SLAYER

Serenity In Murder

1995 - BMG, Victor Inc.

A CURA DI
MICHELE MET ALLUIGI
20/01/2016
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Continua la nostra marcia all'interno della discografia degli Slayer di metà anni Novanta, arrivando ora all'EP "Serenity In Murder", uno dei più controversi ma al tempo stesso accattivanti capitoli della band di Tom Araya e soci. Siamo nel maggio del 1995, a breve distanza dall'uscita del precedente singolo "Live Intrusion", la band si sta preparando a rilasciare sul mercato il suo primo live ufficiale in video, che uscirà in versione integrale di un live in Arizona, ma c'è ancora tanto da lavorare prima che si possa aggiungere tale traguardo e, di contrappasso, i fan ormai hanno l'acquolina in bocca innestata dal singolo precedente, il quale, con sole tre canzoni incluse mise ormai i seguaci dell'assassino sul piede di guerra, affamati di una pubblicazione che celebrasse la potenza del gruppo in sede live. Come fare per anestetizzare questa vera e propria crisi di astinenza? Naturalmente i quattro californiani prima di pubblicare un così ambizioso prodotto vogliono assicurarsi che esso sia perfetto sotto ogni punto di vista, ecco dunque l'idea di arricchire il bagaglio promozionale di "Live Intrusion" con questo ulteriore ep, che si colloca in funzione di ponte collegante l'ultimo album allora pubblicato, "Divine Intervention", con quanto di inedito sarebbe giunto pochi mesi dopo. Ovviamente è necessario che questo nuovo lavoro si presenti come qualcosa di assolutamente accattivante per i fan; occorre quindi scegliere con arguzia il materiale che andrà a costituirlo onde evitare di farne il classico filler dato alle stampe solo per il gusto di avere una tacca in più sulla propria cintura. Il versante on stage ha già ampiamente dimostrato di essere un cavallo vincente su cui puntare per suscitare interesse, quindi quattro canzoni riprese dal vivo possono già essere un buon inizio, ma occorre una ulteriore riflessione: se esse fossero estrapolate dallo stesso concerto, la parvenza sarebbe quella di un mini live ep, che però brucerebbe l'idea del live integrale già in cantiere indebolendone la novità, ecco quindi che gli Slayer scelsero del materiale estrapolato da due occasioni concertistiche differenti. Una fu il concerto tenutosi alla Brixton Accademy di Londra il 9 novembre del 1994, l'altra il concerto che la band tenne a Stoccolma, in Svezia, il 16 dicembre dello stesso anno; dalla prima furono scelti due grandi classici della band, "At Dawn They Sleep", tratta da "Hell Awaits", e "Dead Skin Mask", estrapolata invece da "Seasons In The Abyss", dalla seconda invece vennero inserite invece "Divine Intervention" e "Dittohead", ambedue contenute nella allora ultima pubblicazione in studio della band. Con queste prime quattro canzoni dunque, l'aspetto prettamente live degli Slayer è in grado di salvare capra e cavoli, riproponendo sia due classici del passato storico della band, sia due pezzi di più recente fattura, che creano così un legame tra vecchio e nuovo che possa accontentare sia i fan della vecchia guardia sia gli ascoltatori di leva più recente dell'Assassino. Potrebbe bastare così si potrebbe pensare, ma l'astinenza del pubblico è troppo elevata e "Serenity In Murder" deve rivelarsi in tutto e per tutto un ep per il quale la gente si ammassi nei negozi per averlo, dato che se una cosa si fa sarebbe opportuno che la si faccia come si deve ed ecco che da quattro passano quindi a sei i brani contenuti. Immancabile ovviamente è la titletrack del lavoro, pezzo anch'esso contenuto in "Divine Intervention" (più recisamente in ottava posizione nella tracklist) di cui fu anche realizzato un videoclip promozionale, ma è in chiusura che troviamo la vera e propria chicca: uno speciale messaggio dei membri della band indirizzato ai propri fans registrato nel backstage dell'ultimo show del tour svoltosi a Tokyo. L'artwork dell'album racchiude in una sola immagine il significato della musica del gruppo, a cui i fan sono legati da un solo ed unico concetto: fedeltà incondizionata. Il soggetto è infatti la schiena nuda di un fan, sulla quale balza immediatamente agli occhi la scritta del nome della band incisa sulla pelle con un oggetto tagliente, simbolo di come ciò che propongono gli Slayer non sia solo musica ma sia una vera e propria religione per la quale gli adepti non esitano a dilaniarsi le carni in segno di viva dedizione; immaginiamoci poi la suprema gioia estatica del suddetto fan nel vedere la fotografia della sua carne, martoriata per suo espresso volere, essere scelta dai suoi idoli come copertina di un loro ep. A conti fatti non manca assolutamente nulla che renda questo prodotto un oggetto da collezione a 360 gradi; materiale live, singolo in studio ed uno speciale ringraziamento dei quattro thrasher a tutti i loro fan, un messaggio di gratitudine ma anche di umiltà, che dimostra come essi siano ben consci del fatto che se l'Assassino è arrivato a sedere su un posto d'onore nell'Olimpo del Metal è proprio grazie a tutti gli amanti di questa musica che non hanno mai mancato di dimostrare attivamente tutto il loro supporto ai concerti.

