SIX FEET UNDER

Maximum Violence

1999 - Metal Blade Records

A CURA DI
PAOLO FERRANTE
12/06/2015
TEMPO DI LETTURA:
9,5

Introduzione recensione

A distanza di due anni dal precedente "Warpath" i Six Feet Under rilasciano un nuovo lavoro: "Maximum Violence" pubblicato nel 1999 dalla Metal Blade Records. Con questo album la band prende una direzione abbastanza diversa da quella precedentemente tracciata, in effetti col primo album il gruppo sembrava voler puntare tutto sul groove a scapito della velocità, nel secondo album invece si lascia spazio anche alla velocità senza sacrificare troppo il groove; eppure si può parlare pur sempre di un Groove Death Metal con influenze Rock più o meno evidenti, caratterizzato dalla voce cupa e marcia di Barnes che nel secondo album, a dire il vero, si è mostrata anche parzialmente melodica. Con questo terzo album si cambia via e si opta per delle sonorità che, per certi versi, si avvicinano di più a quanto fatto coi Cannibal Corpse, o comunque a quello che è il Death Metal più canonico. Tornando indietro nel tempo - lo ricorderanno i lettori che hanno approfondito la recensione del primo album che contiene una presentazione più dettagliata dei trascorsi e background artistici dei singoli membri - si comprende che questo stile e sound deriva da un'intuizione di Allen West, che aveva fatto ascoltare a Chris Barnes (quando questi era ancora nei Cannibal Corpse) una cassetta con dei riff, che poi i due hanno deciso di approfondire a titolo di passatempo che, almeno per Barnes, poi è diventato un'occupazione a tempo pieno vista la controversa dipartita dai Cannibal Corpse. Questa precisazione è necessaria perché è proprio da questo album in poi che Allen West non farà più parte dei Six Feet Under, verrà sostituito da Steve Swanson che continuerà ad essere il chitarrista della band fino ad oggi; assieme ad esso gli altri membri storici della band: Terry Butler al basso e Greg Gall alla batteria. La copertina stessa dell'album parla chiaro in merito a ciò che possiamo aspettarci come tematiche, ma anche come approccio musicale, infatti la copertina ritrae un qualche cupo laboratorio in cui si vede dall'alto il volto di un cadavere con un'incisione alla calotta cranica che espone il cervello che riporta un qualcosa che sembrerebbe un tatuaggio che rappresenta il numero "6" con lo stile caratteristico della band. Il volto zombie è reso in modo tridimensionale, realizzato accuratamente, non si tratta dei disegni che invece si potevano trovare nelle copertine dei Cannibal Corpse, la copertina rispecchia sì una volontà di trattare tematiche sanguinolente, ma con una particolare attenzione per il macabro e l'horror. In definitiva la copertina stessa è già abbastanza eloquente nel significare quale approccio intende adottare il gruppo con questo terzo lavoro, un po' un ritorno alle origini per Barnes, forse anche dovuto al fatto che il nuovo chitarrista non ha potuto (o voluto) imprimere la propria personalità in modo marcato ma ha piuttosto seguito uno stile del gruppo fortemente dipendente dal carisma di Barnes.

