SLAYER

Eyes of the Insane

2006 - American Recordings

A CURA DI
MARCO PALMACCI
10/04/2016
TEMPO DI LETTURA:
9

Introduzione Recensione

Di quanto "Christ Illusion" sia stato un album fondamentale, per il nuovo millennio targato Slayer, ne siamo stati tutti consapevoli. Le attese dei fan erano state ampiamente ripagate, e dopo un periodo di "assestamento", l'Assassino era tornato con la bomba definitiva. Un disco che infiammò il 2006 a suon di zombie, sangue e dissacranti provocazioni. Blasfemia & Serial Killer, cosa volere di più? Come dire? La formazione originale? Beh, anche per quello non fu un problema, dato si che Bostaph lasciò il posto ad un rientrante Lombardo, il quale si presentò più carico e deciso che mai. Insomma, l'ingranaggio aveva ricominciato a girare come  si conveniva, ed aveva fatto onore al proprio (grande) nome. I piccoli assaggi di "Christ Illusion", ovvero il singolo "Cult" presentato in due differenti occasioni, aveva sin da subito lasciato presagire il ritorno definitivo. Boom di vendite, settimane di permanenza in classifica.. il minimo che si poteva fare, era dunque spingere ancora di più un disco che stava letteralmente macinando consensi. Dopo l'uscita di "Christ..", quindi, si decise di promuovere un nuovo singolo, anch'esso atto a rappresentare il platter al 100%. La scelta ricadde, nemmeno a dirlo, sull'inquietante "Eyes of the Insane", un brano con una storia assai curiosa alle spalle. L'ispirazione per la composizione del pezzo, infatti, balenò nella testa di Tom Araya quando egli, girovagando in un aeroporto in attesa del suo volo, si ritrovò a comprare una copia di "Texas Monthly", rivista statunitense. Era il Marzo del 2006, e Tom rimase colpito dalla copertina, raffigurante l'elmo di un soldato. Non c'è dunque da sorprendersi, dato il grande interesse che gli Slayer hanno sin da sempre mostrato per la "guerra" intesa come concetto; senza scordarsi di tutti i sentimenti che girano, attorno a questo elemento: odio, sangue, vendetta.. tutto materiale adattissimo per i testi di una rabbiosa Thrash Metal band. Tornando alla storia, il bassista decise di leggere subito l'articolo di copertina, intitolato "Causuality of War". Un articolo che, a detta dello stesso Araya, gli fece letteralmente presa. "Mi fece scoppiare il cervello", disse letteralmente il buon Tom, che si ritrovò a leggere tutta una serie di storie riguardanti soldati texani reduci dagli scontri in Iraq avvenuti nel 2003. Il famoso conflitto scoppiato per via delle (fin troppo) presunte armi di distruzioni di massa che Saddam Hussein avrebbe tenuto nascoste. Non ci furono mai prove dell'esistenza di atomiche o altro, stette di fatto che gli U.S.A. sentirono comunque il bisogno di intervenire.. mandando letteralmente a morire centinaia di ragazzi e padri di famiglia. L'articolo, infatti, riguardava proprio i sentimenti dei soldati, costretti ad assistere ad atrocità continue, a veder perire i loro compagni, i quali spesso spiravano fra le braccia dei commilitoni stessi. Visioni che non andarono via neanche quando la missione fu finita; il pezzo, infatti, ricalcava anche il grave stato di shock ed angoscia che i combattenti provarono una volta rientrati, anche se potevano contare sulla calda ed accomodante quotidianità delle loro famiglie e delle loro vite. L'articolo era inoltre dotato di un corollario di immagini assai eloquenti e dure. La prima lettura impressionò dunque un incredulo Araya, il quale decise di realizzare un brano in tema solo dopo aver riletto l'articolo, pochi giorni dopo il suo volo. Sembra che a muovere gli intenti del bassista fosse stata la voglia di raccontare tali storie, da tutti troppo ignorate o direttamente sconosciute a molti. "E' un qualcosa che l'esercito non vuole che si sappia", disse Tom, riferendosi alla sofferenza e ai danni psicologici subiti dai soldati, "..non fanno altro che spazzare la polvere nascondendola sotto il tappeto. Ma è una storia che DEVE essere raccontata". Un brano che dunque ebbe questa genesi, e che suscitò diverse polemiche, in quanto l'argomento "esercito" è molto sentito negli Stati Uniti, e parlarne si traduce molto spesso in "volontà" di sollevare