TEARS FOR FEARS
Famous Last Words
1990 - Phonogram Records

ANDREA CAMPANA
12/06/2021











Introduzione recensione
Famous Last Words è l'ultimo singolo dei Tears for Fears tratto dall'album The Seeds of Love (1989). Esce nell'agosto del 1990 e rappresenta il finale poco epico e memorabile di un'era, al contrario, pensata e costruita per essere leggendaria. Risultato non conseguito: il disco, sul quale Roland Orzabal, mente e leader del duo a tutti gli effetti, lavora alacremente e con impegno, vorrebbe essere la grande "legittimazione" della coppia nell'olimpo del rock e della musica. Le canzoni sono ambiziose, molto emotive, caratterizzate da arrangiamenti eclettici con influenze che vanno dal prog al soul e dai Beatles al jazz, fino alla musica latina. Sulla carta, è un capolavoro. In realtà, ne esce un guazzabuglio di ascolto difficile e impreciso. Un album troppo lungo, troppo stratificato e non abbastanza organizzato, che cerca di fare cento cose insieme riuscendo in dieci di esse, forse. Questo è il risultato della indecisa gestione dell'enorme successo che arride al duo nella seconda metà degli anni '80, in seguito alla enorme popolarità del secondo lavoro, Songs from the Big Chair (1985): al contrario, rispetto a questo terzo album, il loro disco più riuscito e un vero, autentico capolavoro dall'inizio alla fine. Come spesso accade, un progetto musicale riesce a realizzare le cose migliori quando non ci sta neppure provando, e fa solo musica. Quando poi invece si cerca di produrre una "epicità artificiale", studiata a puntino, pianificata, chiaramente non ci si riesce. Di sicuro, non nello stesso modo. Aggiungiamo la pressione del successo e la difficile decifrazione di una scena musicale in continuo cambiamento (sorge l'alt rock anni '90, la scena house, il grunge, i primordi del britpop con gli Stone Roses), e capiamo bene che cosa significa, nel 1989, cercare di realizzare un lavoro musicale grandioso "in nuce". Famous Last Words, in questo senso, rappresenta non solo il finale effettivo di quello stesso album (della tracklist, cioè), ma anche la coda di un periodo segnato da una ispirazione in gran parte consumata da sé stessa. Il brano è già poco memorabile di per suo; o perlomeno molto poco interessante rispetto ai tre eclatanti singoli precedenti: Sowing the Seeds of Love, Woman in Chains e Advice for the Young at Heart. Collegialmente, non a caso, le tre canzoni più riuscite dell'album. Date queste premesse, la scelta del pezzo come quarto singolo si rivela particolarmente infelice e porta i Tears for Fears ad un minimo storico in termini di successo in classifica. Il brano entra nelle charts nella sola Gran Bretagna, cosa che non accadeva dal 1982 (se si eccettuano due reissue di metà decennio, poco importanti). Non solo: la massima posizione raggiunta è una quasi umiliante numero 83. Parliamo di una band da numero uno e che fino a poco tempo prima non aveva alcuna difficoltà a penetrare nelle top ten di mezzo mondo. Che cosa è cambiato? Quanto sopra illustrato: il fallimento del roboante esperimento di The Seeds of Love lascia i due, Roland Orzabal e Curt Smith, amareggiati, delusi e insicuri su cosa fare della propria popolarità e del proprio successo. Probabilmente in quel momento, nell'estate del 1990, neanche loro lo sanno, ma di lì a poco si separeranno e il nome Tears for Fears, leggendario negli anni '80, finirà lentamente nel dimenticatoio assieme ad altre vecchie glorie del decennio della new wave. Famous Last Words sembra, in questo senso, un commento ironico su questa progressiva debacle già a partire dal titolo. Poco aiuta l'accompagnamento di un paio di tracce bonus (una sola nella versione in vinile), che del resto musicalmente c'entrano davvero poco le une con le altre. A questo aggiungiamo, punto importantissimo, l'assenza di un videoclip ufficiale che accompagni l'uscita del singolo. Nel 1990 per una band che voglia avere successo nel mainstream è fondamentale avere un video che passi su MTV. Di lì a poco il successo di un intero genere, cioè il grunge, sarà deciso proprio da questo. La decisione di lanciare il singolo "da solo", affidandosi esclusivamente agli ascolti e ai passaggi in radio (naturalmente le piattaforme streaming ancora non esistono) è azzardata e infatti non ripaga. Di più, riprova quanto sia fondamentale, all'alba degli anni '90, l'influenza dell'emittente videomusicale per eccellenza, crocevia tra band e mainstream fin dal 1981 (anno del suo lancio) e almeno fino alla metà degli anni '00. I Tears for Fears iniziano così a restare fuori dal fondamentale circuito del videoclip, nel quale certo rientreranno, ma solo sporadicamente. Per tutti questi motivi, si può ad ogni buon conto indicare l'uscita di Famous Last Words, per il duo, come "l'inizio della fine".