At Dawn They Sleep

Ad accendere le polveri troviamo "At Dawn They Sleep" (trad."All'alba Essi Dormono"), canzone che i fan della band conoscono a menadito come la numero tre della tracklist di "Hell Awaits". Il lavoro del 1985 è ormai diventato un evergreen del gruppo californiano e nonostante passino gli anni, ogni volta che Tom Araya annuncia un brano di quel disco il pubblico non può far altro che impazzire. Il riff terzinato fa il suo sontuoso ingresso venendo eseguito con le chitarre armonizzate la cui perfetta sinergia tra King ed Hanneman è diventato ormai sinonimo di malvagità all'interno della musica; la batteria sostiene il pezzo con un tiro potente e travolgente, nonostante non sia Dave Lombardo a suonare in questa occasione ma vi sia Paul Bostaph; fortunatamente, il nuovo drummer della band rispetta fedelmente la sontuosità del suo predecessore suonando al meglio quelle che una volta erano le sue parti. La particolarità di questo brano è senz'altro il suo incedere cadenzato e marziale, anche se gli Slayer ci hanno sempre affascinati con le loro esecuzioni funamboliche, il tiro di questa canzone si rivela vincente proprio per la pesantezza della "lentezza", perché tale termine riferito alla band di Tom Araya è sempre un po' azzardato, le chitarre infatti sfoderano una serie di riff sontuosi ed epici, ideali per scardinare i lucchetti da quelli che sono i portali dell'Inferno per sprigionare il male puro sulla terra ad ogni show; la struttura di questa traccia si articola lungo un crescendo ritmico che da una prima parte ricca di groove ed imponenza passa ad una parte centrale più serrata, dove i bpm sono ulteriormente elevati per giungere infine ad una conclusione al fulmicotone abrasiva come una gettata di acido nella faccia. Essendo passati ben dieci anni da quando questa canzone fu composta, è fuor di ogni dubbio che gli Slayer siano cresciuti per quanto riguarda il loro livello tecnico, la canzone infatti viene eseguita dal vivo con una maggiore velocità ma, specialmente con un maggiore tiro, che la rende ancora più aggressiva e graffiante. La maggiore perizia si riscontra soprattutto nelle parti soliste, dove entrambi i chitarristi si lanciano in esecuzioni, che pur mantenendo comunque il legame con la cascata di note tipica del loro modo di suonare nel'85 emerge comunque più matura e precisa. Il passaggio di doppia cassa poco prima del finale, elemento per cui Dave Lombardo diventerà famoso soprattutto con "Angel Of Death", viene ora eseguito da Bostaph con la stessa attitudine ed anche se lo stile dei due batteristi risulta notoriamente diverso all'interno dei rispettivi album realizzati con il gruppo, quello che conta è la resa ottimale dei pezzi, che non possono far altro che lasciare i fan completamente soddisfatti. Protagonisti di questo testo sono i vampiri, le creature succhia sangue tipiche dell'immaginario horror che, in quanto tali, non potevano mancare all'interno di un pezzo degli Slayer: essi si svegliano con il tramonto, quando ogni traccia della luce diurna è ormai svanita; grazie ai loro poteri oscuri sono in grado di manipolare la mente degli umani, ignari ed impotenti di fronte al più grande vigore delle forze malvagie, e l'oscurità diventa così il fedele servitore di queste creature per la loro ennesima caccia. Partoriti direttamente dagli Inferi, essi sono attirati dal sangue umano più di ogni altra cosa, un qualsiasi animale selvatico può sì saziare la fame più insistente ma nulla li soddisfa più del collo di un uomo che ormai battuto implora inutilmente pietà; sarà la freschezza della loro pelle in contrasto con il calore del loro sangue, sarà per il senso di impotenza che li paralizza dal terrore rendendoli inabili di attuare qualsiasi difesa, fatto sta che le prede preferite dai vampiri sono e resteranno sempre gli esseri umani. Una volta sollevato il coperchio della bara, eccoli muoversi nell'ombra alla ricerca di vittime con cui sfamarsi, l'unica luce che gli illumina il cammino è quella della luna che taglia l'oscurità come se fosse burro ed in qualche modo irradia il bersaglio che ormai non può far altro che darsi alla fuga, il comandamento che giunge ai loro canini direttamente dalla voce di Lucifero è uno ed uno solo: uccidere, sterminare tutti coloro devoti al Dio che relegò Satana nell'ombra fino a quando la Terra non sarà stata definitivamente depurata e sarà possibile al Signore delle tenebre fare il suo epico ritorno. Non si parla certo dei classici vampiri fighetti alla Twilight, ma di creature deformi, scarne e dagli occhi scavati, riprovevoli alla vista e quasi goffe nell'incedere, ma che non sprecheranno mai ogni occasione di balzarci addosso e succhiarci via la vita attraverso i fori dei loro morsi.

