SOUL RAPE

Endless Reign

2015 - Punishment 18 Records

A CURA DI
SOFIA COLLU
05/10/2015
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

Il Death metal in Italia è un punto dolente. I fan di questo genere estremo non mancano, così come i gruppi nostrani che afferiscono a questo genere, solo che pochissimi di loro riescono ad emergere e a farsi strada nella selva oscura e irta di ostacoli del panorama musicale italiano. Per quanto riguarda il death "classico" dobbiamo tornare al 1999 per trovare un gruppo death nostrano che sia stato in grado di farsi conoscere nel territorio nazionale e internazionale; sto parlando dei pugliesi Natron. Invece, per quanto riguarda il death metal sperimentale, solo due gruppi sono riusciti, a metà degli anni novanta a farsi un nome anche oltre confine: i Sadist e i Vector, entrambi genovesi. Una situazione poco favorevole dunque, anche se, a onor del vero, bisogna dire che negli ultimi anni, anche grazie alla continua nascita di gruppi death, la scena italiana sta diventando leggermente più favorevole e alcune etichette, per lo più indipendenti, si stanno ritagliando un po' di spazio. Naturalmente, al gruppo che stiamo per presentarvi auguriamo di cuore di farcela. Andiamo dunque a Varese, anno 2007: Larry ( chitarra ) e Maurizio (batteria) decidono di dare inizio al progetto Soul Rape. I due ragazzi hanno le idee piuttosto chiare, infatti, non appena riescono a completare la formazione del neonato gruppo, iniziano a lavorare su materiale inedito con il preciso obbiettivo di chiudersi in uno studio di registrazione il prima possibile e diffondere la propria musica. Nell'aprile 2008 viene registrato il loro primo singolo : Primordial Paradox, brano che ritroviamo all'interno dell'album che ci apprestiamo ad ascoltare e analizzare per voi; disco che peraltro è stato pubblicato solo il 20 gennaio di quest'anno. Otto anni sono tanti per la stesura e la messa a punto di un solo disco, ma ,probabilmente, è anche grazie a questa lunga fase di lavorazione che il disco di esordio dei Soul Rape presenta veramente poche debolezze. Prima di passarlo al microscopio,preferiamo fornirvi qualche informazione generale che vi aiuti a orientarvi nella lettura e nell'ascolto di Endless Reign. Chi sono i Soul Rape, a grandi linee, ve l'abbiamo spiegato, ma manca l'informazione essenziale: cosa fanno? Death Metal. I varesini suonano un death che in linea generale può essere definito "classico", i quattro attingono a piene mani dalla scuola dei Death, ma non mancano le influenze derivate da altri sottogeneri del metal come il thrash, ad esempio. Si sente molto l'ascendente dei Nevermore, soprattutto nella seconda traccia, dove tra le altre cose troviamo proprio l'ex chitarrista della band di Warrel Dane. Tuttavia la musica dei Soul Rape presenta anche timidi aspetti progressive grazie all'uso centellinato, ma sapiente, di violoncello, clarinetto, flauto, parti vocali a cavallo tra lirica e canti gregoriani, c'è persino una breve parentesi jazzata. Detto questo, rimane il fatto che i Soul Rape sono una Death Metal band e, come suggerisce la definizione stessa, le tematiche affrontate nel disco sono quelle tipiche di questa branca musicale: prima su tutte la Morte, secondariamente il senso della vita, la sofferenza, l'angoscia, la rabbia; insomma tutto quello che è in qualche modo legato alla Signora in nero. Fatta questa brevissima introduzione, non ci resta altro da fare che andare ad ascoltare e analizzare le otto tracce contenute nel primo lavoro in studio di Larry e soci, che porta il nome di Endess Reign.

