SIX FEET UNDER
Undead
2012 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
29/09/2015











Introduzione recensione
I Six Feet Under tornano all'attacco con un nuovo ed atteso album di inediti: "Undead" (2012) pubblicato dalla ormai fedele Metal Blade Records, questa volta il formato è il digipak o, in alternativa, il vinile; il 2012 è un periodo in cui si vedono sempre più digita in giro anche perché così facendo si abbattono i costi e si può fare una grafica con colori che appaiono più vivi visto che non sono smorzati dalla plastica trasparente del jewel box. Ma rimandiamo i discorsi estetici per occuparci di un'innovazione ben più importante: il gruppo cambia formazione e vengono sostituiti batterista e bassista che hanno seguito il gruppo da anni. La formazione adesso si compone di Chris Barnes alla voce, Steve Swanson alla chitarra, il nuovo arrivato Rob Arnold (una lunga carriera come chitarrista dei Chimaira) per chitarra e basso (farà parte dei Six Feet Under solo per questo album) ed infine Kevin Talley (Brevissima esperienza nei Chimaira, prima ancora nei Dying Fetus, dopo nei Dååth) alla batteria. Un cambio di formazione interessante se si pensa che Rrob Arnold nei Chimaira ha uno stile da Groove Metalcore che, dunque, potrebbe inserirsi nel contesto Six Feet Under portando nuove idee compatibili col sound del gruppo; il batterista Kevin Talley invece ha prevalentemente suonato in gruppi Death Brutal. E' chiaro che con "Undead" il gruppo prenderà una piega diversa da prima, reduci da un "Graveyard Classics III" che ha sorpreso in positivo, la speranza è che questo lavoro, seppure con nuovi arrivati che hanno avuto comunque poco tempo per orientarsi, nemmeno un anno prima il gruppo era ancora in tour con la precedente formazione. Tornando a parlare della veste estetica dell'album bisogna dire che questa è migliorata ulteriormente, se già col precedente album si era notata un'estetica più curata con "Undead" il discorso si fa ancora più interessante: una composizione con un grande teschio col cranio abnorme sezionato orizzontalmente, a comporre la calotta cranica un vortice di volti mostruosi ed anche una creatura che ricorda molto Alien, ossa, budella e corpi vermiformi, tutto colorato di un rosso sangue. Una copertina realizzata davvero bene questa! L'ha realizzata lo stesso Dusty Peterson che si è occupato della grafica del precedente album infatti. Molto bella la grafica all'interno del libretto che mostra Chris Barnes in versione non-morto, riconoscibile dai capelli ed alcuni tratti del viso, assieme ad altri, un tocco di classe non da poco, disegnata anche benissimo (potete trovare l'immagine assieme alle altre in basso). A livello di tematiche invece possiamo aspettarci un album che riprende l'immaginario più violento tornando a rendere la morte la protagonista principale dei pezzi.

Frozen at the Moment of Death
Iniziamo con l'ascolto di "Frozen at the Moment of Death" (Congelato al momento della morte), ricordate i Six Feet Under? Dimenticateli: questo è un gruppo con un sound totalmente diverso tanto che se avrebbero potuto spacciarlo per un altro gruppo e non se ne sarebbe accorto nessuno. Un sound cupo, chitarre veloci fanno un Brutal Death Metal oppressivo, la batteria è molto veloce e fa molte parti in doppia cassa, il blast è ricorrente, dopo una stoppata di chitarra si ripete il riff ed arriva la voce: è un growl effettato e nemmeno tanto gutturale, le parti vocali vengono sovra incise una dietro l'altra in modo da ottenere una raffica di growl senza sosta, nemmeno il tempo del respiro. Poi la voce si fa più gutturale, la distorsione rimane, il tempo accelera ulteriormente e non c'è traccia del groove che contraddistingue il gruppo: c'è un sound che farebbe pensare a gruppi come Incantation. Le chitarre fischiano a fine riff, plettrata sempre alternata e veloce, la voce alterna parti in cui la tecnica passa da growl a scream, parti lente e scandite in cui la voce si alterna a riff groovy ma pur sempre estremi. Poi un assolo in stile decisamente Brutal, note veloci e taglienti invadono l'accompagnamento massiccio e ritmato, poi si riprende con degli accordi, chitarre e fischi, una voce ossessiva e pesante. Altra sfuriata pesante, poi accordi lenti, voce gutturale e quindi una variazione molto stoppata, botte sui denti a dire basta e la voce si fa veloce ed incisiva fino ad uno scream, un lungo breakdown e poi si passa a degli accordi lenti, la batteria si lancia in un tupa tupa e poi sfodera il blast, serie di accordi veloci e stoppati, il basso è spesso veloce e poco distinto, ma rinforza il riff rendendolo un muro sonoro. Blast sul ride per l'aggressione finale ed il pezzo finisce concludendo questa raffica gutturale. Una sorpresa imprevedibile, un cambio di rotta enorme. Il testo ha una struttura diversa dai precedenti testi del gruppo, più continuativo e senza ritornello facile: racconta dell'anima di un corpo congelato al momento della morte, che quindi rimane in un limbo. Il sangue ghiacciato, la mente paralizzata nel mezzo di un pensiero prima della morte, il ghiaccio penetra ovunque nel corpo, un ghiaccio eterno che paralizza tutto quanto. Il ghiaccio priva il corpo del calore della vita, lo lascia ibernato in modo da poter essere scongelato e rianimato per venire ucciso a caso in chissà quale anno futuro. Il non-morto congelato viene rianimato dopo anni, in un mondo prossimo al disastro, alla fine, lo stesso killer che lo aveva congelato - ora invecchiato - si prepara a finire il lavoro e dare la caccia alla vittima che non sospetta di essere stata tenuta in una tomba di ghiaccio per anni. Alcune parti si ripetono con qualche variante, il testo è piuttosto breve ma dannazione è inquietante: ciò che ha fatto Barnes è stato continuare a trattare tematiche brutali (che gli riesce molto bene trattare) inserendo degli elementi da horror, un po' quello che ha provato a fare col primo album senza riuscirci. In questo caso ci riesce, offre una trama originale e bene in linea con il suo stile ed il concept dell'album.