polveroni. Visto che, similmente come accade in Italia su altre questioni, anche nella terra dello Zio Sam non esistono mezze misure, su certe tematiche: o si è contro a prescindere, o si è bigottamente favorevoli. Senza mai ragionare o ponderare. Dunque, gli Slayer si ritrovarono nell'occhio del ciclone sin da subito, come se non fossero stati sufficienti i problemi incassati con "Jihad". Da una parte gli anti-militaristi che li elogiavano, dall'altra chi li accusava di essere liberal pacifisti o addirittura hippies, dall'altra chi li accusava di fomentare la violenza eccetera. Ci pensò Kerry King a far ordine nella faccenda, sentenziando quanto segue: "Non c'è niente di politico, nei nostri testi! 'Jihad', 'Eyes of the Insane'.. sono venute fuori semplicemente da ciò che vediamo tutti i giorni in TV". Al di là delle polemiche, "Eyes.." si rivelò comunque una traccia vincente, tanto da portare gli Slayer a vincere un "Grammy Award" nella categoria "Best Metal Performance", disintegrando la concorrenza di gruppi come Lamb Of God e Mastodon. Il brano venne addirittura omaggiato di un videoclip, girato seguendo un concept particolare. Vediamo infatti un occhio onnipresente, un occhio a dir poco "spiritato", costretto ad assistere suo malgrado a continue (e spaventose) scene di violenza. Corpi crivellati da proiettili, soldati caduti e spirati definitivamente, sangue, atrocità. Uno sguardo che poco dopo risulta spento, distrutto, tipico di chi ha ormai il cervello e la mente a pezzi. Un'idea che venne realizzata a quattro mani, grazie all'impegno degli Slayer e del regista iraniano Tony Petrossian. Vennero addirittura indetti dei casting, anche se si trattava di rappresentare un solo occhio. Casting ai quali si poteva accedere solamente se dotati di determinate caratteristiche: essere un maschio bianco di etnia caucasica, fra i 18 ed i 26 anni, con ottime doti recitative. In quanto, il canovaccio seguiva questa direttiva: "questo attore deve essere assai bravo.. capace di esprimere di tutto, con il suo sguardo. Era una persona innocente, pochi mesi prima.. e adesso è spaventata dalla visione di tanti conflitti. Cercasi sopracciglia forti ma che non sopraffacciano il volto. Molto ben accette cicatrici e vene prorompenti". Il più contento del risultato finale fu Kerry King, il quale si disse molto soddisfatto della riuscita del video. "Era una cosa nuova, per noi hce eravamo soliti filmarci solo mentre suoniamo". Ben disposto verso il video, il nerboruto chitarrista.. quanto (paradossalmente!) scontento della vittoria del Grammy, in quanto tutt'oggi egli considera "Eyes.." come "la canzone meno rappresentativa degli Slayer nel contesto di 'Christ Illusion'". Stando sempre alla dichiarazione, King avrebbe (e di molto) preferito che a venir premiata fosse "Jihad", anche se questo non avvenne per ovvi motivi, specificati nell'articolo riguardante "Eternal Pyre". Ringraziando il cielo (le sparate di Kerry sarebbero in grado di demoralizzare chiunque) ci pensarono Tom e Hanneman a dichiararsi felicissimi di quella vittoria. "Io e Jeff abbiamo messo molto del nostro, in quel pezzo.. per cui siamo contentissimi che i giudici abbiano voluto ascoltarlo e premiarlo. Eravamo in giro, quando lo abbiamo saputo.. e siamo subito stati felicissimi!". Onori su onori, tanto che "Eyes.." venne addirittura scelta per entrare a far parte della official soundtrack del film "Saw III", terzo capitolo di una celebrata ed importante saga horror. La scelta di lanciare il pezzo come singolo a sé stante, a conti fatti, si rivelò più che giustificata. Una promozione che si dimostrò strutturata in varie versioni. In una troviamo infatti solo "Eyes..", proposta sia in versione studio che live. In un'altra, invece, troviamo unicamente la versione studio del singolo di lancio, fiancheggiato dalla terza riproposizione di "Cult", anch'essa in versione live; con l'aggiunta di una video performance del brano "Reborn". Nell'edizione in vinile troviamo invece solo "Eyes.." (studio) e "Cult" (live), ed è presente anche una versione inglese riportante la sola "Eyes..". Premesse dovute, adesso prepariamoci a guardare il mondo dagli occhi di un pazzo.. Let's Play!

