SLAYER
World Painted Blood
2009 - American Recordings
MARCO PALMACCI
12/04/2016
Introduzione Recensione
Il 2009 degli Slayer sembrava proprio non volersi arrestare. Dopo due ottimi singoli del calibro di "Psychopathy Red" ed "Hate Worldwide", infatti, i nostri decisero di continuare a battere il martello sull'incudine, sfornando un'altra succulenta anticipazione di quel che sarebbe stato il "Mondo tinto di sangue". Quale modo migliore, dunque, se non quello di presentarci in anteprima la titletrack del disco praticamente in uscita? Esattamente, imminenza, proprio perché dopo il singolo "World Painted Blood" l'album effettivo sarebbe definitivamente uscito, mostrandoci in tutto il suo tetro splendore l'ultima fatica di una band leggendaria. Ancora in vena di picchiare e di lasciare lividi addosso agli ascoltatori, ancora sulla strada, volenterosi di macinare, mordere, tagliare. Un lavoro, "World Painted Blood", che paradossalmente sarebbe stato il canto del cigno della formazione originale. Si stenta a crederlo, visto il nuovo corso intrapreso da "Christ Illusion" in poi. L'ottimo lavoro svolto nel 2006, con conseguente reunion; sommiamoci due singoli datati 2009 e devastanti quanto lo furono diverse tracce "storiche". La macchina sembrava fin troppo ben avviata.. ed invece, era lì e lì per sfasciarsi. Dopo l'uscita di "World..", infatti, assistiamo al licenziamento di Dave Lombardo, questa volta per sempre slegatosi dall'Assassino a causa di gravi dissidi interni (economici, soprattutto). In seguito, la prematura scomparsa di Jeff Hanneman, portato via da una maledetta cirrosi epatica, dovuta ai suoi problemi con l'alcool. Stando almeno a quanto confermato da Tom Araya e Kerry King, i quali dovettero loro malgrado (e per rispetto verso i fan) diradare le nubi di mistero circa il trapasso di Jeff. Alcuni, difatti, pensarono alle più molteplici cause: prima fra tutte, la fascite necrotizzante contratta dopo il morso di un ragno; poi il referto medico che parlava di insufficienza epatica. In ogni caso, un fratello aveva lasciato la sua famiglia. Capite bene, dunque, quanto "World Painted Blood" nasconda in se, analizzato a posteriori, un che di nostalgico, di triste, quasi. L'ultimo album degli Slayer con la formazione originale. L'ultima fatica dovuta alla sinergia di Tom, Kerry, Jeff e Dave. Un disco da tramandare ai posteri, che segnerà la fine del nuovo inizio targato 2006. Nel giro di pochi anni, tutto scomparve. Inesorabilmente. Certo, gli Slayer sono ancora in pista (il figliol prodigo Paul Bostaph, Gary Holt come sostituto di Jeff), tuttavia non possiamo fare a meno di chiederci come sarebbe stato se nulla di tutto questo fosse successo. Se Dave fosse rimasto a bordo, se Jeff non fosse morto. Con i "se", purtroppo, non si va poi molto lontano. Tutto quel che abbiamo è questo platter, anticipato da un singolo che, come i precedenti, promette sicuramente scintille. Notiamo come la durata di "World Painted Blood" (il brano, si intende) sia di più ampio respiro, rispetto ai primi due singoli analizzati nel corso degli altri articoli. "Psychopathy.." ed "Hate..", difatti, preferivano concentrarsi sulla violenza senza quartiere, splendidamente condensata in due minuti abbondanti di musica. Questa volta, invece, ci approcciamo con un brano di quasi sei minuti. A detta di Hanneman ed Araya, poi, direttamente connesso con il brano "The Final Six", già presente in "Christ Illusion" e riguardante la fine del mondo. Cosa dobbiamo dunque aspettarci? Una bella cavalcata solenne e perentoria stile "South Of Heaven"? Un'altra coltellata alla velocità della luce? O un brano per così dire "misto", racchiudente tutte queste caratteristiche? Non ci resta che scoprirlo.. Let's Play!
