SLAYER

I Hate You

1996 - American Recordings

A CURA DI
MICHELE MET ALLUIGI
21/01/2016
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

Testata su strada la loro attitudine a coverizzare con la riproposta di "Witching Hour" dei Venom, eseguita durante il live del '95 in Arizona uscito poi come "Live Intrusion", anche gli Slayer decisero di inoltrarsi in questa selva oscura, iniziando ad impostare quel discorso che avrebbe visto la luce nel 1996 a nome di "Undisputed Attitutude", il full lenght nel quale la band californiana non solo si cimenta nel realizzare delle cover di vari artisti del panorama punk hardcore, ma lascia anche un piccolo spazio di visibilità ai Pap Smear, un side project di breve durata (nato infatti nel 1982 e scioltosi due anni dopo) che coinvolse Dave Lombardo, Rocky George (successivamente in forze ai Suicidal Tendencies) e lo stesso Jeff Hanneman. Prima di proporre questo ambizioso progetto ai propri fan, gli Slayer, ormai rodati uomini d'affari del Music Business, decidono di proporre prima un piccolo antipasto al proprio pubblico, ecco quindi che con pochi mesi di anticipo rispetto all'album vero e proprio fece la sua comparsa sul mercato il singolo di "I Hate You", una pubblicazione semplice ed immediata che colpisce immediatamente come un tir che non rispetta lo stop ad un incrocio e con il quale i quattro di Los Angeles ebbero modo di tornare in qualche modo alle loro radici, esplorando ancora una volta i meandri di quell'underground che dalle sale prova relegate nei garage più interrati partorì alcuni dei più grandi gruppi di sempre. La scelta di presentare questo prodotto con il formato cartonsleeve ribadisce ulteriormente la voglia di attitudine di Tom Araya e soci; il cd racchiuso in un puro e semplice cartoncino infatti è tipico delle band alle prime armi che vogliono iniziare a far conoscere la propria musica, sembrerebbe quindi quasi un paradosso che gli Slayer abbiano scelto tale format per un proprio singolo, ma come già anticipato, "I Hate You" deve essere crudo, immediato e senza troppi compromessi, come la proverbiale demo tape che un fan ci propone in cambio di un altra per mantenere viva la scena attraverso lo scambio di materiale musicale indipendente. La stessa American Recordings, la label che all'epoca aveva gli Slayer nel proprio roster, puntò quindi ad un formato "vintage" e quasi fuori moda per una propria pubblicazione, scelta che si rivelò quanto mai azzeccata, dato che con queste sole due tracce i quattro thrasher prepararono il terreno per il loro successivo album sfondando l'ennesima porta aperta. L'artwork del lavoro colpisce al primo colpo d'occhio; esso rappresenta un passo indietro rispetto alle precedenti grafiche dell'Assassino, ma visto l'obiettivo prefissato per il singolo in questione non si poteva chiedere di meglio: lo sfondo è completamente nero, volutamente sgranato per rendere il cartonsleeve ancora più "vissuto", ed al centro dell'immagine troviamo semplicemente un vortice rosso, che nelle proprie spirali esplora diverse sfumature tonali per poi arrivare al colore vivo al centro esatto dell'immagine; il logo del gruppo compare in alto al centro in semplice stampatello nero, senza quindi l'ormai noto pentacolo di spade poiché attualmente, inteso come l'inizio del '96, gli Slayer "sono una band punk" e nel genere non c'è spazio per i loghi troppo elaborati; ecco quindi il motivo per cui anche il titolo compare scritto in semplice stampatello minuscolo, chiaro e conciso, come il materiale che è contenuto all'interno del singolo. La tracklist è composta da una coppia di cover per l'appunto: la titletrack "I Hate You", brano originariamente scritto dai Verbal Abuse, e da "Abolish Government", cover di un celebre pezzo dei T.S.O.L (acronimo di True Sound Of Liberty), ecco quindi che gli Slayer si lanciano in un terreno diverso, ma nemmeno troppo, rispetto al loro sound abituale, ma se c'è qualcosa che rende interessante la musica, specialmente il Metal, sono proprio le sperimentazioni, ed in tal senso gli autori di "Reign In Blood" decidono quindi di andare sul sicuro, di "vincere facile" se vogliamo, ma a conti fatti quello del punk hardcore non poteva che essere il campo di battaglia ideale per questa nuova stoccata sonora.