Endless Reign

Il compito di aprire il disco e traghettare l'ascoltatore all'interno del "regno senza fine" dei Soul Rape è affidato proprio alla title track: Endless Reign. La prima traccia ci accoglie con arpeggi di chitarra acustica, seguiti dalla melodia delicata di un violoncello, per un intro dal sapore classicista. La sei corde e il violoncello si intersecano, quasi alternandosi, per poi decrescere e infine scemare del tutto per lasciar spazio alla voce e all'inizio vero e proprio del brano di apertura. Il cantato è, come la tradizione richiede, in growl, il tempo dettato dalla batteria è inizialmente lento, per poi velocizzarsi sul finire della seconda strofa, rallentando nuovamente dopo l'unica frase di cui si compone il ritornello. Quest'ultimo viene eseguito in solitaria dalla sei corde, attraverso un riff ritmico e dinamico, che copre all'incirca due battute, prima di essere affiancato dal drum break che caratterizza la parte centrale di questo brano. Poco dopo l'ingresso della batteria, dei cori puliti chiedono lamentosi " Why they Kill? Why kill for him?" aprono la strada alla ripresa del growl, che però, sul finire di una strofa fantasma (la chiamiamo così perché sul libretto non è riportata) , si interrompe per lasciar spazio ad un acuto in falsetto. Siamo quasi alla fine del brano, ci resta da segnalare il guitar solo che stranamente esce un po' dagli schemi, trovando spazio solo al termine della canzone. Terminato l'assolo, viene ripreso il tema musicale, con il ritmo e il tempo che avevano caratterizzato le prime strofe di questo brano, fino ad estinguersi in una brevissima pausa (silenzio) che serve a dare più pathos e forza alla chiusura, fondamentalmente rappresentata da una frase in growl: We're victimized in a cynic death. Il testo è una riflessione sull'umanità e sulla miseria che l'affligge ed in un certo senso la contraddistingue. Miseria intesa non tanto come povertà economica, ma piuttosto come povertà d'animo e contemporaneamente come l'ineludibile destino di ogni essere umano: la morte. Una lirica che ripropone le domande che un po' tutti si fanno: "Perché uccidono? Perché uccidono per Lui ( Dio)?" . A quale dio si riferiscano non è chiaro, ma la domanda resta valida; la storia è costellata di massacri perpetrati dai popoli più disparati in nome di qualche divinità. Fin qui ci siamo limitati a un'analisi del testo superficiale, siamo arrivati solo a sfiorare la punta dell'iceberg, perché in realtà Endless Reign è molto più di questo; esso in realtà, con la semplicità apparentemente infantile di un bambino nell'età dei "perché?", va a toccare alcuni punti nevralgici della dimensione umana, assumendo così a una lettura più attenta le dimensioni di una riflessione "sui massimi sistemi" : la morte viene guardata da più angolazioni: procurata, inflitta, subita, paventata, talvolta desiderata; ineludibile spasimante, che ci aspetta al termine di una strada a fondo cieco. Le pause tra una traccia e l'altra sono talmente brevi che a fatica ci si rende conto che stiamo cambiando traccia.

