SIX FEET UNDER
Haunted
1995 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
27/05/2015











Introduzione recensione
Iniziamo questa disamina della lunga discografia dei Six Feet Under, band floridiana nata per volontà di Chris Barnes che, come gli appassionati del genere ricorderanno, è stato il cantante dei Cannibal Corpse a far data dal 1989. Nel periodo coi Cannibal Corpse la voce di Chris Barnes è stata apprezzata per le proprie caratteristiche: si tratta di un growl molto gutturale (rigorosamente naturale e non modificato) al quale vengono alternati degli scream particolarmente grattati; non solo la voce ma anche le tematiche gore e splatter, ultraviolente, sono opera sua, perfino il logo storico dei Cannibal Corpse proviene dalla mente di questo artista fenomenale. Nell'anno 1993 Barnes, ancora in attività coi Cannibal Corpse intenti a registrare "The Bleeding", viene avvicinato da Allen West, al tempo chitarrista degli Obituary, altra realtà storica molto affermata - anche al tempo - in Florida, il quale gli dà una demo-cassetta registrata in casa, in modo amatoriale, con delle parti ideate da lui; a quel punto i due si fanno prendere dal divertimento e presto decidono di fondare i Six Feet Under con l'intento di creare un progetto secondario rispetto ai loro gruppi principali. I due quindi reclutano il bassista Terry Butler, che conoscevano per averlo sentito suonare nei Massacre (altra nota band floridiana dedita al Death Metal), e per la batteria il fratellastro di quest'ultimo: Greg Gall. A formazione completa il quartetto di dedica perlopiù a concerti, suonando cover, poi la cosa diventa più seria e nasce l'intenzione di fare tour e registrare materiale originale, staccandosi anche dallo stile delle band dalle quale provenivano. Ad un certo punto avviene ciò che molti di voi già sanno: Chris Barnes non è più nei Cannibal Corpse. Siamo nel 1994, i Cannibal Corpse sono alle prese con la registrazione di Vile, Chris Barnes - nel mezzo di queste - va in tour coi Six Feet Under (realtà affermatasi abbastanza presto anche grazie ai contatti che i due avevano maturato nelle proprie band d'origine) e quindi, a detta sua, viene contattato dall'agente dei Cannibal Corpse il quale gli comunica che la band ha deciso di "lasciarlo andare e cose del genere" poi, come lo stesso Barnes precisa in un'intervista (rilasciata a Chronicles of Chaos nel 1995) "It surprised me you know, I didn't see it coming at all. I still don't know why they had to go and do that. I mean, maybe they thought I wasn't going to be committed anymore to them and stuff, but Hell, shit happens." (Mi ha sorpreso sai, non me l'aspettavo per niente. Ancora non so perché sono dovuti arrivare a fare questo. Voglio dire, forse pensavano che non mi sarei dedicato più a loro e roba del genere, ma Diavolo [letteralmente è inferno n.d.t.], la merda capita.); un anno dopo i Cannibal Corpse decidono di replicare con la loro versione, anche perché l'episodio ha scatenato un sacco di polemiche infiammate (a volte inutili pettegolezzi che poco hanno a che vedere con la musica e mirano piuttosto a soddisfare curiosità più superficiali) nella cronaca specializzata, affermando (attraverso il batterista di allora: Paul Mazurkiewicz, intervistato per lo stesso sito già citato) che "When we went into the studio in September we had laid all the music down and we were really happy and really pleased that everything was going great, we were so pumped. Then Chris came in to do the vocals and that really let the air out of the tires in our eyes. We didn't like a lot of his stuff and we wanted to change some of it, but Chris wanted to do his own thing and didn't want to change any of it. That's really what brought upon the whole change, because we wanted it to be the best album we could make it and the vocals just didn't live up to that." (Quando siamo andati in studio a Settembre avevamo steso tutta la musica ed eravamo molto contenti e davvero appagati del fatto che ogni cosa stesse andando alla grande, eravamo così carichi. Poi Chris è arrivato per registrare le voci e questo ci ha davvero bucato le gomme ai nostri occhi. Non ci piacevano un sacco delle sue cose e volevamo cambiarne un po', ma Chris voleva fare le cose a modo suo e non voleva cambiare niente. E' stato questo che ha determinato l'intero cambiamento, perché noi volevamo che quello fosse l'album migliore che potessimo realizzare e le voci non andavano affatto bene con questo.). Insomma l'addio non è stato