I Hate You

Come primo brano troviamo "I Hate You" (trad. "Ti Odio"), l'omaggio che la band di Tom Araya rese allo storico gruppo texano dei Verbal Abuse, uno dei nomi più noti del panorama punk hardcore americano dei primi anni Ottanta. Se la versione originale suona assolutamente cruda e ruvida come l'asfalto su cui troppe volte la vita ci fa sfregiare il viso, gli Slayer vi aggiungono una ulteriore dose di potenza, con la quale il brano non può fare altro che guadagnarne; la struttura del pezzo è molto lineare, la batteria infatti non si stacca mai dal classico tempo in quattro quarti composto dalla sola cassa, dal rullante e dal charleston, mentre il riff di chitarra è costituito da una semplice successione di powerchord spezzati attraverso una coppia di terzine in palm muting. Il sound della canzone primaria dunque è un classico punk modellato sullo stile inglese degli anni immediatamente precedenti, che hanno visto nascere ed arrivare all'apice il genere più ribelle di sempre. Ci troviamo dunque di fronte ad una buona rampa di lancio per il gruppo thrash americano, che non si tira certo indietro dal rendere la traccia ancora più aggressiva e martellante di quanto già non fosse in precedenza: a lanciare il tutto è uno slide di chitarra, dopo il quale fa il suo ingresso come un calcio a gamba tesa negli stinchi la batteria di Paul Bostaph; ad emergere immediatamente sono i pezzi del set del drummer thrash, i suoi colpi infatti sono molto più tecnici ed esplosivi di quelli del collega Greg James, e su una struttura così semplice il martello umano degli Slayer non ha altro da fare che sbizzarrirsi in una serie di passaggi atti a riempire ulteriormente lo sviluppo, ecco quindi che i tom ed il timpano diventano gli elementi sui quali eseguire una serie di rullate precise e veloci, equalizzate in maniera tale da far uscire la classica "botta" su ogni colpo. Il basso di Araya segue la linea compositiva originale, limitandosi solo a suonare con delle plettrate più veloci che si adeguano perfettamente all'aumento complessivo di bpm della cover, ma sono le chitarre a farla da padrone su questa traccia: anche nei Verbal Abuse vi erano due chitarristi (Andy Shuman ed Erik Mastrokalos), ma che senza nulla togliervi, non possono assolutamente reggere il confronto con Kerry King e Jeff Hanneman; le chitarre dei due thrasher suonano infatti decisamente più grosse e compatte di quelle punk oriented che composero questo brano ad inizio eighties, gli Slayer mirano infatti fin dai primi secondi a suonare molto più aggressivi e graffianti, aiutati anche da una post produzione più moderna, in modo da conferire al tutto quell'impronta personale che andrebbe sempre messa al centro del mirino ogni volta che ci si cimenta in una cover. I power chords sono gli stessi, ma le mani dei due californiani cadono marcatamente più pesanti sulle corde ed il main riff esce quindi arricchito in materia di groove ed impatto. A risultare totalmente rinnovata infine è anche l'esecuzione vocale della canzone: il buon Nicki Sicki (frontman e fondatore dei Verbal Abuse) scagliava la sua rabbia verso il mondo con uno stile grezzo e graffiante in pieno stile punk, ma il vocalist di origine cilena calca ulteriormente la mano in tal senso, riproponendo le parole del pezzo con il suo proverbiale stile da maniaco omicida in pieno stato confusionale, che su questa particolare esecuzione viene ulteriormente sovraccaricato di riverberi e distorsori in modo da rendere la sua voce ancora più cacofonica e malsana. Per gli amanti del Thrash Metal abituati ai grandi classici degli Slayer, questa cover sembrerebbe quasi riduttiva, una caduta di stile solo apparente che invece si rivela assolutamente azzeccata proprio grazie alla semplice filosofia del seguire le coordinate originali per risuonarle attraverso la propria attitudine; ergo, se con l'originale vi veniva già voglia di spaccare tutto, ascoltando questa versione slayerizzata vi verrà voglia poi di affittare un bulldozer per passare ulteriormente sopra al cumulo di macerie che avete appena creato. Il testo di questa canzone è una pura e semplice colata di odio selvaggio che si riversa verso il soggetto più stupido ed ignorante che si possa immaginare; ascoltate questo brano pensando alla persona che più detestate su questo pianeta, tanto ci sarà sicuramente qualcuno adatto allo scopo nel vostro panorama di conoscenze, e limitatevi ad urlargli in faccia le parole di questo testo: egli è soltanto uno spreco di liquido seminale, la cui sola vista ci fa letteralmente rivoltare lo stomaco dal disgusto, il suo modo di pensare e "ragionare" (e per questo secondo verbo le virgolette dovrebbero essere molte di più, visto il soggetto a cui si riferisce) non è assolutamente un qualcosa che si possa accostare al campo semantico dell'intelligenza. La cosa più irritante in assoluto è il fatto che questo individuo si aggiri per le strade atteggiandosi da vero duro, pensando di avere delle gonadi da maschio alpha, ma a conti fatti egli è solo un grosso fallo che rotea per i marciapiedi importunando tutti con la sua stupida spavalderia; odiarlo quindi non è un semplice atto dovuto, ma un gesto puramente spontaneo che verrebbe a chiunque, pensa di apparire intelligente con la sua favella da idiota, ma la sua testa altro non è che una enorme landa desolata priva della benché minima traccia di un'idea e più siamo costretti ad ascoltarlo, più siamo portati a desiderare che egli sia semplicemente morto. Poteva dunque Tom Araya tirarsi indietro dal ri arrangiare un brano di questa caratura? Assolutamente no. 

