TEARS FOR FEARS

Break It Down Again

1993 - Phonogram Records

A CURA DI
ANDREA CAMPANA
11/12/2021
TEMPO DI LETTURA:
7

Introduzione recensione

Nel 1993 inizia ufficialmente, dopo una breve parentesi di transizione, la "seconda era" dei Tears For Fears. Gli anni '90 sono ormai iniziati, e anzi inoltrati. Dopo la rottura con il collega Curt Smith, e dopo aver rischiato di vedersi implodere il progetto tra le mani, Roland Orzabal raccoglie le redini di una band che ha iniziato a muovere i primi passi più di dieci anni prima, in un contesto completamente diverso, nel quale il verbo punk era ancora vivido e la diffusione di synth e sonorità elettroniche promettevano l'avvento di un futuro musicale oscuro ma anche colmo di possibilità. Finito quel magico decennio ancora oggi noto come "gli anni '80", Orzabal si ritrova a capo di una creatura, la sua band, che ha mutato forma e che è ormai quasi indistinguibile da ciò che era all'inizio. Una specie di essere dalle fattezze irriconoscibili, che ha assorbito i più disparati elementi musicali qua e là negli anni, di pari passo con l'evoluzione dell'ambizione musicale con la quale lo stesso Orzabal fa fluire gli spasmi del suo ego nella sua musica, sempre più di successo. Una band da hit mondiali ma che, trovandosi all'improvviso in un decennio diverso, con tendenze e mode musicali invertite, sembra subire lo scherzo del tappeto sfilato di colpo da sotto i piedi. E quasi si ribalta, quindi. Quasi. Ma l'artista inglese riesce a tenere saldo il controllo sul timone e, chiamato un nuovo collaboratore, è pronto a tracciare una nuova rotta. Costui è Alan Griffiths, musicista che collabora con i Tears For Fears già dal tour mondiale del 1985, quello fortunato di Song From the Big Chair (il loro album best-seller di metà anni '80). Griffiths scrive assieme ad Orzabal tutte le canzoni del nuovo album tranne una, "Cold". Tra queste c'è anche il primo, fortunato singolo (di cui ci occupiamo qui): "Break It Down Again". Senza avanzare giudizi affrettati, c'è una cosa che si può dire subito di questo nuovo "assistente" di Orzabal: non è Curt Smith. Il cambio di formazione si nota, anche musicalmente, e l'impressione è certo quella di un organico rinnovato in virtù della visione unica di Orzabal, che fondamentalmente "assume" i collaboratori più disposti ad assecondare e ad approvare la direzione in cui crea. Lo stesso si può dire, grosso modo, per Tim Palmer, il produttore chiamato ad occuparsi del nuovo lavoro della band, in uscita proprio nel 1993. Quest'ultimo diverrà celebre come produttore dei tre successivi dischi dei Tears For Fears. Appunto "Elemental" (1993), "Raoul and the Kings of Spain" (1995) e l'album di reunion, "Everybody Loves a Happy Ending" (2004). Detto questo, a inizi anni '90 Palmer è già celebre per la sua attività in studio. Ha lavorato al mixing per diversi gruppi ed artisti importantissimi, arrivando con la sua attività a collaborare con nomi come quello di Mark Knopfler (Dire Straits) e sua maestà eccentrica David Bowie, per poi approdare ad inizio decennio, nel 1991, ad uno dei grandi capolavori del "nuovo" rock, quello che già molti chiamano grunge: "Ten", album di debutto dei Pearl Jam. L'impostazione è quindi quella indiscutibilmente rock, e lo si sentirà a più riprese nel disco di Orzabal (perché è, di fatto, un po' un suo disco da solista). La tendenza alternative del nuovo decennio viene abbracciata appieno e i ritornelli da stadio, le tastiere pulite e le ritmiche con eco degli anni '80 vengono quindi abbandonate in favore di un approccio moderno e, non lo si può non rimarcare, intelligente. C'è però tempo per capire se la nuova scommessa verrà vinta. "Break It Down Again", il primo singolo tratto dall'album, esce il 17 maggio 1993 in grande stile, con videoclip e suoni che accarezzano i Tears For Fears dell'era precedente, volendo riaffermare la "grandezza" di una band che non accetta (cioè, non lo accetta Orzabal) di farsi da parte, nemmeno per idea.

