SLAYER

When The Stillness Comes

2015 - Nuclear Blast Records

A CURA DI
MARCO PALMACCI
13/04/2016
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

Chi di limited edition ferisce.. di limited edition torna a ferire, è il caso di dirlo. Gli Slayer, tornati in pista dopo le defezioni di Lombardo ed Hanneman (r.i.p.), sembrano aver assorbito il durissimo colpo; dimostrandosi pronti a tornare in scena, magari stupendo i fan con un prodotto atto a stuzzicare il loro amore per il collezionismo. Cosa c'è di meglio, infatti, che presentare un nuovo singolo ed automaticamente "abbellirlo" in una confezione accattivante, per di più a tiratura limitata? Queste furono dunque le sorti di "When The Stillness Comes", presentato in anteprima al "Record Store Day" il 18 Aprile 2015. Limitato a 5000 copie e stampato in versione "picture disc", con il vinile splendidamente decorato mediante due splendide illustrazioni. Un lavoro che ha sia il merito di continuare la promozione dell'imminente "Repentless", sia di presentarci un breve estratto dell'esibizione tenuta dagli Slayer in quel del "Wacken Open Air", edizione 2014. La traccia prescelta è stata nientemeno che la storica "Black Magic", perla sempiterna direttamente ripescata dal debutto "Show no Mercy", festeggiante nell'anno dell'esibizione i suoi trentun (!!) anni. Nuovamente un'accoppiata presente e passato, come già avvenuto in diverse occasioni. Ricorderete sicuramente degli articoli scritti in precedenza sui singoli estratti da "Christ Illusion", nei quali notavamo come questo binomio "ieri / oggi" fosse già stato presentato, in quel 2006. Una soluzione che aveva trovato ampi riscontri, qui dunque riproposta, per fare in modo che il nuovo corso fosse "imboccato" a piccole dosi, proposto in maniera non prepotente ma anzi, decisamente accomodante. L'unica differenza fra questo 2015 ed il 2006 sta nel fatto che anche il passato viene "presentizzato", nel senso che l'esibizione al "Wacken.." presenta si un pezzo classico, ma suonato dalla nuova formazione. Dunque, ancora Bostaph ed Holt, messi alla prova anche con i classici, per fare in modo che i fans non abbiano poi troppo da ridire. Una mossa astuta ma allo stesso tempo intelligente, sintomatica di un cambiamento che stava di lì a poco per prendere sempre più piede. Araya e King stessi si erano ritrovati nella stessa identica situazione: dover ricostruire la loro creatura quasi da 0 dopo due album di altissimo livello. "Christ Illusion" aveva segnato record di vendita assolutamente da non sottovalutare, mentre "World Painted Blood" era riuscito nell'intento di confermare il grande stato di forma già mostrato nel 2006. Capiamo tutti bene, dunque, quanto le tegole cadute sull'Aquila fossero state pesantissime. La morte di un fratello, l'abbandono di un altro (anche se, come spiegato nel precedente articolo, la colpa non era di certo sua). Arrendersi non era contemplato, ed arrivati a quel punto non si poteva fare altro che andare avanti. "Implode" ci aveva mostrato un qualcosa di buono, anche se non propriamente ispiratissimo. Sarà questo il caso di "When The Stillness.."? O forse potremo addirittura trovarci dinnanzi ad un salto di qualità, in grado di farci ben sperare? Non ci resta che scoprirlo.. Let's Play!