dei migliori, si vociferava di un possibile rientro ma - come possibile verificare adesso - i Cannibal Corpse sono rimasti davvero fermi nella loro decisione ed hanno subito trovato un sostituto. Superando la questione, raccontata per onore di cronaca, della quale non è necessario (né edificante) entrare nel merito, resta il fatto che questo evento ha portato Barnes a dedicarsi a tempo pieno ai Six Feet Under. Nel 1995, infatti, esce l'album d'esordio dei Six Feet Under "Haunted", pubblicato dalla Metal Blade Records. L'idea è quella di realizzare un materiale fresco, slegato dalle precedenti esperienze e con delle tematiche diverse da quelle adottate nei Cannibal Corpse, in copertina possiamo vedere un volto scheletrico/mummificato che emerge, in una smorfia terrificante, da uno sfondo blu scuro; il logo della band, così come il titolo dell'album, sono di un rosso vivo, un art work che vuole rappresentare al meglio l'idea di Barnes di continuare a trattare tematiche che coinvolgono i morti e la putrefazione, ma con questo progetto sembra volerlo fare descrivendolo da un altro punto di vista, o comunque reinterpretare l'immaginario in chiave horror. Questa copertina in realtà è stata tratta dal film "The Haunting of Morella" (1990) di Jim Wynorski e basato su un racconto di Edgar Allan Poe; è un horror che, non privo di scene erotiche, racconta la storia di una strega condannata a morte e giustiziata che, trascorsi diciassette anni, ritorna in vita per manifestarsi utilizzando il corpo della figlia (trama che, del resto, è poi divenuta comune per molti altri film del genere). Quindi il volto mummificato dovrebbe essere quello della strega che, emergendo dal mondo dei morti, torna nel mondo dei vivi dopo otto anni di assenza per cercare vendetta. La trama del film rappresenta al meglio l'intento di Barnes di evocare un immaginario violento e comunque splatter rappresentato in chiave horror, senza indugiare nella descrizione dei minimi particolari disgustosi; l'analisi dei testi ci mostrerà che, al contrario, potremo vedere dei testi che sembrano scritti apposta per i Cannibal Corpse.

The Enemy Inside
Ma passiamo all'ascolto dell'album con l'opener "The Enemy Inside" (Il nemico dentro), l'inizio ci fa sentire un basso a corda libera che crea atmosfera, poi una batteria secca che scandisce il tempo con un approccio groovy, priva di blast beat, poi la chitarra dalla sonorità old school in cui è piuttosto riconoscibile il tocco alla Obituary, quello che colpisce è la scelta di tempi lenti e cadenzati e la totale assenza di parti furiose col tremolo picking tipico del Brutal, lo stile in generale potrebbe essere tranquillamente un Thrash Metal, poi la voce riconoscibile ed unica di Chris Barnes rende chiaro che si tratta pur sempre di Death Metal: è un growl lento, gutturale, profondo e cavernoso. Il suono della chitarra si ingrossa di conseguenza, per accompagnare la parte vocale, la batteria si lancia in un tupa tupa in mid tempo, un tocco di doppia cassa moderato tra una parte e l'altra, quello che caratterizza il sound è l'impatto secco e massiccio: il riffing lento ed efficace, facile da seguire e chiaro. La brutalità traspare in modo secco, sanguigno, genuino: anche merito della voce di Barnes che arriva dritta a destinazione; si alternano parti più lente a parti in tempo più andante, l'elemento comune è rappresentato dal groove che è sempre al centro della composizione: il growl si presta bene, con il tono molto grave, esegue parti incalzanti in cui è unicamente il ritmo ad offrire varianti mentre la tonalità rimane ferma nel gutturale. Oltrepassata la metà del pezzo possiamo apprezzare la voce che assume tonalità più alte, mantenendosi sempre nel growl, e si sdoppia in due parti che rendono un coro effetto stereo; la parte che segue, merito specialmente di un basso veloce e molto presente, ha qualcosa che ricorda i lavori più lenti dei Cannibal Corpse perché è ottenuta da stacchi veloci e frequenti di basso. Un piccolissimo intervento in scream, di rinforzo, e si nota subito che, al posto dello scream acuto e grattatissimo usato nei Cannibal Corpse, si tratta di un timbro abbastanza comune, da Death/Black insomma. Ci sono delle parti più incisive in cui la voce esegue metriche che avremmo potuto tranquillamente trovare anche nei Cannibal Corpse, insomma è pur sempre lo stile di Chris Barnes dopotutto, quello che cambia è il lavoro strumentale che è meno complesso e carico: la chitarra predilige infatti un riffing semplice e