TEARS FOR FEARS

Goodnight Song

1993 - Phonogram Records

A CURA DI
ANDREA CAMPANA
26/05/2022
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Introduzione recensione

Mentre la metà degli anni '90 si approssima e l'interesse verso il progetto Tears For Fears scende sempre di più presso un grande pubblico che sono quattro anni prima ancora teneva in gran conto le musiche di Roland Orzabal, il terzo e penultimo singolo tratto da "Elemental" (1993) viene dato alle stampe e lanciato impietosamente incontro ad un'accoglienza a dir poco tiepida. Una scelta che in effetti si rivela sbagliata fin dall'inizio, data la natura poco entusiasmante della canzone e che del resto anche a livello di titolo non preannuncia certo, mettiamola così, un'esplosione di "rock". La verità è che a questo punto Orzabal si trova per le mani un progetto che non è più in grado di guidare adeguatamente. Le canzoni non performano bene in classifica come facevano negli anni '80 e la rimozione di Curt Smith, l'ex-bassista, vocalist e storico co-fondatore della band, non dà segno di portare alcun beneficio. Anzi. Ormai è chiaro che la band deve dire addio ai fasti del decennio precedente e non sorprende che il solo Orzabal, un po' per via dell'avanzare dell'età e un po' trovandosi a muoversi musicalmente in un'era che non è quella della sua nascita artistica (quella del punk) già da un bel po', fatica a destreggiarsi tra il bisogno di vedere riconosciuta la validità della sua arte e l'urgenza di sposare una visione quantomai personale nello scrivere brani che lo guidano sempre più verso una concezione universale (intesa come "per tutti, destinata a tutti") della musica che fa. Impulsi che certamente vengono dal successo passato e dallo studio delle opere dei grandi predecessori, Beatles in primis. L'artista si rende conto di non potersi accontentare di restare uno dei nomi di maggior successo di un unico genere e di un'unica epoca. E però paradossalmente la sua limitatezza di vedute, legata anche ad un'epoca di mutamenti, mode musicali in divenire e stili influenti diversi, lo porteranno infine (destino beffardo) proprio a questo risultato. Ecco perché "Elemental" già dalle premesse non può e forse non deve ottenere il successo e il riscontro accordati al seppur altrettanto mellifluo "The Seeds of Love" (1989). Ma qui mancano anche le hit mondiali e i "catchy tunes" che consentano al cantante di coinvolgere il suo pubblico una volta di più. Il disco manca di potenziale di per sé, i brani che funzionano davvero sono pochi e vengono scelti male, in disordine, uscendo come singoli nell'ordine sbagliato ("Elemental" per esempio, la title track, doveva di certo venire per prima) e mancando di incidere in un mercato discografico che in quegli anni è del resto sconvolto dai turbamenti del grunge e del britpop. Bisogna infatti ricordare che il 1993 è anche l'anno dell'uscita del primo, storico e rivoluzionario disco dei Suede, nonché quello dell'esordio ufficiale dei Radiohead con la loro "Creep" e il loro (seppur poco riuscito) primo disco, "Pablo Honey". Sulla scena ci sono già anche i Blur, che nel '93 escono con "Modern Life Is Rubbish". Da oltreoceano non si possono trattenere invece gli echi rabbiosi dell'alternative rock che impazza sulla costa ovest (addirittura, insomma, dall'altra parte del paese) degli Stati Uniti. "In Utero" dei Nirvana e "Vs." dei Pearl Jam sono due dei grandi album grunge del 1993. C'è poi anche l'osannato (giustamente) "Siamese Dream" degli Smashing Pumpkins. Tutto questo senza nemmeno iniziare a toccare l'argomento dei cambiamenti apportanti dall'introduzione e la crescita di nuove realtà musicali inedite ed originali, come quella rap o quella techno/house, che cambiano tutte le carte in tavola; e che paradossalmente i Tears For Fears hanno in passato toccato, in tutti e tre i casi (sì, anche il rap). Cosa rimane, quindi? Singoli come questa "Goodnight Song", tentativi indecisi e imprecisi che esprimono titubanza a partire dalla scelta del brano stesso e fino alla composizione in sé. Che, però, sono quello che Orzabal e il suo progetto può essere in questo momento storico: solo questo, e nient'altro. Come tale va preso.

