STIGMATUARY

Decimation Of Psyche

2016 - Rottrevore Records

A CURA DI
GIANCARLO PACELLI
08/12/2022
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Introduzione Recensione

Negli ultimi anni abbiamo assistito, con non poca sorpresa, a una serie di nuove scene che si sono affermate a livello internazionale, capaci di riscrivere il paradigma della musica in territori non per forza compiacenti alla classica anglosfera. A livello mondiale, infatti, paesi che prima vivacchiavano nella periferia della musica, e in particolare del metal, oggi stanno finalmente risalendo la china confermandosi ottimi distributori di musica. Dunque, non ci appare una sorpresa constatare che un paese come l'Indonesia, da più sconosciuto non solo dal punto di vista della produzione culturale, stia portando in auge gruppi molto interessanti, magari non eccezionali dal punto di vista della creatività artistica ma comunque lodevoli per applicazione a abnegazione. In questa sede vogliamo offrirvi un gruppo che per attitudine e passione merita non solo di essere menzionato, ma anche ascoltato per essere stato uno dei pochi che nei paesaggi meravigliosi dell'Isola di Java ha sorpreso tutto e tutti offrendo una musica che definire aggressiva significa fargli un complimento. Stiamo parlando di un gruppo che solo a partire dal nome evoca quell'immaginare collettivo che all'europeo o nordamericano piace molto: splatter, horror, sangue e chitarrone possenti. Gli Stigmatuary per farla breve amano essere ricordati non solo per le loro copertine ma anche per la loro musica, sebbene come vedremo nel resto del disco, non possa definirsi assolutamente rivoluzionaria. Anche perché quei ragazzoni indonesiani non hanno minimamente interesse a suonare e a sbarcare il lunario usando stili o armonie insolite. A loro piace suonare con chitarre al limite dell'umano, urlare come belve assetate di sangue e rovinare le pelli della batteria come se fosse. Gli Stigmatuary si sono formati a Bandung, Isola di Java (Indonesia), nel lontano 2008, ma vuoi per la non semplicità a trovare una coesione all'interno del gruppo, vuoi per la reticenza delle etichette a offrire loro uno spazio artistico, l'esordio è avvenuto solamente nel 2016: un ritardo che come vedremo non andrà assolutamente a inficiare negativamente, anzi dimostrerà la voglia di Donovan (chitarra e basso), Benk (voce), Oki (batteria) e Agung Prasetia (seconda chitarra) di voler spaccare il mondo a suon di decibel. L'amore e la passione per l'estremo non passano solamente per la copertina tipicamente splatter, bensì anche per la musica possente che pesca a piene mani a un certo stile americano di brutal death metal che negli anni si è estremamente modernizzato grazie a gruppi come Decapitaded o, se vogliamo, Archispire che hanno dannatamente alzato l'asticella. Ma attenzione, i due gruppi ora nominati non hanno niente a che fare con la band indonesiana, in quanto il loro suono è fortemente condizionato dal sound degli anni 90': il punto di riferimento principale degli Stigmatuary sono infatti i Suffocated di Frank Mullen, una band molto famosa non solo negli ambienti di nicchia che ha avuto il merito di battezzare il brutal death metal. Dunque, se adorate dischi come "Effigy Of The Forgotten", considerato il capolavoro della band americana, allora non potete fare altro che ascoltare il disco di cui parleremo oggi, intitolato "Decimation Of Psyche". La particolarità intrinseca del costrutto a cui i nostri sono legati è perlopiù forgiato su tracce cantate in inglese e in indonesiano, che vanno a formare un interessante equilibrio con la musica estrema, brutale, selvaggia e a tratti calibrata strizzando l'occhio al classico. Probabilmente, un siffatto sound non andrà a colpire gli amanti della prima fase del death metal, un disco del genere, vedendo la copertina, lo eviteranno come la peste; tuttavia, c'è da sottolineare che gli Stigmatuary non hanno nessun interesse a propalare musica per un pubblico specifico: vogliono semplicemente dimostrare che anche nel Sud est asiatico esistono realtà pronte a proporre musica di un certo tipo.


