SIX FEET UNDER

True Carnage

2001 - Metal Blade Records

A CURA DI
PAOLO FERRANTE
06/07/2015
TEMPO DI LETTURA:
6,5

Introduzione recensione

A distanza di un anno dal precedente album (Graveyard Classics), che ha lasciato molto da desiderare, i Six Feet Under tornano a farsi sentire con un altro album - questa volta pezzi originali - "True Carnage", rilasciato nel 2001 ancora dalla Metal Blade Records, che continua a pubblicare i lavori della band sin dagli esordi. Le premesse che riguardano questo lavoro sono più che incoraggianti: il ritorno alla brutalità più marcia e collaborazioni con altri artisti. Un po' quello che è successo con "Maximum Violence", ogni tanto i Six Feet Under, dall'umore altalenante, decidono di tornare alla brutalità e spesso si avvalgono della partecipazione di artisti di fama internazionale. La formazione resta sempre la stessa: Chris Barnes alla voce, Steve Swanson alla chitarra, Terry Butler al basso e Greg Gall alla batteria; le collaborazioni coinvolgono Karyn Crisis - si dice che questo pezzo sia il primo duetto estremo maschio/femmina della storia - già nota per i suoi Crisis, ma anche per aver fatto questo tipo di apparizione per altri gruppi, ad esempio per i Voivod in "Phobos" (1997), farà sentire la propria voce in "Sick and Twisted"; l'altra partecipazione è ancora più curiosa, si tratta infatti del rapper ed attore Ice-T, lo sentiremo in "One Bullet Left". Insomma tutte le buone premesse per un lavoro di qualità ci sono, altra cosa da tenere in mente è la particolare brevità dell'album, che supera di poco i 34 minuti. La copertina è molto interessante: prima di tutto riporta il nuovo logo della band, che mantiene sempre lo stesso stile ma si evolve per essere al passo coi tempi in quanto a qualità della realizzazione. Il tema della copertina è quello di una specie di clinica degli orrori, un ambulatorio improvvisato in qualche sporca cantina (non sembra esserci molta attenzione per l'igiene): ci sono infatti dei contenitori poggiati su un lurido bancone di legno, attrezzi da chirurgo improvvisato tutti arrugginiti, atmosfera sporca e fatiscente; all'interno dei contenitori possiamo notare un cervello, una mano con un "6" inciso sul dorso (omaggio al nome della band, anche nello stile), poi dei feti di varie dimensioni (elemento che può essere anche un riferimento al passato coi Cannibal Corpse); in primo piano delle lettere colorate ritagliate grossolanamente compongono il titolo dell'album, ad imitazione di una lettera scritta da un serial killer. Ben realizzata centra il bersaglio facendo capire cosa possiamo aspettarci dal lavoro che ci accingiamo ad ascoltare, tranquillizzandoci sul fatto che le tematiche continueranno a trattare di brutalità. Un ritorno allo stile di "Maximum Violence", un lavoro serio che affonda le radici nel Brutal Death Metal anche se continua a farsi forte di elementi tratti da altri generi, come il Groove Metal ed il Rock.