When The Stillness Comes

Notiamo innanzitutto come fra i credits del singolo ancora non compaia il nome di Gary Holt, nonostante egli fosse già divenuto (a tutti gli effetti) un membro degli Slayer sin dal 2013. Non avendo preso parte al songwriting e non avendo contribuito dunque a null'altro che all'esecuzione degli assoli, il suo nome non è ancora stato annoverato nel booklet, a differenza di quello dei "tres hombres" ArayaBostaph King (ancora una volta segnato come unico songwriter e creatore del pezzo in questione. Fatta questa dovuta premessa possiamo dunque approcciarci all'ascolto di questa "When The Stillness Comes (..quando giunge la quiete)"; è subito un melodico e malinconico arpeggio a dare il via alle danze, un arpeggio che con classe e delicatezza rispecchia appieno il significato del termine "stillness", ovvero la "calma". Intesa molto spesso come riposto eterno. Sentiamo qualche colpo di ride da parte di Bostaph, le cui bacchette danzano delicate e composte su tutto il set di piatti. Qualche atmosferica rullata sui crash.. e col proseguo possiamo udire l'arpeggio rendersi meno malinconico e più mordace. Complici suoni più sporchi, il brano quindi si dipana lungo un climax ascendente, andando ad inasprirsi fino al definitivo "arrivo" dell'elettrica, la quale ricama un riff che fa ben sperare, aggressivo quanto serve ma non feroce. I tamburi di Boastaph battono tribali ed ipnotici, e la chitarra continua imperterrita a fare il suo mestiere. Almeno, fin quando non giunge il singer; con l'entrata di Araya,infatti, King si mette da parte e lascia udire distintamente il basso del suo collega, il quale è intento contemporaneamente (con voce assai composta e particolarmente bassa) a declamare i primi versi del pezzo. Un'ugola destinata a divenire ancora più aggressiva, complice il ritorno di Kerry e della sua sei corde, la quale comincia finalmente a mostrare tutte le sue potenzialità. Il ritmo rimane comunque impostato sulla calma apparente, anche se l'incedere degli strumenti è crudele e malvagio, massiccio, incredibilmente pesante. Minuto 2:43, tutto si infrange su di una ipnotica melodia di chitarra, la quale viene sorretta dal tintinnare del ride di Paul e dalla voce effettata di Tom. Frangente che si disintegra sotto i colpi precisi della doppia sestina precisamente scandita dal buon Bostaph, il quale dà il via ad un nuovo frangente oscuro e pesantissimo. Araya ruggisce e King ci morde le gambe, un dipanarsi "lento" ma letale, una canzone opprimente come poche, capace di annichilire i nostri nervi. Arriva però un'impennata decisa e decisiva, al minuto 3:30. Urlo devastante del singer e subito Kerry cambia registro, tirando fuori un bel riffone incalzante e sorretto da una batteria concitata e precisa. La velocità è aumentata considerevolmente, questa parentesi strumentale segna di fatto la conclusione di un brano che sicuramente segna un passo avanti rispetto ad "Implode" e ci mostra gli Slayer intenti a far male con il loro leggendario "piano B": il rallentamento killer. Il testo è molto breve, e risulta addirittura criptico nel suo insieme. Sembra quasi si narri del momento del trapasso, visto (come sempre, del resto) come un momento di calma solo apparente. Gli Slayer sono tutt'altro che intenzionati a narrarci della morte intesa come "concetto Foscoliano", e difatti dipingono tutta una serie di immagini al limite del delirante e del demoniaco. Pareti imbrattate di sangue e corpi che giacciono senza vita, come bambole gettate sul pavimento da qualche bambino annoiato. Sembra quasi che questi cadaveri siano stati la conseguenza di un atto di profonda brutalità, un pazzo che farnetica di tombe e di morte (anche della sua, paradossalmente), paralizzando dal terrore una persona ancora in vita. Neanche a dirlo, le comunica che l'ultima cosa che lei vedrà saranno i suoi occhi. Quelli del pazzo, iniettati di sangue, di voglia di far male. Il panico pervade la vittima designata, ella cerca di rivolgersi a Dio, anche se quest'ultimo non la ascolta minimamente. Il pazzo vuole dunque completare la sua opera di omicidio (e forse suicidio) spezzando l'ultima vita che gli rimane da prendere. Lo fa perché è ossessionato dalla morte, ed a detta sua, posseduto da dei demoni che lo torturano al suo interno. Solo esprimendo violenza egli riesce a star bene, a sentirsi libero. Può provare rimorsi o dispiacere, è una specie di killer ""umano"".. ma non può fermarsi. Egli non è manovrato da alcuna forza benigna, è il Male che lo spinge a compire determinate azioni. Non gli resta altro da fare che guardarci fisso negli occhi.. mentre fa in modo che la "quiete mortuaria" ci raggiunga il più presto possibile. 