Brutal Infection

Dopo una breve introduzione, a tratti raggelante e cupa, dove non sono mancati "rumori" di ogni tipo, il disco inizia con l'interessante "Brutal Infection" (Infezione brutale). Un pugno in faccia, con la batteria e il rullante in particolare protagonisti in un mare di note al fulmicotone. La voce del cantante indonesiano Beki, così nera da risultare profondamente contaminata dal clima dell'Inferno, viene scandita a dovere da una chitarra fulminante. Al cospetto di questa musica, contraddistinta anche da pesantissimi breakdown, ci si perde come se fossimo immersi in un bosco maledetto, nel quale tutto può succedere. I vocalizzi si fanno fitti e i due minuti scarsi del primo pezzo, quasi a simboleggiare un omaggio al grindcore, si dimostrano paradossalmente pregni di una emozione nera come la pece. Il brano fila liscio come l'olio senza particolari contrappunti o impostazioni armoniche, ma ricalcando il cliché della musica estrema in una maniera piuttosto incisiva. Come primo brano si dimostra dunque molto interessante nella misura in cui concentra un mare di rabbia in due minuti scarsi, nei quali la chitarra di Donovan, accompagnata da basso e batteria, disegna traiettorie abbastanza efficaci. Un ottimo modo, insomma, per cominciare ad assaggiare un disco oscuro e maledetto.

Concept of Human Torture

La band di Bandung non si scompone nemmeno nella seconda composizione, fulminea e violenta come la prima ma dove si valorizza la capacità della lead guitar di intelaiare riff più solidi. La voce di Benk non muta di un millimetro, così come la velocità degli altri strumenti, tra cui il drumming indemoniato e il basso poco equilibrato. Gli Stigmatuary non badano alla forma, ma solo alla sostanza e alla fine hanno ragione loro costruendo una "Concept of Human Torture" (Concetto della tortura umana) mediante diverse rasoiate infernali; del resto, da quel titolo non ci si può aspettare nulla che non sia violenza e, appunto, tortura. Dal punto di vista delle scelte stilistiche gli indonesiani non eccedono quanto a sorpresa, ma alla fine riescono a portare a casa il loro risultato. Mentre tematicamente viene continuamente rievocato l'immaginario gore tanto caro al gruppo che si espleta nei solchi del brano. Infine, l'arma della brevità cui i nostri fanno riferimento in maniera pedissequa, ben si sposa con la capacità di scrivere brani ficcanti e rapidi, che nonostante non si discostino più di tanto dai cliché che ben conosciamo, al contempo ci fanno divertire tantissimo.

Monster Of Ands

Da un brano in un certo senso generico e figlio dell'immaginario del gruppo, passiamo ad una composizione che invece cerca di parlare di uno dei criminali più noti del mondo ispano-sudamericano. Stiamo parlando di Pedro Alonso Lopez, uno dei serial killer più noti della Colombia e non solo, avendo messo a segno quasi 300 omicidi complessivi dai primi anni 2000, prima di essere arrestato e condannato al carcere a vita. Ebbene, i nostri hanno voluto parlare di questo personaggio intitolandogli un brano, chiamato "Monster Of Ands" (Mostro delle Ande). Ritmicamente nulla di nuovo: rasoiate di chitarra, un basso fulmineo e dei vocalizzi degni dei migliori splatter movie. Mentre se andiamo andare un'occhiata al testo notiamo frasi e citazioni fortemente condizionate dai luoghi in cui Lopez ha operato (principalmente tra Colombia ed Ecuador). La particolarità del brano sta proprio qui, ovvero scandire i luoghi in cui il mostro delle Ande operava e, soprattutto, descrivere la tipologia delle vittime. Infatti, era solito compiere omicidi perlopiù femminili adescando le vittime nei modi più disparati. Insomma, con questo brano gli indonesiani narrano le vicende pazzesche e violente di quell'uomo, sottolineando il loro amore per l'estremo. Dal punto di vista compositivo si dimostrano efficaci alcuni intermezzi della chitarra secondaria, mentre a farla da padrone è ancora una volta la micidiale doppia cassa.