Impulse to Disembowel

Iniziamo l'ascolto con "Impulse to Disembowel" (Impulso a sbudellare), growl effettato che si alterna a passaggi stoppati di basso e chitarra, poi interviene lo scream brutale tanto odiato e criticato, eppure molto caratteristico ed utile nei passaggi più marci, di sicuro nel Gore Brutal si sentono cose più putride ancora. La strofa è un riff dannatamente Gore Brutal: stoppate basse seguite da fischi distorti, ritmi imponenti ed un growl disumano, gutturale al massimo, una goduria! Chi conosce i Mortician sa di cosa sto parlando. Tutto è ultra basso e gutturale, tempi lenti scanditi da un preciso doppio pedale, poi arrivano le influenze Rock che portano una parte più melodica, che non dura poi molto, la voce rimane gutturale ma acquisisce alcune sfumature medie. Il pezzo continua come un carro armato, di un massiccio imponente ed indistruttibile, sempre riff stoppato con variazioni con fischi o melodie aggressive e spietate. Riprende la strofa iniziale, il growl è un rantolo gutturale, bestiale e primitivo, una goduria per gli amanti del Brutal; poi di colpo arriva la velocità con un riff in cui la chitarra si lancia e prende velocità con uno stile che si avvicina al Thrash Metal, poi diventa subito brutale, una parte stoppata meno interessante, cui segue un assolo in stile Death old school, la voce diventa pressante ed insistente, in generale la produzione delude, però la violenza e la brutalità non mancano. Si ripete la parte iniziale con le stoppate ed il basso morbido, poi il ritornello imponente porta a conclusione il brano. Un pezzo senza colpi di scena, onesto ma non di certo sorprendente: bello in quanto ben eseguito e brutale, gutturale specialmente. Riesce a trascinare e lascia immaginare che ascolteremo un bell'album. Il testo, come suggerisce in modo inequivocabile il titolo, riprende la cara vecchia tradizione di Barnes - il quale nelle interviste spesso minimizza il lato splatter, altre volte afferma di voler parlare di altro? eppure ci ritorna sempre - parlando di un sadico che ritorna ad uccidere, in una malata brama di intestini che intende prelevare proprio infilando la mano nell'ano fino a ridurre il corpo ad un moncone martoriato. Ecco un inizio che lascia poco all'immaginazione! Si descrive un corpo scorticato, appeso ad un gancio, l'assassino lo dissangua e lo intaglia vedendoci una turgida bellezza in quell'ammasso di lembi informi mentre appaiono altri buchi quando infierisce. Il sadico continua a brutalizzare i miseri resti di un uomo ancora in preda alle convulsioni che respira ancora nonostante le sevizie inflittegli, poi lo sgozza nell'impeto finale, per porre fine a quella vita sfortunata. L'assassino non si cura affatto della vita e della religione della vittima, del mondo in cui viviamo; il corpo della vittima inizia a tremare quando il torturatore inietta candeggina negli occhi, le interiore sono sparse sul pavimento così come le feci che si trovavano negli intestini. Una precisa descrizione, anatomicamente accurata, di tutti gli apparati digerenti asportati, poi col coltellino intaglia la colonna spinale. Poi il serial killer, forse proprio quello che ha lasciato il "messaggio" col titolo dell'album nella copertina, si lascia andare in sprezzanti commenti, affermando che i porci non lo troveranno, nonostante lasci dietro di sé una scia di sangue e resti umani, che non riusciranno a rinchiuderlo come vorrebbero, concludendo che è in preda all'impulso a sbudellare. Ecco un testo brutale scritto davvero come si deve!

The Day the Dead Walked

Il secondo brano è uno dei più noti dell'album, forse dell'intera discografia del gruppo, è "The Day the Dead Walked" (Il giorno in cui i morti camminavano), introduzione strumentale con plettrata alternata e rullante, poi la nota strofa che oltre al growl gutturale ha anche una parte in scream, una voce molto ritmata ed incalzante, groove applicato al brutal,poi gli accordi che regalano una melodia malsana e bestiale, si sente molto il basso nel sound, la batteria pesta molto sul rullante; la voce continua ad essere un gutturale inquietante e poi segue uno scream malato, qualcosa di malsano e deviato! Un assalto sonoro, questo pezzo è una devastazione realizzata con un sound semplice, non molto pompato; distorsione animalesca e suoni cupi. Una variazione ed il gruppo porta la brutalità a livelli ancora più alti: tutto è cadenzato, come un pugnale che si accanisca su un cadavere a ritmo frenetico e costante. Nonostante la voce raggiunga tonalità molto gravi Barnes riesce a mantenere l'agilità, il ritornello mette di nuovo in mostra le influenze Rock dei Six Feet Under, si rallenta e si aggiungono dei semplici passaggi di chitarra a corda libera - questo porta alla mente i primi album - che vengono alternate a parti veloci e ritmate, specie col basso che è una furia. La voce diventa rauca e soffocata, si alterna con parti con un'eco devastante, poi lo scream ed un assolo brutale eppure melodico, veloce e furioso, articolato e con finale fischiante. Si accenna di nuovo il ritornello che viene interrotto di colpo ed il pezzo si conclude. Alta qualità però pezzo brevissimo, un breve assalto insomma, poco più di due minuti. Il testo parla di un massacro, la fine dell'umanità, un ingresso nell'inferno; questo evento catastrofico è dovuto alla piaga degli zombie. Il mondo dei piaceri è finito, sostituito da un mondo fatto di torture in cui i precedenti amici e vicini si trasformano in spietati assassini una volta emersi dalla tomba, affamati di cervelli umani questi implacabili necrofagi non smetteranno mai la loro ossessiva caccia. Il fuoco divora case e città, tutto quanto sta diventando una merda, guerra e povertà ovunque: masse di persone che vanno al macello, morti che non vengono sepolti, fame e carestia. Questa è l'apocalisse che segue al risveglio degli zombie, questo è ciò che succede dopo il giorno in cui i morti iniziano a camminare. Un testo molto efficace, non indugia molto nello splatter come il testo precedente: al contrario si concentra sull'elemento horror e cerca di trasmettere quell'ansia raccontando con toni entusiastici dell'estinzione dell'uomo causata dal risveglio dei morti che camminano.