Dead Skin Mask

In seconda battuta troviamo "Dead Skin Mask" (trad. "Maschera Di Pelle Morta"), quinta traccia di "Seasons In The Abyss" che come già anticipato fu anch'essa registrata in occasione del live londinese nel novembre del '94. Appena essa viene annunciata da Araya, il pubblico non può far altro che impazzire. Con l'iniziare del riff iniziale, sulla folla viene steso un alone di pura malvagità; se quell'arpeggio eseguito dalle chitarre distorte è passato alla storia come uno dei più malvagi del Metal ci sarà ben un motivo, e con l'ingresso della batteria di Bostaph la nuova marcia nei meandri della follia umana può ufficialmente avere inizio; anche questo brano venne originariamente composto e suonato Dave Lombardo, ma come già ampiamente dimostrato, il nuovo batterista originario di San Francisco non sembra riscontrare alcun problema nell'eseguire i brani del suo collega. Con "Seasons in the Abyss", gli Slayer iniziarono quella svolta artistica che alla velocità accostava ora l'atmosfera cupa e malsana come ingrediente essenziale dei pezzi, e di ciò ne abbiamo riscontro attraverso questo estratto dal vivo: le chitarre infatti suonano epiche e solenni, il loro tiro, nonostante la velocità sia nettamente inferiore alla precedente, non perde assolutamente di vigore, anzi, ribadisce ancora una volta il concetto che è anche nella lentezza che si può riscontrare la proverbiale pacca di cui tutti gli amanti del Thrash vanno alla ricerca. Il dinamismo conferito nel raddoppio che porta la batteria a passare dal pedale singolo al tappeto di doppia cassa funge da motore trascinante delle struttura, sul quale le sei corde possono stendere tutti i riff costituenti le loro parti, si tratti delle parti arpeggiate oppure dei passaggi più intricati e complessi in palm muting. Tom Araya dimostra qui di essere un vero e proprio profeta del male, la sua voce, che alterna sia parti in parlato che parti urlate, si dimostra perfettamente modellata in base alle esigenze delle sessioni, che passano dalle strofe, più "calme" e pacate" al ritornello dove la pazzia sembra impossessarsi del frontman di origine cilena. Se la versione in studio di questo pezzo sconvolse positivamente i fan della band è con l'esecuzione live che essa trova il suo vero apogeo; dal vivo infatti, esso diventa una sorta di rituale con il quale il pubblico viene coinvolto nel celebrare la follia umana in tutto il tuo sontuoso splendore, le chitarre sono quindi le muse grazie alle quali viene intonato il canto di suprema lode alla mancanza di senno, vista qui come un qualcosa di assolutamente onirico e quindi puro, contrapposto alla ragione, descritta come un qualcosa creato quasi a tavolino. Dedicatario delle liriche di questa traccia è Edward Theodore Gein, più comunemente noto come Ed Gein, il serial killer statunitense che non solo fu accusato di una serie di macabri omicidi ma che divenne noto per i suoi rituali di violazione delle bare nei cimiteri, mutilazione dei corpi delle vittime e perfino di necrofilia, oltre che per utilizzare e parti dei cadaveri per costruirsi delle sorte di maschere, costumi e decorazioni per la propria casa. Tom Araya veste ora i panni del criminale americano, cercando di interpretarne la psiche, missione quanto mai ardua, trattandosi di una delle menti più pericolose d'America che ha ispirato diverse pellicole horror tra cui "Psycho" e "Non Aprite Quella Porta". Il tutto inizia con l'omicida che giocherella con dei pezzi di pelle umana tra le dita, la cui visione gli innesca delle immagini nella mente da lui ritenute dolci e soavi ed emanando nell'aria una fragranza seducente come la luce del chiaro di luna. Subito la sua immaginazione inizia a divagare, ritraendolo intento a danzare con la morte durante i suoi sogni, ascoltando delle urla che lo beatificano. La nera signora ormai si è impossessata della sua anima e la tentazione ha ormai soverchiato ogni suo minimo accenno di controllo razionale. Per celare il suo sguardo psicopatico agli occhi delle altre persone basta un cordiale sorriso, che possa immediatamente eclissare ogni sospetto facendolo apparire come un individuo assolutamente normale, ma intanto il suo cervello sta già pensando a cosa fare di quel corpo nascosto in cantina e quale oggetto ricavarne dai pezzi per decorare la propria dimora. A rendere ancora più agghiacciante la figura di questo individuo furono senz'altro le sue confessioni a seguito all'arresto, oltre alla descrizione dettagliata dei suoi omicidi, svelò ai suoi vicini di casa, ai quali aveva regalato più volte della carne presentata come "di cervo", di non essere mai andato a caccia in vita sua. Storia del crimine e Thrash Metal trovano quindi nel serial killer del Wisconsin un solido punto di convergenza.