Feasting on the Blood of the Insane

Iniziamo l'ascolto con "Feasting on the Blood of the Insane" (Banchettando col sangue del pazzo), inizio lento e cadenzato, quasi da Death/Doom Metal specie perché poco dopo dell'inizio si sente una voce bassa e pulita che pronuncia delle frasi in modo solenne, tipico del Doom, ma anche horror; poi lo scream di Barnes, marcio come quelli dell'epoca Cannibal Corpse, parti chitarristiche lente, pesanti e massicce, poi uno stacco di batteria ed il pezzo prende vita diventando molto ritmato, il riffing di chitarra riprende lo stile di West però il sound è più cupo, tipicamente Death Metal, se non proprio Brutal. Ecco che si fa sentire il Growl di Barnes, lo stile è più brutale e l'approccio melodico è lontano, questo è un toccasana tecnico perché non fa sgolare il cantante che può dare il massimo ritmicamente e sfruttare la propria voce gutturale: l'effetto devastante è merito della particolare velocità che Barnes riesce a dare alla voce, nonostante le parti abbiano un timbro molto gutturale. I volumi degli strumenti non penalizzano nessuno in favore di altri: la chitarra è più cupa, sì, però non fa ad invadere il territorio del basso che anzi è una presenza che avvolge l'intero sound. A metà brano il pezzo accelera di ritmo con una parte massiccia e monolitica, la voce si fa più pressante pur mantenendosi gutturale, dando l'impressione di voler approdare al Brutal, poi un coro growl e scream che oltre alla brutalità lascia intendere anche delle implicazioni horror. Il pezzo funziona molto bene, trascina, poi una parte molto lenta, quella dell'intro, si ripete lasciando spazio al lavoro della chitarra che si esprime tremando. Si ripete la parte iniziale con rinnovata cattiveria, la parte è veloce e sembra cantata rappando, Barnes è indubbiamente l'attrazione principale ma non bisogna dimenticare l'importante contributo degli strumentisti che ne risaltano le doti con una base precisa e solida. Nella parte finale ancora una volta l'intro, con dei versi inquietanti e poi una risata. Che dire? Barnes questa volta è perfettamente nel suo territorio, nessuna melodia che lo fa sgolare e si concentra solo nell'essere incisivo con una parte veloce e gutturale. Nella parte iniziale del testo si descrive un essere che si aggira nell'oscurità della notte alla ricerca di disgraziati stupidi, per bere il loro sangue e banchettare della loro carne. Questo primo passaggio ci porta alla mente la figura del vampiro così come descritto nel best seller di Anne Rice, Intervista col Vampiro (1976), nella fattispecie Luis che sceglie di selezionare le proprie vittime scegliendo gli uomini cattivi, non le brave persone, in modo da mantenere una certa umanità nella propria coscienza. Ma Barnes non vuole parlare di vampiri, non completamente semmai, si riferisce chiaramente ad uno zombie che però mantiene un certo controllo ed intelligenza: questo perché si aggira, uccide e non viene mai scoperto, si accanisce specialmente sugli stupidi ed i malati di mente, ma non disdegna i "cattivi" in generale. Per controllare la propria sofferenza questo essere avido si concentra sul proprio desiderio di sangue, sull'affondare i denti nella carne ancora calda di qualche vittima appena strangolata, spruzzi di sangue e la frenesia dell'avere un'altra dose di questa che ormai è una droga. Odio e dolore, paura e sofferenza, sono tutti sentimenti che concorrono a spingere questo non-morto ad aggredire i disgraziati e la feccia della società per poter trarre il proprio sostentamento e soddisfare la propria sete patologica. Se in questo caso possiamo trovare delle piccole differenze con quanto fatto per i Cannibal Corpse, il successivo testo non avrà neanche queste.

Bonesaw

"Bonesaw" (Segaossa) è totalmente splatter come testo infatti, sono lontane anni luce le tematiche sociali del secondo album: in questo testo si descrivono corpi con arti amputati, teste spaccate, toraci risucchiati dei liquidi e vari lembi di cadaveri putrefatti. Ad accompagnare questo scempio la fedele segaossa, strumento per eccellenza col quale compiere queste amputazioni su corpi ancora vivi che si contorcono ed annaspano alla ricerca del fiato mentre l'implacabile strumento lacera la carne ed inizia ad incidere l'osso per averne la meglio poco dopo, mentre la vittima non può far altro che sanguinare mentre le proprie parti vengono rimosse. I monconi mostrano la cartilagine esposta, c'è un puzzo di marcio e decomposizione che permea l'aria. La parte del ritornello ha un testo in cui il sadico torturatore chiede che gli venga passata la segaossa per compiere la propria opera, ripetendosi la strofa c'è una piccola variazione in cui precisa che la vittima viene bendata così da impedirgli perfino quel minimo sfogo che può avere gridando, mentre viene lasciato vivo in modo da poter assistere alla rimozione dei propri arti che gli vengono staccati uno alla volta con precisione chirurgica: una vera e propria vivisezione che comporta l'asportazione degli organi dai meno vitali ai più vitali in modo da prolungare il più possibile l'agonia del malcapitato che è stato sottoposto al supplizio. Un testo del genere fa presagire certo ad un pezzo brutale, l'inizio è lento e monolitico, accelera poco dopo portando dei tempi veloci che ricordano i Cannibal Corpse, siamo chiaramente nel Brutal Death Metal: chitarra veloce in plettrata alternata, batteria con rullante spinto ed insistente, basso pulsante ad alta velocità. Il growl è anche più gutturale del pezzo precedente, il ritornello (in cui chiede che gli venga passata la segaossa), consiste in una parte rallentata in cui emerge il groove che contraddistingue la band, ma in chiave pur sempre Brutal. Una bella soddisfazione ascoltare questo pezzo, specie nelle parti veloci è travolgente, una segaossa appunto: variazioni altrettanto malate che non lasciano scampo ed affondano nella nostra carne. Un ottimo risultato: le stesse parti si ripetono velocemente, la struttura rimane sempre la stessa, un pezzo che non stanca. Superata da poco la metà c'è una parte strumentale in cui la chitarra viene momentaneamente lasciata sola in una parte più groovy, che poi continua con la partecipazione di tutti gli altri strumenti: si tratta pur sempre dei Six Feet Under e quindi la voce interviene rappando ed abbandonando momentaneamente l'approccio totalmente Brutal; poi un assolo in stile Slayer o Brutal. Ancora il ritornello, che si avvale anche di un coro, risultato sorprendentemente piacevole: un pezzo che non lascia il tempo di respirare.