Like The Serpent's Tongue

Infatti, appena un paio di secondi dopo la chiusura di Endless Reign veniamo travolti da Like The Serpent's Tongue, il cui il groove, almeno in un primo tempo, richiama molto l'apripista, tanto da dare quasi l'impressione che sia una sua estensione. La seconda traccia del disco risente molto dell'influenza dei Nevermore, come è giusto e quasi inevitabile che sia, dato che vede la partecipazione di Jeff Loomis (per chi non se lo ricordasse: ex chitarrista dei Nevermore e attualmente lead guitar degli Arch Enemy). Like the serpent's tongue entra quasi subito nel vivo. PeterBat ( all'anagrafe Pietro Battanta) e la sua batteria aprono e danno l'attacco di una sezione strumentale rapida, potente, dominata dalla sezione ritmica e dalla batteria, per un effetto sonoro oscuro e potente che richiama perfettamente lo stile che ha reso famosi Warrel Dane e Jeff Loomis. Larry ( ovvero Lorenzo Ferioli) alterna il growl a un cantato pulito, ma comunque leggermente impostato. Quest'ultimo viene usato in concomitanza di una leggera variazione del tema musicale: l'uso del doppio pedale si fa più intenso, tempo e ritmo, che inizialmente avevano rallentato, riprendono velocità con la ripresa del growl. Successivamente, raggiunta circa la metà del brano, con la conclusione della terza strofa, si ha nuova variazione: arriva il drum break di PeterBat , che prepara il terreno e sostiene il guitar solo della guest star. Infatti, subito dopo l'inizio di quello che potremmo definire un brevissimo drum solo, fa il suo ingresso l'inconfondibile tonalità dei soli di Jeff Loomis( il chitarrista statunitense, infatti, ha la caratteristica di usare la 7 corde tenendola con tutte le note accordate nell'alterazione bemolle, quindi abbassate di un semitono rispetto alla nota di rifermento. Questo fa sì che il suono delle singole note risulti più grave ). Il chitarrista statunitense, pulito e incisivo come sempre con i suoi sweep picking legati, sul finire dell'assolo viene "ripreso" e sostenuto dalla sezione ritmica. Quest'ultima, sempre presente, ma relegata a un ruolo marginale durante il solo (lungo quasi un minuto) del guitar hero, in questo punto della canzone oltre alla sua funzione di matrice, svolge anche un ruolo di "collegamento", infatti si fa più intensa e presente mentre le note bemolli di Loomis lentamente si estinguono, in un certo senso le riprende assicurando continuità e fluidità al brano, mentre gli altri componenti del gruppo riprendono il tema musicale che era stato interrotto per lasciar spazio all'illustre collaboratore e alla sua 7 corde. Siamo ormai arrivati alla fine di Like serpent's tongue, rimane solo il tempo di un'altra strofa in growl, nel corso della quale possiamo ascoltare un nuovo drum break fino a che l'ultimo urlo growl mette la parola fine a questa traccia. La lirica è l'amara riflessione di un individuo solo, sulla propria esistenza. Non c'è alcuna traccia di speranza in questo testo, ma non c'è neanche rabbia; esso è un concentrato di tristezza e disperazione. Like The Serpent's tongue è il racconto di uomo che guarda dentro di sé e vede solo odio e sofferenza, guarda la sua vita e la reputa insignificante indegna di essere vissuta, maledice il giorno in cui è nato, arriva persino a dire che sta diventando pazzo e desidera la morte. Vi starete chiedendo " E allora che diavolo c'entra la lingua del serpente?" C'entra perché il serpente ha la lingua biforcuta, e come tale essa simboleggia ,fin dalla notte dei tempi , i bugiardi, chi fa il doppio gioco, chi inganna. Gli esempi si sprecano, solo per citare il più famoso: Eva diede ascolto al serpente, mangiò la mela e Dio decise di punire lei e Adamo cacciandoli dal paradiso. In questo caso chi è l'ingannatore con la lingua biforcuta? La vita. Essa promette grandi cose, ma non mantiene mai quello che dice, le poche cose belle che ti capitano, te le fa pagare care e con gli interessi; senza contare l'inganno degli inganni: appena nasci, inizia l'inesorabile conto alla rovescia verso la morte, se non è una fregatura questa.