Divine Intervention

Passiamo ora alle due tracce registrate in occasione del live in Svezia, la prima che ascoltiamo è "Divine Intervention" (trad. "Intervento Divino"), siamo quindi di fronte al materiale nuovo, per l'epoca, della band. L'inizio è a dir poco prorompente, anche se non ci troviamo di fronte al classico costrutto thrash vecchia scuola, il tempo marziale della batteria rende questa canzone una vera e propria marcia verso lo Stige; le chitarre costituiscono il muro sonoro ideale per rendere il main riff uno sviluppo decisamente epico e diretto, mentre viene preparato il tutto per l'ingresso della voce maniacale di Araya. Anche dal vivo, il bilanciamento dei suoni consente alle parti suonate dai quattro musicisti di uscire nitide e precise, complice anche la loro grande esperienza, che dopo anni di tour li ha decisamente resi delle macchine da guerra in tutto e per tutto. La parte distorta lascia il posto all'arpeggio in pulito, una parte effettata attraverso il riverbero che crea l'atmosfera malata ad hoc per l'entrata in scena del forsennato vocalist. La voce di Araya attacca con il suo ormai noto fare maniacale, che ci regala una performance decisamente collerica e volutamente disperata del frontman cileno, il quale, ci manda letteralmente in paranoia grazie al suo cantare stridulo ed a tratti afono tipici del disperato condannato all'eterna dannazione. Trattandosi ora di canzoni estrapolate da un album in cui è Bostaph il batterista ufficiale, si sente immancabilmente la differenza di stili tra lui e Lombardo: più dinamico e ricco di passaggi il primo, maggiormente lineare e diretto quello dello storico membro della band, ma poco importa, dato che come abbiamo avuto modo di ascoltare più volte, i due modi di suonare si intrecciano alla perfezione all'interno del percorso evolutivo della band. La struttura terzinata del riff di chitarra crea il mood adatto all'headbanging, se le prime due pennate vengono date in palm muting e la terza viene data aperta, oppure eseguendo il fraseggio ritmico che comunque riempie lo spazio della battuta, si crea la perfetta sintesi di potenza thrash metal e teatralità di cui il pezzo ha bisogno per la sua perfetta riuscita. Il songwriting del gruppo ora si è arricchito di un maggiore gusto doom e su questa canzone ne abbiamo una prova lampante, la velocità viene provvisoriamente rallentata in favore di un tempo più lento che però si mantiene costante, alternando raddoppi e dimezzamenti che scandiscono i passaggi fra le strofe ed i ritornelli. A livello strettamente fisico, "Divine Intervention" è sicuramente uno dei brani che stanca di più Tom Araya, non sono rare infatti le registrazioni live dove la sua voce non appare al top della propria forma, ma la "sceneggiatura" del pezzo prevede un protagonista disperato che supplica invano Dio per un aiuto, quindi l'afonia di alcuni passaggi sembra quasi giocare a favore del musicista, regalandoci un interpretazione assolutamente ricca di pathos. Il protagonista di questo testo è un individuo che si risveglia dopo essere stato tramortito alla testa da un aggressore e si ritrova intrappolato sotto una rete, che immediatamente lo fa sentire come relegato agli Inferi. Tutto intorno non vi è altro che un buio impenetrabile che non consente nemmeno di cercare un provvisorio spiraglio tra le maglie della rete e sconcertato e sconfortato il protagonista, impersonato in prima persona da Araya, si lascia prendere dalla disperazione ed invano chhiede aiuto. Con il sopraggiungere di un momentaneo lampo di luce che illumina la stanza, il prigioniero vede un varco attraverso il quale farsi strada per uscire e può così iniziare la sua fuga in un edificio che però è ripiombato nell'oscurità; immediatamente, il fuggitivo si sente braccato, sentendo il fiato dei suoi carcerieri sul collo mentre procedea tentoni nel buio sempre sul chi vive, con l'ansia sempre presente di essere colpito nuovamente da un momento all'altro. La cecità annienta in lui ogni minima probabilità di raziocinio, ogni parte del suo corpo infatti è potenzialmente esposta ad un attacco che non potrà mai vedere arrivare, mentre i suoi inseguitori probabilmente dispongono di dispositivi ad infrarossi per individuarlo con facilità. La sua mente è ora definitivamente pervasa da un senso di profonda disperazione: il sentirsi completamente inermi lo getta nel panico e lo spinge all'estrema richiesta di aiuto verso un dio che sembra essere insofferente alla condizione del suo figlio lasciato in pasto ai lupi; solo un intervento divino potrebbe salvare il malcapitato da quella situazione, ma dal cielo non arriva nulla e la sensazione di essere stati abbandonati anche dal nostro padre benevolo si fa sempre più insistente all'interno del suo animo. Non c'è pietà e non c'è alcuna traccia di logica, l'unico punto fermo è la sicurezza di trovarsi sempre al centro di un mirino, come un bersaglio su cui è puntato un fucile che sparerà da un momento all'altro e ci intrappola in una tortura senza fine.