d'impatto, con poche variazioni punta piuttosto sulla dinamica e la ripetizione per fare colpo. Un pezzo molto riuscito che rimane in mente, in modo chiaro, anche dopo l'ascolto. Il testo ha una natura inquietante, ma - a differenza dei lavori fatti coi Cannibal Corpse - non si concentra sull'aspetto sanguinolento ma approfondisce quello horror e psicologico (del rest anche la scelta della copertina parla chiaro: si preferisce inquietare con tematiche da horror e non da splatter). Parla di un'entità, che vive all'interno ed è rappresentata dal lato oscuro della sua mente, questa entità si ciba di lui, è un parassita dormiente che si sveglia, e dunque provoca dolore al protagonista che si sente mangiare da dentro (ecco un qualcosa di splatter che emerge comunque), questa entità riesce a prendere controllo del corpo e relegare la coscienza del protagonista, ancora consapevole ma impotente e priva di controllo sulle azioni del corpo, in una sorta di limbo mentre progressivamente questa entità si appropria del corpo. La tematica è chiaramente ispirata alla trama del film, in cui questa strega si appropria del corpo della figlia ed infine lo fa proprio usandolo come una specie di strumento grazie al quale reincarnarsi; il tema viene reso in questo testo arricchito di particolari macabri ulteriori per rendere meglio l'idea. Un inizio che ci mostra una band in cui la personalità di Barnes è centrale, eppure anche West riesce a dare un contributo determinante con la scelta del riffing più secco che sarebbe diventato presto un ulteriore elemento distintivo della band.

Silent Violence
Il brano successivo è "Silent Violence" (Violenza silenziosa), l'inizio è un giro di basso marcio e vincente che sfocia in un riff secco sul quale prevale il rullante, la voce interviene immediatamente inframezzata da altri stacchi di basso. La parte è pulita e lineare, altro elemento che contraddistingue la band: il riff cambia e diventa più aperto, con delle stoppate in stile Brutal, eppure la velocità è abbastanza lenta per gli standard del genere. Si intuisce la volontà di voler creare un sound diverso: mentre i Cannibal Corpse tendevano ad una produzione più curata, a parti sempre più tecniche/elaborate, i Six Feet Under tornavano a sonorità più grezze con un riffing che (per forza di cose) si avvicina di più ai tempi marci, lenti ed ossessivi degli Obituary di "World Demise". In questo album dei Six Feet Under il suono di chitarra è più caldo, il motivo sembra ovvio visto il timbro vocale di Barnes che è decisamente più gutturale di quello di John Tardy! La ritmica ed il groove diventano le componenti primarie anche di questo pezzo, il basso essenziale, inutile dire che la voce si trova perfettamente a proprio agio in questo contesto, sulla metà del pezzo c'è anche spazio per un tipico scream acuto di Barnes. Questo pezzo ripropone, in modo monolitico, la stessa sequenza di riff per stamparceli in testa: durante il cantato rimangono pressoché statici e monocordi, ma è tra le pause della voce che ci sono degli stacchi in cui gli strumenti prendono vita. Pezzo ben congeniato, diretto ed essenzialmente brutale. Il testo questa volta, con buona pace di Barnes che aveva dichiarato di aver creato i Six Feet Under per dedicarsi ad una musica e tematiche diverse, è perfettamente nello stile che lo stesso adottava nei Cannibal Corpse: il titolo allude al fatto che, questo assassino che viene descritto, uccide la vittima tagliandole la gola e quindi riceve uno spruzzo di sangue caldo sulla pelle; parlando alla vittima le dice che non riceverà sepoltura ed il corpo rimarrà esposto alle intemperie e non sarà trovato da nessuno. Nel mentre il corpo perde il proprio tepore e la vita sembra abbandonarlo definitivamente l'assassino, che si racconta in prima persona, infila la mano nella lacerazione apportata alla gola e vi sprofonda per afferrare ed estrarre le interiora. Afferrando organi a casaccio rimuove fegato e milza, mentre gli occhi erano già stati strappati via mentre la vittima era viva, poi inizia a strappare via la pelle e continua a dissezionare il cadavere sanguinolento che inizia già ad essere infestato di insetti. Questo testo, in piena tradizione Cannibal Corpse, rende davvero poco in questo pezzo lento: quando si sentivano queste frasi cantate durante un pezzo frenetico aveva un senso, che lasciava intendere la furia malsana e deviata che spingeva questo assassino ad infierire sui cadaveri; con questo pezzo l'idea viene resa in modo meno efficace.

