TEARS FOR FEARS

Everybody Wants to Rule the World

1985 - Phonogram Records

A CURA DI
ANDREA CAMPANA
04/03/2020
TEMPO DI LETTURA:
9

Introduzione recensione

Everybody Wants to Rule the World è il settimo singolo dei Tears for Fears, pubblicato il 18 marzo del 1985 e apice assoluto della loro carriera, almeno a livello commerciale, assieme al precedente Shout, uscito nell'autunno del 1984. Entrambi i singoli fanno da apripista, comprendendo anche un'uscita ancora antecedente, Mothers Talk, alla pubblicazione del secondo album del duo, Songs from the Big Chair, pubblicato il 25 febbario 1985 e immediatamente premiato con un successo mondiale. Everybody Wants to Rule the World si rivela il singolo di punta dell'album, in quanto canzone piuttosto leggera, ma che propone allo stesso tempo temi impegnati e scelte stilistiche inusuali. Il pezzo, scritto da Roland Orzabal assieme al tastierista Ian Stanley e al produttore Chris Hughes, viene inserito nell'album all'ultimo momento, in quanto Orzabal pensava che data la sua natura molto "digeribile" avrebbe contrastato troppo con le altre canzoni. Invece la scelta si rivela fortunata, per quanto in fondo fortemente voluta dal produttore Hughes, il quale prevede con arguzia che il singolo otterrà un grande successo sul mercato americano, doppiando quello già avuto da Shout qualche mese prima. Non avrà torto. E, come con Shout, la popolarità incontrata dalla canzone sarà in gran parte dovuta ad un videoclip fantasioso girato per l'occasione, che vedrà il bassista Curt Smith (anche voce principale nel brano) guidare una Austin-Healey 3000 per le strade della California, tra immagini suggestive che coinvolgono panorami del deserto, stazioni di benzina isolate, ballerini improvvisati e guidatori di dune buggies. Il pezzo, come accennato, vede l'utilizzo di musicalità leggere ma anche particolari, specie nella scelta di un ritmo shuffle (del tutto inusuale in un contesto rock) e di un tempo in 12/8. Anche se spesso categorizzata come new wave, la canzone risponde in realtà ad uno stile pop/rock molto orecchiabile, con forte presenza di chitarre in diversi assolo e ritmo tranquillamente ballabile. Il tempo inusuale viene ispirato, per ammissione stessa della band, dalla canzone Waterfront dei Simple Minds, del 1983, mentre il resto dei suoni adottati sono il risultato di un'evoluzione stilistica la cui origine si può rintracciare già nel primo album del gruppo, The Hurting, sempre del 1983: un'evoluzione che prende come base di partenza la necessità di accogliere più influenze musicali contemporaneamente. Allo stesso tempo, nel 1985, la new wave può ormai dirsi finita, almeno a livello stilistico: molti gruppi tradizionalmente legati a questa scena hanno ormai abbandonato lo stile "punk" (inteso in senso molto ampio), e sposato invece le più diverse ambizioni musicali. Così si muovono i Tears for Fears, che nel 1985 (e in Songs from the Big Chair in particolare) hanno ormai capito che ciò che sanno fare bene è semplicemente "la" musica, senza confini di genere, con un occhio all'atipicità e uno al mercato discografico. L'imbocco di questa direzione, ormai percorsa con sicurezza, dà i suoi frutti anche e specialmente in seguito alla pubblicazione di Everybody Wants to Rule the World. Il singolo raggiunge la posizione numero uno negli Stati Uniti, in Canada e in Nuova Zelanda (in questi ultimi due paesi vincerà anche il disco d'oro), la numero due in Gran Bretagna, Australia, Irlanda e Paesi Bassi, e diverse altre posizioni molto alte in svariati altri paesi; tra questi anche l'Italia, dove il singolo arriva alla posizione numero undici. Come se non bastasse, nonostante la canzone non riesca a raggiungere la cima della classifica in patria (impresa che con i soli singoli ai Tears for Fears non riuscirà mai), il duo avrà di che consolarsi quando, in seguito, la pubblicazione otterrà comunque il disco di platino. Il successo e la perdurante eredità di Everybody Wants to Rule the World però non si fermano lì: nel 1986 i Tears for Fears vincono, con il singolo in questione, il premio per il "Best Single" alla sesta edizione dei Brit Awards. Nello stesso anno, ne registrano una nuova versione a scopi benefici, intitolata Everybody wants to Run the World, che a sua volta otterrà un ottimo successo raggiungendo la posizione numero cinque in classifica in Regno Unito, e la quattro in Irlanda.

