SLAYER
Decade of Aggression
1991 - Def American Recordings
PAOLO FERRANTE
18/01/2016
Introduzione recensione
Con "Decade of Aggression" gli Slayer decidono di festeggiare il loro decimo anno di aggressività musicale. Pubblicato nel 1991 dalla Def American Recordings - anche se co-prodotto dalla band stessa - questo live album vuole sottolineare la carriera del gruppo mostrandone il lato più forte: l'esibizione del vivo. Mentre molti altri gruppi avrebbero fatto una compilation di brani tratti dagli album, magari anche ri-registrati per l'occasione, gli Slayer giocano il loro punto di forza che è proprio la resa sul palco; lo fanno anche proponendo un intero live (incluso nel primo CD) tenuto a Lakeland Coliseum in California e pezzi tratti da due altri live che sono inclusi nel secondo CD. La formazione è quella mitologica: Tom Araya alla voce e basso, Jeff Hanneman e Kerry King alle chitarre, Dave Lombardo alla batteria; mettere queste quattro persone sullo stesso palco è come giocare un poker d'assi ed avere la vittoria in pugno! Il grande numero di riedizioni dell'opera, nei formati più disparati, anche in tempi recenti (citiamo giusto il doppio vinile pubblicato nel 2014 dall'American Recordings) testimonia il valore del live che, lungi da essere un semplice ricordo di una bella serata, è un tassello importante, una sorta di riassunto di ciò che sono diventati gli Slayer già dopo dieci anni di attività. Complessivamente la resa Sonora del live è davvero buona e permette anche di ascoltare determinate brani, specie quelli dei primi album, con un sound che gli rende più giustizia e ce li presenta nella loro veste migliore. La copertina è molto raw, è semplicemente una foto - anche particolarmente satura nei colori - del gruppo niente affatto agghindato: mostra il lato più umano del gruppo pronto a salire sul palco. L'uso del grandangolo distorce le figure dei musicisti ai lati (non è una scelta molto felice in effetti) e trattandosi anche di una foto non proprio ad alta definizione, inserita in un contesto grafico davvero minimale, non ci fa una gran figura; eppure ecco gli Slayer: senza fronzoli, crudi. All'interno dell'artwork però sono presenti altre immagini, tratte dal concerto o anche - è il caso del retro - durante la preparazione del palco. In questa recensione ci occuperemo della prima versione del doppio CD live edita dalla Def American Recordings (tra l'altro anche nella variante in cofanetto limitato con tanto di certificato di autenticità e copia numerata progressivamente). Va precisato che quando nella recensione si fa riferimento ad influenze Death o Black non si intende di certo dire che gli Slayer si siano fatti influenzare da una corrente musicale - che nemmeno esisteva quando hanno iniziato a suonare - ma che, ascoltando il lavoro ai nostri tempi rinveniamo, col senno di poi, quegli elementi stilistici che ci fanno pensare ad un determinato sottogenere.
Hell Awaits
Tutto inizia con "Hell Awaits" (L'inferno attende), tratto dall'omonimo album ed unico pezzo a rappresentarlo - strano che un album così ben riuscito sia così poco rappresentato. L'audio comincia con dei fischi di approvazione, un coro inneggia agli Slayer, poi dei sussurri malefici e chitarre distorte creano un'atmosfera da Black Metal in piena regola, tutto è carico di aspettativa: i rintocchi delle campane ed ecco i primi imponenti riff, carichi di distorsione e riverbero, la cassa è bella pompata, l'altra chitarra aumenta sempre più il volume. Il pezzo è secco e compatto, i riff arrivano uno dietro l'altro con naturalezza ed un certo groove, è un bell'inizio perché viene ritmato gradualmente, si passa ad un Thrash Metal pestato ma lento, con brevi passaggi melodici mentre la batteria inizia a proporre un timido blast di cassa, che alterna con un rullante acuto. Ecco che il riff si accende di vivace malvagità, una lunga serie di stoppate sui piatti e si va avanti, urlo della folla quando la chitarra sta in solitaria e la batteria lancia un assalto che si schianta con un tupa tupa e delle chitarre frenetiche, ecco la voce che si mostra subito violenta e motivata. Le chitarre lanciano riff casinari, la voce si sente sempre in primo piano, il basso è un'entità di rinforzo e basilare, ecco un altro momento in cui l'attenzione passa da una chitarra all'altra, altro intervento vocale ritmato poi l'assolo chiassoso e distorto, l'esecuzione non è impeccabile ma c'è un grezzume palpabile. La folla urla e quindi riparte l'assalto, la voce è bella carica e si concede un certo groove nella velocità, si torna alla parte molto ritmata che offre anche variazioni strumentali che pestano forte, la batteria aumenta la forza poi arriva un secondo assolo chiassoso e tamarro che non fa altro che aumentare l'impatto sonoro ed aizzare il pubblico al macello. Un inizio coi fiocchi che mostra un gruppo motivato ma che non vuole necessariamente strafare. Il testo racconta di una battaglia apocalittica tra angeli e demoni, gli angeli combattono con tutte le forze ma vengono comunque falciati dalle spade dei demoni che si apprestano ad alimentare la forgia presso i cancelli del regno di Satana. Si parla del regno di Lucifero, dove i morti vagano liberi ed incontrastati, zombie che urlano ed anime che gridano di dolore secondo le leggi sataniche. Una volta vinta la battaglia le legioni infernali crocifiggeranno il cosiddetto Signore, ora tutte le anime sono dannate e saranno per sempre schiave del demonio, condannare a marcire all'inferno. Un testo bello forte che fa iniziare con molta aggressività il concerto.
The Antichrist
Restiamo in argomento con "The Antichrist" (L'anticristo), unico pezzo in questo CD a rappresentare l'album d'esordio "Show No Mercy" (1983), lo stile ha qualcosa di molto Rock nel lancio delle chitarre e nel lavoro della batteria. La velocità è un fattore fondamentale, assieme alla distorsione ed alla voce aggressiva di Araya. In ogni caso si può parlare di un Hard Rock tendente al Thrash primordiale, è un ottimo esempio di come stesse nascendo un genere. L'assolo parte molto presto ed è fatto di fischi e note veloci, frenetiche considerando gli anni di creazione, poi si passa a degli accordi più melodici in cui interviene un nuovo assolo fischiato ma decisamente più melodico, su di una batteria stabile. Il basso fa un lavoro di riempimento anche in questo caso e sono rari i casi in cui emerge, ancora una volta la voce entra in gioco con un urlo acuto - in falsetto - poi continua a ripetere il ritornello per poi lasciare spazio ad una nuova e veloce parte strumentale, tra un urlo ed un altro, stoppata ed una serie di plettrate. Un pezzo velocissimo che scorre in due intensi minuti e termina di colpo, si sentono gli urli isterici di ragazze nelle prime file, gli Slayer hanno il pubblico in pugno già alla fine del secondo brano; nel lontano 1983 non c'erano gruppi che avessero la stessa velocità ed aggressività sfoggiata dagli Slayer, tanto da fargli guadagnare i fan tra i più accaniti e violenti. Il testo contiene le riflessioni di un protagonista che si racconta come controllato da Satana, è l'Anticristo e questo è ciò che è destinato ad essere, Dio l'ha lasciato indietro e dunque la sua anima è libera. Guarda i discepoli delle leggi di Satana, si rende conto che la seconda venuta del figlio di Dio non si è verificata proprio perché chi verrà è il figlio di Satana, lui stesso. Urla, tormenti, queste sono le cose che porta, questo è ciò che desidera: la caduta del regno dei cieli perché è l'anticristo e tutto l'amore è perduto, adesso la sua anima marcirà in eterno. Un pezzo d'impatto insomma, anche nel testo, un inno al male ma anche alla ribellione, senza tanti fronzoli e teorie; un testo semplice ma di forte impatto, ottimo per fare casino.