Famous Last Words
"Famous Last Words" (Le ultime parole famose) è originariamente la traccia conclusiva dell'album The Seeds of Love. Viene scelta come ultimo singolo tratto dal disco forse proprio un po' per chiudere un'era, come s'è detto, forse perché un album tanto intricato e complesso come quello non offre molto materiale "da radio" e le canzoni più adatte in questo senso sono già state sfruttate. Il brano comincia come una soffice ballata nella quale la voce suadente di Roland Orzabal si accompagna ad un piano leggero ed emotivo. La canzone inizia quindi un crescendo, con tanto di orchestra a decorarne l'atmosfera, che culmina in un climax che non è naturalmente solo quello del brano stesso ma anche, in origine, quello dell'intero disco. In ciò non possono non contribuire anche quei caratteristici toni da rock da stadio che il duo ha ormai, tempo il 1989, abbracciato appieno. Il testo vuole commentare in maniera poetica ed ambiziosa l'eterno scontro amore/odio, tema portante di The Seeds of Love ma che qui si scorge solo in parte. "Dopo il lavaggio / Prima del fuoco / Mi decomporrò / Mi scioglierò nelle tue braccia / Mentre il giorno colpisce la notte / Siederemo davanti a una candela / Rideremo, canteremo / Mentre i santi inizieranno a marciare / A per un cuore [A for an heart] / B per un cervello [B for a brain] / Insetti ed erba / Tutto quello che rimane / Quando la luce dall'alto / Brucia un buco attraverso il nostro amore / Rideremo, canteremo / Mentre i santi inizieranno a marciare / E non porteremo avanti più la guerra / Tutto il nostro amore e tutto il nostro dolore / Sarà solo una musica / Il sole e la luna / Il vento e la pioggia / Mano nella mano moriremo / Ascoltando la band che ci ha fatto piangere / Non avremo niente da perdere, niente da guadagnare / Solo restando in questa vita reale / Ancora per un ultimo ritornello".