Victim of the Paranoid

"Victim of the Paranoid" (Vittima del paranoico) mantiene lo stesso approccio, una partenza bella tirata e carica che permette anche al basso di sfogare tutta la brutalità repressa con un giro bestiale, la voce ha un tono più alto ma rimane sempre animalesca: parte alta e poi progressivamente approda verso lidi più gutturali, però varia ancora durante il pezzo. E' davvero difficile ed improbabile che un cantante sappia variare così tanto, specie nel canto così estremo. Lo stile di canto si differenzia dagli altri pezzi, eppure rimane coerente con la struttura del pezzo, c'è ancora tanto groove nonostante la velocità, i Six Feet Under hanno trovato una formula per rendere le cadenze ritmiche approfittando degli accenti espressivi e non necessariamente dei tempi lenti (che pur ci sono). Il basso è in risalto, come detto, la chitarra si mantiene veloce ed offre alcune variazioni, la batteria è veloce specie sulla doppia cassa che interviene a tratti per mantenere comunque il ritmo molto predominante. Una variazione della strofa, appena superata la seconda metà del pezzo, e gli strumenti e la voce portano la stessa strofa ad una tonalità più alta; ancora una volta la voce è perfettamente all'altezza, in questo caso si intuisce una melodia che rimane statica e segue la fondamentale dell'accordo senza spingersi oltre, poi una parte in scream. Il pezzo acchiappa e coinvolge molto, il groove è tutto speso in funzione della brutalità, si ripete il ritornello e poi una parte in cui la batteria prende velocità, altra strofa, il pezzo scorre con ferocia ed il finale ha un ritmo quasi tribale sui tom. Il protagonista di questo testo non ce la fa più a nascondersi da se stesso, è un altro P.O.W. (sigla che sta ad indicare il Prisoner Of War, prigioniero di guerra), che è stato messo in cura già da venti anni, si abbandona e non pensa di riuscire a resistere un giorno di più nella propria condizione: vuole essere libero. Afferma di non essere un criminale, di non meritare l'odio, non meritare di essere messo via e rinchiuso, vittima del paranoico. In questo caso si può pensare che ad essere paranoico sia lo Stato, che rinchiude questo prigioniero di guerra affetto da turbe mentali dovute a ciò che ha subìto. Covando rancore per chi lo tiene rinchiuso e per le leggi fasciste che permettono questo sopruso vorrebbe uccidere tutti coloro i quali sono responsabili della sua prigionia. Il testo potrebbe parlare sia della prigionia di un soldato U.S.A. in mano dei nazisti, ma potrebbe essere anche una metafora per indicare i prigionieri in generale che vengono tenuti dentro solo come conseguenza della paranoia dei governanti; una lettura del testo che tenga conto di quanto espresso nel precedente album - proprio in "Caged and Disgraced" - in cui il riferimento all'uso della cannabis era più evidente. Il testo si conclude riflettendo su come sia possibile che siano tutti ciechi e che un'altra mente è stata chiusa dentro a chiave.

Short Cut to Hell

Il quarto pezzo è "Short Cut to Hell" (Scorciatoia per l'inferno), inizio dannatamente cadenzato, basso in prima vista, toni ultra bassi e gutturali anche per la voce, il groove è palpabile e la chitarra fa un ottimo lavoro. Pezzo che si distingue dagli altri, che presenta un tipo di groove diverso, con scelte ritmiche diverse: fa piacere tutta questa varietà finora riscontrata. Si tratta di riff bassi, cadenzati e stoppati all'occorrenza; con un basso possente che valorizza tutto, la batteria fa la propria parte senza strafare per permettere una più facile lettura del ritmo. Nella parte centrale il pezzo si mantiene lento ma prende una piega Brutal, la voce resta ancora gutturale e dialoga alternandosi con la chitarra che si lancia in variazioni melodiche, una parte molto bella che costringe all'headbanging, continua e si evolve in modo brutale fino ad arrivare ad un finto finale, le dita scorrono sul manico del basso ed inizia una nuova parte, ancora più massiccia ed implacabile, un carro armato, altri riff stoppati, un basso che macina note con corde libere che oscillano in abbondanza; si riprende una parte più andante. Il pezzo si conclude e lascia davvero molto soddisfatti: ottiene il risultato di essere tremendamente gutturale, indubbiamente brutale eppure mantiene il groove che contraddistingue il gruppo, anche questo pezzo è un centro perfetto: non annoia mai ed ha il pregio di proporre un genere così brutale in un modo che possa essere apprezzato anche dai non cultori del genere, perché ha un'efficacia quasi trasversale (se non fosse per la voce che per molti risulta poco tollerabile, e non sanno che si perdono). Il testo non è dei migliori invece, rimane sempre molto vago nei riferimenti all'inferno ed al richiamo da "quello che sta giù". Si parla di fiamme e del giorno in cui tornerà all'inferno, con l'anima nera, l'anima libera; uno scenario di oscurità e notte eterna che alberga dentro di lui. Infinita morte e dolore, crudeltà, oscurità, nessuno scampo per coloro che odia. E' un testo che ha tutti i tratti e lo stile del Black Metal, non è la prima volta che si vede qualcosa del genere nei Six Feet Under, mi riferisco a "Beneath a Black Sky" dell'album d'esordio, ed anche in quel caso il testo scontava le stesse problematiche: non si tratta di avere dei paletti tematici imposti dai generi, si tratta che - non nego che possa esserci la complicità della tradizione che lega certe tematiche al Black piuttosto che al Brutal - non sembra funzionare per due ordini di ragioni: tutti gli altri testi, anche in questo caso, hanno tematiche diverse da questa e, specialmente, Barnes non è molto convincente in questo tipo di temi col risultato di risultare banale per chiunque abbia familiarità col Black Metal ed abbia avuto modo di leggere testi che trattano gli stessi temi decisamente meglio.

