SIX FEET UNDER
Unborn
2013 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
14/10/2015











Introduzione recensione
Il precedente "Undead" (2012) è stato un ottimo lavoro e quindi Chris Barnes ed i Six Feet Under continuano a battere il ferro caldo pubblicando "Unborn" (2013) con la Metal Blade Records. Oltre all'edizione in CD ed a quella in vinile, per "Unborn" c'è anche l'edizione deluxe in digipak. Ricorderete che la buona riuscita del precedente album - triste a dirsi ma è così - è stata merito del rimpasto della line-up che ha portato nuovi musicisti e nuove idee al gruppo; anche con questo album si ripete la stessa formula. Quindi accanto al cantante Chris Barnes ci sono: Steve Swanson alla chitarra (il suo ruolo era stato ridimensionato nel precedente album da Rob Arnold), Kevin Talley alla batteria (entrato proprio col precedente album) che porta con sé Ola Englund (uno dei protagonisti dei Feared, gruppo nel quale Talley entra proprio nel 2013) alla chitarra per sostituire Rob Arnold (che comunque in questo album appare alla chitarra nei brani 9 e 10), infine al basso c'è Jeff Hughell col suo stile da Brutal ultratecnico (Brain Drill, Rings of Saturn); come ospiti ci sono altri chitarristi: Ben Savage dei Whitechapel Jary Laine dei Torture Killer (band che ha esordito come cover dei Six Feet Under, quindi scelta azzeccata). Così si compone la formazione ed anche questo lavoro promette bene perché si pone esattamente sulla scia del fortunato predecessore con chitarristi dal diverso passato che spazia da Brutal tecnico a Deathcore. Anche la grafica, del resto, è un esplicito richiamo perché rievoca praticamente una variante della copertina fatta per il lavoro precedente: si può infatti vedere, anche questa volta, un teschio aperto in primo piano. In questo caso, all'interno del teschio c'è un vortice di figure umanoidi in pose contratte e sofferenti, all'interno del teschio ce n'è un altro, di colore rosso vivo, dal quale sembra emanare un vortice contrario a quello che emana dal teschio esterno. Ad essere identico alla precedente è lo sfondo nero, il carattere usato per il titolo, il posizionamento del logo del gruppo, anche il teschio è molto simile a quello dell'album precedente così come il concetto dei vortici grotteschi al suo interno; chiaramente è lo stesso grafico, Dusty Peterson, ad averla realizzata questa copertina. Il riferimento al precedente album così esplicito, il breve lasso di tempo trascorso e la ripetizione dell'esperimento del cambio dei membri attingendo anche questa volta da artisti con comprovata esperienza nel Brutal o nel Deathcore, sono tutti elementi che concorrono nel farci aspettare un risultato simile a quello del precedente lavoro.

Neuro Osmosis
L'album comincia con "Neuro Osmosis" (Osmosi neurale), si presenta con un arpeggio inquietante ma melodico che si sdoppia in due chitarra, il sapore è quasi Country, poi dei tocchi di batteria, infine l'aggressione sonora con chitarre distorte e cassa. Il growl di Barnes non si fa attendere troppo ed irrompe nel pezzo, violento e gutturale, le chitarre fischiano ad intervalli regolari, sotto c'è uno sfondo con una melodia distorta, il basso scandisce tempi pesanti, il pezzo prosegue con un tema melodico portato avanti da una chitarra in primo piano mentre perfino la voce passa in secondo piano e sfuma. Non c'è molta originalità e comunque molto del lavoro è svolto proprio dai chitarristi. L'aggressività cessa e torna l'arpeggio, con l'atmosfera melodica di una chitarra veloce in sottofondo, crescendo di cassa, poi di nuovo i fischi e gli accordi pesanti, le voci si inseguono sovrapponendosi in assalti gutturali, poi il blast di cassa mentre le chitarre sommano una serie di accordi pesanti. Il pezzo cambia con una chitarra agile, dal sapore vagamente Rock, la voce è ancora gutturale ed in distanza per permettere una migliore espressione chitarristica, il basso è statico ma sprizza groove, una parte strumentale lascia sfogare la batteria che propone fill sempre diverse nonostante i riff di chitarra si ripetano identici. Questo brano d'apertura ci mostra ancora una volta un gruppo che si rinnova, questa volta la brutalità è moderata e c'è più spazio per le melodie di chitarra, che però sanno come aggredire con fischi e riffoni pesanti all'occorrenza. Il testo di questo pezzo è brevissimo, parla dell'uccisione brutale, l'assassino prende la vita di un innocente di Dio, tortura, sangue? Vive per aprire piaghe nei corpi degli altri, succhia il pus per cibarsi, la bile, il sangue, la malattia, mentre il cervello muore. Quella che si crea è un'osmosi, un forte legame, tra il cervello della vittima e quello del carnefice, sanguina sul cadavere, sente una ferita su di sé. Testo piuttosto deludente, nel precedente album c'era tanta più fantasia nei testi, ma può anche andare bene visto il ruolo marginale della voce nel pezzo appena ascoltato.