Break It Down Again

Musicalmente "Break It Down Again" (Distruggerlo di nuovo) si può considerare l'ultimo brano dei Tears For Fears davvero d'impatto, specialmente grazie alla memorabile melodia della strofa e in virtù dell'orecchiabilità e leggerezza del refrain. Orzabal si regge in piedi da solo, figurando nel video assieme alla sua band ma di fatto componente fondamentale e di certo leader indiscutibile del gruppo in questa fase della sua esistenza. Il pezzo è ancora molto anni '80, retto in gran parte su suoni ricavati da tastiere, chitarre poco distorte, molti echi, specialmente nella ritmica, e momenti cantabili e trascinanti da stadio. La canzone sembra ignorare il mutamento della scena coeva e trincerarsi nell'ultimo sprazzo di quelli che si possono definire i "Tears For Fears classici". Da questo singolo in poi, cioè a partire da dopo di esso, sarà tutta un'altra storia. Il testo della canzone fa evidente riferimento alla separazione da Smith e al bisogno di Orzabal di procedere oltre la fase di crisi dei Tears For Fears, ritrovando l'importanza della propria musica e del suonare dal vivo per la folla, al di là di ogni pretenzioso piano e progetto: "Quindi questi sono i miei sogni / E questi sono i miei occhi / Stare in piedi come un uomo / Testa dura come un cavallo / Quando tutto è confuso / Meglio distruggerlo / Nel mondo dei segreti / Nel mondo del suono / È nel modo in cui ti nascondi sempre dalla luce / Lo vedi da te, sei stato seduto su una bomba a orologeria / Nessuna rivoluzione, forse qualcos'altro / Potrebbe mostrare qualcosa di nuovo su di te e la tua canzone interiore / E tutto l'amore e tutto l'amore del mondo / Non fermerà la pioggia dal cadere, i rifiuti dall'accumularsi sottoterra / Distruggerlo di nuovo / Voglio distruggerlo / Quindi questi sono i miei schemi / E questi sono i miei piani / Consigli utili dai ragazzi / Notizie fresche dalla forza / Non si dorme non si sogna / Dicono gli architetti della vita / Bambini grossi che rimbalzano, pane e burro - Posso averne una fetta? / Non fanno menzione della bellezza della decadenza / Ombrelli gialli, rosa e blu / Tienili per un giorno di pioggia / Perdere tempo in giro / Pregare al potere, suonare per la folla con il tuo grande suono da hit / E loro non si faranno consumare, non si faranno consumare / Suona per la folla, suona per la folla / È nel modo in cui ti nascondi sempre dalla luce / Veloce via dal paradiso come Mosè su una motocicletta / Nessuna rivoluzione, forse qualcos'altro / Potrebbe mostrarti qualcosa di nuovo per aiutarti con gli alti e bassi".

Bloodletting Go

Eccoci a "Bloodletting Go" (Spargimento di sangue): questa prima b-side del singolo riprende molto le sonorità "etniche" del disco "The Seeds of Love", del 1989. Ritmi concitati prestati ad una melodia delicata e un accompagnamento di chitarra appena accennato. Il pezzo gioca tutto sull'atmosfera e sul cantato accorto, come nei brani più intensi della discografia del gruppo. Un altro esempio di quel tipo di tendenza, abbracciato specialmente da Orzabal, che mira alla costruzione di atmosfere e momenti intensi ma senza una solida base di songwriting. Il ritornello è particolarmente riuscito, ma non salva troppo una canzone che evidentemente è già destinata in partenza a restare uno "scarto".
Il testo è una protratta riflessione di stampo esistenzialista ma che non riesce a raccogliersi in metafore sufficientemente convincenti e di certo non riporta ai grandi momenti delle ottime intuizioni liriche di metà anni '80: "La vita, dice mamma, è un salasso / Se non mi importa di nulla / Il sole non brilla e l'erba non cresce / Un salasso / La società comanda con regole e regolamenti / Ma quando le cose si fanno così stancanti / Vedi tutto nella luce sbagliata / Presto non ci sarà più luce se il sole non brilla / Se per caso entrambi dimentichiamo / Il passaggio dello spazio e del tempo nel mezzo / Raccogli i pezzi freddi e bagnati / E guidali davanti alla luce per pulirli / Bei tempi, tempi cattivi / Il dolore verrà e andrà via / Se non mi importa di niente, il sole non brilla". Ancora paure legate ad una non precisamente identificata fine del mondo, su toni apocalittici che mirano alla ricerca sempre di una qualche sorta di "salvazione", tema che nella poetica di Orzabal non manca mai: nulla è davvero perduto, c'è sempre qualcosa che si può fare per evitare l'arrivo di una terribile "fine". In questo senso il "salasso", inteso come momento di grande intensità vissuto tanto dal fisico quanto dalla psiche dell'individuo, può essere visto sia come attimo di "trauma" che come positiva re-invenzione dell'essere, mirata ad una rinascita e alla riscoperta di una speranza di rinnovamento: "Il dolore verrà e andrà via"; il dolore trasforma, non uccide.