War Ensemble
Si passa a "War Ensemble" (Gruppo di guerra), tratto da "Seasons in the Abyss" (1990) come molti altri brani del resto, trattandosi dell'album appena precedente il live, ancora applausi e cori da stadio, il gruppo si prende il suo tempo e quindi Araya saluta il pubblico, lo incita, poi invita i ragazzi alle prime file ad aiutare quelli che arrivano (tramite crowdsurfing probabilmente) a non cadere, perché ci si deve aiutare l'un l'altro; dopo questa presentazione grida il titolo del brano e quindi inizia il devasto. Velocità nella chitarra, colpi ben assestati sulla cassa, poi parte il tupa tupa assassino, il riff prende subito ritmo e tutti il pezzo sembra appena estratto dall'album, suona identico e viene eseguito senza pecca alcuna. La chitarra fa sfoggio di una certa violenza, entrambi i chitarristi hanno sonorità affilate e distorte, nel ritornello la voce inneggia e si prolunga pronta alla battaglia. Il basso è ancora messo in ombra. Parte un assolo ignorante fatto di velocità, fischi e bending, poi si passa di nuovo al ritornello con la prosecuzione bella ritmata e scandita - la voce sembra perdere qualche colpo - inizia una parte strumentale che scorre fluida, gli strumenti si incastrano bene e quindi si passa alla variazione della strofa. Si torna al massacro con un certo groove ed il ritmo delle chitarre prende il centro della scena, mettendo anche un po' in ombra la batteria stessa (eccezion fatta per una cassa molto forte), dopo un altro intervento vocale ecco che inizia un assolo leggermente più tecnico del precedente ma pur sempre ignorante anche perché spesso è fuori tempo nelle parti veloci ma non fa una piega: il riff continua con dei fischi alle chitarre, altra volta col ritornello veloce in una devastazione finale firmata con la doppia cassa a potenza, la chitarra resta sola alla fine e tra numerose stoppate si arriva al finale, con evidente approvazione del pubblico. Il testo sembra essere decisamente più maturo rispetto agli altri, anche nell'esposizione, parla della propaganda legata alla guerra, del fatto che siamo bombardati di notizie che trattano la guerra come uno sport, che ci fanno tifare per la guerra, ed il numero dei morti è come il numero dei punti: un indicatore di trionfo. Si parla quindi del fiume Reno, in cui si svolgono molte battaglie (il riferimento è alla seconda guerra mondiale) e crimini di guerra. Il tenore del testo è particolare: inneggia alla guerra ma in mezzo alle esortazioni di violenza si legge, tra le righe, una critica a quello che avviene ed alle modalità. Si mantiene quindi la ferocia nelle tematiche ma si offrono anche spunti di riflessione.
South of Heaven
Andiamo avanti con "South of Heaven" (A sud del paradiso), tratta dall'omonimo album, appena inizia la melodia iniziale il pubblico impazzisce, il riff è molto melodico e vibrato sul finale (con un effetto delay), l'altra chitarra si allaccia all'esecuzione con degli armonici e poi salta fuori il riff principale del pezzo, accolto da alcuni stacchi di batteria, la cassa e rullante si avvicinano sempre più mentre la voce incalza con delle urla molto forti, la voce di Araya già si mostra affaticata. Il basso si sente meglio vista la prevalenza ritmica con tempi lenti, il pezzo è meno irruento degli altri e procede con un ritmo carico di groove ma poco veloce, si passa ad una parte più violenta in cui le chitarre sembrano accelerare e dopo si torna al riff principale. Il pezzo prende riprende la struttura precedente con la voce che alza il volume e poi si passa al ritornello, la voce è già affaticata e cede il passo al pubblico che ripete il ritornello; poi è la volta di un ritornello più ragionato anche se decisamente irruento nell'esecuzione. Ancora una volta la strofa, lo stile è Thrash in tutto ed il live lo rende anche più aggressivo rispetto all'album, le chitarre guadagnano sempre più volume nel missaggio ed in alcuni caso coprono la batteria, il basso si percepisce in lontananza ma ha comunque poco attacco. Il finale viene prolungato con tanto di feedback fischiante tra gli applausi del pubblico. A rendere caratteristico e riconoscibile questo pezzo (ma forse l'intero album in questione) è il fatto che gli Slayer, sempre accaniti nella loro voglia di grezza velocità, abbiano concepito un album prevalentemente lento, melodico e con spunti abbastanza ragionati. In sede live il pezzo rende bene perché il gruppo riesce a rendere aggressiva qualsiasi cosa. Il testo parla del giorno del giudizio, che arriverà all'improvviso senza dare alcun segno di preavviso, coglierà tutti impreparati; in seguito a questo evento si diffonderà un nuovo credo basato sull'odio, l'avidità; le anime della dannazione sono alla ricerca della realtà dopo aver perso la salute mentale. C'è caos, sfiducia nel prossimo e continui confronti, si parla di promiscuità e della condanna eterna sostenuta dal culto di una divinità che vuole dominare. Si conclude parlando della radice di tutti i mali che sta in un'anima nera, un'entità esistita dall'inizio dei tempi, sempre alla ricerca di una verità non rivelata. Essendo più complessa la musica il testo non poteva essere da meno, mostra quella difficoltà interpretativa tipica dei testi degli Slayer, non si capisce mai "da quale parte sta" e forse questo è il bello, visto che lascia al lettore la possibilità di farsi una propria idea.
Raining Blood
Arriva "Raining Blood" (Sangue che piove), si sentono a lungo le chitarre fischiare e poi il noto riff si fa strada in mezzo ai colpi di cassa, procede spedito come un carro armato e fila liscio e preciso come da album. Si accelera e quindi si innesca un ferocissimo tupa tupa ad una velocità micidiale, è tutto un macello e le chitarre ormai sono fuori controllo, la batteria lancia raffiche di blast di cassa dove serve, il basso è una presenza di aiuto al sound mentre la voce scandisce quelle poche note frasi. Altra cosa da dire è che il pezzo ha una durata dimezzata rispetto all'album, sia per la velocità ma anche perché alcune parti sono state tagliate. Si passa finalmente al ritornello con un urlo prolungato e tutta la violenza che si raccoglie. Il pezzo però finisce, a due minuti scarsi, arrivato al primo ritornello? una scelta assurda trattandosi di uno dei pezzi più apprezzati che viene troncato di colpo e si conclude con una stoppata con la quale viene introdotto il successivo brano, così a crudo. A questo punto c'è da dire che la troppa adrenalina ha parzialmente rovinato il pezzo che ad un certo è diventato incomprensibile per via della troppa caciare alle chitarre dovuta all'eccessiva velocità di esecuzione. Insomma un pezzo bruciato per la troppa fretta, eseguito in modo veloce giusto per toglierselo dai piedi, peccato perché con un pezzo del genere è difficile fare brutta figura! Il testo, com'è noto, riprende le tematiche a carattere religioso con il purgatorio, il cielo che diventa rosso e comincia a riversare una pioggia di sangue che cancella le leggi scolpite sulla pietra - i comandamenti con ogni probabilità - mentre il cielo lacerato crea i contorno del regno del sangue. In questo testo tutta la violenza evocativa della pioggia di sangue la quale rappresenta la vendetta dell'angelo caduto che vede tornare a sé i poteri dei quali è stato spogliato.