Prophecy
Andiamo avanti con "Prophecy" (Profezia), comincia con plettrate serrate, colpi forti di cassa, continua con delle chitarre melodiche che alternano momenti groove su una base di blast di cassa; il riff rallenta e viene scandito dai piatti, tornano in ballo le influenze Rock, però c'è molta distorsione nel sound specialmente nella voce che è un growl veloce, distorto, che volentieri diventa uno scream con dei passaggi in coro. I blast ci sono, plettrate cadenzate che poi diventano veloci, la batteria fa variazioni su cassa e timpano, i riff di chitarra passano da accordi monolitici a passaggi melodici, la voce prende della variazioni che hanno quel ritmo quasi rappato che caratterizzava i primi lavori del gruppo. In questo pezzo il groove ha la prevalenza su tutto, le melodie ci sono, poche, ma fanno il lavoro del ritmo scandendo degli accenti riconoscibili. Scariche di cassa, rullate frenetiche, la voce è spesso un coro di growl e scream, il riff si compone di chitarra ritmica e melodica, il basso pulsa in sottofondo, non molto distorto. La voce è effettata nei momenti in cui prende un ritmo rap, ci sono dei cori da Deathcore, c'è anche uno scream alla Barnes prima maniera, pesantemente effettato. Nella seconda parte possiamo sentire riff dalle cadenze pesanti e strascicate, alternarsi a feroci passaggi alle pelli, la voce continua la propria opera gutturale, le chitarre sfoderano riff Rock, il basso inizia a sporcarsi ed essere più incisivo. Altri effetti alla voce, poi un passaggio melodico con la ripetizione del riff, poi interviene un blast di cassa e riprende la parte cantata che continua e sfuma nel finale. E' un pezzo che non resta in mente dopo averlo ascoltato, nonostante cerchi in tutti i modi di giocare sul groove non ci riesce perché il sound è saturo di suoni pesanti ed effetti, mentre in precedenza il gruppo trasmetteva il groove proprio riducendo al minimo il resto. Non è un pezzo riuscito, ma nemmeno cattivo, semplicemente non coinvolge troppo, forse merito dei molti effetti che continuano ad impastare la voce. Il testo si rivolge agli ascoltatori in modo sprezzante, gli dice che pensano che giri tutto attorno a loro ma presto si accorgeranno del suo terrore che sta per esplodere, un orrore che si avvera, una nera profezia di disgrazia. Non lascerà mai che vengano uccisi, non smetterà mai di combattere, non mollerà mai per ascoltare, non lascerà che li prendano: è la profezia dell'eterno dolore e sofferenza. Per quanto possa sembrare strano il testo continua ripetendo le stesse frasi, limitandosi a cambiarne l'ordine, la banalità di questo testo è spiazzante: vorrebbe essere qualcosa che, ripetendosi in modo ammorbante, si attacca in testa ma non ci riesce nemmeno un poco perché, non avendo il minimo significato, semplicemente scivola via. Impiegare una mezz'oretta per chiedersi "di cosa voglio parlare con questo testo?" per poi sviluppare un discorso logico avrebbe cambiato le sorti di questo testo; non del pezzo che, parimenti, sconta lo stesso problema e si rivela un prodotto ben realizzato ma senza un senso artistico ben preciso.