Goodnight Song

"Goodnight Song" (Canzone della Buonanotte) è, come già suggerisce anche il titolo, il brano di chiusura dell'album Elemental. La scelta del titolo sembra essere un chiaro richiamo a quella "Good Night" composta da John Lennon e inserita come congedo alla fine del famoso White Album dei Beatles, nel 1968. Sappiamo bene che i Tears For Fears e Roland Orzabal in particolare non sono alieni all'ascendente del fascino dello storico quartetto, ben testimoniato in canzoni come "Sowing the Seeds of Love" (1989). Qui in ogni caso ci discostiamo sufficientemente da quel tipo di produzione, abbracciando un pop rock che si piega completamente alla natura del pezzo decisa già dalle parole che lo intitolano. Ancora una volta abbiamo quel suono di carattere molto pallido che si ritrova molto spesso nell'attività del gruppo in questo periodo, e che regala perciò davvero pochi momenti interessanti. Nelle liriche, deboli e poco convincenti, Roland Orzabal mette a confronto la fine di una relazione con la conclusione di un'esibizione della sua stessa band (i Tears For Fears, appunto), cercando di esprimere quel doppio sentimento che porta l'artista, l'interprete o il cantante (in questo caso, anche l'amante?) a voler terminare lo show ma allo stesso tempo a desiderare che continui a durare per sempre. Va detto: non la migliore delle metafore. "Il tempo potrebbe tenere vivo / Quel vecchio canto del cigno / Che abbiamo suonato sempre / Finché non viene il tempo di dire arrivederci / La mia voce è affaticata / La mia lingua è attorcigliata". Unica nota intrigante: ad un certo punto il testo sembra svelare che la relazione di cui si parla non è un rapporto tra uomo e donna ma quello tra Orzabal e l'ex-compagno di band Smith, rimasto interrotto così bruscamente e con una scia di rancori lasciati irrisolti. "La canzone della buonanotte / Suonata così male / Incolpa il pubblico / Gridano così tanto, così a lungo". Il successo della band è proprio quello che ha portato alla separazione dei due e Orzabal sembra voler imputare al collega di non averne saputo apprezzare i momenti migliori, come quelli a contatto con il pubblico. Ovvio che di motivi di crisi, magari non riconosciuti dai due all'epoca, ce ne sono a iosa e vanno ben oltre questa semplice allegoria un po' maldestra. Termina Orzabal, piangendo sul latte versato ma un po' anche evidentemente deciso a guardare avanti: "Sarei dovuto restare per rompere il ghiaccio / Ci ho pensato una volta o due / Ma niente cambia mai / A meno che non ci sia del dolore".

New Star

"New Star" (Nuova Stella) compare anche come b-side per il singolo precedente dei Tears For Fears, "Cold". Non un caso particolarmente raro nella storia del gruppo, anche qui la b-side funziona in effetti meglio del singolo lato A al quale è associata e ad ascoltarla viene davvero da domandarsi come mai non sia stata scelta essa stessa come motivo promozionale, o perché non sia stata inserita nella tracklist dell'album principale al posto di una serie di canzoni ben meno meritevoli. Prova ne è la piccola popolarità che in effetti questo lato B incontra, venendo la canzone scelta per la compilation  Gloryland World Cup USA 94, colonna sonora ufficiale dei Mondiali di Calcio 1994 negli Stati Uniti. E compare anche nella colonna sonora di un film, un lavoro comico del 1994 intitolato Threesome, (titolo italiano: Amici Per Gioco, Amici Per Sesso). Difficile cancellare l'idea di una occasione perduta che, del resto come si diceva, non è la prima e porterebbe quasi alla tentazione di ricostruire l'intera discografia del duo rivalutando tutti questi piccoli gioielli perduti. Per quanto riguarda il testo, la "nuova stella" che Orzabal insegue è quella di una riscoperta e di una rinascita di sé che in ogni caso non manca in diverse altre liriche di questo periodo. Il cantante si rivolge ad una ragazza, ma in realtà parla chiaramente a sé stesso nell'esprimere una visione del mondo nuova e più positiva. Si invita quindi, lui e chi è con lui, a "Brillare come una nuova stella" perché "Noi siamo vivi". Un passaggio particolarmente pregevole delle liriche di questo brano, che una volta ancora ne riprova la felice riuscita e fa rimpiangere quanto negli anni sia stato e venga tutt'ora ignorato: "Muoversi da questo stato di frizione / Tutti quanti abbiamo stelle negli occhi / Ma oramai sai che l'unica tua restrizione / Sta al limite del cielo".