Pitam Babi

Dal significato più criptico del solito visto il titolo giù di per sé particolare, gli Stigmatuary continuano a proporre quanto di più feroce possibile, immettendo nelle orecchie degli ascoltatori melodie aggressive in grado frammentare tutto. "Pitam Babi" (epilessia) non usa arzigogoli: anzi, va dritta al sodo con lo scream di Benk più brutale del solito e il drumming martellante o ossessivo che non lascia scampo. Emergono dei leggeri intermezzi dove la melodia rallenta, ma questi durano veramente pochi istanti lasciando di nuovo spazio alla non-melodia dei nostri indonesiani. La traccia, ancora una volta, viaggia con il marchio classico del brutal death metal e ne va fiero, tanto che in questi tre minuti scarsi la proposta musicale va dritta come un treno. Di particolare effetto è la lingua indonesiana che viene usata, assai adatta alle atmosfere gore che rendono misterioso persino il senso stesso della composizione. La seconda chitarra, leggermente messa da parte nei brani precedenti, riesce ad essere successivamente più presente sebbene il dominio sonoro sia in mano alla prima. Infine, si sottolinea ancora una volta l'uso massivo della doppia cassa che si sposa sporadicamente che dei soli di chitarra, anche questi ottimamente usati nelle composizioni. In breve quindi possiamo dire che è il classico brano che piace a tutti i coloro i quali adorano alla follia suoni di questo tipo.

Pedophile Sadistis

Un viaggio nella mente perversa di un pedofilo viene proposto nella quinta traccia del pacchetto sonoro messo sul piatto dagli Stigmatuary. Violenza allo stato puro, rabbia primordiale e una più che rodata voglia di conoscere i pensieri reconditi di un malato. Questi tre ingredienti creano i presupposti per la prossima "Pedophile Sadistis", una composizione lunga tre minuti e ventisei secondi, condizionata da una precisa volontà, questa volta, di dare vita ad un qualcosa di corposo. Il brutal-gore che fa sa sfondo non cambia, ma si nota in generale un clima più costruito e figlio della tendenza a non voler massacrare per forza gli strumenti. Addirittura, durante lo svolgimento del pezzo sono presenti urla da far accapponare la pelle, al contempo il lavoro di doppia cassa appare più preciso. In generale, al solito clima massacrante si associa qualche breve momento di pausa in cui i vari strumenti smettono di strutturare il loro suono. Nel mentre la voce di Benk non muta di un millimetro andando incontro alle nostre orecchie con la consueta violenza e capacità di penetrazione. Ancora una volta gli indonesiani dimostrano il loro amore per il brutal death di stampo americano. E non sembrano aver voglia di fermarsi e respirare.

Ereksi Dekomposi

"Ereksi Dekomposi", il cui titolo in indonesiano ci riserviamo di non tradurlo, è l'ennesima mattonata in faccia verso noi ascoltatori. Il percorso intrapreso dagli Stigmatuary non cambia, anzi si fa di tutto affinché rimanga lo stesso: voce gutturale (all'inizio sembra provenire direttamente dall'inferno), drumming potente e chitarre affilate. Insomma, gli ingredienti soliti già assaggiati negli altri pezzi, solo che qui si evidenzia una maggiore propensione a costruire le prime trame con più parsimonia e con una maggiore capacità stilistica. Difatti, la band tinteggia la sua brutale composizione con stop & go al fulmicotone che creano i varchi nei quali la voce si sedimenta meravigliosamente (o, usando il gergo del gruppo, brutalmente). Poi ovviamente a farla da padrone è sempre la voce di Benk: qui, come già detto poc'anzi, non ha limiti a livello di capacità di diventare sempre più gutturale e profonda. A fare da corollario poi è la batteria di Oki, un autentico macigno. Sono sempre i "soliti" due minuti scarsi quelli proposti dagli Stigmatuary, ma c'è da dire che li sanno sfruttare appieno!

Decimation Of Psyche

Nel momento in cui la band si prepara per la title track, la fiammante "Decimation Of Psyche" (Decimazione della psiche) ci spiega tutto il senso del disco in sé: il brano racconta il modo con cui una persona vive una violenza sul proprio corpo. Si parla non a casa di decimazione della psiche, proprio perché oltre al corpo ad essere colpito maggiormente è anche lo stato d'animo, la stessa voglia di vivere. Difatti, i primi righi della canzone non sono altro che la descrizione di un vero e proprio atto violento nei confronti di una persona, alla quale il torturatore, che nel pezzo non viene per niente identificato, mostra tutta la sua violenza. Sangue, tanto sangue sgorga in questa canzone che in poco più di tre minuti riesce a comprimere la solita tessitura di suoni. Le chitarre impazziscono sin dai primi istanti: il clima è molto pesante, alcuni breakdown intervallano le varie note e nel mentre la voce del cantante Beki riesce a comportarsi in maniera quasi diligente. Il drumming, che a tratti ricorda una vera e propria drum machine, è devastante e puntuale durante suoi assalti. In più, sembra proprio che mentre si ascolta "Decimation Of Psyche", davanti a noi si palesi la vittima piena di sangue e ferite. Nemmeno le lacrime della vittima riescono a fermare l'omicida, anzi non sembra proprio avere in mente di fermarsi. Il brano si cementifica e si compatta ancora di più nel finale, riuscendo a proporre in salsa estrema una serie di soluzioni di chitarra molto efficaci, che non fanno altro che arroventare il clima.