Lycanthropy
Il terzo brano è "Lycanthropy" (Licantropia), si presenta con una chitarra stoppata ed una batteria che segue a ruota di doppia cassa, poi la chitarra si rinforza doppiandosi, successivamente si aggiunge il basso ricalcando la stessa ritmica in modo monolitico. Il pezzo prende poi vita, distendendosi in un riff più comodo e cadenzato, la voce è lenta, gutturale ed inesorabile, decisamente ritmata e poi rallenta, assieme alla base, e si prende tempo nella pronuncia, per poi portare alla ripetizione della stoppata iniziale e del riff che ne è conseguito. Si ripete quindi la stessa formula, questa volta il growl pronuncia una parte successiva del testo, è interessante notare l'abilità di Barnes nel pronunciare un testo diverso con una ritmica diversa che, nonostante ciò, riesce ad inserirsi bene nel ritmo della base. Questo effetto è la conseguenza di due fattori: uno di questi ovviamente è l'abilità di Barnes, che è un cantante notoriamente molto ritmico come impostazione (come del resto succede spesso alle voci di matrice americana); un altro fattore, però, è da attribuirsi al lavoro degli strumenti che riescono a ritagliarsi un loro spazio, emergendo sia nell'insieme che singolarmente, senza appesantire troppo il sound e producendo quindi ritmiche basilari ma dall'effetto assicurato (pratiche che del resto è alla base del groove che più funziona quanto più è riconoscibile). Arrivati a metà pezzo si continua ad apprezzare la voce che rimane marcia e brutale, coerente con la linea adottata sin dai primi lavori dei Cannibal Corpse, oltrepassata la metà di propone una variazione che, su accordi leggermente alzati di tono, continua il lavoro intrapreso con quella parte che abbiamo descritto come lenta ed aperta. Nuovamente le stoppate iniziali, per la terza volta, nuovamente il riff che ne consegue sul quale si inserisce nuovamente la voce; la ripetizione delle parti non è da interpretarsi come carenza creativa ma piuttosto è chiara espressione dell'intento di lasciare il segno nell'acoltatore. Questa volta il testo torna nei lidi più horror, intrapresi col pezzo iniziale, raccontando di un'infezione al corpo, dovuta al morso famelico che ha strappato la carne fino all'osso: è chiaramente il morso del licantropo che trasforma la vittima "uno di noi". Questa eredità, trasmessa con un legame violento fatto di sangue, è un fardello che trasforma una vittima in carnefice (questa inversione dei ruoli è alla base della nozione di licantropo che, se vogliamo essere filosofi ed andare a ricercare le interpretazioni antropologiche del mito, vuole rappresentare quella condizione di chi, subendo le violenze da parte di altri, diventa violento a sua volta); il protagonista del testo quindi racconta di gridare, osservando la propria pelle lacerata e sentendo l'istinto di ululare alla vista della luna piena.