Abolish Government

Passiamo ora a "Abolish Government" (trad. "Abolite il Governo"), cover che gli Slayer fecero di un brano dei T.S.O.L simbolo dell'odio politico verso il sistema statunitense. L'astio resta quindi il centro tematico di questo singolo della band californiana e se prima esso era mirato verso un solo individuo, ora il bersaglio si sposta verso un intero sistema di governo. Nella versione originale lo stile era anch'esso il tipico sound che affondava le proprie radici nelle sonorità britanniche: secco, scarno veloce e splendidamente ignorante; il mezzo di comunicazione ideale per tutti gli operai della working class per sparare tutto il disprezzo che covavano dentro verso la società in cui vivevano. Nella versione composta da Jack Grisham e soci balzava lampante il tiro catchy e rock n'roll dell'insieme, il punto di partenza da cui partono invece gli Slayer per farne una vera e propria mitragliata thrash metal. Anche in questo caso, trattandosi di un brano punk di fine anni Settanta - inizio anni Ottanta, la struttura si presenta dritta e standard, modellata anch'essa sull'alternanza di strofa e ritornello la cui semplicità è sempre stata alla base dell'intero movimento musicale. La prima modifica apportata da Tom Araya e soci si riscontra nel tempo di batteria: dal drumming rockabilly di Todd Barnes si passa allo stile più tecnico, preciso e pulito di Bostaph, per il quale anche questa parte ritmica avrà letteralmente rappresentato un paese dei balocchi nel quale poter sguinzagliare tutta la sua creatività. Anche le chitarre, pur eseguendo naturalmente le medesime note dell'originale, suonano molto più nitide, precise ma, soprattutto, potenti: i due axeman di Los Angels infatti puntano tutto sul proverbiale muro sonoro che deve far esplodere i coni dell'impianto ad ogni pressione del tasto play, immancabile quindi è il bilanciamento più grosso e granitico delle sei corde per questo scopo, che emerge lampante soprattutto nelle strofe, dove la chiusura e la secchezza del palm muting creano il perfetto dinamismo nel contrasto con le tonalità alte del main riff; anche il basso di Araya segue il sostegno ritmico con una serie di pennate molto più precise di quelle di Mike Roche, che creano quindi il perfetto sostegno per un pezzo che non deve lasciar meditare ma semplicemente farci lanciare nel pogo più selvaggio sfrenato. A differenza della cover precedente, gli Slayer in questa sede si concedono anche una licenza poetica, se così si può definire: oltre ad aver snellito il testo ed averne poi reso alcune frasi molto più dirette ed esplicite rispetto al tono sì aggressivo ma più meditato dei T.S.O.L ( basti pensare che gli Slayer chiudono il pezzo con Araya che, rivolto al suo paese, si limita a dire "Suck my motherfuckin' dick" trad. "Succhiami il mio fottuto cazzo") i thrasher californiani rendono la struttura ancora più lineare dell'originale; in quest'ultima infatti il pre ritornello era scandito dalla classica rullata da parata militare, su cui Grisham cantava le parole a mo di ordine impartito da un sergente ai suoi soldati, gli Slayer invece la omettono totalmente per continuare a martellare senza alcuna interruzione durante lo scorrimento del brano. Lo stile vocale di Araya, come di consueto, risulta infine più malato ed ossessivo rispetto al frontman dei T.S.O.L ma è ormai lampante che l'Assassino vuole omaggiare la scena punk hardcore statunitense a proprio modo, aggiungendo anche più aggressività laddove magari mancava nei pezzi di partenza. I testi contro il governo degli Stati Uniti sono sempre stati inoltre un po' la specialità del vocalist cileno, in queste parole quindi come non poteva trovarsi nuovamente a proprio agio? Le parole della traccia infatti costituiscono una denuncia quanto mai esauriente di tutte le contraddizioni nel sistema dello Zio Sam, che si apre semplicemente con la cinica constatazione che non vi sia altro da fare se non abolire totalmente il governo; dimentichiamoci pure anche gli ideali del paese fondato per volere di Dio, in quanto egli ha ben altro a cui pensare per curarsi di un sistema che si riempie la bocca (ed il portafogli) con belle parole pregne di poesia e di ideali nobilissimi che però, nella cruda realtà, si palesano in un selvaggio tutti contro tutti che mette i lavoratori uno contro l'altro per la supremazia necessaria a portarsi a casa la pagnotta: per far strada nel proprio lavoro non sono più necessari i meriti ed i successi, o meglio, questi ultimi derivano non dalle nostre doti personali nel raggiungere un obiettivo, ma dal nostro talento nel far fallire i nostri rivali nella corsa al successo. La gerarchia è ormai spezzata: ai piani alti vi sono il presidente ed i senatori intorno al tavolo ed al basso vi sono i cittadini vessati e sfruttati, nessuna via di mezzo dunque, o si è nelle alte sfere o si è in fondo al baratro, dove ogni convenzione resta arbitraria ed ogni concetto è definito solo sulla carta; prendiamo per esempio l'amore: bello, affascinante e che scalda il cuore, esso si riduce solo in una scopata, un atto carnale e nient'altro, la cui perversione porta addirittura all'incesto pur di sfogare quegli istinti naturali troppo a lungo repressi per restare fedeli all'ideale dell'uomo casto e puro. Nelle vene dello stato scorre solo la guerra, ed ecco quindi che i figli dell'America si ritrovano a morire in qualche angolo sperduto del globo combattendo una guerra di cui magari non conoscono nemmeno le motivazioni, ammesso che ci siano; gli americani dunque vivono per servire nell'esercito, nella marina e nell'aeronautica, tutto in nome della terra dei liberi, ma tenetevi pure questa falsa libertà, essa non fa per chi ragiona con la propria testa.