Illusion & Sufference

Illusion & Sufference: intro più delicato per il terzo brano proposto dai Soul Rape. I primi due giri prevedono l'uso di una sola chitarra, accompagnata fin dall'inizio da basso e batteria,poi all'inizio del terzo giro si unisce anche l'altra sei corde, che esegue esattamente le stesse note dell'altra, ma un' ottava sopra, quindi tenendosi su tonalità più acute, per altre due battute. Dopodiché il tempo e ritmo rallentano, della batteria resta il charleston, mentre il basso fa da "controcanto" agli arpeggi della chitarra. Questi ultimi si esauriscono lasciandoci in un silenzio (tecnicamente "pausa") talmente breve da essere appena percettibile perché la batteria rientra quasi subito ad annunciarci la ripresa del tema musicale che ha aperto il pezzo, ma con una novità: Guglio lascia per un momento il basso ed esegue la melodia d'apertura con il violoncello. Via via che passano i secondi, assistiamo a un crescendo strumentale che culmina in un deciso viraggio verso sonorità death, con linee di chitarra dal sapore thrash, annunciandoci così l'inizio del cantato. Quello che segue è una cavalcata death con un precisissimo lavoro di doppio pedale e rullante, un oscuro tappeto sonoro fornito dalla sezione ritmica, con rade note più acute delle chitarre che emergono dalle cupe sonorità death, almeno all'inizio, solo quando la voce tace. Infine, poco prima che il brano si estingua, troviamo quello che sembra essere uno dei caratteri distintivi di questo gruppo: il drum break,lento, su cui si sviluppano linee di chitarra thrash. "Illusione e Sofferenza", il titolo già ci indica l'argomento affrontato nel testo. L'illusione è quella di poter avere una vita perfetta, se vogliamo, anche quella di avere tutto il tempo che ci occorre per fare quello che vorremmo, ma il termine "illusione" va a braccetto con la delusione, che a sua volta si accompagna a una sofferenza di intensità direttamente proporzionale alla dimensione della delusione da cui è stata scatenata. Quale sofferenza può essere più grande di quella che accompagna il guardare la nostra vita e accorgersi che non solo non è perfetta, ma a volte è persino totalmente diversa da come ce l'eravamo immaginata? Per non parlare poi della continua agonia che ci accompagna quando perdiamo qualcuno, quando ci troviamo faccia a faccia, continuamente, con la morte di parenti, amici o anche solo conoscenti. Illusion e Sufference parla di questo, ma anche dell'estenuante ricerca di una causa, un motivo, un senso da dare a questa vita che abbiamo. In "tempi di odio e ossessione" che senso ha la vita che non abbiamo chiesto, ma ci è stata data? Siamo parte di qualcosa, ma cosa e perché? Che senso ha un'esistenza fatta di illusioni e sofferenza, di false speranze e rancore? Queste le domande senza risposta che si fanno i Soul Rape, dando all'intero brano un'impronta melanconica e carica di dolore.

Gargoyles

Proseguendo nell'ascolto ci imbattiamo in Gargoyles: brano tra i più potenti e interessanti dell'intero disco, nonché il più lungo dopo quello che porta il nome della band. Le influenze thrash del gruppo si sentono fin da subito. L'intro è affidato alle chitarre seguite a ruota dall'attacco della batteria, sempre ammesso che 1 minuto e 40 secondi di strumentale si possano ancora definire "introduzione". Esaurita questa prima parte strumentale, si cambia registro: inizia la parte vocale, il tempo si fa più incessante, le chitarre esistono riff brevi e incalzanti, dando ancora più pathos all'atmosfera cupa che accompagna il growl. Gargoyles presenta ben tre assoli di chitarra, il primo dei quali lo troviamo alla fine della terza strofa cantata, il secondo, molto simile al primo, lo troviamo circa a metà brano e infine l'ultimo, più grave nonché l'unico eseguito da Tambo, lo troviamo quasi alla fine. Anche qui Larry alterna il growl a un canto pulito, ma impostato, quasi teatrale. Al termine della seconda strofa il gioco di doppio pedale e rullante si fa più deciso, così come le taglienti linee thrash della chitarra. La sezione ritmica sempre presente e attenta a guidare e sostenere la struttura musicale, ha qualche fugace momento di gloria durante l'assolo di Tambo e nell'ultima manciata di secondi di questo brano; brevi istanti di un caldo walking bass perfettamente eseguito. In generale, Gargoyles non presenta grandi variazioni tematiche, i cambiamenti si risolvono quasi tutti nell'abbassare o innalzare di un'ottava le linee melodiche. La lirica della quarta traccia ci propone ancora una volta la stessa domanda esistenziale: Che significato ha la vita in un mondo di "fuoco"? I Gargoyles vengono dipinti come giustizieri e assassini; essi puniscono e uccidono, prendono vita mentre gli uomini dormono e nella valle su cui dominano regna il silenzio. La voce narrante li osserva risvegliarsi, sente le loro "urla" terrifiche, ma, dice, non ha speranza né paura, come chi ormai è rassegnato al suo destino e non ha più niente da perdere. La morte viene salutata come benefica salvatrice. Il vento viene rappresentato come distruttore dei corpi dei "veri martiri". I loro corpi sono dilaniati, ma i loro spiriti invece sono immortali, perché vengono ricordati dalle persone per cui si sono sacrificati, il loro sangue è stato versato invano, ma la memoria dei posteri assicura loro l'eternità.