It Never Dies

Proseguiamo con "It Never Dies" (Non muore mai), inizia con un riff pieno di groove seguito da stoppate, una forte distorsione, poi variazione e si fa sentire la voce; la batteria arricchisce la parte con i piatti, poi il rullante si fa costante e la base varia ancora per fare spazio alla voce. Un pezzo non proprio fantastico, piuttosto scontato, le parti gutturali non ci sono più sostituite da una via di mezzo, dal timbro più alto ma ancora molto ritmato. Col ritornello il pezzo si riprende, anche se in questo caso sono gli strumenti ad essere un po' confusi: la parte non sembra essere molto compatta, un po' dispersiva e poco curata a livello di composizione forse. Il pezzo va avanti, piuttosto monotono e privo di spunti veri e propri, altra variazione della strofa dopo del ritornello, si accelera col ritmo, ancora molta distorsione anche sulla voce. Ripetizione del ritornello, rullante e piatti emergono troppo dal sound a scapito della chitarra, poi stoppate ed accenno di assolo con dei fischi lontani che poi danno luogo ad un assolo vero e proprio, di natura Thrash e con spunti melodici, purtroppo viene troncato prematuramente dalla conclusione del pezzo. In definitiva il pezzo non ha niente di male, forse è stato concluso frettolosamente perché oltre ad essere breve è anche scontato in più di un passaggio, quasi banale. Il testo è nello stesso stile del pezzo, si fa apprezzare però per la particolare aggressività volgare: la salvezza viene definita una puttana storpia, la soddisfazione viene dall'omicidio e sono le voci che gli comandano di farlo, il diavolo gliel'ha fatto fare ed il prete doveva morire. Un testo che assomiglia ad una filastrocca per la rapida successione di semplici frasi, poi si riferisce al fatto che lo stesso destino è accaduto ad una famiglia di cinque persone e non c'è stato modo di impedirlo, non si può fermare ciò che non si vede. L'omicida si è spinto troppo oltre, vorrebbe farsi un sonnellino, ha il pugnale in mano ed è ancora molto incazzato con la società: è stanco di loro, che lo guardano dall'alto in basso e quindi è andato a scuola con una uzi carica (pistola mitragliatrice semiautomatica, particolarmente apprezzata per la praticità e maneggevolezza, capace di una raffica molto veloce a scapito del controllo e della precisione) assicurandosi che nessuno sarebbe sopravvissuto. A commettere questi atti è stato il Male, presente in ciascuno di noi e pronto a scatenarsi anche nella persona "normale" più insospettabile, la quale - esasperata dalla società o semplicemente in preda ad un raptus incontrollabile - si scaglia contro l'umanità intera in una follia da carneficina. Episodi del genere, specie negli USA, hanno molto turbato la sensibilità collettiva. Il testo esprime in maniera semplice un concetto molto complesso, lo semplifica un po' troppo magari, ma lo presenta in tutta la cruda realtà.

