenti atmosfere e a confezionare ammalianti partiture di tastiera e pianoforte, che possono sembrare banali, specie a chi come me è cresciuto a pane, Wakeman e Emerson, ma allo stesso tempo ammalianti e funzionati quanto un inciso, dei veri e propri "hook" che catturano l'ascoltatore senza lasciargli via di scampo. Il tenebroso Jyrki, ci fomenta il sospetto che veramente sia una creatura delle tenebre senza tempo, alternando l'oscuro cantato baritonale che ormai è il suo marchio di fabbrica con l'ormai dimenticata graffiante voce che aveva in gioventù. Ma l'arma migliore del nostro vampiro preferito sono le linee vocali e le metriche delle strofe, il nostro riesce sempre a confezionare affilatissimi hook che ci catturano all'istante. Bazie ha raffinato molto le sue sonorità e la tecnica, sorprendendoci con una memorabile escursione con la chitarra acustica, e facendo forza sull'aiuto di Timo Timo, che senza essere appariscente, compie un oscuro ma efficiente lavoro ritmico che valorizza al meglio le trame delle sei corde. Jussi è sempre il pazzo metronomo che in sede live distrugge una quantità industriale di bacchette e massacra le pelli, divertendo il pubblico con uno show nello show. Ma quello che mi ha colpito maggiormente è Archie, con una prestazione che lo porta sugli scudi. Il nostro non si riduce ai martellanti tappeti di sedicesime, ma sovente si cimenta in articolati giri di basso, che non si limitano ai soli compiti ritmici ma che sono l'anima del brano. "Universal Monsters (Mostri Universali)" è venuto alla luce il 22 Aprile del 2016, distribuito dalla Nuclear Blast. Sotto la cristallina produzione di Johnny Lee Michaels, è stato registrato presso i suoi studi di Helsinki, semplicemente intitolati JLM Studios. Il nostro si è occupato anche del mixaggio e di tutta la parte tecnica. L'oscuro artwork è opera del vecchio amico Ville Juurikkala, che ispirandosi alle maestose figure del cinema horror Boris Carloff e Bela Lugosi, ha ritratto i nostri avvolti nell'ombra, con un timido barlume di luce proveniente dal basso, che conferisce un alone di mistero, senza cancellare i segni lasciati dal tempo. Il booklet del CD è strutturato in modo che a seconda di come lo pieghiamo, possiamo mettere in primo piano la foto del Vampiro di Helsinki che preferiamo, offrendoci la possibilità di avere cinque copertine differenti. Il CD è avvolto in un lussuoso case in cartone nero, che sul front mette in mostra la foto di Jyrki, con una nuova acconciatura che ricorda il devilock di Misfitsiane memorie. In alto, troneggia il caratteristico logo della band in un'ammaliante color argento riflettente, in basso, nel medesimo colore, il titolo dell'album, intervallato dall'ankh, la croce ansata, conosciuta anche come "chiave della vita", un antico simbolo sacro egizio che essenzialmente simboleggia la vita. L'ankh è da sempre uno dei simboli chiave della band, ma che se non ricordo male, non era mai comparsa sul un loro artwork, ma solamente su magliette e altro materiale promozionale. Jyrki sin da bambino era stato attratto dall'ankh, come se fosse un segno del destino. Lo aveva visto indossare a Elvis Presley. Poi, molti anni dopo, agli inizi degli anni 90, una ragazza romana dall'oscuro look gotico (che poi è finita sulle liriche del brano Gothic Girl), regalò una croce ansata in argento a Jyrki, il quale non se ne è più separato. L'idea della copertina e di conseguenza del titolo del platter è comunque nata dalla passione sviscerata che Jyrki ha verso il mondo dell'horror, e precisamente ad Austin, in Texas, quando il nostro è entrato in un negozio a tematiche horror, che all'interno ospitava un piccolo museo dove erano in esposizione scene di vecchi film horror, riprodotte a grandezza naturale, che racchiudevano tutte le icone dell'epoca, come l'uomo lupo, Frankenstein, Dracula, la creatura dalla laguna nera, la mummia e compagnia terrorizzante, tutte rigorosamente ritratte in bianco e nero. E' giunta l'ora di tirare le somme, è lapalissiano che tutti i succubi degli Helsinki Vampires non possono farsi sfuggire questo "Universal Monster", album che ci riconsegna i The 69 Eyes in forma smagliante. Anche gli amanti del gothic rock in generale non rimarranno delusi. Ma i nostri possono attirare l'attenzione dei rockers meno oscuri, in quanto le antiche radici rock'n'roll, sovente vengono a galla fra i solchi del platter. Brani come "Dolce Vita", "Jet Fighter Plane", "Jerusalem", sono destinati a diventare dei classici imprescindibili al pari di "Lost Boys" e "The Chair", ma sono interessantissime anche le escursioni versi sonorità più complesse come "Blackbird Pie" e "Shallow Graves", e la perla "Blue", mentre col tempo riuscirete ad amare anche quei brani in cui viene a galla l'anima Rock'n'Roll del gruppo.
2) Jet Fighter Plane
3) Blackbird Pie
4) Sing a Song of Six Pence
5) Lady Darkness
6) Miss Pastis
7) Shallow Graves
8) Jerusalem
9) Stiv & Johnny
10) Never
11) Blue
12) Rock'n'Roll Junkie