Still Alive
Si prosegue con "Still Alive" (Ancora vivo), ecco qualcosa di totalmente inaspettato: un inizio con tanto di assolo di chitarra con sound Rock virtuoso e melodico, bello veloce ed intricato, mentre sotto un'altra chitarra è cupa come quelle che abbiamo ascoltato fino ad ora. L'intervento della voce è esplosivo, growl e scream insieme, le parti successive sono un alternarsi delle due tecniche canore sopra un riff cadenzato e massiccio, altro spazio chitarristico - questa volta breve - e la voce riprende. Un pezzo notevole che fa capire cosa volesse raggiungere la band, sulla parte centrale si rallenta e rimane lenta a lungo, lo stile richiama ancora il Rock ma rimane ancora Groove Metal di base, sul quale c'è un netto impianto Death Metal. Il pezzo riprende velocità in un riff che ricorda abbastanza lo stile Obituary, poi altro piccolo assolo in stile rock prima che la voce riprende la strofa, gli accordi sono lenti e scanditi, la batteria indugia sul ride, passaggi lenti e pesanti. Un bel pezzo, che presenta il gruppo in una veste nuova, fresca e decisamente entusiasmante: si inizia a partecipare quella vena Rock che verrà approfondita meglio in seguito, l'approccio groovy si traduce in parti spesso lente, strascicate, che danno l'idea della pesantezza e forse sfociano anche nel Doom, quantomeno come tempistiche adottate. In questo impianto si nota una voce versatile, che cambia spesso tecnica e si muove agilmente, specie nella prima parte, e poi riesce ad essere monolitica e marcia nelle parti più lente. Il testo descrive in prima persona le sensazioni di questo essere che si rianima, dopo otto anni nella tomba, tutto decomposto e putrefatto, senza occhi nelle orbite eppure capace di vedere; uno zombie, essere molto caro all'immaginario di Barnes, un corpo ormai morto che non può essere ucciso, non sente dolore e quindi si getta senza paura a cercare vendetta da chi l'aveva ucciso. Beve sangue da una testa tagliata, per dare ristoro alla poca quantità di carne viva che si ritrova addosso, è morto ma si sente vivo. In questo testo occorre notare che l'attenzione non si rivolge tanto ed in modo morboso ai particolari truculenti, quanto piuttosto alle implicazioni horror di questo essere che, risvegliatosi dalla morte, cerca vendetta da chi aveva cercato di ucciderlo, otto anni fa; anche in questo caso si può fare un parallelo con la storia della strega da cui è tratta copertina e parte del titolo, la quale cercherà similmente vendetta dopo il risveglio.

Beneath a Black Sky
Segue "Beneath a Black Sky" (Sotto un cielo nero), dei colpi di batteria inaugurano questo breve pezzo, poi dei riff di chitarra basilari a prevalenza ritmica: l'obbiettivo è pestare. La parte vocale incalza, poi un rallentato, un breve intervento vocale e si ripete il riff strumentale con la struttura cantata di seguito. E' il caso di notare come l'elemento groove è giocato con la lentezza ossessiva, le parti cadenzate, l'uso di parti rallentate che aumentano la pesantezza del sound, la distorsione della chitarra bella grassa: quello che si ottiene sono dei riff pesanti, che riempiono le orecchie nonostante (e forse proprio per questo) la semplicità delle parti. Un pezzo breve, dicevo, di quasi tre minuti che scorre lineare e possente fino al termine. Nelle parti lente e basse la voce gutturale di Barnes è la soluzione ottimale, riesce a far suonare e percepire in modo chiaro tonalità particolarmente gravi, controllando l'interpretazione e mantenendo un timbro marcio. Il testo, curioso a dirsi, sembra tratto da una band di Black Metal norvegese: descrive di come il cielo stia diventando nero, nessun sole ad illuminarlo, il giorno diventa notte e non c'è neanche la luna ad offrire un po' di luce; ciò porterà ad un inverno infinito, oscurità infinita, un tuono spezza il silenzio, la fine della vita e tutto diventa glaciale. Solo vuoto, solo nero, solo ghiaccio eterno che distrugge ogni forma di vita. Probabilmente il testo meno indicato per il sound di questo pezzo che, invece, suona abbastanza caldo (merito delle tonalità basse e della distorsione della chitarra) e pieno; ma anche questo fa parte della sperimentazione lirica di Barnes che cerca di attingere anche da fonti meno probabili, in questo caso l'esperimento non ha portato buoni risultati.