The Murderers

Un testo privo di mordente anche per "The Murderers" (Gli assassini), testo che ruota tutto su questi assassini pronti a fare il gioco del gatto col topo coi potevi malcapitati. Questi assassini sono in tanti e vogliosi di uccidere, attaccano coi machete e guardano la loro vittima morire senza essere disturbati dalla scena. Questi instancabili assassini sono stati addestrati ad uccidere, l'unica speranza per le vittime è il suicidio: vengono ad uccidere ed incendiare tutto. Sembra essere un qualche gruppo di terroristi che si accanisce con gli ignoranti ed incompetenti, mentitori per professione verranno macellati come se fossero bestiame. Si intravedono risvolti sociali, una sorta di rabbia da "manifestante violento" che vuole contrastare il sistema. Complessivamente il testo è banale: non riesce ad essere interessante coi temi sociali, che non vengono affrontati, e nemmeno con la violenza che si limita a vaghe prospettazioni? testo molto vago in tutto insomma. Musicalmente inizia con una parte di batteria piuttosto scolastica, un riff ritmato ma niente di che, la prestazione vocale è migliore e prende ancora più corpo nella variazione successiva nella quale vengono introdotte delle stoppate vere e proprie. Una parte gutturale, piena di ritmo, quasi rappata, poi seguono degli accordi più aperti per il ritornello che si dimostra poco all'altezza: al growl vengono aggiunti dei cori in pulito che inneggiano "kill!", la banalità più scandalosa. La povertà di idee è evidente anche per il fatto che molti riff, anche di pezzi diversi, sono molto simili sia nelle tonalità che nelle ritmiche; mentre le variazioni sono lievi cambiamenti di tono. Il disastro avviene quando sopra l'assolo di chitarra in stile Thrash e casinaro, che sarebbe anche positivo, ci si mette una parte cantata con growl medio, priva di originalità e di senso. Si riprende con la strofa, che non è affatto male ma sembra essere stata composta in modo troppo frettoloso, ed il missaggio non sembra dei migliori. Finale improvviso con eco di voce conclude questo pezzo che trascorre in modo anonimo: occasione sprecata è il primo pensiero che viene in mente.

Waiting for Decay

Il quinto pezzo è "Waiting for Decay" (Aspettando il decadimento), un inizio con stoppate e plettrate alternate, poi un bel riff cadenzato in stile Brutal, piuttosto lento e marcio, un ottimo inizio all'insegna dell'ultra-gutturale visto che il growl che segue ha dei toni davvero molto bassi. In questo caso il gruppo funziona bene, la semplicità delle parti è comunque bilanciata dalla grezza violenza: tutto il sound è cupo fatta eccezione per quel controverso scream di Barnes che appare quando meno ce l'aspettiamo. C'è una parte tipicamente brutal con plettrata alternata aperta, poi si ritorna alla parte con le stoppate cadenzate che danno ritmo anche alla prestazione vocale che comunque riesce ad emergere troppo per via della qualità della produzione, che lascia un po' a desiderare considerando che si tratta pur sempre della Metal Blade. Nella seconda parte del pezzo un assolo molto interessante, sopra una parte cadenzata e brutale, in questo caso il contrasto fa un ottimo lavoro e le tonalità del basso e della cassa non si accavallano sulle note acute e vorticose della chitarra che quindi riesce a spiccare come si deve, almeno in questa fase. Riprende la parte brutale della strofa, cupa e cattiva sa come imporsi, accelera il tempo e varia tonalità, poi riprende dall'inizio, la variazione che ne segue è coinvolgente e segna la fine del pezzo. Il trio di pezzi ascoltati da ultimo segna un calo di fantasia notevole, nonostante alcune parti siano belle ciò non toglie che spesso siano banali; la dice lunga anche la brevissima durata in cui vengono spremute al massimo quelle poche idee, anche simili tra loro, sulla base delle quali sono stati composti i pezzi. Questo testo narra in prima persona le gesta di un altro sadico torturatore in pieno stile Barnes, in questo caso si rivolge alla vittima che aveva paura di morire ed adesso si ritrova col sangue che si coagula e fuoriesce dalle ossa esposte, svuotate dell'anima debole che c'era prima, pus che fuoriesce dai fori, tagliata a pezzettini con l'ascia e giocando con i suoi seni tranciati bevendo un misto di latte e sangue. Un'infinita serie di uccisioni violente, lei era giovane ed indifesa, mentre adesso si ritrova supina su un tavolo, un puntaspilli pieno di coltelli conficcati e viene scopata da questo malsano depravato. Si passa ad una nuova vittima, la sente urlare ed il lavoro è appena cominciato, dopo averla uccide aspetta che si decomponga. Dopo aver ucciso le vittime, le mette nel sarcofago, non era stato interrato e quindi lo apre dopo settimane per scoprirle tutte rattrappite e decomposte da tempo, la vista non lo disturba, anzi, lo eccita e quindi eiacula sul cadavere: quel corpo decomposto è solamente un'altra puttana da torturare e molestare anche dopo della morte. Un testo forte insomma, davvero molto malsano e pesante, si distingue e ci dà idea di quanta fantasia malata possa esserci nella mente di Barnes.