No Warning Shot

Il testo di "No Warning Shot" (Nessun colpo di avvertimento) è l'esempio di uno stile diverso che funziona: pieno di quel linguaggio colorito tipico del Barnes di tutti i giorni, il pezzo racconta di un modo di vivere che segna la fine di tutte le leggi. Il colpevole viene condannato e punito sul posto, quattro proiettili esplodono dalla pistola ed un altro corpo cade a terra; il protagonista si rivolge al colpevole dicendogli di morire, che gli piazzerà un proiettile in mezzo agli occhi, il quinto proiettile raggiunge il collo del malcapitato che non è una minaccia, ma una malattia della società e come tale va eradicato senza pietà e ripensamenti. Un corpo morto, altra scena del crimine con dei segni di gesso ad indicare la posizione del cadavere. Una parte più violenta del testo racconta di come ponga una pistola al lato della testa della vittima, per poi premere il grilletto: la polvere da sparo brucia la pelle adiacente nell'esplosione del colpo, un foto nell'osso cranico e la materia cerebrale che implode. Questa vittima non era altro che un'altra vita che pensavano di controllare, un maiale morto con qualche buco extra, e farebbero meglio a pensarci bene prima che lui uccida di nuovo, perché quando i proiettili volano per aria non sopravvivranno. E' il passaggio successivo che ci fa capire a chi sia indirizzato questo odio (chi ha familiarità con l'artista lo avrà già immaginato): "Protect and serve yourself / Dug your own grave, now rot" (Proteggete e servite voi stessi / avete scavato la vostra stessa fossa, adesso marcite); "to protect and to serve" è il motto della polizia di Los Angeles, poi adottato da molti altri corpi di polizia e comunque una frase che identifica in maniera inequivocabile le forze dell'ordine generalmente intese. Questo particolare ci dà una spiegazione che, oltre che fornire una chiave di lettura per il presente testo, corrobora ulteriormente (semmai ce ne fosse stato bisogno) quanto già esposto riguardo all'interpretazione di "Victim of the Paranoid". Questo genere di testo potrebbe annoverarsi tra quelli a tematiche sociali, però presenta una certa violenza che ha molto poco di sociale, se non forse un sentimento di protesta che si rappresenta in modo piuttosto esplicito. Musicalmente inizia con plettrata alternata veloce, uno scream e poi un growl urlati, poi la batteria si fa martellante col rullante dando molto ritmo al pezzo che rimane andante ed inarrestabile; ancora una volta un brano musicalmente diverso dagli altri, con sfumature nuove: mi riferisco alla seconda parte della strofa in cui growl ed un malvagio scream acuto e stridulo si alternano velocemente, è un botta e risposta frenetico che non lascia respiro. La voce è brutale in modo assurdo, odio e brutalità inaudita, la chitarra fa un ottimo lavoro, finalmente batteria e basso con questo album possono emergere e non risultano monotoni o piatti. Le parti si avvicendano in modo feroce, a metà pezzo la perla: il pezzo diventa Brutal, con una chitarra tritatutto ed il growl che adotta un approccio tipico del genere, mentre in sottofondo si sente il rumore di una raffica di proiettili che esplodono dalla canna della pistola in rapida successione, una parte che ispira indicibile aggressività omicida. Il rullante è una mazzata bestiale, le chitarre finiscono il riff con un passaggio melodico, poi ecco che arriva un assolo in stile Brutal, bello distorto, maligno, acuto e pieno di fischi; poi una parte vagamente Thrash che subito prende groove e si tramuta nella seconda parte della strofa. Sul finale la chitarra duetta con la voce, la batteria si sposta sui tom e quando c'è la voce la chitarra ed il basso si zittiscono, brutalità in abbondanza.