Zombie Blood Curse
Andiamo avanti con "Zombie Blood Curse" (La maledizione del sangue zombie), rullata, dita che scorrono sul manico della chitarra e poi riff al limite del Punk Rock, la voce è un growl molto vivace e scattante, le chitarre mantengono anche un qualcosa di Hardcore, c'è aria di horror nel sound e quindi il pezzo è meno anonimo dei precedenti. Rrimangono gli effetti alla voce ed il sound saturo, la batteria si fa statica, specie sul rullante che è il punto di riferimento, variazioni vocali con interpretazioni e passaggi di batteria che le sottolineano. Poi un bridge con delle brevi raffiche di doppio pedale ed un crescendo di ritmo ed intensità, che sfocia in una parte rallentata e pesante, rullata e quindi si riprende con la strofa iniziale. Un pezzo che rappresenta i Six Feet Under più tecnologici e contemporanei, passaggi coinvolgenti alla chitarra con distorsione non molto pesante, cassa triggerata con suoni campionati e precisi, voce molto pesante ed effettata. A sorpresa la chitarra fischia, tutto si rallenta con degli arpeggi bassi, tempi lenti ed armonici distorti, passaggi blues alla chitarra ed atmosfera malinconica, la voce si fa molto espressiva e trova spazio nel bel mezzo dell'assolo, poi un arpeggio distorto di chitarra, il riff iniziale, una scarica di batteria, il blast di cassa e quindi si riprende con la strofa con rinnovato vigore. Un pezzo che trasmette ansia e terrore, la voce passa da growl ad espressioni in scream per poi tornare gutturale; il finale è in pieno stile Rock: tutta la magniloquenza del rallentato che culmina col feedback della chitarra solitaria che si prolunga. Il protagonista del testo è proprio uno zombie, ancora vivo eppure morto, un terrore che cammina è stato scatenato, raccoglierà la morte lenta degli altri, le interiora delle vittime iniziano a sanguinare mentre queste sono ancora in vita. Questa serie di trasformazioni deriva da un evento innescato da ormai tanto tempo, queste creature si nascondevano fino ad ora che è ormai troppo tardi per impedire la piaga, c'è sangue nero che scorre nelle vene dei cadaveri. E' dalla tomba che proviene il pericolo, l'ombra della morte viva e decomposta; i marci risorgeranno, i morti che portano in vita tutti gli incubi peggiori. Tutti moriranno nonostante le loro urla, preghiere e dolore, questi zombie non conoscono pietà. E' impossibile uccidere questi esseri il cui cuore non batte, un sogno lacerato adesso sfuma via, nero come la notte ed ora morto, nel chiaro del giorno. Un testo migliore dei due precedenti, pur sempre non originale rispetto a quanto detto (meglio) con altri testi del gruppo: c'è sempre l'impressione che sia la musica che i testi siano stati proposti con un'ottica "soft" e questo album sia la versione "per tutta la famiglia" dei Six Feet Under.

Decapitate
Il successivo "Decapitate" (Decapita) spazza via ogni dubbio, per fortuna, con un testo a dir poco esplicito: parla della perversione e della morbosità che crescono, vesciche suppuranti sulla pelle, genitali che si gonfiano e pus che emerge da buchi sulla carne marcia. Bisogna decapitare i morti risvegliati, i morti che prenderanno le nostre anime se ne avranno l'occasione, hanno il cervello aperto e sezionato con organi che fuoriescono e cadono a terra mentre il rigor mortis si impossessa del corpo e li fa muovere in modo impacciato e meccanico. Questi morti si cibano della vita delle anime, vogliono la nostra vita, il nostro sangue, le cervella, le interiora, le ossa? Anche questo testo è breve e si avvale di molte ripetizioni ma, a differenza di altri, rende bene il concetto ed inizia a far capire quello che può essere il concept dell'album. Se il precedente album era dedicato alla morte, spesso brutale e violenta per mezzo di sadiche torture, questo album è dedicato alla non-morte, in cui questi zombie, pur morti, prendono vita e si muovono famelici a caccia di persone per cibarsi del loro corpo e della loro anima. Permane l'approccio più superficiale, ma almeno si riesce ad intravedere il senso complessivo. Il pezzo parte in modo esplosivo con dei colpi di batteria furiosi e delle plettrate serrate che poi diventano melodiche, quasi ammiccanti e piene di groove, poi si torna alla devastazione di batteria con un blast spietato, la voce è un growl profondo senza troppo effetto, le melodie sono vagamente mediorientali (molto probabilmente non è stato intenzionale). Un basso lento e cadenzato, chitarre ritmica e melodica interagiscono, anche con fischi, le melodie si sovrappongono e la batteria a volte si fa leggera, la voce non manca mai di regalare violenza gutturale. Il pezzo va avanti alternando momenti a ritmi lenti e veloci, mentre la voce resta un growl monolitico che non cambia la struttura metrica; molte le pause ad effetto, con pezzo che riparte subito dopo. Fischi, atmosfere melodiche che si sovrappongono al ritmo semplice e diretto, una bella serie di passaggi melodici, poi un momento quasi Thrash con una chitarra solitaria e qualche fill di batteria a scandire l'inizio del riff, il sound si fa secco e tagliente, la batteria impazzisce e scarica una cascata di colpi, il pezzo diventa un Groove Thrash/Death fatto di riff taglienti, batteria feroce e voci in scream e growl che si sovrappongono. Ancora dei passaggi melodici dal gusto mediorientale, sui quali c'è un blast di cassa e growl gutturale (ricordano i Nile). Le melodie sono protagoniste del pezzo e funzionano bene, la brutalità si legge bene anche grazie all'ottimo lavoro della batteria, il pezzo si conclude con uno stacco. Bella prova, più coerente.