Mothers Talk (US Remix)
"Mothers Talk" (Le madri parlano) è una canzone che appare inizialmente nel disco del 1985 Songs from the Big Chair. Una delle più riuscite di quel disco, anche a livello strettamente qualitativo e di arrangiamento, rimane uno degli episodi più notevoli dei Tears for Fears metà anni '80 e della loro concezione particolarmente "prog" della new wave. Un prog moderno che, lontano dai coevi revival del genere (Marillion e compagnia) accoglieva invece, come del resto gli stessi Genesis in quel periodo, synth ed elettronica, senza disdegnare uno sguardo anche, sì, ai club e alle piste da ballo. Ecco perché, se già la versione originale della canzone era studiata con un ritmo electro dance per far danzare e coinvolgere il pubblico dei locali, questa versione remix pensata per il mercato americano spingeva ancora più su questo tasto. E qui lo fa in particolar modo in un periodo nel quale negli Stati Uniti inizia ad emergere la cultura della techno e dei locali underground; non c'è la stessa scena rave che impazza in Gran Bretagna, ma di certo l'inserimento di una canzone del genere come b-side del singolo Famous Last Words non può ignorare le possibilità che avrebbe in terra americana. E poco conta che il remix sia già stato pubblicato in precedenza: l'occasione è buona per riprenderlo. Questa versione, rispetto a quella del 1985, è più lenta, più atmosferica e più incentrata su ritmo e strumenti. Il brano viene allungato, decorato da cori femminili e in generale reso meno "cupo". Questa è l'opera sapiente del produttore Bob Clearmountain, popolare in quel periodo grazie al suo lavoro con artisti come Bruce Springsteen, Hall & Oates e Bryan Ferry. La canzone, nella prima versione come in questa remix, parla della Guerra Fredda, all'epoca appena terminata ma ancora tema "scottante". Il testo si basa sul fumetto per adulti intitolato When the Wind Blows, di Raymond Briggs, risalente al 1982. Una coppia di anziani si trova a dover affrontare un disastro nucleare e nel farlo segue per filo e per segno le indicazioni del governo e i suggerimenti della propria morale più composta e tradizionale ("british", sarebbe a dire). Inutile dire che fanno entrambi una fine terribile. La satira è feroce e attacca non solo governo ed istituzioni guerrafondaie, ma anche una visione del mondo bigotta e superficiale, da ignavi. Il testo: "La mia espressione cambia con il tempo / Fine settimana, possiamo cavarcene fuori / La mia espressione cambia con il tempo / Possiamo cavarcene fuori / Quando il vento soffia / Quando le madri parlano / Non è che non sei buono abbastanza / È solo che possiamo renderti migliore / Dato che hai pagato il prezzo / Possiamo tenerti giovane e tenero / Seguendo le orme di una pira funeraria / Sei stato pagato per non ascoltare, ora la tua casa va a fuoco / Svegliami quando la faccenda inizia, quando tutto comincia a succedere / Alcuni di noi sono orripilati / Altri non ne parlano / Ma quando il clima comincia a bruciare / Allora saprai che sei nei guai / Seguendo le orme di una ragazza soldato / È tempo di metterti i vestiti ed affrontare il mondo / Non senti che la tua fortuna sta cambiando / Quando tutto comincia a succedere / Posa il tuo capo vicino al mio cuore / Il battere del tamburo è la paura del buio".

Listen
Nella versione in CD del singolo viene inclusa, per qualche motivo, anche "Listen" (Ascolta), la traccia conclusiva dell'album Songs from the Big Chair, del 1985. La canzone è un lento incedere ipnotico basato su un pattern di synth che accompagna un lungo percorso musicale molto incline ad esperimenti, anche per lo stile dei Tears for Fears. Da un lato anticipa quelle che saranno poi le esplorazioni dello stile post-rock, una musica rarefatta composta da sprazzi di suoni e scintille di musiche vaghe, proposta per la prima volta in modo definito dai Talk Talk, nel 1988, con l'album capolavoro Spirit of Eden. Dall'altro lato i Tears for Fears sono ancora bene immersi negli anni '80 e gli echi dell'epoca, sotto forma di suoni digitali ai primordi della tecnologia moderna fanno da contrappunto alla classica batteria "riverberata" stile Phil Collins, da loro già utilizzata in varie occasioni. Per completare il tutto, interventi vocali femminili, quasi lancinanti, e uno stile chitarristico, sposato sul finale, che non può non ricondurre all'astrattezza delle atmosfere dei Pink Floyd (e al modo di suonare caratteristico di un David Gilmour). Conclusione: la ripetizione, come un mantra, della frase in spagnolo: "Cumpleaños chica, no hay que preocuparse"; compleanni, baby, non c'è da preoccuparsi. Il testo: "Madre Russia malamente bruciata / I tuoi figli leccano le tue ferite, le tue ferite / Padre pellegrino, ha navigato lontano / Ha trovato un mondo tutto nuovo, tutto nuovo".