War Machine

Il sesto pezzo è "War Machine" (Macchina da Guerra), cover dei Kiss, è la riproposizione del noto brano in chiave più aggressiva e con dei suoni più pesanti, specie il growl di Barnes che si mantiene basso e riesce a stare al top nelle tonalità più gravi però sconta sempre gli stessi problemi quando cerca di essere più melodico e spostarsi sulle tonalità medie. Le stoppate ed il groove sono la linfa vitale del pezzo che non poteva che essere bello, essendo la cover di un pezzo strepitoso; si nota molto la differenza di stile con gli altri pezzi che compongono l'album ma, inserito in posizione centrale della tracklist, svolge una gradita funziona di spartiacque offrendo un esempio discografico di ciò che fa la band dal vivo: proporre cover di pezzi famosi nel Hard'n'Heavy suonate in chiave Death Metal e con particolare attenzione ad accentuare il groove. Il riffing è scevro di abbellimenti e tecnicismi fini a se stessi: semplice e diretto in stile old school. L'immediatezza del pezzo originale, adattata alle esigenze ed allo stile dei Six Feet Under, dà alla luce un pezzo che pur rimanendo riconoscibile si presenta in una veste completamente diversa: che l'intento sia quello di "svecchiare" dei classici (non ce ne sarebbe bisogno visto che stanno bene così come sono) o semplicemente quello di dargli una nuova gloria (non si farà mai abbastanza), fatto sta che l'operazione riesce bene ed il pezzo riesce nello scopo di intrattenere. C'è spazio per l'assolo e la parte strumentale che ne consegue, il pezzo viene proposto abbastanza fedelmente, riceve solo un sound molto robusto, pieno di bassi e pesante; poi c'è anche la voce di Barnes che stravolge totalmente il pezzo facendolo diventare tutt'altro. Il testo, si sa, è scritto in prima persona e descrive una persona che si sente come se fosse una macchina da guerra, voglia di stravolgere le carte in tavola e mordere la mano che ci dà da mangiare, liberare i demoni e vederli volare, colpire chi governa, vendicare la razza umana. Questa macchina da guerra ce l'ha con tutti: vuole prendere il potere, disporre le file per la battaglia mentre l'armageddon arriverà a momenti, estirpare la voce della ragione e far volare le frecce. Insomma questo testo si pone in linea con quello spirito di violenza e ribellione, forse anche fine a se stessa, che permea questo album. Il testo in realtà è breve e si ripete moltissime volte, così come nella tradizione dell'epoca. Il brano anticipa il senso di ciò che ascolteremo col prossimo album del gruppo.

Mass Murder Rampage

E' la volta di "Mass Murder Rampage" (Furia omicida di massa), l'inizio presenta una chitarra solitaria che riceve subito i rinforzi, poi voci si sovrappongono in modo violento, inseguendosi in parti gutturali e ritmate. Ancora una volta si può sentire come il gruppo sia creativo, i maliziosi potrebbero iniziare a pensare che questo sia dovuto all'uscita di Allen West, o perlomeno al fatto che questi era comunque troppo preso dagli Obituary per dedicarsi bene ai Six Feet Under; in ogni caso, senza prendere posizione in merito, si osserva semplicemente che il gruppo, nel complesso, è cresciuto molto con questo album e non esistono più i problemi precedenti, legati a fretta o poca creatività. Tempi lenti ma colpi possenti sul rullante scandiscono lo scorrere delle note, basse, che accompagnano la voce gutturale di Barnes che inserisce anche scream acuti. La particolarità sta anche nell'aver doppiato la parte in growl aggiungendo in sottofondo anche una parte in voce pulita, eseguita come parlando. Dopo della metà del pezzo, quando la struttura si ripete nuovamente, c'è una parte strumentale introdotta da rullate veloci ed una chitarra che prende velocità staccandosi dal resto degli strumenti, poi resta da sola e batteria e basso fanno delle brevi quanto efficaci comparse. Poi si passa a tempi più veloci, riprende la strofa e la batteria prende più velocità nel blast beat che comunque non sovrasta il rullante, ecco che un assolo fischiante fa il suo ingresso, si evolve prendendosi tutto il tempo necessario perché c'è una seconda chitarra che si occupa del ritmo, variazione della strofa e finale secco portano a conclusione il pezzo. E' un pezzo breve, poco più di tre minuti, come del resto anche gli altri. Il testo torna a trattare tematiche splatter e brutali, un assassino che uccide per creare di nuovo, dando nuova "vita" ai corpi rendendoli oggetto delle proprie perverse attenzioni, una carneficina che non si è mai fermata; corpi pestati a morte, o lasciati morire per soffocamento, o semplicemente di fame, per poi iniziare il vero lavoro. Su questi corpi morti, ammorbiditi dai numerosi colpi ricevuti quando erano ancora in vita, è facile praticare dei fori e tagli, alcune parti sono smembrate e decomposte. Grumi tritati di sangue, arterie zampillanti, carne bluastra ricolma di pus, mentre con un coltello il carnefice taglia e torce lembi ed intacca le ossa che li tengono assieme, finché le larve non infesteranno questo corpo. Il testo si conclude col protagonista che dichiara il suo amore per l'omicidio, rivendicando la sua opera senza ombra di pentimento, la rimozione degli organi ed il dolore che si infligge con queste pratiche, la minaccia di continuare ancora con queste uccisioni e con la conseguente dissacrazione dei cadaveri picchiati a morte. Un testo che funziona molto bene, convince perché come riesce a renderle Barnes certe cose, solo pochi riescono!