Simulapsi Antipati

"Balza, uccidi, danneggia, la tua anima

Balza, uccidi, danneggia, la tua anima"

Con una presa del genere non possiamo che aspettarci sangue e ancora sangue dagli Stigmatuary che continuano a proporre la loro musica d'assalto senza discostarsi dalla tradizione del proprio amato sound. Nella terzultima "Simulapsi Antipati" viene riproposta la medesima ma se vogliamo si sceglie una via ancor più violenta con tutti i membri del gruppo letteralmente rinvigoriti dalle tracce precedenti. Tematicamente invece non ci discostiamo più di tanto dal classico leitmotiv narrativo che guida i gruppi di metal estremo: sangue, chitarre al fulmicotone e tanta violenza. Tutto questo fin dai primi istanti quando il rullante picchia fortissimo alla pari delle due chitarre sincrone, lo screaming è ancora brutale ma al contempo si dimostra assai acido nel suo intercalare. Il sound quasi geometrico cozza invece con la geometria vocale offerta dal nostro cantante il quale inacidisce ancora di più l'opera; mentre invece i breakdown sfiancano l'ascoltatore diventa ancora più poco melodioso. Un impasto sonoro dunque omogeneo e compatto, che sale d'intensità sebbene sia collocato in un contesto veramente breve, appena due minuti scarsi in cui gli indonesiani comprimono alla grande la loro idea di musica estrema.

Psychopatia

Il penultimo pezzo del lotto che, come vedremo, rimarca pianamente il suono generale del disco, tratta dal punto di vista tematico il concetto di lussuria, ovvero uno dei concetti ai quali i nostri dedicano poco spazio. La lussuria, una delle tre bestie dantesche dell'Inferno, viene tuttavia vista come uno scopo, un obiettivo da raggiungere nel più breve tempo possibile. La voglia di essere sadici da parte degli Stigmatuary si riflette anche dal punto di vista del suono in "Psychopatia" (Psicopatia): un mare violento di note ci avvolge in un lampo, mentre il martellamento continuo della grancassa, permette al vocalist di iniziare al meglio il suo cammino. La voce è come al solito spessa e cavernosa, in breve brutale: l'assalto delle note permette inoltre uno sviluppo più coeso della traccia, pur rimarcando i cliché tipici del brutal death metal. L'aspetto sicuramente più particolare è la durata, che in questo caso finalmente supera il minutaggio di tre minuti. Accanto a ciò si sottolinea un tentativo di diversificare i contenuti sonori, i quali non perdono di forza col passare dei minuti. Poi, mentre la voce di Benk si trascina a suon di decibel, ecco che le chitarre ripropongono all'impazzata una intelaiatura molto complessa, che strizza l'occhio al technical death metal.

Innumerable

Nell'ultima traccia "Innumerable" (Innumerabile), gli Stigmatuary cercano di chiudere il loro disco con un brano questa volta narrante un episodio di violenza. Gli indonesiani non hanno freni e dimostrano tutto il loro amore per le cose malate mediante questo brano diretto e malvagio. Come sempre a rompere il ghiaccio ci pensa la batteria furiosa di Oki, con alle spalle il vocione apocalittico di Benk a fare da corollario. Non serve chissà quale capacità interpretativa per capire al meglio "Innumerable": la violenza sonora si sposa a meraviglia con quella lirica e anche in quei momenti in cui sembra esserci una pausa ritmica, ecco che i nostri rincarano la dose con un suono a tratti realmente asfissiante. Insomma, non c'è la volontà di mostrare un lato tenero, anzi sembra quasi che gli Stigmatuary non vogliano dare un freno alla loro cavalcata micidiale. L'ennesimo brano che farà storcere il naso a qualcuno, visto anche il modo di scrivere molto diretto e particolare, ma è anche vero che i nostri sono coerenti fino alla fine e non hanno voglia di scendere a compromessi con nessuno. È un brano che piacerà tantissimo agli amanti dell'horror e delle brutalità.