Formaldehyde
Segue "Formaldehyde" (Formaldeide), inizia con un assolo di batteria in blast di cassa, prosegue con un riffone pesante ed oscuro accompagnato da una doppia cassa veloce ed esplosioni di piatti. Una lenta marcia, un massacro, un riff fatto di plettrate alternate, stoppate, la voce è mostruosa: una serie di growl gutturali alle quali si alternano altrettante risposte in scream, anche in questo caso ci sono molte parti vocali sovrapposta. Si sentono molto i piatti, specie il ride, questi fanno risaltare il riff grave della chitarra, poi un folle assolo con chitarre impazzite, dissonanti e fischianti, una parte strumentale marcia che alterna parti lente ad esplosioni acute. Si riprende col riff principale introdotto da urla bestiali, ci sono variazioni ritmiche, seguite anche dalla voce in primo piano, un pezzo breve di nemmeno tre minuti, che scorre velocissimo per via delle parti lente e cadenzate. Una botta, forse anche più potente del primo brano, mostra un gruppo con una tecnica palesemente più elevata e quindi gli strumenti fanno un lavoro più interessante senza lasciare alla voce la maggior parte del lavoro. Se poteva sembrare che avere degli strumenti più tecnici avesse messo in ombra la voce non è stato così: al contrario la voce, trovandosi a cantare su parti più complesse, può permettersi metriche che mettono meglio in risalto le capacità. Anche questo testo, a modo suo, tratta di una tecnica di conservazione del corpo, la formaldeide è notoriamente una sostanza usata per la conservazione del materiale biologico perché impedisce il deperimento ad opera dei batteri. Il torturatore sta risucchiando il sangue da un corpo, immettendolo nel proprio, questo corpo è lasciato a marcire in una tomba e viene trattato con la formaldeide, poi subisce una chirurgia genitale mentre il torturatore ha pensieri malati giocando coi morti: un'altra puttana che muore nel suo cimitero. L'identità della donna morta viene distrutta, un intervento chirurgico al clitoride per violentare il suo corpo morto; la cavità toracica, un tempo piena, adesso è completamente vuota perché è stato asportato tutto, il sangue ora scorre tutto nel corpo del torturatore. Dal tenore del testo si può immaginare che il depravato abbia svuotato il corpo della donna di tutti i fluidi ed interiora e, trattandolo con la formaldeide, si stia preparando ad "impagliarlo", per conservarne l'involucro intatto; conoscendo Barnes possiamo immaginare cosa voglia farci col corpo il sadico.