Brainwashed

Il testo del successivo "Brainwashed" (Col cervello lavato), non è così ricco di particolari truculenti, eppure c'è un approccio vagamente horror nel dire che morirai e non ci sarà amore, nessuna luce a guidarti nella notte buia. Solo grida e vuoto, nessuna vita oltre la tomba, solo dolore. Spiega che la prospettiva di una vita ultraterrena dopo la morte è unicamente frutto di bugie e fantasie che sono state tramandate negli anni, perché non vogliono ammettere la verità: il fatto che oltre la vita non c'è niente, solo dolore e sofferenza. La malattia della vita continua e ci sono persone che muoiono ancor prima del decesso biologico, perché semplicemente hanno paura di vivere e non di morire. Persone che hanno subìto il lavaggio del cervello, che vivono ciechi, predicano le loro bugie ma stanno solo marcendo, insomma persone che vivono nella prospettiva della morte, proiettati già verso quella fase col risultato di trascurare tutto quello che è proprio della vita. Il testo è breve così come la musica, inizia già nel vivo con plettrata veloce e batteria che insiste sul rullante, poi si rallenta per qualche giro e riprende nuovamente a piena velocità, la struttura si ripete. Il growl è sempre gutturale, non particolarmente ritmato, anzi quasi lineare, poi segue una parte decisamente Funeral Doom, con degli accordi aperti e lentissimi, sui quali c'è un growl bassissimo e lungo, siamo all'ottavo pezzo e ci sono ancora idee e soluzioni diverse nel songwriting! I tempi lentissimi e strascicati valorizzano l'operato di Barnes, che si sbizzarrisce con parti vocali sempre diverse passando per scream ed altri growl più veloci, poi delle stoppate di basso inaugurano una nuova fase del pezzo che prende velocità, poi ritorna alla strofa iniziale. Pezzo ben congeniato, non c'è che dire, è breve perché non raggiunge neanche i tre minuti, eppure si fa apprezzare perché non ci sono riempitivi ed è tutta sostanza: ci sono cambi di tempo e di stile, le parti vengono ripetute, sì, però non più di quanto avviene in qualsiasi brano, insomma sono lontani i pezzi di altri album che mancavano di originalità in cui due riff diventavano quattro minuti di pezzo.

Torture Killer

Arriviamo al nono brano, "Torture Killer" (Killer tortura) dal quale trae il nome l'omonima band che nasce per fare cover dei Six Feet Under e poi inizia a fare pezzi propri, prometto di approfondire la cosa a tempo debito in un'altra recensione che si inserirà nel corretto contesto temporale. Fischio di chitarra e stoppate di basso iniziano il pezzo, la batteria è lenta e cadenzata, sembra di sentire un pezzo del primo album, eppure qualitativamente siamo molto sopra, un growl grave e sfiatato che dà l'idea di putrido, fa un ottimo lavoro nel cantare con ritmi a volte andanti altri stoppati. Il riffing, come anticipato, è molto semplice e basilare ma centra il bersaglio perché permette al pezzo di essere goduto proprio per questo, alla semplicità viene associata una buona fantasia e quindi le parti si alternano ad arte in modo da permettere cambi di tempo. Anche questo è un pezzo breve come il precedente, si differenzia per lo stile ma anche per il fatto che - superata la metà pezzo - salta fuori un assolo in stile Brutal, lento e tremolante, imponente, poi si ripete il ritornello e la strofa, pesanti e cadenzati, la voce è un capolavoro gutturale, una caverna che rimbomba del ruggito di una bestia mostruosa. Il testo riprende l'immaginario splatter con questo killer sadico che tortura le proprie vittime, che scava nella carne fino all'osso, che uccide tutto quello che può, che strapperà tutto il corpo e fotterà tutti i buchi che farà nel cadavere. Un assassino che violenta i morti, distrugge pelle e carne, spacca le ossa e schianta la calotta cranica, morti mutilati, pile di morti decomposti brutalizzati? i resti della necrofilia perversa e sadica. Il testo si ripete una seconda volta. Altro pezzo breve insomma, è positivo il fatto che non è stato riempito o allungato, il testo è altrettanto breve, sempre nello stile di Barnes e ci confeziona un pezzo onesto.