Incision
Proseguiamo con "Incision" (Incisione), si presenta con un basso dal sound enorme ed aggressivo, stoppate di chitarra, una batteria imponente scandisce dei colpi di guerra all'unisono col basso, è un inizio che tramortisce l'ascoltatore, poi al riff si aggiunge una sovraincisione di chitarra melodica, decorazioni ai piatti, la voce è irruenta con un growl medio, molto cadenzato, il ritmo è travolgente e non c'è modo di stare fermi. Il pezzo continua ad andare avanti con un groove che trae da Rock e Death melodico in egual misura, un lungo passaggio strumentale e la strofa si ripropone, con grande goduria, si va avanti e la voce prosegue solo con la chitarra e stacchi di batteria in un crescendo di disperazione, altra parte strumentale che culmina in una stoppata che porta ad un'altra strofa. Una devastazione lenta, piena di groove, cadenzata, un ritmo irresistibile che poi si fa un blast, il rullante prende sempre più velocità, culmina in uno stacco che riporta alla strofa con la chitarra e voce con stoppate di batteria. Un pezzo ben congeniato ed interpretato, groove pazzesco, il finale si ha con l'ennesima ripetizione della strofa. E' un pezzo che si compone praticamente di un solo riff, dura neanche tre minuti, su quel riff si innestano diverse variazioni salvo poi proporlo in maniera monolitica e secca. Il testo ha uno stile Rock, dice di aver venduto l'anima al diavolo, ma avrebbe comunque preferito bruciare all'inferno senza ricevere nulla in cambio, caccia per smembrare il corpo che contiene il tesoro: il sangue, la chiave della vita. Uno zombie filosofo che riflette sul fatto che nella morte ritorna alla luce, emergendo dalla tomba, che quando è stato ucciso da uomo lo stesso gesto ne ha causato sia la morte che la nuova vita, un nuovo inizio. Ogni singolo orifizio del corpo sanguina, un'incisione, profonda nella carne che fa male, un terrore sconosciuto che si protrae visto che si accumulano nuove vittime. Questo essere è la ragione per cui la gente ha paura del buio, per cui grida dentro, per cui chiude gli occhi terrorizzata. Un testo interessante, sicuramente non banale e bene in linea col concept dell'album che parla della nuova vita da non-morto.

Fragment
Il sesto pezzo è "Fragment" (Frammento), altro assalto pesante, lento e monolitico, riffoni bassi e lenti, batteria a raffiche di blast che si velocizzano fino a diventare una scarica, si leggono vaghe influenze Industrial per le scelte compositive, specialmente i tempi molto quadrati e meccanici, dal groove preciso, la voce è effettata: un growl non particolarmente basso, anch'esso molto quadrato. L'unico tocco di vivacità è dato dalle chitarre che vibrano con un sapore Djent, è uno stile inedito per i Six Feet Under che, con questa formazione, si trovano a loro agio anche in territori inesplorati. Il sound si apre con degli accordi lunghi e lenti, la voce raddoppia, aggredisce senza pietà in un continuo infierire di cattiveria, la batteria colpisce prima con degli stacchi e poi con dei colpi costanti, la voce si esprime in una moltitudine di interventi prima gutturali e poi acidi con lo scream, in sottofondo le chitarre fanno una melodia Horror, altro pezzo bene azzeccato. Prosegue così, senza voce, per altro tempo fino ad un crescendo di cassa che porta ad un assolo neoclassico fatto di melodie che si sovrappongono e creano armonie, poi il tocco Thrash con botta e risposta di chitarre in solitaria, riparte l'assalto con delle voci gutturali, chitarroni grossi dal tocco Deathcore, un pezzo ricco di fantasia e variazioni, una bella botta che richiede continue raffiche di blast. Poi l'apertura con un accordo lunghissimo, ultime parole finali ed il pezzo si conclude. Il testo descrive uno spaccato a metà, rigido e contorto, morto e fatto a pezzi. E' stato lui a prendere la vita dello zombie che poi si è vendicato (in modo inconsapevole, essendo uno zombie?) uccidendolo a sua volta, c'è un piccolo frammento della propria precedente identità che lo fa gioire particolarmente di quella morte che ha causato; un frammento di odio, un frammento di sé. La sua anima putrescente marcisce in un corpo che è un guscio rotto, una spazzatura mortale, una degradazione umana, ora l'umano è prigioniero di una sporca tomba, un buco vuoto. Ancora una volta si tratta di un testo che si ripete, riproponendo le stesse frasi in ordine sparso, del resto il pezzo ha una breve durata, ma almeno in questo caso ha una logica ben precisa ed è accattivante: rende molto bene l'immagine dello zombie che prova una rabbia accentuata nei confronti dell'uomo che lo aveva ucciso prima della non-morte.