Schröedinger's Cat

"Schröedinger's Cat" (Il Gatto di Schröedinger) è un divertente esperimento pop/funk il cui titolo è ispirato al famoso esperimento teorico ideato dal fisico Erwin Schröedinger, sovente tirato in ballo per descrivere situazioni nelle quali una condizione può essere simultaneamente sia vera che falsa. La canzone è molto interessante, con un incedere deciso e sincopato, un'atmosfera ambigua ma anche molto blues, e un testo filosofico ispirato al famoso "gatto" di cui sopra. L'indecisione e l'incapacità di intraprendere una direzione univoca in una vita nella quale veniamo messi di fronte a fin troppi bivi sono sentimenti che vengono espressi con fine sarcasmo da chi comunque (Orzabal) di certo non può affrancarsi dalle difficoltà relative a queste prove cui veniamo sottoposti tutti noi, poveri umani: "L'ultimo treno per Norwich / I giorni d'estate che accecano il tuo volto saranno presto morti e sepolti / Sintonizzati su un giorno, il bambino contro il mondo / Hai preso il posto migliore, meglio rischiare quando le probabilità sono contro / Il gatto di Schröedinger è morto per il mondo / Come il tuo gatto vede nel buio / Critichi il gioco e ti isoli nella scatola / Ho sempre saputo che nel cuore eri uno scienziato / Come la brezza si alza e diventa impetuosa / Ti sei seduto sulla siepe / Ridendo come una gallina e aveva perfettamente senso / Passami quella pistola, allungami il coltello / Il piccolo mostro dell'uomo è stato riportato in vita". Anche qui scorgiamo accenti escatologici che sembrano ragionare su un tempo che sta per scadere, su una scelta da prendere, una decisione da compiere o un'azione da intraprendere prima che "sia troppo tardi": "Meglio rischiare quando le probabilità sono contro". In cosa consista questo troppo tardi non è dato di sapere, ma di certo non è nulla di buono e l'individuo comune deve impegnarsi nel capire le regole del gioco, per poter vincere. Questo riporta ad un certo individualismo di stampo anni '80, che gira molto intorno alla concezione che una persona ha del mondo che le sta attorno e di come può agire, singolarmente, per modificarlo o, viceversa, di quanto può subirne la natura senza fare nulla. I personaggi senza nome di Orzabal sono in effetti spesso e volentieri dei "succubi", piegati alle leggi della società ma anche a quelle dello spazio e del tempo. Ed è da queste leggi che, forse inconsapevolmente, il cantante cerca la giusta liberazione.

Conclusioni

"Break It Down Again" ottiene un notevole successo, considerando che arriva successivamente alla fine dell'era d'oro del complesso inglese e anche dopo la conclusione dell'epoca che li ha visti nascere ed incontrare il successo: gli anni '80. Il pubblico sembra accogliere la nuova versione del progetto (quasi) da solista e le sonorità pur sempre accattivanti fanno il resto. La canzone arriva alla posizione numero venti in classifica in Gran Bretagna, con un buon riscontro anche negli Stati Uniti e alla numero sette in Italia, dove ancora oggi figura tra i brani "minori" più popolari legati al nome Tears For Fears. Naturalmente, questo è solo l'inizio: o meglio, è la prima parte di un nuovo inizio. Roland Orzabal deve rimboccarsi le maniche e giocarsi il tutto e per tutto con l'album "Elemental", pubblicato non troppo successivamente rispetto a questo singolo apripista. Il disco vedrà la band muoversi verso sonorità alternative più decise, scartando in gran parte gli elementi synth e new wave anni '80 ma dirigendosi comunque verso un guazzabuglio musicale che certo non catturerà quella precisione da hit che caratterizza le canzoni più famose del gruppo, rimaste relegate al magico decennio '80. Invece, le canzoni di "Elemental" sposeranno la visione ambiziosa dell'Orzabal dell'89 con le possibilità e le prospettive offerte dagli anni '90: un decennio nel quale purtuttavia i Tears For Fears non riusciranno a trovare posto né tra le file del tanto decantato britpop né tantomeno, e non c'è da stupirsene, nell'ambito della scena alternativa sostenuta a quel punto da gruppi particolarmente ispirati come Blur e Radiohead. Inizia insomma a partire dal periodo successivo alla pubblicazione di "Break It Down Again", anche con una certa ironia beffarda, la lunga fase discendente della carriera di Orzabal e soci, che li vede man mano assurgere sempre più al ruolo di "relitti" degli anni '80, avanzi di un'epoca già tramontata e che si vedono sfuggire dalle mani la maestosità di quel successo così improvvisamente (e forse impunemente) guadagnato.

1) Break It Down Again
2) Bloodletting Go
3) Schröedinger's Cat
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