With my Fingers I touched Death

Dopo essere sfuggiti dagli artigli dei mostri alati, ci imbattiamo in With my Fingers I touched Death: inizio con il botto anche per questo quinto pezzo. Anch'essa è piuttosto interessante da un punto di vista della struttura musicale, poiché presenta diverse variazioni tematiche al suo interno, nonché una rapida incursione in campo jazz, ma andiamo con ordine. La traccia inizia subito con una cavalcata di puro death di scuola europea, ovvero cupo,potente, ma pur sempre melodico. Doppio pedale, riff di chitarra a velocità impressionanti, growl e si può partire. Non dura molto però, come preannunciato, incontriamo la prima variazione non appena termina la  parte cantata, durante la quale a onor di cronaca va comunque segnalato il break time. Ecco quindi che cambia tutto: il ritmo si fa più lento e delicato, la batteria si avvale soprattutto dei piatti, la chitarra ci incanta con melodie delicate , dal sapore jazz. Una piacevole quanto breve pausa, perché il death riprenda il sopravvento, con chitarre che viaggiano a velocità al limite con il power metal. E poi ancora un solo di chitarra delicato,seppur veloce seguito da un brevissimo "solo" di basso e prima che venga ripreso il tema musicale inizia,le, che ci accompagna fino al termine della traccia. La lirica di questo brano è piuttosto breve, allegorica, quasi criptica nel suo contenuto. Attenendoci ad una lettura superficiale, derivante dalla traduzione letterale del testo, la lirica appare quasi insignificante, poiché l'autore si limita a dirci che la morte è passata e la gioia è dentro di lui, nascosta dietro la maschera del genere umano. Dicevamo che è un testo difficile da interpretare, il motivo è semplice, questo, come quello della canzone seguente, è un testo molto corto, e pertanto non molto esplicativo. Tuttavia, leggendolo bene si può provare a fare alcune ipotesi interpretative, anche aiutandoci con i testi delle precedenti canzoni. La morte nascosta dietro la maschera del volto di una persona, può essere interpretata in vari modi: poiché ognuno di noi è condannato a morire, la morte può assumere il volto di chiunque di noi, se prendiamo per buono il senso lato di questa frase. Un'altra interpretazione potrebbe prendere le mosse dall'asserzione che ognuno di noi, nelle giuste condizioni e determinate situazioni favorevoli, può diventare un assassino e in quanto tale impersonare la morte. O ancora, quando muore qualcuno a noi caro, andiamo a vegliarlo nella camera ardente e magari lo sfioriamo con le dita, stiamo toccando la morte; certo tocchiamo il volto del nostro caro, ma lui non c'è più, non come lo conoscevamo noi, di lui è rimasto solo il corpo e dunque la morte che si cela sotto la maschera del volto di un essere umano.