One Bullet Left

"One Bullet Left" (Un proiettile rimasto) inizia con una parte serrata con stoppate, lo stile si avvicina al Thrash anche come sound, proseguono e si avvalgono del buon lavoro della batteria che insiste sul rullante e piatti mentre il basso resta morbido e si percepisce specie durante il silenzio della chitarra. Parti incisive, con un groove molto semplice ed efficace. Inizia la parte cantata, un rap estremo con un ritmo travolgente, siamo quasi nel Nu Metal (si pensi ai Korn) con sonorità Death Metal. Un growl gutturale, veloce, poi il ritornello: ultragutturale e cadenzato su delle parti stoppate che si trasformano in accordi aperti quando non c'è il cantato. Groove trascinante, gutturale e putrido: le chitarre non sono molto basse di tonalità, per questo la voce emerge molto meglio. Ogni parte si ripete per molte volte ma non ci si può lamentare perché in questo pezzo sono più curate; a sorpresa arriva la voce di Ice-T sopra un riff cattivo e cadenzato. La prestazione del rapper è un profluvio di offese e minacce in pieno stile "gangstah from da hood", ad ogni 3 parole arriva un nuovo mothafuckin', il merito di questo pezzo è quello di aver inserito nel Metal estremo anche degli elementi Nu Metal così palesi (nonostante all'epoca il Nu Metal fosse ancora più odiato di quanto lo sia adesso), poi il ritmo diventa più sincopato in una fortunata variazione, il rap si fa più melodico e diventa hip-hop, ancora la chitarra ruggisce aggressiva, la batteria ci va pesante ed accentua bene il ritmo mentre il basso segue a ruota: tutto è compatto. Poi è il rapper ad eseguire il ritornello gridando, c'è molta ferocia, poi l'ultra-gutturale Barnes conclude con l'ultima frase prima che il riff, che continua a ripetersi massiccio, sfumi nel silenzio. Un pezzo che spacca, fantasioso, ricco, compatto e preciso. Il testo parla ancora di un assassino, che vuole bruciare ed ammazzare tutti quelli che lo odiano, dal primo all'ultimo, poi un proiettile in testa per assicurarsi della morte. Questo è un mondo libero e quindi lui approfitterà della propria libertà per mutilare gli altri, per rimpicciolirgli la testa col piombo: nessuno li fermerà, sono in tanti ed anche molto incazzati e continueranno ad uccidere fino a quando l'ultimo di loro non sarà riverso al suolo privo di vita. Forse questo testo è la versione più fortunata di quello di "The Murderers" a cui pare ricollegarsi. Resta solo un proiettile. Poi il rapper si fa intimidatorio parlando con questa gente, dicendogli che forse pensano che tutto questo sia un fottuto gioco, che non lo capiranno fino a quando non gli punterà un fottuto acciaio (a volte anche ferro, gergale per indicare la pistola) al culo da frocio che si ritrova e spaccargli il suo fottuto culo dome (gioco di parole "do me" - che vuole essere scopato) fino alle spalle a quei fottuti criticoni. Il resto mantiene lo stesso livello di benevolenza e simpatia in una lunga lista di minacce con le quali si elencano i numerosi modi di usare una pistola per far male, tutto in rime sincopate ed aggressività inaudita in stile ghetto. Non gli importa niente se quello vuole chiamare la polizia, chiamerà i porci lui stesso dopo averlo ammazzato, poi andrà a casa sua e prenderà sua figlia dal collo per poi spararla al petto e gettarla sul giardino. L'ultimo proiettile invece lo riserva per se stesso, per suicidarsi lasciando il muro rosso. Quindi l'intero testo gioca su questa cosa dell'ultimo proiettile, che l'assassino riserva per sé, già ha deciso che si ucciderà ma prima vuole togliersi qualche soddisfazione: l'ultimo proiettile è per lui, mentre gli altri 49 sono nei petti di altrettante persone. Violenza, ritmo, rime e bullismo in quantità sono la ricetta di questo pezzo che funziona proprio alla grande.