Altar of Sacrifice
Segue "Altar of Sacrifice" (Altare sacrificale), introdotto da una serie di stoppate per poi lanciare un riff totalmente Thrash fatto di chitarre che intrecciano melodie taglienti, la voce appare poco dopo e di fretta: c'è una buona botta ma Araya non è calato molto rispetto all'inizio, si va avanti puntuali ed a tempo - solo i finali sono troncati un po' frettolosamente. Dopo due strofe ecco che si lancia un assolo di Hanneman, fatto di velocità forsennata e precisione, mentre King regge il ritmo, dopo uno stacco di batteria, dopo una piccola parte cantata altri fischi alla chitarra. Un pezzo che rende benissimo dal vivo, una violenza che cattura, si capisce che si tratta di un gruppo abituato a calcare palchi da anni: la disinvoltura con la quale vengono eseguiti i passaggi veloci ad un tempo leggermente diverso da quello dell'album mostra anche una buona dose di spirito di improvvisazione e capacità di vivere la musica sul momento. Quando riprende la strofa convince molto e lancia un nuovo assolo che poi sfocia in una variazione molto ritmata con dei tempi da marcia, la voce si lascia ancora andare ad una sfuriata ed ecco un nuovo acuto fischiante, ancora una volta molto ritmo e la voce che a volte perde pastosità, poi arriva un altro assolo fischiante che poi gratta forte e si riallaccia al riff cadenzato che progressivamente rallenta e si fa più stoppato e pesante. Pezzo più che onesto, la voce inizia a dare segni di stanchezza ma non si risparmia neanche un attimo. Il testo parla di un rituale sacrificale in cui un alto sacerdote, pugnale alla mano, sacrifica una vergine in onore di Satana, la vita scorrerà via velocemente, assieme al sangue, e la vittima svanirà. Un altro fallimento del regno dei cieli che non impedisce il verificarsi di questa maledizione dei non-morti, questo essere infatti si trasforma, unisce anima ed ombra, il corpo subisce delle mutazioni agli arti e rinasce in una nuova vita inneggiando al demonio. Questo nuovo essere ha dei forti poteri da usare nel momento del bisogno, per la gloria di Satana, da usare nel castello che fluttua nei cieli per resistere alla tentazione degli angeli che sfrecciano per i cieli alla ricerca della salvezza.
Jesus Saves
Come nell'album dal quale proviene, "Jesus Saves" (Gesù salva) segue il precedente pezzo, il riff salta fuori in continuazione col finale dell'altro pezzo, le chitarre sono al centro della scena e pieno piano aumentano col ritmo mentre la batteria resta statica. Ad un certo punto una chitarra si fa ritmica e l'altra inizia una melodia che poi si sviluppa, il basso si fa più presente - era ora - e si apprezza specie nelle stoppate. Il pezzo rallenta ed accelera all'improvviso, è frenetico, la voce interpreta lo stesso sentimento di frenesia con delle frasi velocissime che si alternano al ritornello cantato come in un coro da stadio. Parte quindi il primo assolo di King, l'ignoranza fatta assolo: una raffica veloce di aggressività e strafottenza, si riprende col ritornello ed il ritmo è ancora veloce, la batteria pesta pesante e quindi parte un solo di Hanneman, già più ragionato ma sempre in uno spirito casinaro e distruttivo. Serie di stoppate e la batteria si impone con rullante e cassa all'unisono, ancora una volta la voce canta il ritornello, anche con qualche variante per accentuarne la violenza, dopo una serie di colpi c'è quello che sembra un finale, ma subito scatta l'altro assolo di King, acutissimo e veloce, affilato come non mai, una serie di fischi e qualche vibrazione, il tripudio della cafonata chitarristica che non fa altro che istigare il pubblico al massacro. Il pezzo si conclude con un boato degli spettatori. Anche questo era un pezzo piuttosto breve, che si spegne in fretta ma lascia una scarica di adrenalina in corpo, brano eseguito bene che ci ricorda cosa ha decretato il successo degli Slayer. Il testo parla di chi va in chiesa a pregare per assicurarsi la salvezza dell'anima, va sempre a leccare culi in giro come abitudine di vita, ogni giorno pensa che il mondo potrebbe finire da un momento all'altro e quindi cerca di farsi trovare pronto. Quelli che fanno così sono convinti che Gesù salva, si aspettano di trovare dei candidi cancelli una volta morti, così facendo creano una dipendenza nei confronti di un uomo invisibile, in un eterno atto di perdono. Ma non c'è bisogno di pregare, perché i candidi cancelli sono diventati dorati e non c'è spazio per tutti in paradiso, nessuna terra promessa da raggiungere, niente di niente. Un testo che ironizza sulla ricerca della salvezza eterna in chi vive concentrato sulla vita dopo la morte, tanto da sprecare la vita prima della morte.
Dead Skin Mask
Così arriva "Dead Skin Mask" (Maschera di pelle morta) che inizia con un pubblico sfrenato, con degli esaltati che urlano come disperati, il gruppo si riposa e dopo un altro boato della folla Araya presenta il pezzo, lentamente e scandendo ogni parola. Parte il riff accompagnato dal ride, la melodia è vincente e tutto funziona alla perfezione anche perché si tratta di un pezzo uscito da poco prima del concerto, la voce è quasi un parlato e poi si sfoga con un urlo. Il basso pulsa nefasto e costante, le chitarre guadagnano importanza nel sound, la batteria è tutta piatti e rullante, ecco la strofa con dei lenti accordi di chitarra che lasciano più spazio alla voce, si ripete il riff che poi si rende più stabile e melodico. Un pezzo davvero imponente, le chitarre perdono qualche colpo e si "inceppano" in alcuni passaggi, ma il pezzo va avanti tranquillamente e cattura; nuove parti di chitarra si intrecciano ed aumentano l'intensità del pezzo mentre la voce diventa un urlo. Ecco un primo assolo più melodico e quasi Heavy, un'alternanza di assoli anche piuttosto lenti che si avvicendano, ce ne sono almeno cinque e scorrono in un veloce botta e risposta a tempi moderati, si va avanti con un lungo fischio che riporta il riff principale del pezzo, senza batteria, che fa capolino con dei piatti sfumati e poi irrompe nella scena con cassa e rullante all'unisono e poi una tempesta di stacchi sui tom, la voce è ancora rabbiosa ma puntuale sugli accenti. Un carro armato di pezzo che rende bene anche dal punto di vista melodico e vocale, il breve riposo ha rinfrescato le corde vocali di Araya, la litania melodica va ancora avanti e sfocia in un finale in grande stile con evidente approvazione del pubblico. Il testo inizia con l'immagine del protagonista che strofina la pelle con la punta delle dita, spazzolare la pelle morta lo tranquillizza: è così liscia e lascia una fragranza al chiaro di luna. Nei suoi sogni balla coi morti, ormai questi hanno preso la sua anima e lo tentano, ormai è diventato pazzo e la ragione lo abbandona sempre più in un sorriso finto. Realtà e fantasia si fondono, mentre spazzola le pelli incise delle quali si orna, delle placide facce in una parata. Un testo quasi da Brutal Death Metal, in cui si parla di uno psicopatico che si adorna di pelli di morti e ne crea addirittura una macabra parata.