18 Days
Andiamo avanti con "18 Days" (18 giorni), sebbene il titolo sembri anche abbastanza tranquillo una prima lettura del testo ci fa capire che il tenore delle liriche non è diventato meno violento, anzi: si rivolge ai morti decomposti che non riescono a sentirlo, lui grida il loro nome e gli chiede dove sono andati a finire. Sono andati via da lui, da quella tomba, adesso la sua anima è vuota, lui è stato scelto per uccidere i viventi, ucciderli lentamente. La pazzia che alberga in lui lo stringe ancora più forte, il movimento brutale del pugnale che macella. La tua giovane moglie è stata da lui uccisa, l'ha sepolta e la dissotterrerà dopo diciotto giorni per violentarla da morta e decomposta. Ci vuole forza per aprire la tomba ma il puzzo del cadavere lo chiama e poi una figa piena di pus si china per leccare i liquidi dal suo pene e mandargli giù per la gola. Morta nella fredda terra, decomposta si è maturata, aspettandolo, maturando per lui. Un testo che è un inno alla necrofilia più malata e si pone in perfetta continuazione col testo precedente evocando un immaginario disgustoso oltre ogni limite. Possenti colpi di timpano che lasciano un'eco lunga, malefiche plettrate come dei trilli diabolici e sinistri, il pezzo continua così con un basso bello pesante (adesso sì che si sente) una botta davvero totale: quello che era prima l'assente adesso è un protagonista. Mentre i giri del basso scorrono fluidi e cupi, la voce è insistente, un macello che passa da growl a scream nel marciume totale, poi una parte con distante plettrata ed un rullante in crescendo, si raggiunge il culmine e poi c'è un breakdown potente carico di macello. Sfuriata di melodie brutali, un basso enorme e caldo sferraglia in sottofondo a corda libera, stoppate si alternano a fughe feroci ed assassine, altro pezzo che è una macelleria di riff che cadono come fossero fette di carne tagliate dal machete. Quello che sorprende è la botta che riesce a dare la voce sostenuta da un reparto strumentale tecnico e movimentato; il bello è l'alternarsi di parti frenetiche e parti lente ed inesorabili, la voce di Barnes rende al meglio anche in questo pezzo.

Molest Dead
Insiste sulle stesse tematiche "Molest Dead" (Molesta morti), con un testo che si fa ancora più splatter: teschi aperti con corpi tranciati, un torso sgozzato che gocciola sangue, gli intestini fuori, sangue che scola in dei secchi, cuore e polmoni ancora in funzione collassano implodendo definitivamente, il dolore che infligge è intenzionale; vuole finire quella vita e macellare quel corpo ancora ed ancora. Il terrore, in questa notte, sarà solo l'inizio; pregare implorando pietà sarà la rovina della vittima che verrà intagliata e bucata, la sua carne molestata, violentata e poi verrà strozzata per finirla. Fredda, blu, mobile e morta, con gli occhi bianchi e secchi, privi di vita, viene macellata da morta e poi il depravato copula con la carcassa con le braccia amputate; taglia il collo e secca la carne, macellata come bestiame appesa sottosopra da qualche parte. Il puzzo di morte e decomposizione, croste di sangue si coagulano sul vomito, feci e sangue strofinate delicatamente sulla pelle sfilettandola. Nessuno può sentire le urla, un molestatore di carne, violentatore di morti. La stessa parte si ripete altre due volte, magari cambiando l'ordine delle frasi. Un testo particolarmente crudo, anche questo in linea coi precedenti ed anche questo ancora più violento in un'escalation che sembra voler arrivare sempre al peggio. Un testo molto forte, adatto alla musica. Si sente un basso in sottofondo, poi partono dei riff stoppati con accordi prolungati, poi plettrate lente ma serrate in uno schema ripetitivo, ossessivo; la batteria fa brevi scariche di ritmo, la voce è cantilenante. Dopo il pezzo accelera di colpo ed il riff si fa più frenetico, la batteria va veloce col rullante alternando stacchi, il growl si alza di tonalità, il riff di chitarra prende influenze Deathcore e la cosa non è male, poi una variante ribassata dello stesso riff fa diventare il growl molto gutturale, il risultato è di un brutale bestiale e primitivo. Il basso assume ancora una volta un ruolo importante, cadenze malate, un continuo inarrestabile di brutalità, poi altra parte veloce col tupa tupa di rullante, si ripete la parte gutturale con delle variazioni, cambi di tempo, stoppate improvvise ad arte che danno ancora di più la sensazione di violenza. Poi una parte più feroce, in cui la voce diventa uno scream sopra accordi aperti, insistenti, ripetuti e rinforzati da un ritmo incalzante, un coro di maniacale depravazione. Un breve accenno di assolo, con una chitarra in plettrata melodica, il pezzo prende un ritmo sincopato con un groove notevole, la voce assume una metrica rappata ed una pronuncia più naturale, si accelera, molto ritmo, chitarra e batteria vanno all'unisono e poi si staccano. Ancora una volta la parte gutturale con stoppate a sorpresa, si ripete ed annichilisce, poi il sound si distende ed i riff si fanno più lunghi, nel finale le dita scorrono sui manici delle chitarre e poi all'unisono si fermano tutti.