Human Target
Il sesto pezzo è "Human Target" (Bersaglio umano), uno stacco di batteria e poi un bel riffone di chitarra, la batteria si mantiene costante e lenta, la voce è gutturale ed incisiva, stoppate di chitarra che rimangono silenziose mentre la batteria batte due colpi e la strofa è fatta per metà di musica e metà di silenzio. Si riprende con la parte iniziale, con variazione di testo, si sentono dei rumori di sparo sullo sfondo, la parte poi prende vita con un tribale ed un riff più deciso e veloce di chitarra, la voce ha un incedere più Brutal, ma tutto sembra molto rallentato e basso, poi una parte con doppia voce, un altro spazio strumentale e si riprende con la strofa. Un pezzo monolitico, che ripetuto non stanca mai, trascina, costringe a muoversi: la parte con le stoppate lunghe di chitarra è fenomenale. In realtà le variazioni sono poche, questo pezzo vince per la sua dimensione basilare e per la forza trascinante ottenuta dalla ripetizione ostinata di parti semplici dal ritmo accattivante che, forti di una brutalità lenta, metodica e gutturale, riescono a trasmettere quel senso di massiccio che anima il pezzo. Il testo è molto interessante, tocca un argomento che, per la prima volta, affronta temi sociali: il protagonista fa sua la "legge della giungla" in cui la violenza è l'unica arma di sopravvivenza perché chi non uccide verrà ucciso da altri più spietati e senza inutili scrupoli, questa consapevolezza anima la coscienza del protagonista. Il protagonista è un bersaglio umano, viene preso di mira, picchiato per ciò in cui crede, a quel punto si tratta di vivere o morire e dunque afferra la pistola ed esplode tre colpi al petto ed uno alla testa del proprio aggressore, stando ritto in piedi decide di non fuggire via di fronte alle angherie subite. Questa escalation di vittime non è altro che autodifesa, puro istinto di sopravvivenza ed autoconservazione, una persona che vuole conservare intatta la propria identità, i propri pensieri, dunque difende la propria integrità con la violenza perché è l'unico modo per continuare a vivere, consapevole del fatto che la morte sia dietro l'angolo. Un bel testo, profondo, che inaugura una lunga serie di altri testi dedicati - più o meno intensamente - a temi sociali.

Remains of You
Proseguiamo con "Remains of You" (Resti di te), inizia direttamente nel pieno dell'azione, si tratta di un altro riff cadenzato che vuole riprendere un po' quello che era lo stile Brutal di Barnes, però con dei tempi più lenti e scanditi. Poi una parte con degli accordi di chitarra lenta e la voce che raddoppia la velocità, poi si torna alla parte iniziale che viene ripetuta interamente, la batteria ed il basso sono praticamente statici mentre la chitarra esegue degli accordi basilari; viene sacrificato molto in ragione del groove, tranne la voce che invece resta molto agile ritmicamente. A metà brano una parte leggermente più veloce, cadenzata, porta un po' di vita in più ma il pezzo rimane un monolite come "Silent Violence", però almeno questa volta la voce è più insistente. Anche in questo caso, arrivati al finale, ci accorgiamo delle poche variazioni e del fatto che quelle poche variazioni, sostanzialmente, hanno apportato davvero mutamenti minimi all'interno del pezzo: è sempre più chiaro l'intento della band di dare alla luce dei pezzi che propongano un ritmo statico ed orecchiabile, riproponendolo per tutto il pezzo al fine di farlo imprimere nella mente. Il testo, anche in questo caso, riprende la tradizione splatter e truculenta, il carnefice racconta di come la vittima abbia visto la propria vita passargli davanti agli occhi negli istanti fatali, mentre il corpo ancora si contorceva nel dolore. Uno scenario di corpi marcescenti, membra che gocciolano pus, teste troncate, puzzo di morte e carne che si deteriora viene mutilata dopo della morte, pelle decomposta, disintegrazione. L'assassino colpisce la testa della vittima, ormai putrefatta, con l'ascia, la carne è marcia mentre la massa cerebrale fuoriesce dalle crepe del cranio rotto, un corpo putrefatto e gonfio, vuoto degli organi che sono stati rimossi e stanno a decomporsi da qualche altra parte, il cadavere è un mucchio di resti dissacrati, una volta era un essere vivente ma ora non ne rimane nulla. Un accanimento morboso sui cadaveri, una necessità impellente di uccidere lo porta a colpire, tagliuzzare ed amputare i cadaveri ormai decomposti da tempo: tagliare la pelle e sfigurare la carne arrivando fino all'osso, sentire l'odore dei morti marci.