Seasons in the Abyss
Continuano gli estratti da "Seasons in the Abyss" (Stagioni nell'abisso) con l'omonimo brano, l'inizio è molto lento con accordi strascicati e carichi di influenze che fanno l'occhiolino al Doom, una melodia di chitarra dal suono non proprio brillante si sovrappone al ritmo tombale, poi un arpeggio in clean segna l'unico momento soft del concerto, il pubblico resta fermo a gustarsi l'esibizione con qualche raro fischio di incoraggiamento. Nonostante l'arpeggio delicato in sottofondo la distorsione si fa strada fino a prendere il centro dell'attenzione, la batteria inizia a farsi sentire di più e quindi entrambe le chitarre si fanno feroci, la batteria ancora trattiene la brutalità. Il pezzo va avanti strumentale proponendo interessanti cambi di ritmo e quindi la voce appare, tranquilla e stabile, senza particolare violenza, momenti di calma godibile che fanno apprezzare al meglio la potenza sonora con questi lunghi accordi o con i riff cadenzati e bassi. Si va avanti con la strofa e la batteria inizia a farsi più incisiva sul rullante e decorare con stacchi ai tom, il pezzo mantiene tutte le caratteristiche andando avanti per molto tempo - vince proprio per via del fatto che è monolitico - e quindi salta fuori un assolo acutissimo, pieno di bending e vibrato, poi i chitarristi si danno il cambio ed allora Hanneman si dà da fare con un assolo più melodico ed elaborato sulle scale. Riprende la strofa, il cantato perde qualche colpo nelle fasi più veloci ma è ancora affidabile e preciso in generale, il basso è al minimo possibile. Ad un certo punto, sul finale, si rallenta ulteriormente e quindi la batteria può sbizzarrirsi con gli stacchi su tom e rullante, quindi si rallenta tutto e si prolunga per una conclusione con lungo feedback di distorsore. Il pubblico, affamato, inneggia ancora al gruppo. Il testo si mantiene sulle tematiche vicine alla religione, anche se in questo caso sembra trattare l'esperienza extracorporiale, visto che il tema principale è quello di chiudere gli occhi in modo da poter osservare la profondità della propria anima, andare al di là del proprio corpo, si tratta di occhi congelati che guardano la sua mente mentre il corpo muore. Mentre la mente viene risucchiata dai pensieri il corpo, una tomba decorata, giace in uno schizzo di sangue che illumina la stanza. Un rituale sadico, mentre avviene tutto ciò la mente viene risucchiata e quindi aumenta la pazzia. Un testo che contiene pochissimi elementi violenti, così come la musica, e si concentra più sul lato "spirituale" della sofferenza di chi si estranea dal proprio corpo, dimenticando perfino il proprio nome, volgendosi alla pazzia.
Mandatory Suicide
Esattamente il contrario del testo di "Mandatory Suicide" (Suicidio obbligatorio), con un omicidio ad ogni passo, un cecchino che ti spara alle ginocchia e cadendo riesci a sentire il calore prima di bruciare; un'imboscata con una scarica di piombo che rende difficile contare quanti proiettili sono rimasti ficcati in testa. La discendenza è mandata a morire in un suicidio obbligatorio; è chiaro che si sta parlando della guerra e dei soldati, il riferimento è quello ai classici "fucilieri d'assalto" che facevano un po' da carne da macello per gli altri reparti, lanciati - spesso allo sbaraglio - a subire il fuoco nemico. I fori nel petto bruciano, dopo essere stati trivellati da una mitragliatrice, un teschio urlante viene mandato al suicidio: si muore e si grida di dolore, si implora pietà mentre cade una pioggia di proiettili, la mente non regge tutto questo ed esplode, si impazzisce. Palizzate realizzare con una rete da schiacciamosche, pali che si conficcano nel petto, un puzzo insopportabile col sapore della morte, corpi morti, sporchi e feriti per le strade delle città. Sangue ovunque, un terrore mortale, il massacro nel fronte. Un testo decisamente ambientato nella guerra, molto probabilmente la seconda guerra mondiale dove si sperimentano le sofferenze della guerra di trincea che provano prima di tutto mentalmente e poi fisicamente i soldati. Si parla del fatto che a fare questa fine ignobile sono proprio i rampolli della società, che vengono mandati a morte certa in una guerra folle e spietata. Araya inizia ringraziando il pubblico e dice che ci saranno altri due pezzi per loro, la dedica a tutti gli amici che sono sopravvissuti alla guerra, i riff di chitarra sono tosti iniziando con una parte ritmica e poi diventando melodici, la batteria lavora di cassa e rullante e poi si mantiene più sul rullante, il basso fa solo le fondamentali e pulsa più veloce nella fase successiva, poi inizia la parte cantata tranquilla che poi sfocia in un urlo acuto che dà inizio ad una parte più ritmata che porta ad una nuova strofa; le chitarre viaggiano bene all'unisono, nel ritornello la voce si fa incisiva ed insistente, quindi si riprende dal riff iniziale accompagnato da rullante e piatti, poi è la volta di un assolo dallo stile che fa pensare ad un velocissimo assolo Rock sporcato, si riprende col riff principale ed il ritmo è tempestato di colpi di rullante. La strofa procede ed arriva al ritornello, bello massiccio ed affilato, quindi un lungo accordo con un rullante che inaugura una cassa da carro armato, quindi le chitarre si danno alla caciara creando il caos, la voce si fa inquietante e sempre più arrabbiata, è un caos fatto di fischi e confusione. La devastazione finale è il tripudio della violenza sfrenata, con fischi e ritmo pressante.
Angel of Death
Il concerto si conclude con bestialità grazie a "Angel of Death" (Angelo della morte), il noto velocissimo riff iniziale accompagnato dall'urlo quasi in falsetto di Araya, velocità e groove da vendere, un finale bestiale in cui i musicisti possono sfogare le ultime forze rimasta in un assalto per sfinire anche il pubblico più esigente. La batteria è un tupa tupa continuo, sul quale plettrate veloci scaricano riff come rasoi, la batteria è un pestare continuo e le chitarre sembrano quasi arrivare alla plettrata alternata del Black Metal. Poi il riff prende dei connotati da Thrash con un riff molto vibrato e trascinante, con tempo più lento, che si alterna alla sfuriata della strofa che si rivela un crescendo di cattiveria e pesta pesante. Nella fase centrale è pieno di parli che contengono accelerazioni improvvise mantenendo intatto il groove irresistibile del pezzo. Un pezzo del genere è un colpo sicuro per ogni concerto, sempre al pieno della forza e molto caratteristico dello stile degli Slayer, capace di regalare violenza a sazietà. La parte strumentale procede fino ad una stoppata e quindi, mentre la batteria accelera, si fa sentire un assolo cafone che fa della velocità la propria arma migliore e poco importa se qualche nota sfugge, un'alternanza di assoli e la parola va da un chitarrista all'altro che creano uno spettacolo incredibile che poi suscita con uno stacco di cassa e tom che fa urlare il pubblico, il finale è un carro armato - magari non proprio a tempo - ma dannatamente feroce. Il boato del pubblico mostra tutto il gradimento per lo spettacolo coi fiocchi cui ha assistito. Un pezzo del genere è una carta vincente per i concerti, il duello solistico alla chitarre è un qualcosa che non può passare inosservato e scatena l'entusiasmo del pubblico creando un momento di grande frenesia. Il testo, è noto, parla di Auschwitz e del dolore che si è consumato in quel luogo, delle docce che ripuliscono la gente della vita stessa, gente ammassata come bestiame spogliata della propria umanità, cavie umane per l'Angelo della Morte (ossia Mengele), quattrocentomila altri da uccidere per l'angelo della morte, il re del regno dei morti, sadico del sangue più nobile. Distruggendo senza pietà a beneficio della razza ariana, operazioni senza anestesia facevano sentire la lama penetrare nella carne intensamente, un infame macellaio che si avvaleva delle proprie vittime per esperimenti. Poi il riferimento va a tutte le pratiche disumane subite dalle migliaia di persone. Un testo intenso, l'altro argomento preferito dal gruppo sono proprio gli orrori della guerra che vengono raccontati in tutta la loro crudeltà.Così finisce il primo CD, che contiene un intero concerto che non può che lasciare soddisfatti anche per il coraggio della scelta, il secondo CD invece - come già anticipato - contiene brani estratti da due diversi concerti: uno a Londra nel 1990 ed uno in California l'anno successivo.