Knife, Gun, Axe

Segue "Knife, Gun, Axe" (Coltello, pistola, ascia), inizio con batteria che si esibisce in un tribale, poi accordi lenti di chitarra e basso ed il growl gutturale che non si fa attendere, variazioni all'insegna del migliore groove pesante. Tutto si svolge in tonalità molto basse, le parti in scream sono più frequenti e malate, riescono a svettare nel contrasto offrendo la cattiveria più marcia possibile. Un bel pezzo, lento e forse un po' troppo semplice, però dannatamente efficace, si sentono delle influenze vagamente Doom - come potevano esserci al primo album - valorizzate dalla melodia di chitarra che talvolta fa capolino. Le parti stoppate si ripetono, sono trascinanti: in questo caso la semplicità porta ad un risultato vincente perché arriva in un contesto in cui il pezzo si fonda su altri aspetti: nella fattispecie proprio sull'incisività degli accordi lenti e semplici, un po' alla Black Sabbath se vogliamo, ricchi di groove. Siamo lontani da un pezzo particolarmente ispirato, lo testimonia il fatto che le parti si ripetono per molte volte ed hanno davvero poche variazioni, però con questo pezzo la cosa non si avverte come un problema. Dopo la ripetizione della strofa un accenno di assolo che diventa una strofa melodica su cui c'è il cantato, poi diventa un assolo vero e proprio con delle brevi comparse vocali, lo stile è da Rock o Metal classico. Si arriva al finale durante il fischio dell'assolo. Il testo tratta ancora di un assassino sadico che se la prende con una ragazza, non si capisce se sia una continuazione delle vicende dei precedenti testi oppure no, fatto sta che le dinamiche sono simili: intima alla vittima di prendere un lungo respiro prima della lenta morte agonizzante inaugurata dallo schianto delle ossa che si rompono. Poi punta la pistola alla tempia della vittima e preme il grilletto, questa vedrà solo un flash bianco prima della morte, fa in modo che l'omicidio sembri un suicidio. C'è da dire che a questo punto non si può fare a meno di notare la monotonia dei testi che prevedono sempre questa pistola puntata alla tempia: ci sono dei momenti molto alti ed altri che si ripetono quasi identici in altri pezzi. Un coltello lungo la gola, polmoni perforati, una vittima che deve mangiare la merda del carnefice il quale potrà ucciderla con la pistola, il coltello o l'ascia per poi sputare alle ossa e pisciare nel buco dove c'era la testa. Coltello alla gola, pistola alla testa o ascia al collo, queste sono le alternative che spettano alle vittime alle quali non resta altro che morire. Un testo che scorre anonimo, così come la musica cui è associato.

Snakes

Il testo di "Snakes" (Serpenti) è peggio ancora: è brevissimo e si ripete fino alla nausea. Parla di scarafaggi striscianti che fuoriescono da orifizi marci assieme a vermi che vi scorrono cibandosi, queste fessure sono le orbite oculari di un teschio, che diventa sempre più freddo col passare del tempo mentre il cervello fuoriesce dal naso. Non c'è altro da dire, essenziale è dir poco in questo caso. Il pezzo inizia subito col ritornello, cadenzato e pieno di ritmo, le chitarre fanno un buon lavoro con ritmi serrati e stoppate; poi una variazione lenta che ha un qualcosa di Doom, che poi diventa un tribale ultra-gutturale. Un bel pezzo, il testo è molto breve perché il ritornello consiste unicamente della parola "snakes" che viene ripetuta regolarmente, la strofa invece è una lenta lista di parole pronunciate con un growl molto lento e gutturale; l'effetto è molto brutale. Le influenze Rock si avvertono in quei piccoli punti in cui gli accordi rimangono aperti, il momento più animalesco è la terza variazione che prevede un tribale malefico e degli accordi al limite del Doom sui quali il growl imponente continua a macinare parole. Un pezzo ultrabasso, aggressione che avviene con parti ripetitive ma devastanti, ottimo lavoro della batteria sul doppio pedale messo in bella mostra. Il pezzo è breve, non raggiunge i tre minuti, a parte qualche piccola variazione consiste nella ripetizione del ritornello; rimane il problema della poca fantasia ma con questo pezzo viene superato dall'assalto monolitico che non fa sentire tanto la mancanza di varietà.