Blood on My Hands
Adesso passiamo a "Blood on My Hands" (Sangue sulle mie mani), fa sentire degli accordi gravi molto distorti (quasi da Drone per intenderci) poi prosegue con influenze Doom con delle melodie ossessive ed il growl gutturale di Barnes, la batteria è un contunuo pesare sulla doppia cassa arricchendo coi piatti. Stoppate in stile Thrash ed il pezzo cambia volto, prende ritmo e diventa incalzante, ritmato e cadenzato, pesante con passaggi tecnici e melodici, la chitarra si fa vibrante mente la voce colpisce in continuazione. Si tratta di un growl acuto, instancabile e continuato, il riff di chitarra è statico, c'è un basso molto tecnico e quello che esce fuori è un Technical Brutal Death Metal di grande qualità: controtempi dispari, chitarra con glissando sul manico, un basso che appare e scompare dando accenti sincopati? roba con la quale uscire pazzi, tutto questo reso in modo groovy. A parte l'inizio molto lento, che quindi ha preso molto tempo, il resto del rbano ripete sempre le stesse parti e tende a voler sfruttare al massimo un riff così complesso che, ragionevolmente, merita tutto lo spazio che gli si può dare. Si ripete quindi il riff tecnico, tutto è incalzante fino ad un rallentamento, piatti ritmati e costanti mentre c'è un assolo di chitarra in stile Progressive, lento e psichedelico, distorto, il riff continua così con la parte vocale ed arpeggi distorti, un blast di cassa ed il pezzo diventa quasi epico, i Six Feet Under così non si erano mai sentiti e la cosa non dispiace affatto. L'atmosfera sale molto e quindi, continuando, il riff cala sempre più di volume fino a concludersi. In definitiva un pezzo del genere ci mostra il gruppo alle prese con sonorità mai sperimentate ma in cui si trovano a loro agio; gran parte del merito è certamente dei nuovi arrivati che hanno portato nuova linfa al progetto, però c'è da dire che Barnes si è adattato alla grande ed ha saputo cantare come mai prima d'ora. Nel testo l'omicida descrive il sangue sulle proprie mani, si sente libero di uccidere, è questo il suo cammino, il cammino verso Satana. Il coltello si è incastrato dentro il corpo della vittima e lo ruota per estrarlo, sporcarsi le mani di sangue è l'unico modo per segare via le parti rimanenti, donare una morte adorabile, quella senza un respiro finale. Una mente instupidita dal dolore, il sangue sulle sue mani non si laverà mai via, perché dobbiamo morire in modo lento e violento. Lo stesso concetto si ripete più volte nel testo, che vuole essere una folle farneticazione, quella che avviene quando il serial killer di turno dice che è stato Satana a farglielo fare, quindi ci sono frasi sconnesse e stupide, messe in fila, che accompagnandosi alla musica rendono benissimo l'idea di un killer dalla mentalità primitiva e fuori controllo. In questo caso non si tratta di un sadico che adesca, con astuzia, le proprie vittime per poi seviziarle usando metodi quasi scientifici; si parla invece di un bruto, un primitivo e se vogliamo anche maldestro macellaio che si sporca le mani uccidendo in modo cruento ispirato dalla follia ed accecato dal dolore.

Missing Victims
"Missing Victims" (Vittime mancanti) si presenta con un riff cadenzato e pulsante, con delle frenetiche brevi scariche di cassa qua e là, vivace, dopo un passaggio strumentale prende brevemente velocità e poi cambia, è ancora lento e ci sono accordi dal sapore Doom. Poi delle parti serrate e può iniziare il cantato, un growl medio-basso che poi diventa sempre più acuto, altre stoppate ed il riff si apre, la voce diventa più gutturale ed il ritmo è dato da pochi elementi chiave e variegato dai colpi di cassa. Lo stesso riff prende potenza e si lancia alla carica con un blast di cassa, tempi raddoppiati, la chitarra si fa più movimentata, il cantato è insistente ed ostinato. Le chitarre prendono una piega Thrash, il basso pulsa nefasto in sottofondo, poi si torna di nuovo ad una struttura Death ripetendo le parti precedenti, ci sono variazioni alla voce con dei cori che compaiono a sorpresa. Climax di piatti e dinamiche che impennano, si torna al riff lento, un pezzo che passa spesso da una velocità all'altra. Ad un certo punto, nel pieno della seconda parte, tutto sfuma nel silenzio tanto che sembra essere un finale, lungo feedback distorto di chitarra, poi la batteria si fa sentire insieme ad un riff di chitarra dal retrogusto Rock, gradualmente si aggiungono altre linee e strumenti che ricostruiscono un sound massiccio, basso e potente, gutturale, chitarra che fischiano a fine riff. Di nuovo tutto rallenta, tanti colpi sul ride contrastano coi riffoni bassi, si continua a ripetere il ritornello ed il pezzo giunge al finale con un fade out. Un pezzo meno ispirato dei precedenti, certo, eppure il livello resta davvero alto. Nel testo il maniaco di turno ci minaccia di portarci verso le nostre paure più profonde, non c'è verso di sfuggire al momento finale in cui la nostra vita scivolerà via dall'esistenza per overdose di brutalità. Non ci sono più, le vittime nella tomba, sono state portate via da qualche parte, corpi a terra che marciscono, un altro morto che non sarà più trovato, un'altra vittima da uccidere e nascondere; ognuno di loro muore lentamente nel giro di sette giorni, usa una penna al posto della pala per scavargli la fossa. Le vittime che vengono a mancare, le urla, la rabbia che aumenta il suo odio, la sua deviazione mentale; un teschio spaccato e fatto a pezzi, con le cervella lasciate esposte a morire. Persone che mancheranno per sempre, si sentirà sempre il vuoto, il dolore, la paura. Un testo breve, anche questo, forse anche più ripetitivo degli altri; certamente meno ispirato ma per quanto sono stati crudi ed espliciti altri testi direi che ci hanno lasciato abbastanza di che temere per lamentarci di un pezzo meno dettagliato.