Hallowed Point
Cominciamo con "Hallowed Point" (Punto sacro) in cui Araya presenta il pezzo che si fa strada con un riff tipicamente Thrash, la voce è bella fresca ed attiva, le chitarre sono precise e feroci. C'è la giusta dose di strafottenza nell'esecuzione che rende bene lo spirito del pezzo senza però rovinarlo, è un'esecuzione molto spontanea e sanguigna, come al solito anche in questo caso le chitarre giocano un ruolo primario nel sound mentre la batteria emerge solo nei picchi del rullante e talvolta anche con la cassa. Si va avanti con una strofa stabile che arriva poi ad una fase strumentale fatta di stoppate e raffiche di colpi di cassa, altra stoppata e quindi una variazione in cui la voce sembra prendere influenze Hardcore, poi è la volta di un assolo particolarmente melodico ed eseguito in modo pulito per essere uscito da un live degli Slayer. Si riprende con la strofa che scorre velocemente regalando aggressività, quindi arriva una parte strumentale con una parte in levare che praticamente stravolge il ritmo del pezzo mentre una chitarra si dedica a lunghi accordi che poi sfociano in un solo lento e vagamente virtuoso specie sugli acuti che si riversano a cascata. La cassa poi si fa più imponente nel ritmo, con raffiche di colpi su tom e rullante, l'assolo di chitarra quindi riprende da dov'era rimasto rivelando la natura virtuosa con acuti veloci e scale, quindi dopo una fase ritmica si giunge al finale del pezzo. Un'esibizione pulita e precisa, con qualche incertezza ritmica nella fase veloce iniziale. Il testo di questo brano è molto interessante: come molti testi degli Slayer contiene riferimenti religiosi ed in questo caso il tema principale è la figura di un protagonista, che si immedesima con la propria pistola, il cui comportamento fanatico non può fare a meno che suggerire il fanatismo religioso. Si parla di un proiettile ad alta velocità che può danneggiare la mente, distruggendo il cervello e la spina dorsale; seppellisci un giro di piombo sul petto, fa una bella impressione immaginare le interiore dell'anima stessa trivellate. Tutto ciò è conseguenza di una regressione istintiva, solo voglia di uccidere, senza alcun riguardo per la vita umana ed il sangue versato. Inutile non pensare alla permanente attualità di questi concetti con riferimento al fanatismo religioso capace di instillare nell'uomo una condizione di regresso, appunto, che lo porta ad una fase puramente istintiva e priva della ragione, rendendolo capace di azioni efferate che nessun uomo altrimenti compirebbe. L'immagine del massacro viene resa con un evocativo "confetti of flesh", in cui si propone l'immagine della carne umana che nella deflagrazione viene disintegrata in tanti piccoli confetti; si perde il controllo fisico delle proprie azioni innescando una frenesia omicida. Poi c'è la frase che riassume il senso dell'intero testo: "Snap the tongue in the groove discharge / To make my Hallowed Point" (Schiocco la lingua nel canale di scarico / per fare il mio punto sacro), in questo caso il soggetto è l'arma stessa, si coglie infatti la metafora della lingua, il grilletto, che schiocca nel canale di scarico per innescare l'esplosione del proiettile col quale farà il suo punto (inteso nel gergo, parlando di una discussione, l'aver espresso un argomento particolarmente convincente) sacro; insomma ci si riferisce alla religione che si impone, in modo fanatico, con l'uso della forza bruta.
Blood Red
Le stesse tematiche si riprendono con "Blood Red" (Rosso sangue), perché in questo caso il tema principale è quello del regime autoritario che reprime le istanze del popolo, che risponde alle manifestazioni con ostentazioni di potenza bellica; la scelta del colore rosso non sembra casuale ed il riferimento potrebbe andare alla famosa manifestazione nella Cina comunista. Nel nome di questo regime viene massacrata la popolazione civile, gli innocenti, e nessuna maschera o inganno potrà coprire ciò che è stato fatto. E' un controllo barbaro in cui il regime difende la propria verità con l'uso delle armi, non è possibile che migliaia di persone si sbaglino e quindi debbano essere massacrate. L'opposizione popolare insorge, cresce, le parole diventano proiettili che vengono scagliati per la libertà, contro una disciplina aggressiva e barbarica di controllo totale sulla libertà individuale. Colpi di piatti e quindi un tribale, le chitarre sono molto ritmiche e fanno da base alla batteria che si sfoga sui piatti, inizia il riff principale accompagnato da un blast di cassa, quindi la voce entra in gioco con un certo groove, accentuato dalle chitarre con le quali dialoga. La parte è ben concepita e quindi dal vivo rende alla grande, la voce è vistosamente affaticata, anche un po' calante, ma riesce comunque a fare il suo lavoro - pur stentando a mantenere il volume. Parte un assolo vibrato e non tanto cattivo, l'impressione è un po' fiacca, le parti si incastrano bene ma manca quella ferocia che merita il pezzo e che ci si aspetta da questo gruppo. La voce parte in ritardo alla seguente strofa, stacchi di batteria (sempre precisa ed affidabile), il groove delle chitarre si fa forte nella successiva parte ritmica che fa concludere il pezzo. Un pezzo suonato da un gruppo stanco, specie nella voce, privo di quella carica devastante che lo contraddistingue.