Dittohead

Passiamo ora alla seconda canzone estrapolata dal live a Stoccolma, "Dittohead" (termine che può tradursi in italiano come "Marionetta"), che insieme alla precedente era già comparsa, registrata però negli Stati Uniti, nel singolo "Live Intrusion". Se "Divine Intervention" spezzava un po' lo schema usuale dei pezzi degli Slayer, con questo brano invece abbiamo modo di ritornare indietro nel tempo, verso quelle radici crude ed underground che fecero compiere ai quattro thrasher californiani i primi passi verso la leggenda. Non c'è bisogno di introduzioni strumentali o momenti di attesa, solo i quattro colpi di Bostaph sul charleston del proprio set che lanciano l'esecuzione i solitaria del main riff di chitarra, questo espediente, ormai divenuto un retaggio consolidato nello stile compositivo della band, concede ai fan quei pochi secondi necessari ad inquadrare il pezzo prima che parta l'ennesimo massacro sotto il palco. La batteria parte infatti serratissima e mitragliante su un quattro quarti inarrestabile (se siete amanti del proverbiale "tupatupa" spaccaossa questa canzone fa decisamente al caso vostro) mentre le chitarre la seguono fedelmente attraverso uno shredding regolare che con una serie di note serratissime crea l'ideale accompagnamento per una vera e propria orgia di sangue. La struttura viaggia inarrestabile con i bpm sempre altissimi, l'unico attimo di respiro, se così lo si può definire, arriva nella parte centrale, dove per l'assolo di Kerry King, eseguito sempre attraverso le sue note scale cromatiche serratissime, il tempo di batteria si dimezza passando all'ostinato sul ride, ma si tratta solo di poche battute, prima che i macellai di Los Angeles si rimettano a sferrare la seconda trance di mazzate con la strofa conclusiva. Un pezzo strutturalmente semplicissimo dunque, ma che fa della propria linearità l'elemento vincente che dal Thrash Metal lo fa quasi accostare al Grindcore, visti anche i nemmeno tre minuti di durata. La traccia dunque è come una tempesta, che inizia senza il minimo preavviso è che lascia solo la devastazione dopo il proprio passaggio. Alla furia omicida della musica si unisce quella delle liriche: tutto l'odio verso il sistema statunitense trova in questo pezzo, come in molti altri degli Slayer, la sua valvola di sfogo; troppo a lungo i cittadini americani hanno subìto le vessazioni di un governo che ormai è diventato una marionetta nelle mani dei pezzi grossi; non si salva nulla in questo stato corrotto e malato che lascia nelle mani di pochi miliardari la totalità della ricchezza del paese, scindendo in due la nazione, ponendo al vertice i pezzi grossi e lasciando al fondo i lavoratori onesti che si guadagnano il pane con il sudore della fronte. Con le parole iraconde di Araya vengono messi alla berlina prima di tutto gli americani stessi, definiti "dittohead" (marionette appunto) in quanto sono loro i primi a lasciare che questo scempio abbia modo di compiersi: invece che tenersi informati su quanto accade intorno a loro, essi preferiscono restare anestetizzati dalle belle pubblicità, dalle partite di football e di baseball e dai messaggi del presidente che offrono ancora quell'immaginario stereotipato voluto dallo zio Sam. Grazie a loro la nazione resta quindi cieca di fronte ad una rovina più che evidente ed i pochi assennati che si battono strenuamente per denunciare il tutto vengono bollati come "terroristi" e "nemici dell'America". Possono spiegare la legge e citare paragrafi della costituzione quanto vogliono, ma è inaccettabile che un sistema giudiziario si accanisca contro chi si dimentica di pagare una multa per divieto di sosta e non chiude in carcere, o meglio lo rilascia poco tempo dopo per buona condotta, chi magari si è macchiato dei più atroci delitti immaginabili. Le armi di cui parlano tanto i media per rincarare la dose sulle guerre all'estero non sono altro che il classico specchio per le allodole che copre invece i traffici interni gestiti dal pentagono, con i quali sono finanziati gli stessi terroristi di cui si parla sui giornali. Distruzione, violenza ed anarchia, non si vede altro intorno a noi, ma se solo la gente prendesse coscienza della propria condizione scoprirebbe che buona parte di questo scenario è allestito ad hoc proprio da chi cerca di rassicurarci che in fondo le cose vanno comunque bene; la situazione è critica dunque, ma finché i burattini continueranno a ballare per volere dei burattinai tutto resterà così com'è.