Eyes of the Insane

A fare gli onori di casa è la titletrack, presentataci inizialmente nella sua versione studio. "Eyes of the Insane (Lo sguardo del pazzo)viene aperto da un claustrofobico quanto inquietante sottofondo di chitarre, mai così oscure e massicce. I precisi colpi di Lombardo scandiscono un tempo marziale e cadenzato, mentre Araya recita con voce bassa e cupa i versi del testo. Solo poco dopo Dave decide di concedersi una bella esibizione di doppia cassa, pur mantenendo il tempo su binari molto chirurgici, non infrangendo l'atmosfera sino ad ora così sapientemente creata. E' proprio la lentezza generale a instillare nelle nostre menti la paura e l'angoscia che il protagonista del video sta vedendo dipanarsi dinnanzi al suo sguardo, secondo dopo secondo. Chitarre roboanti ed Araya che pian piano fa sentire la sua presenza, ma senza esagerare, pur inasprendo il suo cantato nel corso della strofa. Il suo basso va a riempire magnificamente il lavoro svolto da Jeff Kerry, intenti a donare una sorta di linearità al pezzo, il quale quindi non presenta picchi di elevata varietà ma è intento ad esplodere definitivamente in un refrain rabbioso e cattivo. Il suono delle chitarre diviene a più riprese "stoppato" nella prima fase del ritornello, in maniera ancora una volta marziale così come il tempo fornito a tutti da un Lombardo che si scopre picchiatore selvaggio pur conservando, comunque, la sua indole fortemente tecnica e ragionata. Il ritmo generale diviene più "fluido" una volta sfociati nella seconda parte del ritornello, momento in cui torna ad imperare, forte, la cupezza già qualificante dell'intero brano. Ritornello ripetuto due volte, ed al minuto 1:50 è un breve riff ad introdurre il primo solo del brano, caratterizzato da un uso particolare della melodia, in questo senso intesa come opprimente e tagliente. Un solo non troppo veloce, tecnicamente ben eseguito e funzionale alla causa ultima del brano, quella di ucciderci letteralmente con un'andatura quasi "doomeggiante" nel suo insieme. Finito il solo viene ripresa la parte più aggressiva e "soldatesca" del ritornello, quella degli "stop and go" e dell'urlo selvaggio di Araya, il quale in seguito passa ad introdurci una nuova strofa, la quale prosegue in climax ascendente fino a chiudere un brano incredibilmente valido e degno rappresentante dell'anima più "sulfurea" degli Slayer, quei pezzi non magari velocissimi ma particolarmente letali nel loro incedere moderato e lentamente corrosivo. Come già specificato nell'introduzione, il brano tratta dunque degli stessi fatti che lo hanno ispirato. Assistiamo ad un racconto atroce, per bocca di un soldato giovanissimo costretto suo malgrado a partire verso una terra straniera, per combattere a fianco dei suoi compagni. Compagni che tuttavia continuano a morire dinnanzi ai suoi occhi, in un tripudio di scene che spaventerebbero persino Satana in persona. Sangue, volti sfigurati, corpi mutilati.. il cuore del Nostro è a pezzi, la sua mente è ridotta in maniera anche peggiore. Non riesce più a sopportare cotanto orrore, tanto che sente pian piano il cervello che lo abbandona. Lentamente. Inesorabilmente. Con il sangue dei suoi amici sul volto ed i loro cadaveri nelle sue mani, egli si chiede come mai tutto questo. Perché. Per quale motivo, per quale causa. Questi sono i sentimenti comuni di molti soldati costretti ad una vita fatta di perenni ansie e nel peggiore dei casi anche di patologie mentali. Non sono pochi, infatti, i militari che nel corso degli anni sono stati vittime di pericolosissime derive psicologiche. Certe immagini non spariscono, e continui ad alzarti urlando anche molti anni dopo la guerra; anche se sei nel tuo letto e realizzi che si trattava solo di un incubo. Derivante da una realtà che non se la sente proprio di lasciarti in pace. Gli Slayer citano addirittura lo "Shellshock", ovvero lo stato che normalmente si raggiunge quando i picchi di pressione e paura divengono irrimediabilmente elevati. Uno stato in cui si è apparentemente morti: sguardo fisso nel vuoto, incapacità a compiere persino il più normale dei gesti (parlare, camminare ecc.). Nessuna reazione a nessuno stimolo.. semplicemente, la conseguenza dovuta all'accumulo di emozioni. Dopo aver sentito il tragico e proverbiale "rumore di vetri rotti". Il gruppo vuole quindi svelarci un lato particolare della guerra.. l'inferno vissuto dagli stessi combattenti, ai quali nessuno molto spesso fa caso. Il soldato, una posizione scomodissima. Eroe per molti, assassino per altri. A fari spenti, un essere umano. Come te e me. Come tutti.