Everybody Wants to Rule the World

Everybody Wants to Rule the World (Tutti vogliono comandare il mondo) è una canzone che, sotto tutti gli aspetti, si dimostra il perfetto prodotto della propria epoca. Un pezzo pop/rock, con un tempo atipico ma un ritmo dance, il quale è poi accompagnato per tutto il tempo da una basso in synth che rende molto facile seguirlo. L'intera strofa si basa su un'alternanza di soli due accordi, cosa particolarmente apprezzata dalla critica dell'epoca, che rende plauso ai Tears for Fears per aver costruito un ottimo pezzo con così pochi elementi. Il cantato di Curt Smith è come sempre leggero e molto emotivo, anche se non si tratta più di quell'emotività negativa dei primi singoli del gruppo; anzi, tutto il pezzo esprime allegria, energia e spiritualità solare, e questo in aperto contrasto con i contenuti, che vanno invece in tutt'altra direzione (vedi sotto). Il ritornello è enfatico, accompagnato dalle chitarre, e diversi assolo molto rock intervengono poi in diversi punti della canzone per conferirle maggiore carattere. Una breve variazione (bridge) gioca con gli accordi e con le tastiere, per poi riportare all'ultimo esuberante refrain nel quale Curt Smith dà, vocalmente, il suo meglio. La coda della canzone si fa accompagnare da un altro assolo di chitarra, che lentamente sfuma trascinando il resto del pezzo con sé, e lasciando nell'ascoltatore una sensazione di pienezza e positività. Certo, come si diceva, ben diverso è il discorso una volta letto e interpretato il testo: "Benvenuto nella tua vita / Non si torna indietro / Anche quando dormiamo / Ti troveremo / Comportati meglio che puoi / Volta le spalle a madre natura / Tutti quanti vogliono comandare il mondo / È il mio progetto / È il mio rimorso / Aiutami a decidere / Aiutami a trarre il massimo / Da libertà e piacere / Niente mai dura per sempre / Tutti vogliono comandare il mondo / C'è una stanza dove la luce non ti troverà / Si stringono le mani mentre i muri crollano / Quando lo faranno sarò proprio dietro di te / Così grato che ce l'abbiamo fatta / Così triste che l'abbiano dovuta far svanire / Tutti vogliono comandare il mondo / Non posso sopportare questa indecisione / Sposato con una mancanza di visione / Tutti vogliono comandare il mondo / Dì che non ne avrai mai, mai, mai, mai bisogno / Un titolo di testa, perché crederci? / Tutti vogliono comandare il mondo". La canzone evoca nella prima strofa uno scenario Orwelliano, espediente tipicamente inglese e adottato solo due anni prima da Sting nella famosa Every Breathe You Take dei Police (che spesso viene ahimè scambiata per una semplice canzone d'amore). Il controllo alla "Grande Fratello" viene esercitato naturalmente da parte di governi e istituzioni, simboli d'autorità imposta la cui cecità conduce dapprima a scelte sbagliate, e quindi poi alla guerra. Guerra che, naturalmente, è in questo caso la Guerra Fredda, nuovamente in ebollizione durante il periodo Reagan/Tatcher. L'uomo comune deve quindi "comportarsi bene" e rinunciare alla sua natura (oppure, mantenendo il significato letterale di "mother nature", egli può disinteressarsi della cura dell'ambiente; è noto che gli anni '80 sono un periodo in cui ci si cura particolarmente poco di questi problemi). L'edonismo dell'epoca (libertà e piacere) viene collegato all'immagine di mani che ipocritamente si stringono "mentre i muri crollano", si crogiolano cioè nei privilegi reciprocamente accordati mentre la civiltà si sta distruggendo. Infatti la "room where the lights won't find you" non è nient'altro che un rifugio anti-atomico, struttura tristemente diffusa all'epoca. Nell'ultima parte della canzone, il narratore sembra rivolgersi a qualcun altro: un'amante, o un amico, fornendo rassicurazioni e chiedendone altre in cambio ("I can't stand this indecision") data la precarietà della situazione, e domandando all'altra/o una promessa: "Say that you'll never ever ever ever need it"; dimmi che sei diversa, che per te non è importante comandare il mondo (ossia, rinunciare alle cose importanti solo per potere, ricchezza e vantaggi di ogni tipo) quanto lo è per "tutti" gli altri. Insomma, i due si possono salvare ("So glad we've almost made it"). Un finale che porta quindi ad un dialogo, a una collaborazione, all'identificazione di due individui in una causa comune. In questo senso il testo di può collegare sia a quello di Shout (un inno di protesta e resistenza) sia a quello di Mothers Talk, nel quale i protagonisti sono altresì una coppia, che stavolta non fa però una bella fine. Invece, Everybody Wants to Rule the World sembra proporre una morale, se non positiva, quantomeno speranzosa, senza però per questo voler tralasciare quel certo senso di inquietudine derivante dai fenomeni descritti. Piccola postilla: il verso "so sad they had to fade it" è meta-testuale, perché fa riferimento alla canzone stessa, che, in quanto troppo lunga, termina appunto in un "fade".

