TEARS FOR FEARS

Laid So Low

2021 - Phonogram Records

A CURA DI
ANDREA CAMPANA
03/10/2021
TEMPO DI LETTURA:
6

Introduzione recensione

All'inizio degli anni '90, i Tears for Fears si "sciolgono". Le virgolette sono d'obbligo, dato che la separazione dei due componenti storici della band, Roland Orzabal e Curt Smith, non implica la fine de facto del nome né dell'attività discografica del progetto. Le cose non vanno bene già da un po': superstar a metà anni '80, i due fanno molta fatica negli anni successivi a mantenere saldo il controllo sulla loro produzione. Orzabal in particolare, perfezionista per natura, mira in alto, molto in alto. Il risultato è l'album The Seeds of Love (1989), sempre discusso e capito a metà. Il disco non è neanche lontanamente valido quanto il precedente Songs from the Big Chair (1985), ma i singoli hanno successo e le vendite ci sono. Tuttavia, tanto invadente è la visione ambiziosa di Orzabal che il progetto musicale esplode tra le mani dei due. Complice anche un panorama musicale in costante cambiamento, che vede in quegli anni l'emergere di nuovi generi e nuove scuole come quella Madchester e britpop in Regno Unito, e quella grunge negli Stati Uniti. I due faticano molto a trovare una propria collocazione, e questo, assieme ad una serie di altri problemi, non fa altro che acuire l'acredine già crescente tra di loro. Il perfezionismo di Orzabal preme troppo sull'indole più libera e spontanea di Smith, che in quel momento sta anche affrontando il divorzio dalla prima moglie. Come se non bastasse, nel 1990 il manager della band, tale Paul King, dichiara bancarotta. Si scopre che si è indebitato per un milione di sterline e più avanti verrà condannato per frode, finendo il prigione per tre anni e mezzo. Senza manager e con una rottura tra le mani che pare irrisolvibile, i due si separano. Ufficialmente, è Curt Smith ad andarsene dal gruppo, per intraprendere una carriera da solista all'insegna dello sperimentalismo e delle produzioni ricercate. Il suo primo album, Soul on Board, uscirà nel 1993. Roland Orzabal rimane l'unico membro del gruppo, almeno per quanto riguarda la formazione "da copertina". Farà in modo, di lì a poco, di affidarsi ad Alan Griffith come "sostituto" di Smith. Griffith è all'era produttore e strumentista, ex-componente del gruppo post-punk di Bristol dal nome Apartment, e poi della band The Escape. Griffith collabora già con i Tears for Fears, come turnista, dal tour del 1985, suonando la chitarra negli spettacoli dal vivo. La sua inclusione nel progetto, quindi, appare a quel punto la mossa più logica. Prima, però, c'è tempo per un cambio di corsia segnato da un momento preciso: la pubblicazione del primo Greatest Hits ufficiale della band, Tears Roll Down (Greatest Hits 82-92). La raccolta viene anticipata di poche settimane dall'uscita di quello che è in effetti (trattato qui) il primo singolo dei Tears for Fears senza Curt Smith e sotto l'egida di Roland Orzabal: Laid So Low (Tears Roll Down). Come si vede, il "sottotitolo" del brano andrà a fungere da titolo della raccolta stessa, nella quale il singolo sarà l'unico inedito in una tracklist di successi accuratamente compilata. La canzone non viene ancora scritta con Griffith, che comporrà con Orzabal gran parte del quarto album del gruppo, Elemental (1993), in uscita di lì a qualche mese. Il co-autore è invece il produttore Dave Bascombe, che ha già lavorato con il gruppo nella registrazione dell'album The Seeds of Love. Per Laid So Low invece si "riduce" a comporre assieme ad Orzabal, mentre al mixer troviamo Tim Palmer, produttore sempre del futuro Elemental. Laid So Low esce come singolo nel febbraio del 1992 e reca con sé due b-sides, entrambe queste, sì, scritte assieme ad Alan Griffith: The Body Wah e Lord of Karma. Queste due canzoni non troveranno posto in Elemental e neanche nell'album successivo ancora, Raoul and the King of Spain (1995), ma saranno inserite nella compilation di out-takes del 1996 dal titolo Saturnine Martial & Lunatic. Il terreno quindi è pronto per una rinascita della band sotto la guida esclusiva di Orzabal. Finalmente il cantante e musicista è libero di maneggiare la sua creazione come meglio crede, affacciandosi sugli anni '90 con la voglia di sviluppare la propria visione autoriale a livelli inediti. Laid So Low è solo una prova generale: il grosso arriverà con Elemental.