Eyes of the Insane (Live)

Passiamo dunque alla versione live di "Eyes..", accompagnata anche da un video che gli Slayer hanno provveduto a fornirci mediante il loro canale YouTube. E' subito Araya a far gli onori di casa, sussurrando appena il titolo del brano, avvolto in una luce blu ed in una nebbia sulfurea e demoniaca. Le luci si spengono, l'oscurità è totale, ma ben presto i fari si accendono improvvisamente svelandoci la band dunque intenta a proporci il brano. Il blu domina, l'atmosfera è quanto di più claustrofobico e devastante si possa immaginare, propedeutica alla buona riuscita di un pezzo che live sembra assumere una veste ancor più aggressiva. Le asce di King Jeff suonano infatti ancor più pesanti e roboanti, mentre il cantato di Tom è ancora più roccioso ed incazzato, se volete concedermi un francesismo. Dal canto suo, Lombardo si dimostra ancora una volta abilissimo a gestire i tempi lenti e "doomeggianti" di un pezzo che fa dell'atmosfera la sua vera forza. Insomma, una bella versione, che amplifica e di molto le sensazioni che gli Slayer volevano trasmetterci con questa determinata canzone. Fantastici King ed Hanneman eseguire un headbanging incessante per tutta la durata del pezzo, così come fantastico è un pubblico che sembra gradire moltissimo, facendosi catturare dal mood di "Eyes.." ed addirittura dando abbastanza da fare alla security a bordo palco. La struttura del brano non viene intaccata, anche la resa degli assoli di Jeff Kerry è pressoché perfetta. Anzi, la coppia d'asce si concede anche qualche improvvisata in più, andando ad irrobustire il loro sound in maniera incredibile, non indugiando troppo nella melodia "oscura". Anzi, possiamo dire come le note da loro emesse vengano sporcate maggiormente che nella versione in studio, donando la vita ad un qualcosa di ancor più corrosivo e devastante. Avevo già detto di come gli Slayer si possano comprendere appieno solo se visti live. Questa è ancora un'ulteriore prova che vi presento a sostegno della mia dichiarazione.Bellissimo, poi, il gioco di luci finale.