Suffering in Ecstacy
L'ottavo pezzo è "Suffering in Ecstacy" (Soffrendo in estasi), segna un'accelerazione nel tempo con la partenza strumentale, si tratta ancora di una parte semplice e particolarmente ritmata, incalzante questa volta, la voce compare poco dopo l'inizio in una parte che alterna il growl principale allo scream. Successivamente una variazione del riff con una parte ad accordi aperti e lenti che poi, nella seconda parte, aumenta di tonalità e la voce, anch'essa, segue a ruota aumentando la propria tonalità. Una parte che funziona molto bene, diretta, in mid tempo e coinvolgente, se già si notava la similitudine con "Still Alive" arriva una parte chitarristica in stile assolo che fuga ogni dubbio, questa volta rimane sotto la voce che continua a cantare la strofa offrendo una strana base melodica alla voce gutturale di Barnes, una formula che sulla carta potrebbe fare sorridere, mettere una specie di assolo melodico Rock come sottofondo ad una parte Brutal, ma nella pratica ci dimostra di funzionare bene, dando ulteriore carica. Si riprende la parte iniziale con gli accordi aperti, poi si riprende la parte successiva più animata, poi l'inizio di un assolo diverso che non ha tempo per continuare perché il pezzo termina; anche questo brano abbastanza breve. Il protagonista del pezzo descrive della propria prigionia in una tomba, un pozzo senza fondo, il sangue avvelenato lo sta uccidendo lentamente e non c'è nessuna via d'uscita, trova un malsano piacere nella sofferenza patita. Si tratta di un'infezione che si è inflitta da solo, per trovare piacere nel dolore ed estasi nella sofferenza, la parte si ripete per diverse volte. Il testo non è decisamente fantasioso ed in realtà le stesse parti si ripetono più e più volte, con leggere variazioni e specificazioni che non aggiungono molto al senso; il testo è più che altro un qualcosa da poter cantare.

Tomorrow's Victim
"Tomorrow's Victim" (La vittima di domani) ha un inizio molto lento e cadenzato, massiccio, che si ripete, strumentale, per diverse volte prima che intervenga il growl gutturale, nelle pause della voce la chitarra esegue delle parti melodiche che poi si inseriscono più frequenti fino ad incontrare la scia del growl. Un altro caso di pezzo che funziona meglio perché, accanto alla monolitica lentezza cadenzata, vengono inseriti dei semplici e brevi spunti melodici che forniscono quel qualcosa in più che, senza stemperare la violenza, rendono più vario il pezzo. Il pezzo si fa quindi lento, insistente nella lenta litania, alternarsi di growl e scream caratterizza questa parte; poi si ripete quel momento con inserti melodici, che si apprezza molto proprio per il contrasto. Violenza gutturale nella parte finale e poi il pezzo termina. Il testo parla di sogni premonitori terrificanti, degli incubi che sono realtà e mostrano la visione di un'altra vita, visione di vittime, di omicidi e delle torture inflitte alle vittime, il protagonista con questi sogni è al corrente di eventi futuri e sa chi morirà presto. Posti che ha visto nei sogni, ma nella realtà non ha mai percorso, una sensazione di terrore ogni volta che una vita finisce nella consapevolezza che questi eventi si realizzeranno nel futuro prossimo e si svolgeranno così come li vede, una sensazione raccapricciante nel trovarsi testimone di quegli eventi in una modalità così innaturale. Il testo rispecchia questa caratteristica: al pari del testo precedente si mostra privo di particolari. Si muove a metà tra un testo alla Cannibal Corpse ed un testo horror però non riesce ad essere incisivo in nessuno dei due ambiti.