Reckless
E' il turno di "Reckless" (Spericolato), parte con un riff rockeggiante, con una certa dose di groove ed un riff acchiappone al massimo, il basso ha un suono molto caldo e pulsa in sottofondo, una batteria in cui il rullante svolge il ruolo principale anche negli scatti, un pezzo da headbanging feroce. Non sono solo le influenze Rock ma il fatto che il riff riesce ad essere groovy senza essere per forza lento o stoppato, il ritmo arriva dagli accenti di un riff continuo con finale in bending, la batteria statica che è fantasiosa sugli stacchi; la voce è altrettanto costante nella struttura principale e presenta qualche variazione sui finali o prolungamenti delle frasi. Questa compattezza sonora, specie nelle dinamiche, crea un groove travolgente. Il growl è ossessivo, con delle variazioni in scream che fanno pensare al Deathcore, ancora ritmo incalzante, una marcia con un riff trascinante che mantiene il tempo nonostante le variazioni. Poi un punto con sola chitarra, lo scream acuto di Barnes, punti con effetti alla chitarra, un basso prorompente e tutta una serie di cori in scream. Si riprende col riff solitario di chitarra, accompagnato da una batteria basilare, irrompe il basso con una botta enorme, si ripete il ritornello in tutto il suo groove irresistibile e quindi il finale arriva di colpo. Ecco questo è un pezzo che potrebbe essere più vicino ai precedenti Six Feet Under, in teoria, perché in pratica l'approccio Metalcore è un classico segno distintivo del nuovo chitarrista ed infatti non c'è niente di lontanamente simile nei precedenti pezzi del gruppo. Questo pezzo rappresenta un ottimo esempio della fusione tra la tradizione del gruppo e l'innovazione di questo album, anche perché è il primo pezzo, fino ad ora, in cui si può parlare di Death'n'Roll, il resto è Brutal Death. Ci sono tombe senza nome, deceduti, col collo tagliato in due e dissanguati a morte. La tentazione della carne, una vittima in più per saziare la passione per un nuovo omicidio, gli imprudenti incontreranno l'inferno questa notte, incontreranno la sua lama, dentro di loro. E' spericolato, è ormai un cane sciolto, ha tenuto tutto questo dentro per molto tempo ma adesso non ce la fa più a resistere all'impulso di uccidere: pronto alla caccia, ad uccidere, a rompere le ossa e sentire l'adrenalina della paura e dell'inseguimento. Frattura al cranio, distruzione della mente, vuole dar la caccia a qualcuno da uccidere lentamente e quello sei proprio tu! Ecco un testo che unisce bene lo stile Rock e quello Brutal: si rivolge all'ascoltatore con fare sprezzante, mostra un protagonista spericolato e ribelle, tipico del Rock; allo stesso tempo racconta di omicidio, di morti e mutilazioni come da tradizione Death. Un bel lavoro.

Near Death Experience
L'ottavo brano è "Near Death Experience" (Esperienza pre-morte), il premio per il testo più breve se lo aggiudica con queste poche frasi che raccontano di un posto in mezzo alle tombe vuote, in mezzo ai morenti, un'autopsia pandemica, morti cerebralmente, stuprati con la punta del coltello. Una fine violenta, con degli incubi che tormentano ancora la mente e la accecano mentre i corpi vengono ancora smembrati dopo la morte e non hanno modo per difendersi. Il dio in cielo, i propri cari, li hanno abbandonati, li hanno dimenticati. Testo breve ma molto significativo, crudo, amaro: c'è quindi questa scena con dei corpi che hanno subìto una morte cerebrale ma a livello inconscio riescono ancora a percepire le sevizie cui sono sottoposti i loro corpi, dilaniati e mutilati persino dopo la morte; vivono queste scene come un incubo crudele in quanto reale ed inevitabile, non c'è risveglio ma solo l'oblio. In questa circostanza tutto ciò in cui credevano, dio o i propri cari, erano assenti e non facevano nulla per salvarli. Anche in questo pezzo si sente distintamente l'influenza Rock nel riff iniziale che esce dal lato destro e poi si arricchisce della batteria e basso per passare quindi a pieno sound. Le chitarre dialogano in un riff semplice, la batteria è principalmente rullante, fantasiose sfumature sui piatti e passaggi a dinamiche lente, le chitarre si fanno melodiche ed eseguono lo stesso tema ad altezze diverse quando diventano una plettrata alternata che introduce un growl molto gutturale, prima incalzante e poi prolungato, poi ancora ritmato ed incisivo esortato da dinamiche con tempi forti coordinati. Il pezzo diventa Brutal in tutto, plettrate alternate, blast, stoppate, breakdown, variazioni melodiche nella plettrata sovrapposta, il ritmo è costante e le variazioni scorrono velocemente portando la distruzione dietro di loro. Lla voce passa da growl a scream, ormai Barnes padroneggia le tecniche e lo dimostra chiaramente. Il pezzo continua così sfumando nel finale, un pezzo breve che però fa la propria bella figura. Ciò che colpisce del pezzo è l'abilità nel passare da un inizio a forti influenze Rock ad una seconda parte quasi esclusivamente Brutal pur mantenendo un groove trascinante.