Cult

 "This is.. 'Cult'!". Con questa coincisa e breve presentazione si avvicenda dunque la versione live del brano in questione. E' Tom Araya a fare gli onori di casa, e notiamo subito quanto l'oscuro arpeggio iniziale venga proposto in maniera più pesante e rugginosa, più massiccia e sostenuta. Introduzione eseguita in maniera magistrale, con Hanneman King prontissimi di lì a poco a far deflagrare quella che si rivelerà essere una vera bomba a cielo aperto. I primi istanti lenti e cadenzati vengono dunque resi in maniera inesorabile, finché Kerry decide di suonare la carica e Dave di pestare durissimo sul suo drum kit, facendoci capire che qualcosa è lì pronto ad esplodere. Detto fatto, i tempi divengono come da copione serratissimi e devastanti, la velocità domina il contesto e la voce di Araya si dimostra subito ben amalgamata al tutto, bella oscura e rugginosa. Una vera e propria tempesta sonora che può figurare dinnanzi al nostro sguardo il moshpit pazzo che sicuramente si stava scatenando in quel momento. Se gli Slayer decidono di far male, il cielo ce ne scampi: ci lasceranno in eredità lividi ed emorragie, e sfido chiunque ad obiettare. La velocità non diminuisce neanche per un secondo, anzi, il brano vive letteralmente una "seconda giovinezza", soprattutto nel refrain così incredibilmente ben proposto. Del resto, la peculiarità dell'Assassino è proprio quella di creare brani in studio che si rivelino essere il quadruplo più efficaci, una volta suonati sul palco. Col proseguo torniamo poi ad imbatterci nello stesso momento più ragionato e cadenzato già udito nella versione studio: i tempi divengono meno oppressivi e più monolitici, con Araya intento a "parlarci" di Cristo e la conseguente impennata che porta ad un assolo devastante quanto potrebbe esserlo una coltellata ricevuta in pieno stomaco. Le dita del combo chitarristico degli Slayer sembrano quasi distruggere i propri strumenti, in un frangente che sembra riportarci ai tempi di "Reign in Blood" e dunque si risolve nella riproposizione di un ultimo refrain. Una performance distruttiva che dunque ci porta al finale, fregiato da un nuovo assolo veloce ed intensissimo, ma molto più breve del precedente. Il testo non presenta variazioni di sorta, e rimane fedelissimo a quello anche propostoci nella versione studio, ovvero una forte critica al sistema religioso. La Chiesa viene vista come terribilmente corrotta e marcia alle sue basi, e quel che fa più paura è tutto ciò a cui i fedeli arriverebbero, pur di compiacere il loro "dio".. o meglio, chi dice di farne le veci. I Nostri identificano nella religione settarile ed organizzata un male da estirpare, un sistema sbagliato, una grande organizzazione a delinquere; ossessionata dai soldi delle offerte, più che dai peccati. Propaganda e solo propaganda: far tutto quel che si vuole giustificando ogni nefandezza con la scusa della "volontà di Dio" non è un qualcosa che il gruppo approva. Per questo, scelgono l'altra via, quella dell'avversario. Gli Slayer preferiscono mille volte la cattiveria manifesta di Satana che quella mal celata e a tinte ipocrite degli uomini di fede. Che a loro volta abbracciano il credo del Male, essendo però bravi a celarlo agli occhi dei loro fedeli ciechi e sordi. Perché dunque fidarsi della parola di Cristo, in nome della quale si uccide e si commette ogni tipo di reato? Perché fidarsi di chi protegge ed insabbia crimini gravi contro la pedofilia? La religione è il male, la religione è il dolore, l'accecamento della coscienza. Satana è dunque il grido all'unisono del gruppo, il quale lo sfrutta solamente per rimarcare la propria indipendenza dal credo cattolico. Un po' come faceva Anton LaVey, d'altra parte.