Serenity In Murder

Veniamo ora alla titletrack di questo ep, "Serenity In Murder" (trad. "Serenità Nell'omicidio"), l'unica traccia registrata in studio di questo lavoro. A dare l'avvio è il main riff di chitarra, scandito con una serie di accenti della batteria di Bostaph, che dopo un rapido passaggio sui fusti, dove il drummer sfoggia tutta la sua precisione chirurgica, si stende perfettamente su un tempo thrash in tutto e per tutto; la sessione però dura solo pochi secondi prima dell'arrivo di un break dove la chitarra rimane sola ad eseguire la propria successione di note effettate con un frangler che ne dilatano le frequenze. Passato questo passaggio inizia ufficialmente la strofa,con il tempo che si mantiene lineare pur dimezzandosi rispetto all'introduzione; la novità di questo pezzo sta nella voce di Araya, che per la prima volta fa il suo ingresso con uno stile calmo e melodico molto orecchiabile, modellato sull'utilizzo delle parole tenute lunghe sul finale che ricorda vagamente quanto fatto da Layne Stanley degli Alice in Chains; la melodia è infatti costante e si sussegue ciclicamente fino all'esplosione collerica del bridge e del successivo ritornello, creando così il crescendo perfetto per la spirale di follia in cui sprofonda il protagonista. Lo sviluppo della struttura resta sempre dritto puntando tutto sul tiro ottenuto con il passaggio da una fase all'altra, dove è la batteria a modificarsi sostenendo un riffing pesante e granitico che non può far altro che istigarci all'headbanging. Lo schema compositivo del pezzo è nuovamente molto semplice, tre strofe alternate a due ritornelli, dopo dei quali parte la sfuriata finale che attraverso il riff della strofa ci accompagna ad una conclusione netta ed improvvisa. Come accennato, il protagonista del testo è un uomo che lentamente viene inghiottito dalla follia omicida ed intona questa raccapricciante ninna nanna alla sua vittima. Questa trama costituisce inoltre la sceneggiatura del videoclip promozionale del brano, nel quale vediamo il nostro "impiegato modello" svolgere i preparativi per l'omicidio con la stessa freddezza ed efficienza con cui compila le pratiche in ufficio. Un impiegato come tanti dunque, che dopo uno stato di inquietudine che lo spinge a vagare per il suo appartamento senza trovare pace si trasforma in una macchina di morte ambulante. Non ci sono state avvisaglie di questa pazzia, improvvisamente, dal riordinare moduli, questo individuo passa a prepararsi l'anestetico con il quale addormentare la vittima per poi portarla nel suo scantinato e sfogare tutti i suoi appetiti malsani. Dopo una notte insonne in cui ha visualizzato la scena nella propria mente, eccolo lanciarsi in strada ad inseguire una ragazza che, avvertita dal proprio istinto, inizia a fuggire sperando di non essere catturata. Il testo è narrato in prima persona da Araya, che nei panni di assassino chiede ora alla sua preda di lasciarsi stendere senza fare troppe storie e soprattutto senza emettere alcun lamento, dato che sarà già morta ancora prima di toccare il suolo. Ancora stordito dall'estasi omicida, il killer