Black Magic

Arriviamo così a "Black Magic (Magia Nera)", come spiegato nell'incipit proposta in versione live. La cornice è quella del "Wacken Open Air", uno dei più importanti festival a livello Europeo, e gli Slayer (nemmeno a dirlo) furono i maestri cerimonieri di quella determinata edizione. Una scaletta a dir poco esorbitante (apertura affidata ad "Hell Awaits", e non aggiungo altro), che vede "Black Magic" posto come terzultimo brano della setlist. Piccola curiosità: siamo in possesso non solo dell'audio, ma anche del video. Il tutto, grazie alle riprese effettuate dalla troupe canale francotedesco "Arte"; riprese che vennero adoperate per creare un DVD-Blue Ray in seguito inserito nella limited edition di "Repentless". Iniziamo subito la nostra avventura, e notiamo quanto l'audio sia dapprima di ottima qualità, ed in seguito quanto la scenografia fosse stata curata nel dettaglio. Il palco è in fiamme, trovata pittoresca e geniale in grado di esaltare non poco. Tom Araya è di spalle, mentre King ed Holt sono intenti a scandire uno dei riff più devastanti della storia del Metal. Presenza scenica coi fiocchi, notiamo come Gary non sfiguri affatto su quel palcoscenico, pur dando ancora l'impressione del "comprimario" di lusso. Il brano continua, le "solite" luci blu invadono la scena ed il contesto si inasprisce ancora di più. Velocità ai massimi livelli, tutti sono intenti a picchiare come se non ci fosse un domani, ad andare spediti senza fermarsi neanche un secondo. Araya non risulta per nulla provato da una serata comunque impegnativa: si limita a "riposarsi" stando fermo e non eccedendo in movimenti, dei quali sono abbastanza prodighi Holt King, i quali aizzano il pubblico in maniera aggressiva. Bostaph, dal canto suo, si dimostra un'autentica garanzia, non perdendo neanche un colpo che possa essere uno. Si giunge velocissimi all'assolo di Kerry, anche questo decisamente mordace e violento quanto il morso di un pitbull. Un ottimo momento, da pagina 4 del "Manuale del Thrash Metal". Subito dopo il primo assolo i tempi si rilassano leggerissimamente, anche se il tutto prelude ad una nuova espressione solista del "Re", il quale ricomincia a correre come un forsennato. La sua attitudine grezza e distruttiva è ben sorretta da un Holt all'altezza della situazione; Gary fatica non poco a contenere tanta cattiveria ma il risultato è ottimo, ed il pezzo può dunque andare a chiudersi, mostrandoci una band che, nonostante tutto, è ancora più viva che mai. Basta ascoltare il pubblico e vedere questa performance, per rendersene conto. E se il contesto strumentale risulta magnificamente esagerato, il testo -dal canto suo- non cambia nemmeno di una virgola: Ci viene narrata difatti la "vecchia" storia di un protagonista soggiogato da un sortilegio, da una sorta di rituale magico dal quale egli non può liberarsi in alcun modo. Le redini della sua mente sono saldamente tirate da un'entità demoniaca, la quale lo ha praticamente ridotto ad un burattino incapace di reagire. Egli è difatti schiacciato dal peso del controllo mentale, vorrebbe tanto potersi districare dalle grinfie del demonio, sentendo sulla sua vita il peso della frustrazione e dell'impotenza. Può lottare sino allo stremo, nulla sarà efficace e nulla servirà a salvarlo dal suo triste destino. Egli è come tutti, una pedina sacrificabile e null'altro: non può esercitare la sua volontà, non può prendere decisioni, non può parlare né tantomeno muoversi se il suo aguzzino non glielo consente. Il nostro non può far altro che arrendersi ed aspettare che la morte arrivi, anche se questa non gli recherà nessun concreto beneficio. Una volta passato a miglior vita, infatti, la sua anima sarà tenuta prigioniera negli Inferi per il resto dell'eternità. Difficile dire come si sia arrivati a quest'atroce condizione, tuttavia la sottrazione dell'anima avviene, canonicamente, dopo aver chiesto un favore al Demonio, il quale giunge perentoriamente (in seguito) a reclamare qualcosa in cambio. La Magia nera, in effetti, è potente e facilissima da controllare; il prezzo da pagare (per padroneggiarla) è però altissimo. Il male attira solo altro male, è la legge del contrappasso. Tuttavia, dinnanzi ad un testo così diretto e per nulla "profondo", è quanto meno consigliabile non scadere in speculazioni troppo complesse. Il bello di queste lyrics è che risultano essere dirette come la musica stessa, ben lontane da altre ben più articolate che (a loro volta) invece si adattavano meglio a contesti più complessi (Mercyful Fate su tutti).