Pharaohs

Pharaohs è la b-side del singolo Everybody Wants to Rule the World. Il titolo è un gioco di assonanza con il nome delle isole Fær Øer, site a nord della Scozia, poco al di sotto del Mar Glaciale Artico. La scelta non è causale, e ha direttamente a che vedere con il contenuto della canzone: nella traccia, infatti, non è presente alcun testo cantato, ma si ode invece una registrazione radio delle previsioni del tempo marittime lette dall'annunciatore Brian Perkins su BBC Radio 4, nella quale vengono appunto nominate le summenzionate isole. La scelta di questo contenuto particolare va a braccetto con le caratteristiche musicali della canzone: si tratta di un pezzo lento e molto atmosferico, che lentamente si trasforma in una specie di versione dub/ambient della stessa Everybody Wants to Rule the World, comprensiva di assolo di chitarra rifatto all'uopo. Un episodio musicale particolare, come è norma per le b-sides dei Tears for Fears, che fa bene il paio con il super-successo sul lato A, creando un contrasto perfetto.

Conclusioni

Con Everybody Wants to Rule the World, così come con Shout, i Tears for Fears raggiungono l'apice massimo del loro successo. Da band post-punk/new wave emersa con una certa difficoltà dalla scena regionale inglese, i due hanno saputo, nel giro di pochi anni, implementare notevolmente il proprio songwriting, in modo tale da raggiungere e persino superare gli altri grandi nomi usciti dalla medesima scena e che in quell'anno governano le classifiche. E infatti Everybody Wants to Rule the World riesce a diventare uno fra i più venduti singoli del 1985, scalzando dalla classifica americana persino gli amatissimi Wham!, che si sono posizionati da mesi al numero uno con Everything She Wants. In Gran Bretagna, il picco non si riesce a raggiungere solo perché in cima c'è qualcosa di quasi altrettanto intoccabile: il celeberrimo singolo di beneficenza We Are the World, comprendente un "cast" di celebrità musicali quali Michael Jackson, Lionel Richie, Stevie Wonder, Bruce Springsteen e tanti altri. Eppure, l'impatto del singolo dei Tears for Fears con la cultura degli anni '80 non va assolutamente considerato di secondo piano, in quanto la celebrità della canzone è sintomo di una ascesa tanto repentina quanto caratteristica dell'epoca: un duo divenuto famosissimo nel giro di tre anni, quasi esclusivamente grazie a una serie di singoli azzeccati uno dopo l'altro, e a video semplici, divertenti e intriganti che ne hanno fatto conoscere ovunque l'immagine. Per questi motivi in molti, ancora oggi, tendono a ricordare dei Tears for Fears solo Shout, Everybody Wants to Rule the World, Sowing the Seeds of Love (1989) e forse anche Mad World (principalmente per via dell'inserimento di quest'ultima nella colonna sonora del film Donnie Darko). Ma è sbagliato considerare Roland Orzabal e Curt Smith come delle "meteore": sì, il loro successo è arrivato in fretta, grazie a una combinazione fortunata di felici intuizioni stilistiche, apertura artistica e pubblicazioni uscite al momento giusto; è però vero anche che tutti questi risultati vengono raggiunti in virtù di una visione di base, che si evolve col tempo ma che è ben già presente e ravvisabile fin dai primi singoli. In altre parole, i Tears for Fears hanno sempre puntato in alto (magari senza sapere quanto in alto), e seppur si ritrovano felicemente sorpresi del riscontro ottenuto nell'anno d'oro 1985, a ri-ascoltare le loro canzoni e ad analizzarle oggi questa sorpresa non ha in fondo motivo d'essere. Everybody Wants to Rule the World è la sintesi perfetta di tutti i numeri che hanno reso il celebre duo un nome centrale della musica anni '80, e basta sentirla e risentirla per capire come ciò sia stato possibile. Da qui, inutile dirlo, per Orzabal e Smith la strada è tutta in discesa. Il successo si trasmette istantaneamente dal singolo all'album, Songs from the Big Chair; il quale, lungi dall'essere solo una collezione di hit, è in realtà uno fra i migliori lavori discografici realizzati negli anni '80, in quanto lascia spazio a tutta quella tendenza "dualistica" che così bene caratterizza lo stile del gruppo: super-successi da una parte, esperimenti complessi dall'altra. Everybody Wants to Rule the World si ritrova in qualunque compilation di grandi successi anni '80, e il suo impatto è tale che in molti ne realizzano delle versioni cover. Tra questi ci sono Gloria Gaynor, diva della disco music, che la ricanta già nel 1986; l'influentissimo rapper Nas, che campionerà il riff di chitarra per un suo brano del 2001; il trio jazz Bad Plus, specializzato appunto in cover, che ne eseguirà una propria versione nel 2007; e infine Lorde, una delle più acclamate artiste femminili contemporanee, che interpreterà la canzone nel 2013 per la colonna sonora del blockbuster The Hunger Games: Catching Fire. Ulteriori versioni meno note sono state eseguite in vari contesti anche dai Weezer, da Patti Smith, da Mayer Hawthorne e da altri ancora. Insomma, tirando le somme, una canzone che non passa certo inosservata, e che pone il sigillo definitivo sulla certificazione del successo e della popolarità dei Tears for Fears.

1) Everybody Wants to Rule the World
2) Pharaohs
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