This Graveyard Earth

Il penultimo brano adesso, "This Graveyard Earth" (Questa Terra cimitero), inizio lento e vagamente Rock questa volta, la voce è sempre gutturale ed accenna parti melodiche, batteria basilare, il basso si sente pulsare distorto nelle parti cadenzate del riff, breve parte rallentata e poi si ripete la strofa; anche in questo caso c'è molto groove e la strofa non appare molto simile alle altre, rimane creatività, nonostante le influenze Rock il sound resta pesante, la voce non incontra particolari difficoltà perché le melodie sono solamente accennate. Si opta specialmente per gli accordi aperti e poi stoppati, niente plettrata alternata in questo caso, non c'è la velocità spinta dei primi pezzi dell'album e quindi questo pezzo sembra quasi come se fosse uscito dalle sessioni del precedente album ma rimaneggiato in modo da potersi inserire bene in questo. Nella seconda metà del pezzo c'è spazio per un assolo di chitarra, inizia melodico, vorticoso, veloce, in stile decisamente Rock e si concentra sull'aspetto melodico, c'è poca distorsione; poi è la volta della strofa che torna in ballo, è sempre un riff lento, cadenzato e possente, un pezzo forse non molto ispirato come gli altri, eppure abbastanza efficace e capace ci tenere alta l'attenzione. La durata non è ridotta, come nei precedenti, però forse ci sono meno idee in questo caso, eppure ci può stare un pezzo più lento e monotono, considerato il livello generale. Il testo mostra aspetti più interessanti, sembra tornare alle tematiche sociali, messe un po' in disparte in questo album, parlando del nostro pianeta, un pianeta di vita; ma ognuno di noi è infetto e causerà la morte di tutta questa vita, questo perché siamo dominati dalla sete di potere e ricchezza, così acceleriamo il processo distruttivo che abbiamo innescato e moriremo prima di poterci accorgere di quello che abbiamo messo in moto. Quando sarà tutto finito saremo solo ossa e sabbia, decomponendoci nel corso degli anni per non essere trovati da nessuno, cancellati, dimenticati; la colpa di tutto questo è solo nostra, le nostre mani sono macchiate del nostro stesso sangue ed a noi è da attribuire la responsabilità, siamo maledetti. Tutti sacrificati per niente, creiamo il nostro fato e distruggiamo il nostro destino suicidandoci, questo pianeta che è stato la nostra culla quindi sarà la nostra tomba e moriremo per mano nostra. Delle riflessioni che si ripetono più volte e pongono l'accento sullo sfruttamento ed abuso sconsiderato delle risorse del nostro pianeta; il testo non vuole avere necessariamente uno sbocco ecologico perché questa catastrofe potrebbe realizzarsi anche a causa di un conflitto nucleare, ad esempio. Insomma il testo pone l'accento sul fatto che l'uomo si ritrova un pianeta con risorse che si rigenerano in modo virtualmente inesauribile, eppure per la propria ingordigia e sete di potere abusa del pianeta sottoponendolo a condizioni innaturali che poi ne pregiudicano l'integrità; c'è però anche un accenno alle guerre, dunque l'uomo - per la stessa ingordigia - si rivolta contro i propri simili per avere accesso ad ulteriori ricchezze.

Hacked to Pieces

L'ultimo brano è "Hacked to Pieces" (Tagliato a pezzi), con un titolo del genere non possiamo di certo aspettarci altre profonde riflessioni, in effetti questo testo ci riporta nel mondo truculento: nato per dissanguare, non c'è cura per il morbo che assilla il protagonista che inizia ad affettare, uccidere e storpiare corpi. Prende un martello per spaccartelo in faccia, continua ad infierire sul corpo infilzandolo con un pugnale, il corpo è martoriato ed inzuppato di sangue, una massa informe. Il corpo è polverizzato, ma non è ancora finita perché prende il piccone, gli occhi di questo omicida perverso sono morti e trae piacere carnale dall'omicidio, eiaculando sangue mentre uccide, infligge torture insopportabili, cerca di causare il maggior dolore possibile slogando le ossa e riposizionandole solo per il gusto di infliggere indicibili sofferenze e lasciare la vittima in vita per patirle. Dopo aver fatto la vittima a pezzi, tranciandola in parti, il cadavere viene infestato dai vermi che iniziano a fare il loro lavoro nella tomba; il perverso dissotterra il cadavere per continuare a divertirsi violandolo e profanandolo in altri modi. La pelle piena di vesciche e piaghe, bolle che esplodono schizzando pus infetto, ricuce insieme le parti tranciate, anche il collo decapitato col teschio spaccato per lasciare esposte le cervella mentre il sangue continua a scorrere purulento. Un testo malato insomma, perverso e perfettamente adatto alla musica che lo accompagna: inizia con parti stoppate, la batteria pesta pesante ed il ritmo è fondamentale, ogni cosa viene pestata forte, le voci si susseguono velocemente in growl sfrenati e veloci, c'è una frenesia assassina, un raptus di follia, il pezzo accenna una pausa e poi riprende con plettrata alternata e rinnovata furia: siamo nel Brutal Death Metal vero e proprio adesso. Sembra di sentire i Cannibal Corpse, i riferimenti sono particolarmente evidenti in questo pezzo, poi una parte abbassa il ritmo mentre la voce si diletta in versi di malato godimento, lo stile dei Six Feet Under è in secondo piano, si avverte solo nell'attenzione sulle cadenze ritmiche e nella voce di Barnes. Altra parte veloce, la voce si comporta come nei Cannibal Corpse, esegue delle metriche quasi identiche, il pezzo prende vita, massiccio ed imponente, pieno di rabbia e gutturale ferocia assassina, qualcosa di malato e monolitico; altra variazione della strofa, che rende la parte più gutturale di quanto sembrerebbe possibile, poi un assolo che avremmo potuto ascoltare anche nei Cannibal Corpse, insomma un ritorno alle origini per Barnes, al limite del plagio. La strofa si riprende identica, poi una parte strumentale cui segue il ritornello ultra gutturale su un tribale di batteria, che va sfumando in fade-out.