Conclusioni

Giunti dunque alla fine di quest'altro breve percorso, possiamo senza dubbio dirci maggiormente soddisfatti di quanto non lo fossimo dopo l'ascolto di "Implode". Una traccia, lo ricordiamo, che non aveva il tiro di "Psychopathy Red" ma faceva comunque la sua figura, nel ruolo di brano aggressivo e veloce. Con "When The Stillness Comes" le cose migliorano sensibilmente; un brano che ci pone dinnanzi a degli Slayer molto più ispirati e volenterosi di mostrare ogni lato della loro attitudine. Rallentamenti "killer", impennate improvvise, guitar work ora capace di suscitare atmosfere lugubri ora capace di annichilirci a suon di cavalcate. Insomma, ingredienti che ben miscelati danno vita ad un brano che sa intrattenere e sicuramente da farci ben sperare per il futuro, pur non facendoci ancora gridare al miracolo. Anche la scelta di pubblicarlo in formato fisico è stata senza dubbio migliore del semplice rilascio su internet. Si sa, il fan è fiscalissimo, sotto certi punti di vista. E benché si viva nell'epoca di internet, dello "scaricare", di Torrent e di YouTube, avere a disposizione un qualcosa di fisico fa sempre piacere. Soprattutto se ben curato e presentato in una veste accattivante. In poche parole, gli Slayer hanno saputo accontentarci. Porgendoci una bella confezione pregna di assaggi di sicuro spessore. Perché, non scordiamolo, oltre la validità del singolo in questione c'è da valutare anche l'espressione live appena ascoltata. Personalmente, l'ho trovata degna (anzi, degnissima) del sacro nome Slayer. L'Aquila è ancora rappresentata a dovere, nonostante l'integrazione di due membri diversissimi da Hanneman Lombardo. Sia Gary sia Paul non sfigurano di certo, ed anzi mettono al servizio di Tom Kerry tutto il loro sapere e la loro tecnica, facendo in modo di tenere sempre alto il nome degli Slayer. Non è cosa da poco essere scelti per suonare in una band di tal calibro. Non lo è neanche se sei uno dei membri storici degli Exodus, figuriamoci. Proprio per questo, mi sento di poter lodare i due "nuovi" acquisti, che non si sono voluto adagiare sugli allori ma anzi ci hanno tenuto a mostrare sin da subito i muscoli, approcciandosi con volontà ed umiltà alla loro nuova causa. Un comportamento onorevole, senza dubbio, che sicuramente ha aiutato tutti noi fan a diminuire il nostro scetticismo in merito alla voglia di divertirci a suon di Thrash Metal. Gli Slayer son pur sempre gli Slayer.. cosa bisognerebbe volere, di più? Finché saranno in grado di perforare i nostri timpani con riff a motosega e mazzate "a sorpresa", andrà sempre bene. E nessuno potrà lamentarsi (almeno, non troppo). Tutto starebbe, ora, nel vedere se questa piccola crescita è da intendersi come un segnale forte o solamente come un episodio fortunato. Riusciranno i nostri a confermarsi su livelli ancora più alti? Restate sintonizzati.. ne vedremo sicuramente delle belle. 

1) When The Stillness Comes
2) Black Magic
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