Alive to Kill You
Il seguente "Alive to Kill You" (Vivo per ucciderti), parte veloce, lo stile è decisamente Brutal, una bella mazzata, la batteria è molto tecnica ed insiste sui piatti, poi si sposta sul rullante, la voce è un assalto continui ed impietoso, qua si fanno vedere le esperienze di chi ha militato nel Technical Brutal, la voce è continua e statica, ma veloce. Le chitarre sono serrate e stoppano velocemente, poi si alternano alle scariche di cassa, la velocità è un elemento caratteristico del pezzo, così come le assenze di pause e rallentamenti. Il pezzo va avanti senza sosta, le chitarre sono entrambe intricate, ci sono delle parti più distese dove emerge meglio la melodia, ma la batteria non accenna a frenare la velocità. La voce è un assalto sfrenato, non si distingue certo per interpretazione ma incalza senza pace, trasmette l'idea di violenza primordiale, a metà il pezzo prende una piega cambiando tonalità, abbassandola, le chitarre sono a plettrata alternata ed il rullante fa un crescendo di velocità ed intensità, finalmente il suono si distende e la tensione accumulata diventa di un gutturale bestiale ed omicida, poi plettrate con accordi lenti, scanditi da una batteria potente e secca, il basso è affidabile e non si discosta molto dal riff, altra variazione in cui si prende velocità, la voce torna ad incalzare all'unisono con le chitarre, scariche di blast di cassa. Ennesimo assalto primordiale con cassa sparata, riffoni pesanti che macinano brutalità, una voce che incalza, le influenze Deathcore si sentono nel suono delle chitarre, la ferocia rimane intatta fino alla fine coi riff in plettrata alternata ed il growl gutturale, serie di stacchi ed il pezzo finisce di colpo. Il testo descrive una passione morbosa che il cacciatore ha per la vittima, lo descrive addirittura un amore ineguagliabile, un odio intenso che gli dona forza, tanto grande che non ne vede la fine; sente la propria anima rinata nell'uccidere la vittima in preda alla rabbia frenetica. Pugnala la faccia, il sangue inizia a scorrere lentamente mentre estrae la lama, questo è il segnale per attaccare in modo brutale. Il desiderio cresce, di dare la caccia alla vittima fino ad ucciderla, un male che non si può evitare, che risiede nell'inconscio, la vera natura di sé adesso si sente viva, viva per uccidere. Una tortura che non finisce mai, molestando la carne, taglierà la vittima fino all'osso, non finisce mai, la vittima è sola; il desiderio omicida cresce, un bambino macellato, anima torturata che non avrà mai pace. Una mente crudele che non si fermerà mai, ucciderà perché vive per uccidere. Altro testo che non indugia molto nei particolari truculenti ma conserva la tradizione brutale dei testi di Barnes.