Conclusioni

Con il singolo di "I Hate You" dunque, gli Slayer ebbero modo di dar voce alla loro vena più sovversiva, sfacciata ed underground; pur seguendo la linea che sembrava stesse andando in voga a metà anni Novanta fra le band thrash, vale a dire quella di realizzare delle cover, tutto sommato Tom Araya e soci si adeguarono a questo trend solo in parte: mentre i colleghi MetallicaMegadeth ed Anthrax infatti si concentrarono più generalmente sull'omaggiare i loro maestri, l'Assassino andò ulteriormente a fondo in un determinato genere che in qualche modo ne rappresenta l'archetipo senza però focalizzarsi anche sulle grandi influenze della scena metal; così facendo, i quattro thrasher californiani ribadivano in qualche modo l'essere legati ad un panorama che è sempre rimasto nei "bassi fondi" senza mai emergere sulla scena mondiale, a differenza dei vari Diamond HeadMotorhead e Queen omaggiati dai Four Horsemen, per esempio, o da Alice Cooper, di cui fece una cover il buon Dave Mustaine, tutto per restare fedeli a quel dogma di coerenza ed attitudine che da sempre caratterizza l'hardcore più genuino e crudo. Gli Slayer decidono così di vestire i panni della band punk, pur suonando thrash, per meglio raggiungere il loro scopo, quello di omaggiare un filone "di nicchia" scegliendo due dei brani più celebri ed al tempo stesso controtendenti, composti non dai nomi di fama planetaria ma dagli artisti che nel loro piccolo hanno fatto la storia continuando a restar nei sotterranei della società ad urlare tutto il loro odio. Troppo facile e soprattutto banale sarebbe stato infatti tributare nomi come Sex PistolsThe Clash o Ramones; i suddetti artisti hanno fatto la storia, non vi è dubbio, ma sono stati già abbondantemente ringraziati. Tom Araya e soci invece vogliono offrire, attraverso la loro notorietà, una seconda opportunità di rivalsa ai Verbal Abuse ed ai T.S.O.L in quanto simbolo di un punk ormai eclissato dai mostri del panorama britannico e statunitense. Per troppo tempo infatti i gruppi di Nicki Sicki e Jack Grisham sono rimasti nel dimenticatoio nonostante la loro grande storia, ed era quindi giunto il momento di fare in modo che anche loro, sull'onda della "cover mania", ricevessero il meritato consenso e rispetto. Sicuramente con l'uscita di questo singolo in molti avranno riscoperto o scoperto ex novo le due band omaggiate: il fan della vecchia guardia avrà sicuramente apprezzato l'iniziativa degli Slayer, mentre magari il nuovo adepto della chiesa di Kerry King si sarà andato ad informare al riguardo secondo il classico principio dell'ipse dixit: "se gli Slayer, che sono la mia band preferita, hanno reso omaggio a questi due gruppi punk, sicuramente varrà la pena ascoltarli"; ecco quindi che con un semplice passaparola veniva così riesumato dall'oblio il grande bagaglio musicale e culturale dell'hardcore americano, genere che nel corso degli anni non ha mai mancato di regalare ai nostri timpani assetati di cattiveria delle chicche sempre aggressive e taglienti, e che ha trovato negli Slayer dei nuovi profeti assolutamente all'altezza del compito affidatogli.

1) I Hate You
2) Abolish Government
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