Reborn

L'ultima traccia del lotto non è stata certo posta a caso. Una devastante versione live di "Reborn (Resuscitata)", piazzata proprio per richiamare i fasti del passato, a gran voce evocati da "Christ Illusion". Parlavamo nell'articolo dedicato a "Cult" quanto il numero 6 sia stato importante, nella carriera degli Slayer. Il successo guadagnato nel 1986 grazie a "Reign in Blood", la reunion e la ritrovata forma smagliante nel 2006 con "Christ.."; e sembra proprio che i nostri ci tengano a fomentare queste particolarità, andando a presentarci una traccia ("Reborn", appunto) direttamente estrapolata da un live del 1986. Siamo a New York, una delle città simbolo dell'Hardcore Punk, corrente amatissima e rispettata dagli stessi Slayer. Il minimo che si possa fare è pestare duro, letteralmente un invito a nozze per l'assassino. "Fuck that shit.. right?? You will come back, you can return.. you'll REBOOOOOOOOOOOOOOOORN!!", questo il grido di un Araya giovanissimo e su di giri (il quale aveva shockato la platea, poco prima, lanciandosi in una delirante apologia della necrofilia, atta a presentare appunto "Necrophilia"); tutti i Nostri ci appaiono giovanissimi e carichi più che mai. Bisogna dire che, salvo la qualità non certo ottimale delle immagini (siamo pur sempre nel 1986!), è davvero una gioia poter ammirare questi leoni nel pieno delle loro forze. Anche perché la resa sonora è magnificamente grezza, atta a rendere onore a quella che considero una delle espressioni musicali più aggressive della storia. Come di consueto, dopo l'urlo di Araya, ne consegue un piccolo momento di buio, presto infranto dall'attacco del riff principale. Assistiamo alla selvaggia attitudine di un Lombardo che spinge come un forsennato sui pedali, con l'immagine che viene presto "oscurata" da un pubblico emozionato ed intento a pogare come non mai, concedendosi diverse volte anche al crowd surfing. Entrambi i chitarristi (entrambi con i capelli..!) sono intenti a macinare riff taglienti e roboanti, mentre Dave si lascia andare ai blast beat più possenti e serrati. Lo stesso Araya emette parole a raffica, declamando il resto in maniera velocissima piuttosto che cantare. Arriva il momento dell'assolo di Jeff; il biondo eccita ancor di più la folla andando ad eseguire un momento solista breve ma intenso, mentre il pubblico è ormai intento a salire sul palco e buttarsi sulla folla, a cadenza più o meno regolare. L'immagine inizia a guastarsi sul finale, proprio quando ci viene proposta l'ultima parte di un brano al fulmicotone, nella quale Jeff è intento ancora una volta ad accoltellarci a suon di note. Un momento che fa scendere la lacrima e ci mette dinnanzi agli occhi un gruppo che all'epoca viveva il proprio apice. Impossibile non sentire le vibrazioni, non percepire la furia iconoclasta di un gruppo che, senza mezzi termini, è intenzionato a travolgerci con continue raffiche di Thrash Metal. Il testo è naturalmente lo stesso del quale tutti siamo a conoscenza. Ci narra la storia di una donna perseguitata ed imprigionata, accusata del crimine di "stregoneria". Pensare oggi di essere accusati di una cosa del genere farebbe quanto meno sorridere.. se non fosse che un numero elevatissimo di donne (molto giovani, molto spesso) fu ucciso, per tali calunnie. Appena pochi secoli orsono, la civilissima umanità (quella del "progresso", la "razza dominante") dava infatti il via ad una delle peggiori mattanze della sua storia: la cosiddetta "caccia alle Streghe". Migliaia di innocenti intrappolate e torturate, condannate in nome del fanatismo alla morte sul rogo, mediante arsura. Madri, figlie, nipoti.. ragazze che sarebbero potuto essere tutto questo per chiunque, bruciate vive, costrette a morire fra urla e lamenti per via del giudizio di un Dio plasmato ad immagine e somiglianza delle perversioni-depravazioni umane. La strega di "Reborn", tutta via, sembra patire solo momentaneamente il dolore, in quanto ella giura eterna fedeltà al maligno, minacciando di fatto i suoi carcerieri-persecutori durante il rogo stesso. Ella risorgerà, ritornerà, il suo patto magico con l'Arcidemone servirà infatti a garantirle la vita eterna. Una volta risorta ella non potrà essere fermata da alcun crocifisso, da alcuna bibbia: la sua collera sarà implacabile, il prete che la condannò patirà come lei atroci sofferenze. La morte è nulla se hai dalla tua parte il Demonio. La Strega lo sa, e resusciterà ancora più potente. Nessuna scusa, nessun perdono: niente potrà mai cancellare la sua rabbia e le cicatrici delle immonde torture subite.