si laverà le mani nel sangue mentre esso gli anestetizza l'ansia provata durante la sua prima "performance"; ora è pulito, i panni sono lavati di fresco, ma le sue dita ticchettano sul tavolo in attesa della prossima occasione in cui poter rivivere quella scarica di adrenalina così eccitate che solo il veder spegnersi una vita davanti ai propri occhi può dare. Perché le vittime si dimenano tanto? Non capiscono che così facendo rovinano un momento di pace e serenità che trova nel lento scorrere del sangue la coronazione ideale? Il perfetto momento prima che le pelli dell'uccisore e dell'uccisa possano finalmente unirsi in un rituale macabro ed erotico al tempo stesso, che creerà una sinergia tra vita e morte che solo la bellezza di un omicidio può dare alla luce, regalando al killer uno stato di beatitudine che non si può raggiungere in nessun altro modo.

Special Message

L'ep si chiude con lo "Special Message", una traccia esclusiva riservata per l'edizione giapponese; si tratta di un messaggio speciale che i membri del gruppo lasciano ai loro fan per ringraziarli del supporto e con il quale Tom Araya spiega la struttura di questo lavoro. L'audio consiste infatti in un parlato registrato nel backstage dell'ultimo concerto del tour svoltosi a Tokyo, oltre alle voci dei quattro musicisti infatti si possono sentire i rumori di fondo del dietro le quinte dello show appena concluso. Il primo a parlare è proprio Araya, che dopo una breve risata saluta tutti i supporter in ascolto e si presenta, dichiarandosi appunto di trovarsi nei camerini dopo aver concluso l'esibizione. Da buon artista ormai abituato a questa routine la voce appare calma e rilassata ed il tono è assolutamente colloquiale, ben lontano dal fare altezzoso con cui troppi musicisti al giorno d'oggi si atteggiano a superstar. Il cantante e bassista del gruppo, dopo un paio di autocorrezioni, spiega che le prime due tracce dell'ep sono state registrate nel Regno Unito e le successive appartengono alle registrazioni dello show svedese, andando poi a concludere ringraziando tutti i presenti alle varie esibizioni e promettendo loro di tornare presto dalle loro parti ed invitandoci infine a goderci il videoclip di "Serenity In Murder". Il secondo a parlare è Kerry King; l'axeman fondatore della band non è mai stato rinomato per la sua estroversione, anzi, il suo saluto è rapido e conciso ed in pochi secondi ripete quanto detto in precedenza dal suo collega con un fare decisamente più sbrigativo. Dopo di lui è la volta di Paul Bostaph, il quale, sulla scia del chitarrista che ha parlato prima di lui, descrive anch'egli il tour in Giappone come un'esperienza stupenda prima di congedarsi. Ultimo ma non meno importante è il messaggio del mai troppo compianto Jeff Hanneman, al quale spettano gli ultimi diciotto secondi di clip: dopo aver apprezzato anch'egli l'esperienza del tour appena concluso ed aver ringraziato i fan si congeda ironicamente dicendo che andrà a farsi una birra a breve, lasciando trasparire quel fare da "preso bene" che è rimasto celato nella dichiarazione dell'altro chitarrista del gruppo.