Delayed Combustion Device
Si passa a "Delayed Combustion Device" (Meccanismo a combustione ritardata), uno stacco veloce e subito dei riffoni Brutal con un growl gutturale che diventa presto uno scream basso, poi il pezzo si fa Technical Thrash con blast su cassa e ride e la voce che accelera, variazione di ritmo e melodia e quindi si passa ad una struttura incalzante, un tupa tupa di rullante che non lascia scampo, ancora un altro blast. Cambi di tempo ogni pochi secondi, tutta la struttura è composta di riff che variano spesso in modo imprevedibile sostenendo un assalto sempre furioso e diretto, adesso il ritmo si fa cadenzato, accordi veloci con decorazioni in tremolo picking finale, poi una parte rallentata in plettrata alternata con variazioni melodiche che sanno di Black Metal, cori di voci e poi all'improvviso un tribale, durante questo tribale la chitarra si fa più distante e la voce sussurra bassa ed evocativa, lo stile è molto groovy, il sound si ingrossa e si allarga con degli accordi lenti e monolitici, dopo uno stacco si torna alla lentezza delle plettrate alternate in stile Black con blast di batteria, all'improvviso tutto cambia e si passa allo stile Thrash tecnico e veloce, poi cadenze piene di Groove. Un pezzo che è un jukebox di stili, tutti uniti ed in rapida successione, batteria pesante, molte variazioni anche con la voce che è dinamica è più che convincente. Il testo ci porta nel bel mezzo di una conflagrazione esplosiva, con la carne che brucia in una fiammata improvvisa, c'è un uomo deviato nato per uccidere le masse, si tratta di un kamikaze e bisogna ricordare anche che questo testo è stato composto all'indomani della strage alle torri gemelle. E' un terrorista che va incontro alla morta per il proprio dio, per il proprio credo, un sacrificio per la bestia con le anime degli innocenti in offerta. Un migliaio o più le vittime, un'occasione ghiotta, dando un'occhiata alle parti dei corpi sparse, un genio o un pazzo? Un battesimo nel fuoco. Nel fuoco la carne brucia, nonostante gli occhi aperti è accecato e quindi uccide migliaia di innocenti. Le stesse frasi si ripetono più volte e questa volta Barnes non c'è la fatta a glorificare, nemmeno per scherzo, il gesto omicida del kamikaze che si scaglia contro migliaia di innocenti accecato dal fanatismo religioso. Il meccanismo a combustione ritardata è appunto la bomba col timer con la quale il fanatico si fa esplodere, in mezzo alla folla, per causare il maggior numero di vittime senza dover azionare il timer, destando sospetti.