Die by the Sword
"Die by the Sword" (Muori per mezzo di spada) la presentazione è lunga e mostra anche il coinvolgimento di un pubblico in delirio, il pezzo inizia con un'impazzata di chitarre e colpi di cassa, il riff ha qualcosa di Rock tirato ad alta velocità, poi colpi acuti di ride e lo stile Thrash emerge prepotente. La voce è particolarmente acuta e sfiatata, Araya è stanco ma non si risparmia nemmeno un po' mettendo tutta la cattiveria possibile tanto da rendere più estrema la voce. A metà pezzo alcuni interessanti passaggi strumentali propongono melodie che si intrecciano col ritmo mentre la cassa fa piccole raffiche ben mirate. Il sound è molto caldo anche se il tocco del basso non è molto definito si sente meglio rispetto agli altri pezzi, proseguendo il pezzo ha una variazione che sembra farlo diventare quasi Death, in quel frangente una chitarra lancia degli acuti, che poi si trasformano in un assolo che continua a scagliare acuti taglienti durante la parte cantata che resta in sottofondo, l'altra chitarra esegue accordi lenti creando un'atmosfera inquietante che si rinnova con la melodia dopo dell'assolo. Si cambia registro e quindi un altro assolo di chitarra accelera tutto il pezzo e lancia scale acute e vorticose in un virtuosismo aggressivo, arriva la risposta dell'altra chitarra con una cascata di note di gusto quasi neoclassico, intanto il ritmo è garantito anche dal basso che fa del suo meglio. La voce salta fuori ed il riff si fa molto ritmato e costellato di stoppate, poi plettrate alternate ed urla della folla? a questo punto la traccia si conclude perché sta per iniziare il successivo brano. Il testo è un po' immaturo, a testimonianza del fatto che il pezzo è tratto da "Show No Mercy", racconta una vita passata per la spada ad uccidere e creare pozze di sangue, massacrare bambini, violentare fanciulle e così facendo servire il proprio signore, Satana. Infatti Satana li guarda tutti, sorride mentre questi compiono il suo volere, prendono prigionieri uccidendo chi si ribella, i prigionieri urlano e invocano salvezza dall'inferno in cui vivono. Tutto appassisce, la vita finisce, Satana sorseggia il sangue dei caduti mentre i cavalieri neri dei domini infernali camminano in mezzo ai morti. Un pezzo violento, il testo non è da meno: la scena è vista dagli occhi delle vittime che vedono piombarsi addosso la morte e la sofferenza eterna.
Black Magic
Lo scenario è piuttosto simile in "Black Magic" (Magia nera), altro pezzo tratto da "Show No Mercy", in cui i protagonisti sono vittime della magia nera, si trovano confinati in un inferno, sono accecati ed hanno la mente distorta dall'incantesimo nero; cercano di resistere al male che hanno dentro ma sono prigionieri della potenza di Satana. Purtroppo il protagonista non riesce a resistere, le forze gli mancano e progressivamente vengono meno, la vita scivola via e mentre i demoni sopraggiungono la sua anima viene catturata dalla morte. Un testo molto breve e semplice, che adesso potrebbe anche apparirci banale se non ci fermassimo un attimo a pensare che stiamo parlando di un album del 1983 con tematiche così forti! Consideriamo solo un dato: è ormai storica la storia di Mary Elizabeth Aitcheson Gore, meglio conosciuta come Tipper Gore, moglie dell'ex Presidente degli U.S.A., che comprò alla figlia l'album "Purple Rain" (1984) di Prince e rimase tanto scandalizzata dal testo a contenuto sessuale di Darling Nikki ("I knew a girl named Nikki - I guess u could say she was a sex fiend - I met her in a hotel lobby - Masturbating with a magazine" che si traduce in "Ho conosciuto una ragazza di nome Nikki - si potrebbe definirla una maniaca sessuale - l'ho incontrata nella hall di un albergo - mentre si masturbava con una rivista") da decidere di creare il Parents Music Resource Center dando vita al celebre Parental Advisory inserito d'obbligo nelle copertine dei dischi con tematiche troppo forti; peccato che due anni prima gli Slayer avessero già fatto un testo con le schiere di Satana che violentano le ragazze e massacrano i bambini! Il pezzo è violento, ha in sé quel germe di Black Metal, plettrate veloci e poi una serie di stoppate con un crescendo di intensità, poi una chitarra in solitaria ed il boato del pubblico, ecco un tupa tupa distruttivo che lancia la strofa e la voce che si fa sentire in tutta la violenza, ecco un pezzo che risorge dopo molti anni mostrando la gloria di un brano che dopo dieci anni viene riportato in vita e suona come avrebbe dovuto sempre suonare. Ci sono melodie nel riffing che tradiscono un passato Rock ma la velocità e la distorsione sono una novità, poi si lancia un assolo di chitarra esagerato, veloce e pieno di bending e fischi grattati, si torna alla strofa e la batteria pesta forte, le chitarre sono le protagoniste ed ecco che parte un nuovo assolo pieno di scale veloci ed assurde, con un sali/scendi a sorpresa, altro veloce assolo e quindi un rallentamento improvviso che permette un solo di batteria ai tom e quindi finale in grande stile accolto da un pubblico entusiasta.
Captor of Sin
"Captor of Sin" (Rapitore del peccato) è un brano tratto da un EP, "Haunting the Chapel" (1984), e finito spesso in molti album come bonus track, che - per tornare in argomento testi scandalosi - esordisce ordinando alle prostitute di allargare le gambe mentre penetra le loro anime, in modo da sentire il fuoco che gli entra nel corpo mentre questi scivola nel loro trono, e adesso se ne possono anche andare via perché a lui non importa più: il seme del figlio di Satana è stato piantato. Le ali dell'inferno bruciano, ecco il rapitore del peccato. Le schiave infernali della manipolazione, prigioniere del suo vizio lussurioso, abbandonano il debole dio indifeso ed inutile; ribellarsi non ha senso, la pelle brucia ed il sangue timido incendia, sentono il suo tocco letale mentre le porta giù nel fuoco. Un testo che vuole parlare del peccato della lussuria e lo fa in modo diabolico! Il pezzo viene presentato ed inizia con un tripudio di violenza, un assolo iniziale con un ritmo e velocità forsennati, un inizio caotico e bestiale. Poi il ritmo si regolarizza ed una chitarra continua ancora a fischiare rabbiosa, stoppate ed il riff riparte più feroce di prima, la batteria è un massacro di cassa. La voce è ammicante, con stoppate improvvise, le parole vengono troncate in fretta e scandite con malvagità. Dopo il ritornello un piccolo passaggio melodico alle chitarre, veloce e tagliente, quindi si riprende col ritmo bestiale e si ripropone la struttura già ascoltata. E' violenza senza limiti, un pezzo dannatamente moderno per l'epoca, ecco che il ritmo rallenta leggermente e diventa più cadenzato, viene sparato un nuovo assolo che manda una scarica adrenalinica di scale ascendenti e discendenti, poi delle stoppate sincopate e quindi ancora una volta la brutalità. La voce è incisiva, il ritornello con un retrogusto Hardcore primitivo e violento, il pezzo si conclude velocemente. Una sfuriata, un pezzo del genere, pur non essendo ufficialmente in nessun album, appare come bonus track di tanti lavori degli Slayer ed addirittura viene incluso in questo doppio CD che ne festeggia il decennio di aggressione, il motivo della sua presenza è piuttosto evidente: spacca.