World Painted Blood
Notiamo come l'inizio di "World Painted Blood (Mondo Dipinto di Sangue)" sia stranamente calmo. Sound quasi soffuso, il quale diviene più presente man mano che i secondi scorrono. Possiamo udire distintamente degli stacchi assai marziali eseguiti con precisione da Dave Lombardo, il cui rullante sembra accompagnare al patibolo un condannato a morte. Le chitarre accennano un sound confuso ed impastato, mentre una voce inquietante inizia a declamare i primi versi. Non passa troppo tempo, comunque, e subito King ed Hanneman cominciano a scandire un riff minaccioso ed oscuro, sorretto magnificamente da una batteria intenta a mostrare un incedere ipnotico, quasi "tribale", sacrale. La drum of doom di Dave comincia dunque a farsi ascoltare con maggiore presenza, ed allo scoccare del primo minuto, le asce cominciano a mordere definitivamente. Riff incalzante e rugginoso, la velocità finalmente si palesa così come la voce da demone di Araya, il quale fa la sua comparsa trascinandosi dietro tutta la band, in un vortice di malvagità. Tosti giungiamo al primo refrain, frangente che mette momentaneamente da parte la velocità senza quartiere optando per tempi più cadenzati. I tamburi di Lombardo tornano più precisi e chirurgici, mentre anche le chitarre sembrano adagiarsi sul lavoro del buon Dave, rinunciando in parte alla loro furia iconoclasta. Di lì a poco, comunque, si riprende a correre come se non ci fosse un domani. Batteria spacca ossa e riffing work degno di "Reign in Blood", il tutto si infrange nuovamente in un ritornello più "preciso" e "quadrato" dopo il quale sopraggiunge una gradevolissima parentesi strumentale. Un riff particolarmente melodico, allusivo nella sua maligna oscurità, che ci introduce a sua volta in una nuova parte cantata e dominata da ritmiche più ragionate e cadenzate. Un'andatura particolarmente gradevole, che non indugia nella violenza sonora ma mostra comunque i muscoli dei Nostri, intenti come sempre a "far gli Slayer", né più né meno. Minuto 3:22, la batteria di Dave ci fa udire il tintinnante sound del ride mentre le asce danno vita ad un momento confuso ed assai inquietante. Turbinio di suoni oscuri e rugginosi, degna colonna sonora di una fine del mondo annunciata. Tutto funge da preludio per l'inizio di un assolo sui generis, il quale beneficia di questo clima di confusione generale per dar vita ad un qualcosa di decisamente particolare. Sentiamo in fatti note squillanti emesse ad intermittenza, quasi stessimo udendo una sirena, o addirittura un coro di anime fustigate e torturate a morte. L'urlo di una Banshee che salta fuori da un marasma di ruggine e polvere urticante. Si prosegue facendo ruggire gli strumenti, sino ad arrivare al minuto 4:10. Lombardo tiene un tempo ragionato e per nulla veloce (grande protagonista: il suo crash) mentre Tom Araya decide di iniziare a declamare, più che cantare. Le asce rimangono aggressive, ma sempre composte e mai intente a prevaricare alcunché. Il momento si rivela essere, in seguito, un climax; visto che Araya comincia ad ingranare pian piano la quarta divenendo ad episodi molto più aggressivo e mordace, sino all'esplosione che giunge al minuto 4:51. Si corre di nuovo, niente prigionieri: l'Assassino ritorna e ci propone quindi un'altra bella accoppiata di strofa / refrain (più aspro del solito) fino alla conclusione a dir poco "tranciata", mozzata in maniera netta. Bisogna pur dirlo, un altro bel colpo messo a segno. Come specificato nella intro, ci troviamo dinnanzi ad un brano le cui liriche narrano la fine del mondo. Uno scenario a dir poco apocalittico si dipana dinnanzi al nostro sguardo attonito: siamo morti ancor prima di venire al mondo, affogati in laghi di sangue, consumati dalle malattie, divorati e rosi vivi dal veleno che scorre nelle nostre vene. I più deboli si suicidano in massa, i forti cercano un rimedio.. ma è tutto inutile. Il mondo è nel caos, sta sprofondando in un vortice di morte e violenza senza pari. Nel mentre, Dio è intento a ridere di gusto, osservando il tutto compiaciuto. Ancora una volta, la fede non potrà salvarci. Dov'è Dio? Perché ci ha abbandonati? Le stesse domande postegli da suo figlio, sul palo di tortura, sono ora i nostri interrogativi più frequenti. Non è però il momento di porsi quesiti teologici, in quanto la realtà occupa già a sufficienza i nostri pensieri. Da azzurra, la Terra si sta trasformando in rossa. Il colore del sangue che tinge i mari, il suolo. L'umanità impazzisce e comincia, pur di salvarsi, ad uccidere i propri stessi fratelli e famigliari. Un culmine di violenza fratricida, uxoricida, patricida. Depredare, saccheggiare.. a che scopo, se tutti siamo destinati alla morte più totale? Nessuno potrà salvarci più, saremo tutti travolti da uno tsunami di sangue umano, il quale cancellerà da questa terra ogni traccia del nostro passaggio. Fra omicidi e suicidi ci estingueremo nel giro di pochissimo, con buona pace della "religione", la quale si rende conto (assieme ai suoi esponenti) di quanto tutte quelle parole circa la "pace" e la "fratellanza" fossero solo storielle e niente di più. Destinati a morire, braccati ed in un vortice di follia. Niente è ormai sicuro: né famiglia, né amici.. non abbiamo più niente. Inginocchiamoci e lasciamoci divorare vivi dalla morte.