Conclusioni

Giunti al termine di questo disco obiettivamente furioso e dissonante, condizionati da brani brevi e lancinanti, non possiamo dire altro che una band così merita di essere presa in considerazione. Beninteso, non tanto per la proposta musicale in sé, che come risulta facile anche ad un primissimo ascolto, pesca a piene mani alle band nordamericane di brutal death metal, quanto per la grinta che tutti i membri mettono in ogni brano, sfidando i loro limiti (perché chiaramente, dal punto di vista compositivo, ne hanno parecchi). È chiaro che gli indonesiani con la loro musica non hanno la pretesa di rivoluzionare l'intera scena, ma è altrettanto vero che provano in tutti modi a diversificare quei contenuti classici che noi tutti, in un modo o nell'altro, conosciamo abbastanza bene. Non solo gli anni 90', ma anche i primi anni 2000' sono sotto l'occhio di tutti appena si ascolta un brano degli indonesiani Stigmatuary: le citazioni che la band fa sono tantissime e non sono mai fini a sé stesse, ma sono amalgamate in una musica composita, ben assortita e ritmata. Il cantante compie una buona prova al microfono, e sebbene non sia una cima in inglese, riesce quantomeno a scandire bene le parole mediante un growl aggressivo e instancabile. Allo stesso tempo la sezione ritmica fa di tutto per prendersi la scena, creando il giusto retroterra a cui si agganciano tutti gli elementi: dalla chitarra gracchiante proveniente dalla metà anni 90', quindi parliamo della famosa scena che ha dato i natali al death metal, fino al basso che propone il proprio suono in un turbinio di note di difficile districazione. Infine, non possiamo non accennare al lavoro dietro le pelli che, nonostante non sia beneficiato da un suono pulito, riesce a dare una impronta dinamica e a variare i temi ritmici proposti. Questo disco sembra fatto esclusivamente per i fans del death metal della prima ora e gli Stigmatuary ne sono ampiamente consapevoli. L'obiettivo degli indonesiani di Bandung non è infatti colpire l'immaginare collettivo di un ascoltatore random che conosce poco la storia del death metal, piuttosto il loro compito è gettare nelle fauci degli ascoltatori estremi la musica che più gli aggrada; quella musica che non deve far pensare o riflettere, bensì deve solamente devastare l'apparato uditivo mediante dosi di violenza sonora. Ovviamente "Decimation Of Psyche" non è un disco da consigliare a chi sta solo ora iniziando il suo percorso nei meandri della musica estrema. Essendo un platter pieno di citazioni ad altri artisti e musicisti, non ha come detto la pretesa di insegnare qualcosa a qualcuno. Ha solamente il mero compito di far divertire l'ascoltatore con gli stilemi classici del più funesto brutal death metal. Dunque, solamente per questo merita un riscontro tutto sommato positivo, anche se appare chiaro che non risulterà degno di nota per coloro i quali amano solamente la prima fase (se così vogliamo definirla) del death metal. Infatti, se proprio vogliamo dirla tutta, a volte si eccede in maniera abbastanza palese a scegliere per forza le solite metriche tipiche del genere e non si osa, ad esempio, sperimentando stacchi acustici o altre soluzioni che vadano a spezzare il mare di note che sovrasta letteralmente l'ascoltatore. Comunque, in conclusione, possiamo semplicemente dire che questo disco è confezionato per quei metallari amanti del genere, per quegli amanti della musica che vogliono mettere alla prova i propri padiglioni auricolari, per quelle persone che vogliono realmente capire l'evoluzione che il metal sta avendo in paesi (come l'Indonesia, appunto) che, da un certo punto di vista, sono sempre stati la periferia del vasto universo musicale contemporaneo

1) Brutal Infection
2) Concept of Human Torture
3) Monster Of Ands
4) Pitam Babi
5) Pedophile Sadistis
6) Ereksi Dekomposi
7) Decimation Of Psyche
8) Simulapsi Antipati
9) Psychopatia
10) Innumerable