Elemental

Per l'altra b-side del singolo la scelta ricade su un remix di "Elemental", la title track dell'album già citato. Si tratta di un remix che, come c'è da aspettarsi da una produzione che risale all'epoca della maggior popolarità di house e techno, punta quasi tutto sulla ritmica e sulla costruzione di un'atmosfera che (almeno sulla carta) dovrebbe funzionare nei club e nei locali dove la musica non si ascolta ma si balla. Il lato positivo è che viene conservato il principale riff di basso della canzone (forse, del resto, uno dei migliori momenti di tutto il disco); quello negativo sta nella caratterizzazione più rock di un brano che chiaramente fin dalla premesse non lo è, non vuole esserlo (e non dovrebbe esserlo). L'effetto cercato è forse quello degli Stone Roses, molto popolari all'epoca, o di altre band in bilico tra brit rock ed elettronica come i famosi Primal Scream. Che, se fossero qui i protagonisti al posto di questa versione dei Tears For Fears, porterebbero forse a casa un risultato apprezzabile. Questo remix invece alla fine più che altro come una specie di esperimento intrapreso ed abbandonato a metà, portato avanti con poca convinzione e creato più che altro perché sul lato b del 45 giri c'è ancora spazio da riempire. Il pezzo non è rock, non è pop, non è techno, non è house; non si può ballare perché il ritmo è troppo lento; non ne si può godere l'atmosfera perché la caratterizzazione degli inserti musicali si ferma appena prima della sensualità del trip hop, altro genere in affermazione di quegli anni; non si può ascoltare perché il riff viene sfruttato poco, gli assolo di chitarra sono più interventi occasionali, non c'è un pattern regolare da seguire e del testo originale viene conservato solo un frammento che, paradossalmente, se fosse stato assente avrebbe conferito all'insieme una forza almeno coerente. In sostanza, un remix interessante più per la propria unicità e particolarità che per la propria riuscita. Una goccia nell'oceano, da dimenticare dopo il primo ascolto.

Conclusioni

Il 1993 termina per i Tears For Fears con questo singolo, piuttosto miseramente. Una scelta forse sbagliata fin dal principio, operata su chissà quali basi e che del resto porta la conquista di una posizione numero 44 nella classifica canadese ed una, inaspettata ma poco sostanziale, numero 125 in quella americana. In fondo gli anni trascorsi dal grande successo della band sono ancora pochi; meno di un decennio. Ragion per cui anche se i tempi sono cambiati il pubblico in gran parte si ricorda ancora di loro (o meglio: di "lui"), riconosce il volto del cantante e reagisce al nome, già però a questo punto legato piuttosto vagamente alla scena inglese anni '80 della cosiddetta Second British Invasion. C'è chi si ricorda dei Tears For Fears come di quelli di "Shout" e di "Everybody Wants to Rule the World". C'è chi li collega pure con una certa imprecisione alla scena New Romantic del rock new wave un po' meno "masculo", di band come Duran Duran e Culture Club. C'è chi ne rammenta i primi fasti dell'era synthwave, o chi ricorda il successo di qualche anno prima con l'ambiziosa composizione Beatlesiana già citata. Ma i fan fedeli che a questo punto seguono il gruppo con interesse sono davvero pochi e per giunta vanno diminuendo. Non potrebbe essere altrimenti data l'indecisione di Orzabal sulla strada da tenere, la tentazione di seguire la sua ambizione e la sua propria visione musicale ma la sua contemporanea incapacità nel trarne le hit e i successi da classifica di un tempo. Quanto si deve all'abbandono del compagno Smith? Quale è stato davvero l'impatto della separazione che ha incrinato il rapporto tra i due, un rapporto che ci vorranno praticamente altri dieci anni ancora per recuperare? La domanda in questa fase è ancora in sospeso ma una cosa è chiara: Roland Orzabal da solo è molto più debole di quanto prevedeva e riesce a procedere più per inerzia che per decisione. Arrivati a questo punto c'è tempo ancora per un ultimo singolo tratto da "Elemental": la title track, appunto, che uscirà con tanto di video nel 1994. Quella che doveva essere di certo la scelta più ovvia come singolo apripista o perlomeno tra i primi brani promozionali per i nuovo album, viene per qualche motivo tenuta per ultima e, per questo motivo, manca di evitare un affondamento che pare ormai inevitabile. Infatti, nonostante la validità del brano, si tratterà della prima canzone nella storia della band a non entrare in classifica da nessuna parte; non accadeva da Suffer the Children, il primissimo singolo della discografia del gruppo, pubblicato nel lontano 1991. Da lì Orzabal trascinerà i suoi in una spirale discendente con l'album Raoul and the Kings of Spain, un progetto dichiaratamente personale ma non per questo più riuscito o più convincente di quello da cui sono tratti i singoli qui in esame. E sembra in effetti anche quasi una specie di presa in giro, l'idea che questa fase particolarmente infelice nella storia della band venga introdotta da una canzone che nel titolo recita letteralmente: "buona notte".

1) Goodnight Song
2) New Star
3) Elemental
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