Conclusioni

Arrivati a questo punto, possiamo dire di trovarci dinnanzi all'ennesimo singolo vincente, scelto in virtù delle sue peculiarità e dell'effettiva presa che ebbe sul pubblico. A discapito di quanto affermato dallo stesso King, il brano funziona per tanti motivi: anzitutto ci conferma quanto gli Slayer non siano solo velocità senza quartiere, ma anche e soprattutto atmosfera. Non è semplice creare suggestioni convincenti che esulino momentaneamente dal solito e consolidato contesto. Chiariamoci, tutti amiamo gli Slayer per via di assalti stile "Angel Of Death" et simila; ma sarebbe un errore auto confinarsi entro determinati stilemi, non volendo per principio provare a decelerare un po' o comunque sperimentare altre vie. Il combo statunitense è stato senza dubbio bravissimo nel cercare soluzioni alternative. Se dunque possiamo ritenerli famosi per le rasoiate prive di tatto o lucidità, possiamo altresì lodarli per aver messo su brani dall'impianto generale non certo velocissimi, ma vincenti in quanto ad atmosfera. Il senso di oppressione che sentiamo ascoltando "Eyes of the Insane" non è un fattore da trascurare. E' un brano, questo, che ci palesa quanto l'Assassino sia bravissimo a giocarsi ogni possibilità a sua disposizione, costruendo universi paralleli alla sua proposta. Universi nei quali è splendido immergersi, per provare se non altro emozioni diverse dal "fomento da moshpit". Che dire, poi, dell'assortimento di pezzi propostici? "Eyes.." si dimostra IMPLACABILE, nella sua versione live, idem "Cult" che suona già come un vero e proprio classico. Mano sul cuore, poi, per quel che concerne l'esibizione tellurica e d'annata posta in chiusura di singolo. "Reborn" è la perla che conferma fino ad ora quanto detto: ovvero, quanto per gli Slayer"Christ.." sia stato un disco importante. Esattamente vent'anni dopo un capolavoro come "Reign in Blood"Nozze di Sangue ben celebrate, dunque. A suon di assalti, di decibel, di riff roboanti e taglienti come non se ne sentivano da un po'. Possiamo dunque gioire dell'ennesima perla regalataci da un gruppo ormai immortale come pochi. Un gruppo al quale perdoneremmo veramente di tutto. Comprese le sfuriate di Kerry. Anche se, ancora oggi, il baldo chitarrista sembra volerci mettere a dura prova, ogni giorno che passa. Sorvolando comunque su determinati aspetti.. gli Slayer son pur sempre gli Slayer, come mi sono già ritrovato a dire in diverse altre situazioni. Un gruppo dal quale non si può prescindere. Palestra e scuola del Metal estremo, una delle esperienze più significative della Storia passata e recente del nostro genere preferito. Volergli male, sarebbe un sacrilegio. A ciascun il suo, come si suol dire.. e non si bisticci degli uman piaceri. Sta di fatto che, per quanto mi riguarda, amare questo gruppo dovrebbe essere un obbligo morale. Se non altro per la coerenza che hanno sempre dimostrato.

1) Eyes of the Insane
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