Conclusioni
E' stato senza dubbio un ascolto interessante. Una titletrack in puro stile Slayer, condita di quando in quando di momenti apprezzabilissimi e sui generis. I singoli ormai sono tre, il numero è ancora esiguo per avere una sorta di idea definitiva circa l'intero platter: parlare a proverbiali bocce ferme è senza dubbio la miglior cosa. Tuttavia, siamo comunque chiamati in causa, e dare un giudizio (seppur momentaneo) è d'obbligo. Non ci piove sul fatto che il trend intrapreso dal 2006 sia fino a questo momento incoraggiato e forse anche leggermente "esasperato", visti i testi particolarmente violenti ed inquietanti dei tre singoli sino ad ora analizzati. "World.." stra compreso, ovviamente. Il gruppo sembra aver recuperato tutte le sue credenziali migliori: a parte i riffoni a motosega, a parte gli assalti sonori, a parte la batteria roboante di Lombardo, troviamo infatti testi pregni di tutte quelle atrocità ampiamente cantate dagli Slayer nel corso della prima parte della loro carriera, il loro frangente più fortunato. Serial Killer, genocidi, provocazioni, anti-religiosità, apocalissi, odio, misantropia.. chi più ne ha più ne metta, sicuramente i fan della vecchia guardia saranno felicissimi di potersi gustare un singolo aggressivo e soprattutto pieno di odio a buon mercato. Tanta sana oscurità, una bella scorpacciata di ultraviolenza. Insomma, il cammino che sta portando il gruppo alla pubblicazione del loro nuovo album di inediti sembra privo di ostacoli. Tutto fila karasho, senza che nulla si frapponga fra gli Slayer e la gloria. L'unica nota stonata riguarda ciò che, purtroppo, sappiamo. Mi duole infrangere nuovamente la quarta parete, ricordando come "World Painted Blood" si rivelerà essere l'ultimo album composto dalla formazione originale. E' proprio per questo che mi verrebbe quasi da applicare, alla valutazione complessiva di questo singolo, un piccolo quoziente di "simpatia", nel senso greco del termine. Ovvero, "condividere il pathos", le emozioni (in sostanza). E' "simpatico" qualsiasi cosa sia atto a provocare in noi delle sensazioni che sentiamo di poter condividere, far nostre, interiorizzare.. valutandole poi in maniera soggettiva. Esserne contenti, dispiaciuti.. insomma, capire al volo un'emozione. E diamine, se questo brano / questo album riesce nell'intento di trasmettere. Forse l'ultimo vero disco degli Slayer.. perché se si può in qualche modo passar sopra la scelta di Paul Bostaph (che uno Slayer lo è stato e lo è ancora), Gary Holt è forse quello che più di tutti sembra non essere conforme al 100% ad un attitudine divenuta leggendaria, nel corso degli anni. Ed attenzione, lo sostiene una persona che ha comunque trovato "Repentless" un gran bel lavoro. La mano di Hanneman, però, è tutta un'altra cosa. L'anima di Jeff è percepibile come non mai, uno di quei chitarristi che distingueremmo fra migliaia di altri. Per cui, potrei dire di volermi tenere stretto questo singolo, questi singoli, questo disco.. e di godermi appieno l'ultima vera incarnazione di una delle più grandi band Metal mai esistite nel corso della Storia.