Laid So Low (Tears Roll Down)

Come effettivo esordio ufficiale di Roland Orzabal in quanto anima e ora corpo centrale dei Tears for Fears, Laid So Low (Tears Roll Down) (Disteso così in basso, le lacrime scendono giù) è un brano che appare riprendere la medesima visione musicale proposta già dal cantante in Seeds of Love nel 1989. Possiamo ascoltare subito un rock da stadio, dalle sonorità vagamente etniche e latine ma ancora profondamente anni '80. Non mancano climax nei refrain, super-assolo di chitarra tanto enfatizzato quanto poco essenziale, e una melodia che rimane in testa solo al centesimo ascolto. Per quanto il pezzo non sia chiaramente da buttare via, appare chiaro e lampante come, a questo punto della carriera, Orzabal abbia già detto ed espresso tutto ciò che di più importante aveva da dire ed esprimere. Anche il testo, l'ennesimo lamento d'amore metaforico ma qui quasi insincero (rispetto alle potenti emozioni di metà anni '80), si esprime su allegorie goffe e non è assolutamente in grado di catturare quanto le tracce più classiche della band nel suo periodo d'oro. "Ho masticato l'osso fin troppo in basso / Cibandomi di tè e simpatia / Ho soffiato nella vela come il vento / Vorrei che tu fossi mia nemica / Ero umile per te / Che stupido sono stato / A stare steso così in basso per così tanto, così in basso". Nella prima strofa Orzabal parla chiaramente di una umiliazione derivante da un amore non corrisposto o, comunque, finito male. Nelle relazioni si compiono sempre compromessi ma spesso le cose vanno oltre, portando uno dei due amanti a "sottomettersi" all'altro per incontrarne il favore. A maggior ragione, questo avviene quando il sentimento non è reciproco. Ecco perché, una volta uscitone, il cantante riflette di essere stato "steso" troppo in basso, ossia in una posizione di subalternità, per fin troppo tempo. "In quel vuoto del silenzio / Dove piangiamo senza suono / Dove le lacrime scendono / Dove le lacrime scendono / E dove la violenza di tua madre / Ha spinto la tua anima sottoterra". Qui ritorna, come usuale, la tematica dell'infanzia traumatica già storicamente affrontata da Orzabal (e, prima, anche da Smith) nelle sue primissime canzoni. In questo caso, sembra attribuire uno o più comportamenti dell'amante che la respinge ad una passata violenza materna, anche se il tema non viene sviluppato oltre. "Ho estratto la lama troppo lentamente / Ero incatenato dalla tua onestà / Ho fatto un casino, avrei dovuto saperlo / Che la vita è piacere e libertà / Non un cambiamento casuale o l'ultima tentazione / Steso così in basso così a lungo, così in basso".

The Body Wah

The Body Wah (Il Wah del corpo) si apre come una traccia orientaleggiante che esprime atmosfere tribali e misteriose sostenute da un ritmo ossessivo appena percettibile. L'influenza sembra essere sia quella africaneggiante di inizio/metà anni '80, sia quella proveniente dall'oriente più o meno vicino, con echi di Beatles e psichedelia indiana anni '60. In ogni caso, il brano si mantiene su una forma molto più vicina al post-rock che altro, riprendendo in questo senso il discorso iniziato dalla band e poi lasciato in sospeso nel 1985 con Listen. Una direzione di evoluzione musicale molto interessante, poi purtroppo non seguita appieno. L'incedere del brano lascia spazio a piccoli interventi strumentali, tocchi appena osati, vocalizzi senza forma definita e rumori d'ambiente non identificabili. Il riferimento nel titolo sembra essere all'omonimo effetto per chitarra (il wah-wah) che tuttavia non viene utilizzato nella produzione della canzone. Probabilmente, ma non è mai stato chiarito, si tratta di un termine che riporta a qualcosa di molto più metaforico ed astratto, vista del resto la natura astratta stessa della traccia.