Conclusioni

Con l'ep di "Serenity In Murder" gli Slayer rivoluzionano quindi il concetto stesso con il quale si dà alle stampe tale prodotto: la scelta del materiale incluso ci offre infatti una prospettiva ampia e completa non solo di quanto stesse all'epoca bollendo nel loro calderone ma anche di ciò che la band era in grado di fare dal vivo suonando sia i brani del loro repertorio storico, sia quello più recente, riconfermando nuovamente, anche se non ce n'era bisogno, il loro devastante potenziale sui palchi di tutto il mondo. La produzione delle registrazioni on stage offre una qualità che rappresenta il gusto compromesso tra un bootleg di altissima fattura e la registrazione "grezza" dalla quale traspare l'istintività del gruppo durante gli show. Parlando di Thrash Metal infatti, un'eccessiva postproduzione delle prese dirette avrebbe indubbiamente snaturato la performance di un genere dove è di vitale importanza l'emergere di quella che si definisce volgarmente "l'intenzione" di chi suona. Indubbiamente gli Slayer nel corso delle varie tourné saranno stati seguiti da una crew di tutto rispetto ma per le loro tracce live è di vitale importanza che esse non appaiano eccessivamente rimaneggiate. Passando alla traccia in studio invece, la titletrack di questo disco si riconferma come una delle meglio riuscite all'interno di "Divine Intervention": la sua struttura semplice e diretta rispetta in pieno il principio edonistico del "massimo risultato con il minimo sforzo", dato che senza eccessivi maneggi ritmici la band ci sottopone all'ascolto un pezzo energico, dinamico e, soprattutto, slayer al 100%. D'altra parte ci troviamo di fronte ad una testimonianza di quello che era lo stato del gruppo a metà anni Novanta, dove durante il predominio del Grunge il Metal necessitava di una boccata di aria fresca che non facesse soccombere i mostri sacri del genere facendoli cadere nel baratro dell'ovvio. Con solo queste cinque canzoni nella tracklist, il prodotto esce quindi già accattivante per i fan della band di ogni tipo, dall'invasato senza scrupoli che comprerebbe anche la registrazione del motore dell'auto di Tom Araya, fino a quello più moderato che trova in "Serenity In Murder" la via di mezzo fra il singolo ed il mini live; ma è con il messaggio speciale che la band dimostra di essere accorta di fronte al rispetto ed alla dedizione dei propri fan; sembrerà una cosa da poco, ma per un seguace della band, un messaggio registrato appositamente per lui all'interno di un backstage significa davvero molto: innanzitutto che i suoi idoli apprezzano, anche se per via indiretta, il fatto che egli spenda i propri soldi comprando i loro dischi e, in seconda battuta, questa registrazione grezza ed improvvisata ci mostra il lato più umano di quattro musicisti che già nel 1995 erano diventati dei veri vip dell'Hard N'Heavy ma che nonostante il fare "freddo" di Kerry King, accostato fortunatamente a quello molto più rilassato dei suoi colleghi, sono ancora ben consapevoli del fatto che se sono arrivati dove sono ora è tutto merito dei loro seguaci sparsi su tutto il pianeta e che la strada verso la leggenda è ancora lunga e ricca di avventure.

1) At Dawn They Sleep
2) Dead Skin Mask
3) Divine Intervention
4) Dittohead
5) Serenity In Murder
6) Special Message
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