Saudade de Morte

E' il momento di Saudade de Morte: apertura soft,lenta e rilassante, dalle sonorità quasi latino americane, salvo poi farvi saltare sulla sedia quando senza alcun preavviso arriva il growl e la batteria si fa pesante, scandendo un tempo da cardiopalma, coadiuvato da una sezione ritmica poco lontana dalla perfezione. Per essere il brano più corto del disco, Saudade de Morte contiene diverse sorprese. Oltre a quelle già citate, troviamo anche la voce eterea di Laura Tenti, delicata e melodiosa come un usignolo, si erge al di sopra del "brutale" accompagnamento musicale, per un effetto globale da far venire la pelle d'oca. La donna ci accompagna fino al termine del brano con la sua voce, mentre il commento musicale da violento diviene più mesto e delicato, riprendendo il tema che aveva dato avvio alla canzone. Testo scarno, appena due strofe per questa saudade de Morte. Lo dice il titolo stesso, è un inno alla Morte , anzi, per essere più precisi, è un testo che vuole rimarcare una volta di più l'impossibilità di sfuggire alla nera signora, sia fisicamente che mentalmente, perché chiunque di noi ci ha pensato almeno una volta, alla morte, a come questa lo coglierà. Pensiero spaventoso, ma anche per certi versi rassicurante idea che prima o poi ci sarà una fine alla sofferenza. Temuta e agoniata allo stesso tempo, la morte è invincibile e incorruttibile, una delle poche certezze nella vita di ogni individuo. Non esistono medicine né soldi che possano tenerla lontana per sempre. Siamo suoi, inevitabilmente, tutti suoi, senza differenze, la morte non fa distinzione tra ricchi e poveri, belli o brutti, forti o deboli; ci vuole tutti, siamo tutti suoi.

Soul Rape

Proseguendo in ordine troviamo Soul Rape: brano sui generis dall'inizio alla fine. Pensate ai vari film horror che avete visto nella vostra vita, richiamatene alla memoria uno qualsiasi; hanno tutti in comune una cosa: presto o tardi, che sia accompagnata da una colonna sonora inquietante o emerga dal silenzio più profondo, si sente la risata di un bimbo e, dopo un tempo variabile, un urlo. Ecco, questo è esattamente la scena con cui si apre la traccia che porta il nome della band. Ora che siete entrati nella giusta atmosfera, possiamo addentrarci nell'analisi del film. Si, avete letto bene, l'abbiamo chiamato film perché è vero, mancano le immagini, ma se avete un po' di immaginazione e una certa sensibilità musicale le scene vi appariranno davanti senza troppo sforzo: la voce narrante c'è, la musica fa il resto: c'è la tranquillità di una casa apparentemente sicura, una bambina che ride, le urla, la scomparsa, l'estenuante ricerca della bambina scomparsa, la rabbia, il terrore, la disperazione; tutto espresso dalla sapiente miscela delle sette note e delle loro alterazioni. L'inizio di Soul Rape ci viene segnalato dalle risate di una bambina e dal rumore di un temporale, poi il frontman inizia la sua performance canora con voce grave,leggermente sporcata, accompagnata dallla melodia del violoncello. Quindi, la canzone entra nel vivo, tutta la strumentazione inizia il suo concerto accompagnando il canto, da "aria antica", di Laura Tenti. Ecco che poi entriamo nella parte dell'incubo della bambina rapita, con l'arrivo del death più crudo, veloce,tagliante oscuro. Si cambia di nuovo: l'infanticidio viene rappresentato da un tempo più lento, un growl cavernoso, lento, interpretato come se a cantarlo fosse un pazzo. Siamo circa a metà brano, ritroviamo di nuovo la voce della Tenti , come a segnalare l'anima della bambina che lascia il corpo esanime. A questa parentesi eterea segue l'ultima parte cantata, diabolica, la voce è pulita, ma si esprime su ottave gravi per donare l'effetto della signora in nero che deride la bambina per la sue speranze di salvezza, naturalmente accompagnato da riff velocissimi, acuti, contrapposti all'oscurità donata da batteria e sezione ritmica; accoppiata che rende ottimamente l'idea della vita infernale a cui è condannata la ragazzina. Il testo narra una leggenda medievale ambientata nel castello di Montebello ( in Emilia Romagna, più precisamente nella provincia di Rimini), sulla misteriosa scomparsa di Azzurrina, figlia di Ugolino, feudatario di Montebello nel 1375. Il vero nome della bimba era Guendalina, ma tutti la chiamavano azzurrina per via dei suoi occhi azzurri e dei capelli chiarissimi, che a quanto pare, avevano riflessi azzurri a causa di una tinta venuta male che i genitori le avevano fatto per nascondere il vero colore dei capelli e quindi proteggerla ( la piccola era albina, ma stiamo parlando del Medioevo, una delle epoche più oscure della storia, dove qualsiasi cosa "fuori dalla norma" poteva portare una condanna a morte). La bambina scomparse tragicamente il 21 giugno del 1375 nel nevaio del castello e il suo corpo non venne mai ritrovato. Secondo la leggenda, il suo fantasma è ancora là fra quelle mura, ed il 21 giugno di ogni anno si sentono rumori inspiegabili provenire dal castello. I Soul Rape dunque ci raccontano questa leggenda, ma da un altro punto di vista, quello di Azzurrina che racconta la sua morte a qualcuno (presumibilmente la Morte stessa). La fanciulla parla in prima persona, racconta l'incubo che ha vissuto il giorno in cui è scomparsa mentre giocava nel nevaio del castello. Racconta il suo dolore, la sua ossessione. Il suo interlocutore parla a lei e poi a noi, ci dà un'informazione precisa: la ragazza è stata rapita e uccisa,è una vittima innocente, ma neanche lei ha scampo, lei come i vivi è prigioniera delle sue speranze, della sua voglia di rivalsa, solo che lei è un fantasma e come tale le sue pene non avranno mai fine.