Born of Fire
E' il turno di "Born of Fire" (Nato dal fuoco) che viene presentato da Araya con una voce diabolica, parte subito caotico e velocissimo, tempestato di colpi di batteria, poi si passa al devasto con un muro di chitarre stabile nelle plettrate veloci. La voce è insistente e ritmata, diversi stacchi di batteria, il basso pulsa frenetico, il riff rimane stabile e si leggono le origini punk hardcore del Thrash. Il suono è sporco e le plettrate delle chitarre si impastano insieme creando chiasso, la batteria pesta forte sui piatti e fa ancora più caciara, quindi parte un assolo vibrato ed acuto, sotto un tupa tupa di rullante, che poi viene infarcito di cassa, l'assolo continua a contorcersi sofferente. Una stoppata e quindi il sound si apre con accordi lenti che poi prendono la rincorsa per l'ennesima sfuriata, la voce appare presto in una metrica da stadio, quindi si aggiunge una melodia di chitarra che presto diventa un assolo melodico, graffiante e pazzo, c'è una furia enorme, poi un crescendo di intensità con una voce che urla sempre di più assieme all'assolo che poi non smette di regalare acuti, scale e parti vibrate. Un pezzo che si spegne velocemente, una sfuriata improvvisa: aver eseguito questo brano, tratto da "Seasons in the Abyss" del 1990, appena dopo dei primi pezzi della band non può essere stato casuale, in questo modo si mostra anche che il nucleo della proposta musicale degli Slayer non è affatto cambiato e rimane fedele negli anni. Nel testo si manifesta la voglia di capovolgere la vita, spargendo un'ondata di disperazione nel mondo, trasformando l'amore in desiderio sessuale (in questo c'è un certo collegamento col brano precedente, da non trascurare), esplorando i piaceri del peccato e traendo il massimo dalle carte che ha ricevuto. Insomma in questo testo si vuole porre l'accento sul fatto che la vita ha dato ad ognuno una "mano" di carte e non ha senso astenersi dal vivere per timore del peccato: le carte vanno giocate nel migliore dei modi per vincere il massimo possibile. Scatena la sua collera, sbaraglia tutti quelli che gli si pongono davanti, si gode tutto ciò che è osceno: è nato dal fuoco. Il principe dell'oscurità, battezzato nel fuoco, tiranno di tutte le profezie che vivrà nei secoli, maestro nelle arti che controllano gli impuri, è il figlio di Satana. Tutte le cose morte ritornano alla vita quando verrà il suo momento, capovolgerà tutto quanto, le mura saranno ricoperte di sangue, sono persi tutti quelli che credono al Bugiardo, perché adesso arriva il figlio di Satana. Un testo del genere rappresenta l'evoluzione nello stile dei testi degli Slayer che, pur mantenendo le stesse tematiche, le affrontano rinunciando parzialmente alla violenza fine a se stessa in favore di riferimenti ed ironie più "colte".
Postmortem
Passiamo a "Postmortem" (Dopo-morte), dopo aver presentato il pezzo si fa strada il riff ritmato, carico di groove, dopo una parte più cadenzata segue un'altra in cui il groove rimane ma è meno accentuato, poi la voce si inserisce in brevi apparizioni tra una pausa e l'altra fino a diventare più presente. Le chitarre non sono sempre precise ma anche questo è il bello del live, dopo dei fischi alla chitarra si riprende con la strofa che viene decorata da improvvise scale melodiche alle chitarre che continuano ad essere graffianti, la batteria gioca molto sui piatti, poi va di cassa quando si ripete il riff iniziale, che viene riempito di rullante nella fine. Si riprende con una parte strumentale che accelera, portano un Thrash più cafone per un attimo, la batteria si sbizzarrisce in stacchi e tempi veloci che mettono in mostra tutta l'abilità di Lombardo, poi si sfuma coi piatti mentre le chitarre ringhiano, immenso stacco sui tom mentre si sente ancora la distorsione delle chitarre. Una chitarra in solitaria lancia un assalto con plettrata veloce, si collegano presto gli altri strumenti e si dà inizio ad una parte che contiene il germe del Black Metal, la voce fatica a stare dietro a tutto il casino che si crea, la batteria colpisce forte e pesante, le chitarre si placano di nuovo e lasciano cadere i volumi in un fischio finale da feedback. Bel pezzo, forse non eseguito alla grande però, a parte per la batteria che è stata mostruosa. Un testo più criptico questo, parla del funerale per la depressione dell'uomo che tiene le chiavi della propria morte, il tocco della morte gli fa salire un brivido lungo la schiena così cerca la vita dopo la propria morte, il desiderio di morte è la sua ragione di vita. E' la fatalità, aspetta la chiamata finale, il suo sguardo peccaminoso contiene pensieri di morte, gli scheletri della sua mente cominciano a distruggerne la salute mentale (in questa frase è difficile non pensare a "Skeletons of Society"), ondate di sangue si infrangono sui muri di menzogne, spengono la sua salute mentale, raggiungono il subconscio, mostrano la realtà di ciò che è, ciò che vuole, solo dopo la morte. Un collegamento con molti altri testi che parlano delle menzogne della religione, in questo caso si dice che una volta raggiunta la morte, in quella serie di attimi che passa tra la vita e la morte, tutte le menzogne che si prendevano per vere si rivelano per quello che sono, causando la pazzia del malcapitato che si vede crollare tutti quei muri di falsità che aveva innalzato per difendere la propria salute mentale.
Spirit in Black
"Spirit in Black" (Spirito in nero), in questo testo il demonio ci dà il benvenuto nel suo regno, dov'è possibile vedere il presente, passato e futuro, domina questo inferno per l'eternità. Le spire del serpente si srotolano, sepolto dentro di te troverai lo spirito in nero fino alla fine del viaggio. Spiriti condannati a marcire, palle di fuoco, occhi dei morti, la carne mangiata via, ci porterà oltre i cancelli dove il sangue scorre sempre. Il demonio quindi ci chiede di raccontare chi siamo stati in vita, anche se le memorie lentamente svaniscono, ci chiede di dare a lui tutta la nostra rabbia così che lui possa ricambiarla con l'immortalità nel suo regno e partecipare al suo sogno. In questo testo il demonio non è un tentatore, ma un istigatore all'odio che - una volta giunte nuove anime - le coinvolge nel proprio regno fatto di odio e le priva delle memorie acquisite in vita. Il pezzo inizia con un riff vincente alla chitarra, con improvvisi stacchi di batteria che ne aumentano il groove, la voce di Araya è coinvolgente e con una dose di ironia - anche se stanca - ed il gusto Thrash si arricchisce di quel groove che renderà famosi gli Annihilator. Il pezzo acchiappa subito e le chitarre sanno essere sia ritmiche che melodiche, poi dei cori (anche questo preso dagli Annihilator) con voce più bassa, quindi scatta un assolo in stile quasi Rock, anche non troppo veloce, accompagnato ancora dallo stesso riff, il pezzo si arricchisce di parti più tecniche e vagamente neoclassiche nell'assolo. Di nuovo le stoppate con una chitarra pazzesca e veloce, si tora al riff principale con tutta la violenza e frenesia possibile, la parte rimane stabile e si ripete a lungo con delle variazioni ritmiche prima dell'ennesimo assolo, questa volta veloce e pieno di scale e finali graffiati, sembra tutto improvvisato, sono molte le stoppate e cambi di tonalità tanto che sembrano più assoli uno dietro l'altro. Altre stoppate e quindi un accordo lungo, colpi di piatto ed un boato del pubblico inferocito. Un pezzo che funziona molto e mostra quanto abbiano influito gli Slayer sui gruppi successivi.