Lord of Karma

Uno strano esperimento funk/psichedelico, su ritmi house/rave completamente aderenti alla scena inglese del periodo e di certo più interessante di buona parte dei brani pubblicati nell'ambito del progetto all'epoca. Il titolo, Lord of Karma (Il signore del karma) chiama in causa ovviamente l'omonimo concetto delle religioni orientali che definisce quella invisibile forza ri-equilibratrice che opera sulle azioni degli uomini, corrispondendo più o meno al detto: "raccogli ciò che semini". "Hanno bussato, hanno bussato forte / Suona come se qualcuno volesse buttar giù la porta / Il mio super-ego, dove vado io va lui / Vieni a mietere, vieni a tenere il punteggio / E io dico "Signore del karma, il tuo panorama del dolore mistico [pain-o-rama] / Una buona ragione per tenere i miei piedi a terra / Giù in ginocchio per sempre / Prendi paura e disgusto e mettici sopra vestiti nuovi / Infatuazione con la scalata di una montagna di neve / Nella limitazione e nella avvocatura del diavolo / Sbrighiamoci quindi, e picchiamo il terreno / Queste sono le ragioni e queste sono le leggi / In una vita sei ricco e nella successiva sei povero / Risparmiati le scuse, le tue tensioni e paure / Vai via sicuro e fatti portare dalla corrente / E raccogli ciò che semini, come sopra, così sotto / Attento al labbro e scuoti i fianchi / E sii selettivo / Sii obiettivo / Nessun dolore, nessun guadagno". Il testo è una sorta di auto-preghiera, rivolta anche al pubblico, sull'importanza di una consapevolezza spirituale di sé e delle proprie azioni. Qualcosa che avrebbe potuto scrivere George Harrison nel 1970. In generale, un brano molto valido ma dal testo un po' impreciso e troppo poco focalizzato sull'argomento.

Conclusioni

Come un po' c'è da aspettarsi, Laid So Low (Tears Roll Down) non ottiene il successo sperato. Un po' per via della formula già ampiamente collaudata, un po' a causa del ritardo mostrato (almeno, in questa traccia nello specifico) nell'aggiornarsi alle nuove tendenze musicali, ormai nel 1992 già lontane anni luce dai suoni caldi e roboanti del pop/rock da stadio anni '80. In più c'è l'eccessiva sicurezza (che non è altro che, specularmente, eccessiva insicurezza) dello stile compositivo di Roland Orzabal, che ora trovandosi al timone da solo comanda sì la nave, ma non sembra avere un'idea molto chiara su dove condurla. Il problema della canzone non è tanto che non funzioni, ma che si affidi ad arrangiamenti ormai fuori "moda" e fuori dal tempo, mancando di una melodia sufficientemente coinvolgente, di un testo sufficientemente intelligente e di un'energia ormai abbandonata con ogni intemperanza e insoddisfazione giovanile (nel 1992 Orzabal ha "ormai" trentun'anni). Sì, è pur vero che il singolo raggiunge la ragguardevole posizione numero dieci nella classifica americana di Billboard (US Alternative Airplay, però) e che in Francia sale fino alla posizione numero 15. In tutti gli altri paesi è però una debacle, considerando i grandi numeri fatti solo fino a tre anni prima dal nome dei Tears for Fears. Triste dirlo, ma da lì in poi andrà sempre peggio. Presenza fissa in classifica negli anni '80, la band (ora fondamentalmente una one-man band, almeno quanto lo erano i Wings con Paul McCartney) si avvia verso una decade di lento collasso artistico e, di fatto, qualitativo. Dovuto, senza dubbio, ad un successo prematuro, giunto troppo in fretta e conquistato con una facilità relativamente eccessiva. Come risultato, l'ego di Orzabal, ingigantito almeno quanto quello del succitato McCartney (o meglio, di John Lennon) prende il sopravvento su ogni cosa, nella chimerica ricerca di una formula musicale tanto magniloquente quanto, nella sua ridondanza, sempre più vuota di contenuti. Laid So Low non è esattamente il principio di questa discesa stilistica, né è proprio la fine dell'era d'oro della band. Il fatto è che con il principio degli anni '90 i Tears For Fears si infilano in una sorta di tunnel di passaggio che, virtualmente, non finisce mai. Non c'è un punto d'arrivo da toccare, una trasformazione completa e congrua che interessi le loro produzioni. C'è piuttosto l'esigenza di proseguire, confusamente ma sempre avanti, temendo di fermarsi ma con una spinta (ormai inerziale) comunque sufficiente a far sì che la nave di cui si parlava prima non si fermi in preda alla bonaccia. Se così non fosse, probabilmente Orzabal avrebbe motivi sufficienti per rimettersi al lavoro sui suoni con urgenza e con impeto, non con il solo desiderio di soddisfare i propri capricci da super-compositore-genio, ma anche, semplicemente (e spesso incentivo da non sottovalutare e dai felici risultati) con il bisogno di riconquistare al più presto il mercato discografico con un prodotto convincente ed esaltante. Invece, questo tipo di incentivo non sussiste: non rimane che tenere saldo il timone, il più possibile, e proseguire diritti, senza mappa, sperando di approdare da qualche parte.

1) Laid So Low (Tears Roll Down)
2) The Body Wah
3) Lord of Karma
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