Primordial Paradox

Dopo questa botta di macabra danza mortale, incontriamo Primordial Paradox: scritto e inciso nell'aprile del 2008, il brano che chiude Endless reign, è a tutti gli effetti il primo nato in casa Soul Rape. Si apre con una sezione strumentale a carico di tutta la band, con un quattro quarti ritmato. La parte cantata inizia quasi subito, incalzata dal gioco di doppia cassa della batteria. Poi il tempo rallenta improvvisamente, le chitarre si fanno più dolci e acute, con linee melodiche che viaggiano su tonalità maggiori. Riprende il canto lento, più scandito, poi la voce tace e il vocalist lascia parlare la sua sei corde con un assolo emozionante ,seppur relativamente semplice nella sua struttura, che ci traghetta verso il drum break e il passaggio a sonorità più thrash/death. In questo brano troviamo anche una piccola chicca: il solo di basso che spezza la consueta monotonia degli strumenti, rinverdendo e rendendo ancora più particolare il sound. Infine il paradosso primordiale si chiude con il growl di Larry che si innalza prima su un corposo doppio pedale, poi mentre il suo urlo si estingue anche la batteria tace, fatta eccezione per gli ultimi delicati colpi di splash. Il testo definisce la vita come una tortura, la verità rappresentata come un albero mutilato, il suo spirito risiede nell'eccitazione della morte. Qualche chiave di lettura ce la fornisce la penultima strofa, letteralmente tradotta: "Vivere soli è un eterno ritorno dell'odio". Ecco quindi che tutto ci appare un po' più chiaro: la solitudine, quella situazione per molti spaventosa, quasi terrificante, per altri un bel rifugio sicuro in cui rigenerarsi, per tutti un momento in cui volenti o nolenti si devono fare i conti con noi stessi, trovando una profondità che fa paura, perché quella sgradevole sensazione di vuoto interiore a volte può essere senza fine, così spaventosa da farci trincerare dietro bugie senza senso, ma pur sempre più comode della dura e cruda verità. Ecco quindi che la vita diventa una tortura: verità terribili e gabbie di bugie da cui non puoi fuggire, poiché diventano sempre più spesse man mano che la vita va avanti, così imponenti da far dimenticare qual'è la verità che devono celare; di qui, il titolo, che è anche la più veritiera delle conclusioni, il paradosso primordiale: scappi dalla verità, la mutili come se fosse un albero, ma più cerchi di distruggerla e più diventi prigioniero delle tue bugie, fino a non poterne più uscire fino alla fine, quando infine arriva la morte a liberarci.