Sick and Twisted

E' la volta di "Sick and Twisted" (Malato e contorto), che - come ricordato in introduzione - vede la partecipazione vocale di Karyn Crisis. Accordi che prendono più sfumature Rock del solito, toni più alti e meno distorsione, i cantanti duettano immediatamente in un urlo iniziale, poi la voce di Barnes in un growl basso ma non eccessivamente gutturale; il pezzo rallenta e si sente la voce di Crisis che è a metà tra un sussurrato ed uno scream, che diventerà poco dopo uno scream vero e proprio duettando con la voce di lui. Tempi molto lenti, batteria che scandisce il tempo sul ride, la chitarra che scorre inesorabile e lenta, le voci riprendono la melodia della chitarra. Il basso, anch'esso lento, esegue le note fondamentali. Tutto scorre molto lentamente e le parti si ripetono identiche per due volte di fila, poi una variazione strumentale vede l'inizio di un tribale sul quale si inserisce la voce di Crisis che inizia a cantare col proprio stile acido, molto riconoscibile, che utilizza nel Nu Metal del proprio gruppo d'origine. Poi il ritornello, growl e scream si fondono con cattiveria inaudita e poi un'altra parte esclusivamente femminile: ritmata e quasi rappata, ancora un altro ritornello fatto di ritmi serrati e violenza. Si riprende con la strofa iniziale, un Brutal lento influenzato dal Rock, altro duetto tra le voci che ripete la parte iniziale, variazione di tono e poi il pezzo volge alla conclusione con un finale rallentato e prolungato. La prestazione vocale è molto interessante, forse ripetitiva: la mia opinione è che i due abbiano registrato delle parti che poi sono state stirate in fase di missaggio per trarre un pezzo più lungo: col risultato che ci sono parti che si ripetono per tre o quattro volte invariate? cosa che potrebbe ammorbare non poco l'ascoltatore, senza contare che la parte strumentale di questo pezzo lascia a desiderare. I momenti migliori sono quelli in cui Crisis usa il proprio stile personale, il resto sa un po' troppo di banale e frettoloso. Il testo, nemmeno a dirlo, riprende il solito tema dei tanti modi di uccidere, che il protagonista vorrebbe sperimentare tutti: un coltello su per il culo, un fucile a pompa in bocca, il taglio ai polsi, il cappio attorno al collo? In una lenta vivisezione gli organi interni vengono rimossi da una cassa toracica svuotata, poi la testa viene spaccata, morte cerebrale ed occhi sbarrati. Poi viene lanciata una sfida a combattere, in cui lo sfidante si propone come nuova vittima a patto che lo si riesca a battere, ostenta sicurezza e non vede l'ora di menare le mani in un duello mortale. Il sapore del sangue e della sofferenza in un combattimento malato e contorto. Mentre nel pezzo con Ice-T si era notata l'attitudine gangstah, in questo caso emerge l'attitudine battagliera e sfacciata di Crisis, che provoca l'avversario godendo perfino della propria stessa sofferenza durante lo scontro.

Cadaver Mutilator

Siamo al penultimo pezzo, "Cadaver Mutilator" (Mutilatore di cadaveri), inizia andando subito al dunque con una strofa cantata fatta di riff cattivi e taglienti, lo stile è ancora brutale e si ravviva con la continuazione che diventa un riff a plettrata alternata con rullante che sbatte furiosamente. Voce molto gutturale, lo stile si avvicina ai lavori dei Cannibal Corpse, c'è velocità ed il groove emerge con delle cantilene melodiche della chitarra, pezzo coinvolgente e veloce, una ventata d'aria fresca che porta nuovi spunti interessanti. Le parti cambiano e si avvicendano velocemente, i riff si trasformano e variano con più frequenza rispetto a quanto avveniva con gli altri pezzi. Ritmo, chitarre serrate e stoppate, lo stile si avvicina tremendamente a quello di "The Day the Dead Walked", alcuni riff sembrano usciti proprio da quel pezzo. Nella seconda parte la somiglianza si fa ancora più evidente, parte a ritmi serrati, assalto veloce ed instancabile fatto di chitarra incisiva e growl massiccio, la seconda variazione è un riff che questa volta è quasi identico ad uno del pezzo, somiglianza che emerge nonostante la parte cantata sia diversa. Altro sintomo di carenza di idee, altro pezzo brevissimo. Il testo, piuttosto lungo, racconta di questo mutilatore di cadaveri che ama la carne, lacerarla, farla a pezzettini fino a rendere irriconoscibile il cadavere che non potrà essere più ricomposto e trovato. Il vomito che esce dalla bocca di un corpo malato, piscio e merda che scivolano giù per le gambe della vittima che muore assaggiando il marcio della vita umana, che respira il puzzo del sangue decomposto. Poi il malato sadico riassembla le membra delle vittime mischiandole tra loro, la gamba di uno ed il braccio di un altro, per ricavarne delle macabre creature; dall'ultima vittima estrae i genitali. Piedi e gambe di diversi corpi vengono assemblate assieme, vengono tagliate delle braccia che poi vengono infilate nelle vagine, il naso viene cucito su una gamba, le labbra le userà per masturbarsi. Ucciderà la prossima persona che vede, poi lo congelerà per poterlo smantellare e riattaccare la testa ad un altro collo in un macabro gioco di costruzioni.