The Sinister Craving
"The Sinister Craving" (La brama sinistra) inizia con una stoppata e delle plettrate di risposta, il groove si innesca così con un botta e risposta tra le chitarre, prima accompagnato dalla batteria che dopo si sfoga in un blast che diventano delle brevi scariche. C'è un sacco di ritmo, rullante che pesta animale, la voce è ben brutale e pesta altrettanto, le chitarre mantengono il riff vibrando e dando quindi al tutto un qualcosa di sinistro. Il growl è un costante gutturale incalzante, poi si sposta sulle frequenze medie, c'è un crescendo a plettrata alternata e poi la botta con una serie di breakdown da Djent; le chitarre che rallentano strascicando all'inverosimile il fischio, la cassa che colpisce vigorosa e la voce che entra in levare: groove e devastazione assicurati. Lo stile adesso è quello di un Death pesante e lento, con influenze decisamente Groove ed Hardcore, poi c'è una fase in cui le chitarre creano atmosfere con veloci plettrate in lontananza e la voce continua ad infierire cattiva, stacco strumentale con doppia cassa e dopo riprende la strofa con rinnovata brutalità e velocità. Il pezzo si conclude quindi con la stessa stoppata con la quale è iniziato. Pezzo molto breve, infatti siamo attorno ai due minuti, però godibile e molto interessante. Il testo racconta di un piacere incessante nel causare dolore, una tortura lenta, una brama sinistra nel prelevare un trofeo dal corpo di lei, nudo e mutilato; il trofeo è fatto di ossa, carne e sangue. La vena stilla sangue per lui adesso, per placare la sua sete e fame, la brama di sangue pompato dal cuore attraverso il corpo mutilato. E' ciò per cui vive, è ciò che è (in questo concetto il testo si collega di certo al precedente). Lo stesso testo si ripete, se il pezzo dura poco il testo dura ancora meno se è per questo. Un testo brutale, non al massimo delle capacità di Barnes ma sicuramente uno dei più crudi fino ad ora; mentre in album precedenti c'erano testi totalmente estranei al concept in questo caso Barnes ha preferito avere dei testi scarni purché attinenti. Pezzi come questo dimostrano due cose: è ormai lontano il tempo in cui il gruppo tirava fuori quattro minuti con due riff a stento, in questa fase matura il gruppo preferisce, in casi come questo, tirare fuori un pezzo dignitoso ma breve piuttosto che un pezzo pieno di riempitivi che alla lunga ammorba. In questo modo si crea una felice parentesi che permette un agevole passaggio al brano seguente.

Inferno
Col successivo "Inferno", infatti, si riprende il discorso iniziato con "Incision" e quindi si ritorna all'inferno: questa volta si dà fuoco per bruciare la propria anima vuota e mandarla dritta all'inferno. Un viaggio verso il fuoco, l'abisso, l'oscurità; le fiamme gli illuminano la via verso l'inferno, lo purificano, lo liberano (in questo passaggio sembra quasi si tratti di una sorta di ordalia del fuoco). Il fuoco lo libera da tutto il suo fottuto dolore, sono delle fiamme che temprano la vita secca che si è lasciato alle spalle, un fiume così profondo come la loro vuota fottuta fede, un'ondata di amore che non placherà mai il dolore di un uomo. L'inferno, il corpo è ben umido e combustibile, basta una scintilla per innescare un falò di carne umana, con organi che implodono incendiandosi, rilasciando fiamme e spruzzi di sangue, luce e cenere. In questo testo l'inferno viene trattato in modo meno sprezzante, è quasi un ultima via per liberarsi da tutto il dolore della vita; questo viaggio finale assume la caratteristica di un viaggio quasi spirituale in cui purificare la propria anima dal dolore, purificare la propria vita da tutti gli errori, purificare il proprio corpo dalla sofferenza. Tutto questo avviene in sprezzo alla religione, vuota, che predica l'amore ma non è capace di alleviare la sofferenza. Si parte con accordi lunghi di chitarra, un basso in bella vista che pulsa malefico, la batteria prende in mano la situazione con un ritmo sempre più incalzante, così le chitarre si fanno più vive in un riff cadenzato all'unisono con gli accenti di batteria e compare anche la voce, un growl tosto e minaccioso. Il pezzo procede così, monolitico, con variazioni vibrate, parti rallentate in cui c'è più spazio per le chitarre, si torna alla strofa principale, molto schematica e trascinante. Altra variazione che porta scariche di cassa, più lavoro sui piatti, stacchi al rullante, è il ritornello in cui la voce continua a ripetere "inferno" per poi culminare in un grido di dannazione. Si riprende con la strofa, lo stesso riff cadenzato con vibrazione finale, tosto ed onesto in tutto, la voce conclude con uno scream molte parti; la stessa struttura si ripete. Altri stacchi e poi una variazione della strofa, una sorta di bridge fuori posto, urla ed il groove continua imperterrito nonostante le variazioni vocali. Il pezzo si conclude a circa tre minuti, un altro pezzo breve ma questa volta meno interessante degli altri.