The Scar
Il decimo pezzo, "The Scar" (La cicatrice), ha un testo che - sebbene brutale - dimostra una certa sensibilità: il suo cammino è diretto al cimitero e lo sa perché non ce la fa ad andare avanti, adesso lo sa, si rende conto che è stato messo sotto per tutta la sua vita ma adesso ha l'occasione di rialzarsi. Innalzarsi su tutto e tutti, non ce la fa a lasciare stare, annaspa col proprio collo tagliato e perde sangue, presto marcirà morto per via di questi sogni spezzati che l'hanno lasciato perso; tutto ciò che ha perso è più grande di quanto abbia mai guadagnato da questa vita. La vita gli passa attraverso mentre ha gli occhi chiusi, la sua anima è vuota, fredda e senza speranza. La cicatrice ha lasciato un marchio nel suo cuore spezzato, sogni sepolti l'hanno lasciato vuoto; un sogno ad occhi aperti diventato un incubo, ma adesso sorgerà, nel cimitero. Il testo sembra raccontare un suicidio, al contrario del pezzo precedente è un suicidio animato dalla sofferenza della perdita, forse dell'amore (chissà) e della voglia di riscattarsi in qualche modo da una vita di perdite innalzandosi, da morto, ad un'esistenza migliore. Tempi lenti, le chitarre cessano di suonare e lasciano spazio alla chitarra, la voce interviene quasi subito scandendo lentamente una litania di morte e disperazione. Accordi lenti, influenze doom che poi lasciano il posto ad un ritmo con blast di cassa più veloce, poi plettrate serrate e stoppate, una cadenza massiccia e pesante, altre variazioni con una voce che velocemente stacca e riattacca. Si riprende con gli accordi lenti e pesanti, la voce invece è velocissima e ritmata, poi il ritornello, un insistente ripetizione della stessa frase per un mucchio di volte e con ritmi diversi, poi un momento strumentale, infine lo scream acuto ed una lunga pausa strumentale fatta di atmosfera ed un crescendo di cassa. Il pezzo sfiora il Funeral Doom con tempi lentissimi ed atmosfere cupe, poi una doppia cassa, un monolite di cavernosa rassegnazione, colpi bestiali e poi la chitarra resta sola, interviene brevemente il basso maligno e grosso, poi si riprende col ritornello che dura poco, poi c'è una strofa molto veloce con un growl rappato, veloce e frenetico, è tutto un susseguirsi di sillabe brutali, il pezzo si conclude troncandosi all'improvviso. Un'altra bella prova per i Six Feet Under.

Vampire Apocalypse
Arriviamo al penultimo brano, "Vampire Apocalypse" (Apocalisse vampirica), si sentono delle chitarre molto riverberate e lontane, poi arriva la chitarrona pesante e quindi delle parti strumentali massicce e lente, la voce si fa sentire in mezzo a parti sicuramente Brutal, lente e ben scandite. Il basso torna in gioco appieno, batteria che pesta impietosa, poi delle stoppate, la voce è altrettanto tecnica e segue gli accenti con precisione, i riff vibrano all'unisono. Variazione con armonici distorti, una dimostrazione di tecnica che sa rendere il groove attraverso melodie armoniche e maligne a fine riff, altra stoppata ed immediatamente si torna al riff più propriamente Brutal che si sviluppa aumentando l'ampiezza del sound in una specie di ritornello per poi arrivare di nuovo alle parti più tecniche con le stoppate, la voce è inarrestabile e non smette mai di cantare quando si passa poi di nuovo alla parte con gli armonici, è un continuo di brutalità senza sosta e senza riposo. L'aggressione va avanti con le plettrate pesanti, i continui stacchi di batteria, il basso segue la chitarra, una variazione riporta il ritornello con le chitarre che si esprimono in ritmi Deathcore tecnico, la batteria si lancia in un blast e la parte continua con ostinazione in tutta la violenza, poi un coro finale ed il pezzo si conclude. Un brano che non lascia a desiderare, pur non avendo la stessa varietà della maggior parte degli altri brani dimostra la fantasia nel riffing di chitarra e quindi soddisfa pienamente. Non è la prima volta che Barnes parla dei vampiri, questa volta il protagonista si rallegra di essere diventato il male che desiderava ardentemente essere, versa e beve il sangue della vita, lo spreme dalla carne morta e se ne ciba. Le fiamme bruciano la sua anima e dimora nell'oscurità, è un'apocalisse vampirica fatta di corpi marci e vittime macellate e dissanguate. I non-morti sono sorti ed adesso i cancelli dell'inferno si aprono per riversarli sulla terra, già mezzo pianeta è stato ucciso. La popolazione mondiale avvizzisce, anemica, debole ed incenerita: tutto ciò che amiamo muore per sempre, marcisce, una pioggia di pus cade dai cieli da nere nuvole di decomposizione, è un'apocalisse vampirica. Una pioggia di pus che cade dal cielo? è qualcosa che poteva venire solo dalla mente di Barnes e già questo basta per rendere il testo assolutamente adatto al pezzo.