Conclusioni

Endless Reign presenta qualche punto di debolezza all'inizio, ma nel complesso è un disco di buon livello. Il suono è pulito, ottima sia la registrazione che la qualità della produzione. L'artwork racchiude in sé tutti gli elementi trattati nel disco: i Gargoyles, simbolo di morte e distruzione ed una città in lontananza, con gli edifici che cadono a pezzi e malefiche radici che cercano di distruggere quel poco che è ancora rimasto in piedi, insomma la fine del mondo.Relativamente al primo brano, nonché Title track di questo primo lavoro in studio dei soul rape, a livello strumentale la cosa più interessante e degna di nota è senza dubbio la batteria, per il resto il brano è ben strutturato, ma niente brilla in modo particolare, né da un punto di vista tecnico, né dal punto di vista delle emozioni trasmesse. Like Serpent's Tongue è bella, efficace, ben strutturata, trascinante, ma, sfortunatamente, quello che è il suo punto forte ( il groove stile Nevermore e la presenza di Loomis) è anche il suo tallone di Achille, ricorda decisamente troppo la band di Loomis e Dane. Da qui in poi il disco migliora di canzone in canzone, Illusion & Sufference, presenta uno dei migliori assoli del disco, Gargoyles è potente, ritmata, una delle canzoni che ha la maggiore probabilità di andare a far parte dei cavalli di battaglia della band. Passando poi per Saudade de Morte, piccola perla musicale, breve, ma intensa e carica di sorprese, fino ad arrivare alla canzonem che porta lo stesso nome del gruppo. Personalmente ritengo che Gargoyles e Soul Rape siano le canzoni più riuscite dell'intero disco. L'unica che ha convinto poco chi scrive è l'ultima, che poi è anche la prima della carriera dei quattro varesini. Primordial Paradox è indubbiamente ben strutturata, ma forse inserirla dopo una traccia potente ed emozionante come Soul Rape non è stata una buona mossa. Difficile trovare qualcosa che possa tenere testa a una canzone che assomiglia a un film privato delle immagini. In conclusione, il disco complessivamente è buono, il livello tecnico è alto, certo, possono ancora migliorare, ma i Soul Rape sono decisamente partiti bene. Avete la facoltà di decidere se acquistare il disco oppure no, ma almeno una volta dovete ascoltarli. Posso affermare con una certa sicurezza, che per molti di voi diventeranno una droga perché anche se il loro death è relativamente semplice e privo di troppi tecnicismi,come tutte le cose semplici, arriva dritto a chiuque lo ascolti senza pregiudizi e con la voglia di ascoltare qualcosa che non sia frutto del lavoro dei soliti noti; soprattutto non va tralasciato il meccanismo attraverso il quale ci si lamenta sempre di quanto la musica moderna italiana, specialmente in campo alternativo, stia man mano morendo, o che ancora peggio, non abbia niente su cui poggiare le proprie radici, ed invece, se si va a scavare bene, formazioni come queste vengono fuori in tutta la loro carica di devastazione e caos, rapendoci al primo ascolto e facendoci capire assai bene quanto il sottobosco del nostro paese brulichi di formazioni che bramano soltanto di essere ascoltate.

1) Endless Reign
2) Like The Serpent's Tongue
3) Illusion & Sufference
4) Gargoyles
5) With my Fingers I touched Death
6) Saudade de Morte
7) Soul Rape
8) Primordial Paradox