Psychosis
Arriviamo così a "Psychosis" (Psicosi), stacco e riff lenti, con passaggi veloci sui piatti per dare l'atmosfera, la voce entra subito in gioco animalesca, passaggi melodici e disturbanti, velocissimi da Technical Brutal, poi plettrate serrate e frenetiche, il canto canta struttura ed accenti, il riff si fa ritmato e cadenzato come in tradizione Six Feet Under, le melodie fanno una breve apparizione. Poi delle parti con scariche serrate e stoppate, una struttura molto complessa con parti piuttosto tecniche, decrescendo all'unisono e stoppate di continuo. Un ritmo spiazzante, distruttivo, la voce fa molto bene la sua parte, la batteria regala scariche di cassa e mantiene costante il rullante. Si torna alla parte iniziale che si ripete rinforzandosi di un blast di cassa, la voce si fa più gutturale, dopo una parte strumentale con un mucchio di melodie molto distorte da Brutal che si intrecciano. Altre parti stoppate e devastanti con un growl gutturale, un ritmo con una botta enorme, la voce è doppiata con uno scream acido. Altra parte strumentale in cui si dà sfogo al ritmo, in una variazione della strofa che permette più fill di batteria, serie di stoppate e si sentono cori di sussurri, poi si riprende col ritornello mentre ci sono delle melodie distorte di chitarra, molte parti veloci e tecniche mentre il pezzo sfuma sempre più verso il finale. Ottima prova questa, si sentono molto influenze di gruppi come Brain Drill, ed i Six Feet Under riescono a mantenere intatto il groove anche proponendo parti complesse e tecniche. Del resto il pezzo è composto da pochi riff, ad essere molte sono le variazioni che - sulla stessa base - sono talmente tante ed in primo piano tanto che riescono a stravolgere il riff su cui si installano e farlo sembrare completamente diverso. Il testo parla di una psicosi sconosciuta, auto-indotta, una imperitura devozione al diavolo che non sta scritta da nessuna parte ma è resa evidente dalla fissazione con l'omicidio; una morte incerta, una vita votata all'omicidio, alla morte. Attende eternamente per prendere questa vita spezzata, la psicosi auto-indotta e sconosciuta, non curata, è la rabbia a determinare le ondate di pazzia. I sogni ad occhi aperti si tingono di nero ed il male entra dentro di lui, questa maledizione ha sbattuto la porta al suo corpo ambulante. La psicosi comanda di uccidere, sente le voci, l'omicidio è l'unico pensiero e scopo, c'è qualcosa di fisso nella sua mente che gli comanda di uscire fuori ad uccidere. Un bel testo, si accorda bene col feeling ossessivo che dà il pezzo.

The Curse of Ancients
Concludiamo con "The Curse of Ancients" (La maledizione degli Antichi), riff lenti a plettrata alternata, un basso enorme che dà molta atmosfera, la batteria scandisce colpi lenti icon parsimonia e di colpo esplode in un blast dalle dinamiche progressive, le chitarre si fanno più presenti e si impongono sul sound, poi sfumano e lasciano spazio ad un giro di basso inquietante ed insistente. Dopo uno stacco parte la strofa vera e propria con la quale le chitarre sviluppano il tema del basso, la voce è uno scream ed in effetti il pezzo ha qualcosa di Black Metal in sé, pur conservando il groove tipico del gruppo. Il ritornello è un'accozzaglia di malvagità fatta di cori di tre voci: growl, scream e scream acuto, all'interno di questa sorta di ritornello un tripudio di malvagità, un coro di dannazione, c'è caos (elemento raro nelle sonorità dei Six Feet Under); i riff sono chiaramente da Black Metal adesso, lenti, malefici, distorti. Il coro dei dannati continua, con prevalenza di growl, altre plettrate alternate ed atmosfera di batteria che si lancia in un altro blast ed adesso gli elementi Black convergono sempre più nel Brutal, altre stoppate e possiamo parlare di quello che è stato anche definito Bestial Black Metal, per via delle forti influenze Brutal dovute alle sonorità basse e pesanti ed alle raffiche di cassa. Così i Six Feet Under hanno mandato al diavolo il groove per lanciarsi in un genere completamente nuovo - giusto all'ultimo pezzo - e bene interpretato: tutta la parte centrale è un capolavoro fatto di accordi lenti, con rapide sfuriate veloci. Tutto questo si traduce in riff che hanno l'incedere malefico del Black Metal