Expendable Youth
Segue "Expendable Youth" (Gioventù sacrificabile), la presentazione è seria, e viene accolta con trasporto dal pubblico, il riff è lento con un basso grosso ed una cassa che poi si lancia in un tribale irresistibile con le chitarre che mantengono alto il groove di questa fase finale dell'album preferendo il ritmo alla velocità. La voce coinvolge, è un urlo cafone ma orecchiabile nella melodia, si arriva al ritornello con un sacco di bei passaggi di batteria mentre le chitarre si mantengono regolari; è un pezzo un cui la batteria la fa da padrona. La voce ha una metrica prevedibile e bella anche per questo, statica ma con le variazioni espressive ben piazzate. Accordi lenti in cui la voce tronca le parti, poi ancora melodie alla chitarra che si fanno più elaborate mentre ora è la batteria a restare stabile. Ne esce fuori un assolo dalla dinamica pulsante, pieno di crescendo e decrescendo costellati di scale, altro assolo più robusto e fatto di numerosi fischi e distorsione tagliente. Si impone di nuovo la batteria con una serie di stacchi sui tom mentre si ripete l'assolo, un pezzo ben bilanciato, più semplice di altri ma i cui elementi sono ben pesati e distribuiti. Nell'ultimo ritornello una stoppata prima di una parte strumentale che porta avanti il pezzo mantenendo il groove e stoppando di colpo. In questo pezzo si riprendono le tematiche sulla guerra, in questo caso si parla della possibilità di essere colto nel fuoco incrociato, si ricorda che anche i proiettili vaganti possono uccidere, non c'è speranza per nessuno. La gioventù sacrificabile combatte per il possesso, avendo il controllo dell'ossessione principale (il riferimento qui va probabilmente alla droga ed alla lotta tra gang), rivalità e vendette, la morte è l'unica soluzione. Un'anima ferita giace a terra, vittima di un omicidio accidentale, con la faccia spappolata in una pozza di sangue. In un mondo in cui si fatica a sopravvivere, in una guerra indotta dalla droga (sia per il controllo e sia per il fatto che la droga fa cadere le inibizioni e quindi incoraggia la violenza), per questi giovani la violenza è l'unica amica. Un testo molto importante questo, che mostra anche la sensibilità sociale di un gruppo conosciuto spesso solamente per la violenza.
Chemical Warfare
Ultimo brano è "Chemical Warfare" (Guerra chimica), che riprende le tematiche sociali ma in questo caso l'elemento sintetico non è solo la droga, ma anche le armi chimiche. Le menti sono terrorizzate e sconvolte, la morte è in alto nelle ali della rivelazione (ricordiamo gli attacchi al napalm che hanno sconvolto l'opinione pubblica durante la guerra in Vietnam), una morte multipla da agenti chimici: l'arroganza ha vinto e la morte dev'essere veloce senza effetti distruttivi sulle cose. E' davvero importante notare il fatto che queste armi tendono a distruggere l'uomo risparmiando gli oggetti: in una guerra del genere gli oggetti infatti sono molto più importanti delle vite umane. Gli uomini sono distrutti dalla morte solo da un odore, genocidio di massa, corpi privi di vita giacciono a terra. Una fottuta pace artificiale, i signori dell'inferno attendono ed i cani da guerra sono prede facili dell'immortalità infernale. Il pesticida umano porta la sciagura, tortura tutti quelli che cercano di combattere, costretti a morire in modo indecoroso senza nemmeno avere possibilità di lottare; il gas mortale li mette subito in ginocchio. Intere regioni vengono mummificate e vanno in polvere, vittime di questo sporco gioco, Satana si gode il momento glorioso. In questo si nota come gli Slayer, piuttosto che inneggiare a Satana, lo identificano proprio con quelli che fanno la guerra nei modi, appunto, più diabolici e disumani possibili. Araya presenta il pezzo parlando degli eventi disumani che si verificano ancora, il riff parte ed è accompagnato da un enorme tribale di cassa, poi il tupa tupa di rullante e parte il devasto totale con le chitarre ritmiche e veloci. La voce si mostra ancora all'altezza, i riff si portano avanti con accordi lenti ed una batteria che ancora va veloce su cassa e rullante, si torna al precedente riff con chitarre veloci, la voce ancora grida e graffia sulle melodie diventando a tratti più estrema (specie nei finali), gli stacchi di batteria tradiscono un po' di stanchezza, così come qualche imprecisione nelle chitarre. Altro tribale maestoso che rende un suono grosso e profondo, incursioni di piatti e devastazione chitarristica con qualche acuto squillante, passaggi sui tom con dinamiche crescenti e decrescenti e quindi gli ultimi assoli di chitarra, melodici e veloci, poi altra sfuriata con una voce carica di violenza. Altro assolo, questa volta molto vibrato e graffiato, ancora melodie ma più cafone, si cambia assolo e questa volta è più pulito e meno strafottente, ma pur sempre aggressivo e graffiato. Si torna al riff Thrash con due chitarre, la voce riprende la strofa, violenza e cattiveria, infine un lungo accordo con piatti, colpi di tom, un finale in grande stile con un pezzo che sembra non volersi mai chiudere.
Conclusioni
In definitiva questo live è un tassello molto importante per la storia degli Slayer, fa il punto del primo decennio di attività, porta lavori a rappresentanza di molti album (specialmente dei primi ed ultimi) e ne mostra anche il senso di continuità assieme all'inevitabile maturazione. E' una formazione da sogno che vuole farsi notare specialmente per la grande carica che emerge nei live, una compilation non avrebbe dato giustizia alla migliore capacità del gruppo infatti. Ne esce fuori un album che precisa, anche nella grafica, che non ci sono state sovra incisioni di nessun tipo: quello che si sente è tutta sostanza genuina! Allo stesso modo la grafica non è affatto "decorata", si presenta in una veste più semplice e diretta possibile, come la musica degli Slayer. In questi live, ed in questo gruppo in particolare, la tecnica è un mero veicolo col quale raggiungere il cuore del pubblico? è del tutto secondaria rispetto all'arte, infatti ci sono numerose sbavature qua e là che rendono il live ancora più bello. La strafottenza di King agli assoli e proverbiale, è il suo marchio di fabbrica che lo rende il chitarrista più tamarro e più amato nel Thrash, inconfondibile idolo. Araya fa un ottimo lavoro con una voce quasi sempre al top ed un basso affidabile e preciso. Lombardo è un mostro di batterista, instancabile e sempre pronto a regalare stacchi mostruosi sui tom e sulla cassa che lo ha reso celebre. Hanneman si trova il difficile compito di fare ordine in mezzo a tutto questo caos e si distingue per fare degli assoli violenti ma tutto sommato puliti e melodici. Questo live rende giustizia a molti pezzi degli Slayer dei primi album che, per via di una produzione non eccelsa, non suonavano potenti come avrebbero dovuto: questo live mostra i pezzi degli Slayer come vanno davvero ascoltati, dal vivo. Questo live album è uno di quei lavori che passano alla storia e dei quali non si smette di parlare negli anni, diventano icone, esempi. Considerando come suonavano altri live album Thrash del periodo una produzione del genere, che a volte supera anche quelle che potrebbero essere le aspettative per un album, è eccellente: è perfino superiore a quella dei primi album del gruppo infatti. Quale migliore omaggio alla musica degli Slayer se non quello di renderla nel modo più genuino possibile? Sovraincisioni, post-produzione ed altre stronzate del genere avrebbero solo rovinato questo lavoro, impedendoci di cogliere il sound che ci fa immaginare il puzzo di sudore e gli sputi sul palco, parte integrante di questo lavoro che ci mostra come il sudore - rispetto al freddo calcolo - alla lunga la vince sempre.
2) The Antichrist
3) War Ensemble
4) South of Heaven
5) Raining Blood
6) Altar of Sacrifice
7) Jesus Saves
8) Dead Skin Mask
9) Seasons in the Abyss
10) Mandatory Suicide
11) Angel of Death
12) Hallowed Point
13) Blood Red
14) Die by the Sword
15) Black Magic
16) Captor of Sin
17) Born of Fire
18) Postmortem
19) Spirit in Black
20) Expendable Youth
21) Chemical Warfare