The Depths of Depravity
Col successivo "The Depths of Depravity" (Le profondità della depravazione) si conclude l'album a meraviglia, il titolo già parla chiaro. Per obliterare l'umanità serve causarne la sofferenza, i nostri istinti basilari ci riportano alle pratiche primitive, l'inconscio lo porta a divorare la carne umana marcia, il puzzo dei buchi sanguinanti dai quali sgorga l'acre odore della morte, l'ansimare morente. Gli occhi della vittima si girano e diventano bianchi, nel teschio il cervello è morto lentamente, le membra sono in preda alle convulsioni mentre vengono pugnalate e staccate, la testa viene separata dal collo. L'assassino beve così, in modo primitivo, della morte della vittima, un ritorno al selvaggio, quindi apre il torso per estrarre il cuore ancora pulsante per mangiarlo ed acquisire il potere dell'anima del morto. Questo testo si riferisce, con ogni buona probabilità, ai sacrifici rituali della cultura azteca. Così facendo l'assassino guadagna l'immortalità al costo di distruggere l'anima della vittima. Un testo particolare, una buona trama per indulgere nel raccontare di mutilazioni e cannibalismo, ma questa volta si vuole offrire un qualche contesto rituale in cui inserire la pratica. Si sentono degli arpeggi puliti, molto modificati, sembra di sentire la colonna sonora di un film horror, quindi si fa sentire un basso molto presente e la batteria, quando entrano in gioco le chitarre elettriche il tema viene riproposto in modo più aggressivo e con delle variazioni, il pezzo ha delle vaghe e lontane influenze Rock ma resta molto Death. Stoppate pesanti, la voce è un growl veloce ed insistente, con delle variazioni a cori scream e growl, sul finale della strofa la voce si fa uno scream. Una variazione strumentale e parte alla carica un riff a plettrata alternata, poi raddoppia la velocità e la voce continua a cantare inseguendo in modo frenetico il riff. Un breakdown ed il pezzo si calma, diventa lento e massiccio, poi riparte subito alla carica con delle botte possenti, poi un assolo in stile Thrash casinaro piano di fischi, tirate di blast, poi ancora una volta l'arpeggio pulito effettato, il basso e la batteria. Riprende il riff di chitarra distorta di base, la batteria è prodiga di stacchi, torna la prima strofa cantata, ancora tranquilla, dopo la stoppata si ribassa e rallenta il riff, è ossessivo e possente, si accelera il ritmo con la doppia cassa, continua in modo insistente e quindi si conclude di colpo.

Conclusioni
Ecco un album strepitoso, i nuovi componenti del gruppo hanno rinnovato la linfa vitale dei Six Feet Under con influenze Brutal e Deathcore ma, specialmente, con capacità tecniche più elevate ed uno spirito di iniziativa tale che non ha lasciato a Barnes tutto lo spazio. A volte Barnes può essere monopolizzante, ma questo si ritorce contro la band che produce un karaoke; in questo caso le abilità del carismatico leader vengono enfatizzate da un reparto strumentale di un certo livello che produce pezzi più tecnici, complessi, variegati. Brutalità inaudita che spazza, quasi totalmente, le influenze Rock dei Six Feet Under, ma lascia intatto il Groove nella maggior parte dei pezzi; questo è un album Brutal Death Metal, è chiaro, ma l'attitudine Groove non scompare del tutto anche se a volte cambia veste e si ripropone attraverso passaggi Thrash o Deathcore. Durata generosa, veste grafica di alto livello, pezzi monolitici senza nemmeno un riempitivo ma tutti ricolmi di tanta sostanza, testi ispirati e brutali con qualche momento (ci sta dopotutto) di leggera sensibilità tanto per non parlare solo di sangue. Un album del genere mostra i Six Feet Under che abbandonano la ricerca del ritornello orecchiabile per lanciarsi a capofitto nella brutalità più intransigente, bassa e pesante; emergono le doti di tutti i membri, anche il ruolo del basso non è secondario (forse ad essere diventato secondario è proprio il chitarrista Swanson, oscurato dal nuovo arrivato). E' un album che non deluderà di certo tutti quelli che adoravano il lato più brutale del gruppo, sarà un'amara sorpresa per chi si aspettava il Death'n'Roll. La valutazione però non può tenere conto di ciò che si aspettava il pubblico ma tende a valutare quello che ha fatto il gruppo ed in questo caso la scelta è stata coerente e precisa: a partire dalla grafica decisamente più estrema, il sound con un missaggio da Technical Brutal, l'approccio generale che vuole consegnare al pubblico qualcosa di brutale e ci riesce in pieno. Il gruppo ha mostrato una netta maturazione già con l'album precedente, pur trattandosi di cover e pur avendo ancora la vecchia formazione, quindi se tutto il merito non può essere dato ai nuovi arrivati (perché è evidente che c'è stato un cambio generale di approccio) va ammesso che questi hanno dato comunque una bella botta a favore della riuscita. In questo album possiamo ascoltare i Six Feet Under che ci danno dentro che è una bellezza, è un album pienamente riuscito eppure è molto lontano dal Death'n'Roll che, nell'immaginario collettivo, caratterizza l'identità del gruppo; talmente lontano che potrebbe sembrare di stare ascoltando un altro gruppo; è davvero ironico che il gruppo sia riuscito così bene proprio in un ambito che non gli appartiene!

2) Formaldehyde
3) 18 Days
4) Molest Dead
5) Blood on My Hands
6) Missing Victims
7) Reckless
8) Near Death Experience
9) Delayed Combustion Device
10) The Scar
11) Vampire Apocalypse
12) The Depths of Depravity