oltre che la devastazione tipica del Brutal, un connubio che avviene con una buona dose di tecnica e specialmente precisione; il coro di voci in cui si sentono almeno tre tecniche vocali diverse all'unisono è solo la ciliegina su una torta buonissima di per sé. La malvagità prosegue e si accresce col passare dei minuti, poi il pezzo prende una piega da Technical Death con passaggi veloci e melodie distorte, delle stoppate con botta e risposta vocali, saltano fuori anche influenze Deathcore, il pezzo è un jukebox estremo ricco di fantasia. Altre stoppate strumentali, un breakdown dissonante e quindi si passa al Technical Brutal, con blast e giochi sui piatti, la voce è un growl rauco e terrificante, massiccio, un ultimo riff ed il pezzo poi si conclude con l'accordo che viene prolungato e lasciato in sospeso. Un bel pezzo, probabilmente il migliore dell'album. Il testo è molto breve, perché si ripete per ben tre volte identico: parla di un mondo di vuoto che ha sofferto a lungo, ma adesso la maledizione degli antichi si riverserà su di esso infettando tutti, una piaga da lungo tempo ormai dimenticata, un terrore interiore dal quale non si può fuggire. Il dolore, la lotta, la paura della vita, della morte, finire a marcire vivi. Per amputare dissacra la mente umana, la tomba vuoto è l'ultimo abbraccio, un fato contorto, la marcia mente umana. Il testo è composto da parole che si susseguono senza un apparente filo logico o nesso, quello che sembra emergere è il senso del vuoto della vita umana, affannosa ed inutile, che oltretutto viene colpita da questa piaga degli antichi (l'infezione che trasforma i morti in zombie). E' chiaro che questo testo volesse riassumere e dare un epilogo alla vicenda del concept dell'album, possiamo trarre la conclusione che questa piaga, così come le fiamme dell'inferno, sono solamente un espediente per epurare il mondo dalla vuota ed inutile esistenza umana.

Conclusioni
Un album particolare questo "Unborn", ha un inizio quasi piacione e comunque abbastanza orecchiabile, con influenze Deathcore ed Industrial, piano piano cambia per arrivare ad una fase centrale in cui si riprende il Death'n'Roll per poi passare ad una fase finale che diventa un Brutal con pochi compromessi che si conclude col Bestial Black Metal dell'ultimo pezzo; elemento costante il Groove. Album molto complesso, sicuramente stracarico di idee anche se si nota che la prima fase è stata probabilmente frettolosa perché i pezzi mancano di mordente. In definitiva sono trentasei minuti molto variegati, impossibile annoiarsi, manca forse la coerenza e - benché la bella grafica suggerisce una continuità col predecessore "Undead" - quindi si passa facilmente da un genere all'altro a volte con ottimi risultati (l'ultimo pezzo) altre con risultati un po' noiosi; a legare questo album al precedente ci pensa il concept, basato sui non-morti, gli zombie affamati di carne umana che in una prima fase dell'album sembrano dei ribelli pronti a fare baldoria, mentre nella fase finale sono dei dannati, portatori e causa di atroci sofferenze, si indaga brevemente sulle implicazioni filosofiche e, a sorpresa, non si approfondisce mai tanto il lato splatter. Ancora una volta Barnes fa un colpo grosso e la soluzione di integrare nuove idee assumendo nuovi musicisti si è dimostrata nuovamente un successo: il fatto che ci siano tante influenze e tanti generi diversi che si affacciano in ogni pezzo è anche il motivo della bellezza di questo album che, perciò, farà la gioia degli ascoltatori più onnivori. E' difficile valutare questo album, se non altro perché non è nemmeno chiaro in quale contesto collocarlo: chi si aspetta il tradizionale Death'n'Roll rimarrà deluso (perché è solo una minima parte) chi si aspetta, legittimamente, una prosecuzione nello stile Brutal del precedente album rimarrà contrariato dai primi pezzi salvo poi ricredersi ammirando la bestialità dei brani finali. Iin questo album i Six Feet Under mettono in gioco una versatilità invidiabile, specie del leader Chris Barnes che sa essere devastante in qualsiasi contesto.

2) Prophecy
3) Zombie Blood Curse
4) Decapitate
5) Incision
6) Fragment
7) Alive to Kill You
8) The Sinister Craving
9) Inferno
10) Psychosis
11) The Curse of Ancients