Necrosociety

Arriviamo all'ultimo pezzo, "Necrosociety" (Necrosocietà), che già dal titolo lascia intuire che i temi potrebbero essere a rilevanza sociale, in realtà non è così - a meno che non si cerchi di forzare troppo la mano con l'interpretazione metaforica - e si parla brevemente dell'intenzione del protagonista di avvelenare la popolazione. Questo assassinio che si vuole pianificare è un colpo grosso: il pazzo vuole distruggere l'intero pianeta proclamandosi la Fredda Mano della Morte. L'infezione cui fa riferimento è quella che trasforma gli uomini in zombie, dei succhiasangue senza cervello ossessionati dalla carne, poi li ucciderà col proprio coltello eliminandoli tutti dal primo all'ultimo; infine, il folle disegno, prevede che quando non sarà rimasto più nessuno da uccidere allora ucciderà se stesso, avendo compiuto il proprio scopo. Forse un po' banale come tema. Il pezzo inizia in uno stile che unisce sia le influenze Rock sia quelle Doom, accordi molto lenti e poi un growl molto gutturale, il pezzo si presenta con incedere maestoso, poi prende ritmo e diventa come tutti gli altri: chitarre ritmate, rullante lento, growl incalzante. Si riprende con la parte lenta, i piatti si fanno sentire in diverse sfumature, il growl continua ad essere grave e pastoso. Si ripete la stessa struttura già descritta, la fantasia non è di certo un elemento predominante in questo lavoro. Poi una parte in cui il batterista dà luogo ad un ritmo bellico e tribale coi tom, che poi porta ad una variazione chitarristica, pezzo all'insegna della semplicità e del groove, in questo caso il riff funziona bene e riesce ad essere imponente, almeno si distingue da quelli già sentiti negli altri pezzi. Ogni parte viene ripetuta e stirata fino allo stremo, l'ultimo riff continua a sfumare nel finale per lungo tempo.

Conclusioni

In definitiva abbiamo ascoltato un album non solo breve, nella durata complessiva, ma formato da tanti pezzi messi assieme grazie alla ripetizione ammorbante di pochissimi riff, che in alcuni casi sono anche oltraggiosamente simili da un pezzo all'altro. Quello che ne esce fuori è un album di undici brani formati con materiale col quale se ne potrebbe comporre onestamente massimo cinque! Quando si allunga il brodo perde gusto: dilungare i tempi di un riff fa calare l'attenzione, ripetere la stessa struttura invariata per tante volte fa annoiare. Non c'è dubbio: i Six Feet Under non hanno perso lo smalto, le parti sono bene eseguite tecnicamente, alcune idee sono anche molto coinvolgenti e funzionano; però in tutto l'album è costante l'elemento riciclo ed allungamento dello stesso brodo. Complice anche il fatto di voler tirare fuori un album all'anno, nonostante i tantissimi impegni live, questo album è un'occasione sprecata e sembra essere uscito fuori giusto per portare qualcosa ai concerti. Nonostante Barnes abbia più volte dichiarato di aver preso le distanze dalle tematiche splatter è il caso di notare che in questo album si parla solo di questo, molto più che negli altri oltretutto; col tempo si nota che le tematiche horror vengono meno in favore del vecchio stile di Barnes che riemerge. Il gruppo ne esce fiacco, il lavoro sembra essere stato frettoloso anche in fase di missaggio, le collaborazioni con gli ospiti alla voce rappresentano un ottimo elemento che, seppure non esente da problemi, offre un pizzico di varietà durante l'ascolto grazie al fatto che gli ospiti ci mettono del loro. In definitiva "True Carnage" è un album fatto di fretta: la composizione è scarna e si basa su poche idee stirate al massimo, tutta la tracklist è un disperato tentativo di guadagnare minuti, il missaggio non è niente di che (specie per la Metal Blade?). La valutazione finale non poteva essere negativa: i musicisti sono bravi e la voce di Barnes, da sola, riesce a fare meraviglie ed è bene eseguita; l'album presenta anche alcuni elementi positivi (specie nei primi brani) per cui è pur sempre un buon ascolto.

1) Impulse to Disembowel
2) The Day the Dead Walked
3) It Never Dies
4) The Murderers
5) Waiting for Decay
6) One Bullet Left
7) Knife, Gun, Axe
8) Snakes
9) Sick and Twisted
10) Cadaver Mutilator
11) Necrosociety
correlati