Conclusioni
Famous Last Words esce nel 1990, come detto. Un periodo di forti cambiamenti nel panorama musicale, del quale i Tear for Fears, da questo momento in poi, non rappresentano più un punto di riferimento. A metà anni '80, solo cinque anni prima, lo erano: catalizzavano una serie di tendenze caratteristiche della musica inglese del periodo, dall'avvicinamento della new wave e dei "successori" del punk all'elettronica e alle discoteche, alla concezione sempre più audace di quella stessa musica che, come il punk, doveva rompere in origine con il passato dei "dinosauri" quali Pink Floyd, Rolling Stones o Genesis. E invece, chi ritroviamo nell'album The Seeds of Love, lo stesso che contiene Famous Last Words? Phil Collins, che appare alla batteria in Woman in Chains. Tutto il resto della tracklist cerca di costruire a partire da una complessa impalcatura di commistioni di generi, stili e influenze tanto intricata da non poter non ricordare ciò che negli anni '70 facevano le band e gli artisti più disparati: la scena prog di Canterbury, o la fusion degli Steely Dan; l'ambizioso folk multi-strato degli Eagles o degli America, o il rock autoriale ma spasmodico del primo Bruce Springsteen. C'è di tutto, si guarda in più direzioni contemporaneamente e questo dimostra, almeno nel caso dei Tears for Fears, una cosa specifica: il punk, nella sua missione di rottura con il passato, ha fallito. Il loro non è l'unico caso, naturalmente. Band come i Cure, Siouxsie and the Banshees, New Order, i Police, persino i Simply Red (!) hanno tutte iniziato con il presupposto di proporre una musica energica, semplice, immediata e solida, proprio a partire dall'insegnamento del punk rock. Ma le band crescono, gli artisti crescono, il tempo passa e specie quando la fama arride e i riconoscimenti fioccano è difficile non perdere di vista il punto da cui si è partiti in primis. I Tears for Fears lo fanno: lo perdono di vista, si ritrovano sotto i riflettori e ne vengono accecati. Non sanno dove stanno andando e si perdono. Con The Seeds of Love la loro musica precipita in una dimensione auto-celebrativa che, del resto, appare tanto più pretenziosa se messa a confronto con le prime insistenti istanze alt rock che emergono dal territorio americano: i Pixies, i Jane's Addiction, i primi Soundgarden. Si prepara il terreno di un'altra rivoluzione simile a quella del punk, e cioè quella del grunge. Si ricomincia da capo ancora una volta, consegnando il testimone ad una nuova generazione che, di nuovo, intende rompere con il passato. E stavolta Roland Orzabal e Curt Smith sono il passato; si trovano, per così dire, dalla parte sbagliata della storia della musica, o perlomeno sicuramente da quella più "vetusta". Nel giro di soli dieci anni i due si sono trasformati: da ragazzini inglesi timidi e depressi sono diventati superstar mondiali, da profeti di una synth-wave profusa di gothic si sono trasformati in divi da arena rock che si inchinano alle ovazioni di un pubblico in visibilio. Non poteva andare altrimenti, ma lo scotto da pagare come sempre c'è ed è, anche nel loro caso, alto. Negli anni '90 per la loro musica ci sarà ben poco posto, e così anche nei decenni successivi. Con il sipario degli '80 cala anche un po' i loro, considerando poi certo anche la poco distante rottura tra i due. Orzabal prenderà in mano le redini del progetto ma, come già avvenuto con The Seeds of Love, non si dimostrerà in grado di imparare la lezione. Nei dischi successivi, Elemental (1993) e Raoul and the Kings of Spain (1995) potremo ascoltare gli stessi suoni sparsi, ambiziosi ma poco focalizzati, che già avevano causato la diluzione di quel che di buono c'era nella sua musica nel 1989. Una storia che, se vista da una certa distanza, ricorda quella di molti altri artisti. Il gruppo nasce nel segno del cambiamento, propone arte pura con intenti sinceri e lo fa con spontaneità e talento. Poi giunge il successo, le cose si complicano: le possibilità sono tante ma lo sono anche le complicazioni. Il pubblico si aspetta sempre di più. L'artista, insoddisfatto per sua stessa natura, chiede a sé stesso di più ancora. E poi il tutto implode, o esplode. Oppure, come in questo caso, svanisce lentamente: tanto lentamente che all'inizio neppure ce ne si rende conto.

2) Mothers Talk (US Remix)
3) Listen