Conclusioni

Album eccezionale questo, ci mostra un gruppo al culmine della creatività: si è già fatto notare durante l'esame dei pezzi che ognuno di essi aveva delle proprie caratteristiche peculiari che lo differenziavano - sempre entro gli ambiti del genere di riferimento - dagli altri, insomma una bella novità se pensiamo ai precedenti album che rimanevano sì, godibili, però scontavano una qualche mancanza di idee in alcuni punti. La voce è al top, abbandona le pretese melodiche e le tonalità medie per concentrarsi in un timbro gutturale e monocorde ritmato ad arte nei modi più disparati. L'ingresso del nuovo chitarrista ha dato nuova linfa vitale al gruppo, questo album comunque strizza un po' l'occhio ai vecchi lavori di Barnes coi Cannibal Corpse: forse è stato intenzionale, forse semplicemente è stata la conseguenza di voler mirare alla violenza ed all'impatto sonoro. Album d'impatto quindi, la durata complessiva non raggiunge i quaranta minuti, non poteva essere altrimenti del resto, si è apprezzato il fatto che i pezzi siano privi di riempitivi e non siano stati allungati solo per fare quantità: ci si è concentrati sulla qualità e creatività ed il risultato ha premiato questa scelta in modo lampante. Questo album dimostra una volta per tutte che i Six Feet Under sono una realtà estrema, nonostante le contaminazioni Rock più evidenti nei precedenti album e la scelta di soluzioni orecchiabili, il gruppo punta pur sempre alla devastazione. Le tematiche non potevano che accordarsi a questi propositi, si trovano molti più testi nello stile splatter: va precisato che Barnes aveva parzialmente rinnegato quel modo di scrivere, precisando che dopo quell'era avrebbe preferito concentrarsi su tematiche più horror o comunque trovare nuovi spunti; ma pare che i vecchi amori non si scordano mai e quindi in questo album c'è una larga parte di testi malati, sadici, truculenti, che descrivono sevizie e torture cui sono sottoposti delle sfortunate vittime/cavie i cui corpi continuano ad essere violati anche dopo la morte, che comunque arriva sempre nei modi più atroci e brutali possibili. Si nota il fatto che i pezzi iniziali siano più veloci, mentre quelli finali prediligono una pesantezza lenta, una progressione naturale e piacevole: non si tratta di un "allentamento" del tiro, ma semplicemente di un cambio progressivo della modalità di aggressione che quindi porta solo nuova freschezza ai brani e scongiura il rischio di farli sembrare tutti uguali. Leggere questi testi non fa altro che aumentare l'impatto brutale del pezzo di riferimento, l'interpretazione delle frasi aggiunge aggressività e morbosità alla voce (come se ce ne fosse bisogno!) restituendo un capolavoro di bestialità disumana. Esistono in effetti anche testi che trattano argomenti diversi, si è visto: i temi sociali si traducono in un'aggressività violenta verso gli organi di governo e di polizia, testi che si inseriscono in un contesto di massima violenza e quindi rielaborano temi già affrontati in album precedenti in chiave più brutale ancora; c'è anche il testo infernale che però si risolve in un flop, a differenza del testo a sfondo ecologico che, pur non essendo straordinario, almeno lascia una buona impressione. Immancabile tra gli ascolti di qualsiasi appassionato di Death Metal, o Metal estremo in generale, questo è un album fatto davvero molto bene, sempre fantasioso e ricco, mai noioso e privo di riempitivi: tutta sostanza insomma. In questo album Barnes dimostra di essere riuscito a creare una realtà molto importante capace di competere coi big del genere, ritagliandosi un posto di diritto nell'alveo dei mostri del Death Metal; ad onor del vero il carisma di Barnes non è bastato a rendere grandiosi i precedenti album e va dato il giusto credito al nuovo chitarrista Steve Swanson che, immagino proprio per l'importante contributo che ha saputo dare, rimarrà in pianta stabile della band e continuerà a seguirla per molto tempo fino ad oggi.

1) Feasting on the Blood of the Insane
2) Bonesaw
3) Victim of the Paranoid
4) Short Cut to Hell
5) No Warning Shot
6) War Machine
7) Mass Murder Rampage
8) Brainwashed
9) Torture Killer
10) This Graveyard Earth
11) Hacked to Pieces
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