Torn to the Bone
Il brano successivo è "Torn to the Bone" (Strappata fino all'osso), colpi secchi di basso e batteria mentre la chitarra prosegue, poi una rullata ed ha inizio la strofa vera e propria con l'ingresso della voce. Ancora il riff è cadenzato, colpi netti di batteria e gioco sui piatti, chitarra e basso all'unisono in un muro sonoro. La voce in alcune parti si sdoppia quindi growl e scream concorrono nella brutalità, per il resto la formula vocale rimane quella del gutturale marcio e cavernoso. La parte centrale del pezzo consiste nella strofa che viene eseguita con una variazione ritmica che porta ad un risultato strumentale leggermente più complesso e ritmato, poi interviene nuovamente la strofa, gli stacchi di basso aggiungono ulteriore groove al pezzo che già è molto ritmato di suo. Anche in questo caso si ha un pezzo che presenta una voce con approccio Brutal, ma eccessivamente rallentata, il risultato non è dei migliori perché parti del genere per funzionare dovrebbero essere veloci, se non addirittura frenetiche. Il testo, come si può intuire, riprende l'immaginario splatter, non è molto ispirato ed è decisamente vago e ripetitivo nel descrivere la voglia di sangue, che scorre dalla pelle pallida e fredda, fame di sangue ed il sapore della carne strappata fino all'osso. Un pezzo che sa di riempitivo, o che comunque non è esattamente ispirato, diverse parti del testo si ripetono e si nota una certa mancanza di ispirazione per le tematiche: il testo si rivela essere una pallida imitazione di lavori più fantasiosi e brutali che hanno ispirato i Cannibal Corpse.

Haunted
L'ultimo brano è "Haunted" (Perseguitato [termine usato più frequentemente con riferimento ai fenomeni paranormali n.d.t.]), inizio lento e cadenzato, un riff strascicato all'insegna della pesantezza, la voce è gutturale lenta ma con scatti di velocità o variazioni in scream. Il pezzo prende vita quando la parte aumenta brevemente di velocità, prima di tornare al tema iniziale. I cambi avvengono tra due riff, ma alternandosi più frequentemente rispetto a come avveniva con gli altri pezzi si ottiene un risultato che trasmette meglio l'impressione di mobilità del pezzo, che appare così più vivace nel complesso. Una parte ben ritmata che fa del pestaggio la propria priorità, il rullante sempre a martellare, ecco che arriva una parte melodica di chitarra in stile Rock che sfoggia un assolo che poi accompagna anche una parte vocale continuando le evoluzioni melodiche che sfociano in fischi distorti. Riprende il riffing iniziale, cadenzato e pesante, con l'alternanza frase per frase di growl e scream. Questo pezzo di chiusura, che è anche la titletrack, non ha lo stesso smalto e grinta dimostrata da altri pezzi precedenti, si pone come una via di mezzo: dei pezzi più vincenti ha la parte melodica di chitarra, però manca il ritmo coinvolgente e quel tocco di variazione in più che l'avrebbe decisamente valorizzato. Un brano che insomma rappresenta al meglio l'intero album: groove da headbanging assicurato col limite di parti ripetitive e variazioni minime, alcuni riff vengono prolungati e riproposti eccessivamente; tuttavia ci sono ottimi spunti melodici di chitarra, la voce è una certezza gutturale, alcune ritmiche più elaborate trascinano che è una bellezza. Il testo racconta di un silenzio sinistro spezzato dalle urla dei morti che invocano il protagonista, che vorrebbero che si unisse a loro, il quale si sente marcire dentro. Il risveglio, nel bel mezzo della notte, ed il protagonista si scopre freddo, sudato, il cuore perde colpi. Improvvisamente il corpo si ritrova morto ed appeso ad una fune che dondola, i morti continuano a perseguitarlo e lo chiamano per unirsi a loro, lo tormentano. Un testo che in un certo senso continua sulla falsariga di "Tomorrow's Victim", forse facendo un lavoro migliore ma pur sempre poco incisivo; il mix di brutalità ed horror in teoria funziona bene, eppure è reso in un modo che convince poco, Barnes all'epoca doveva ancora capire bene come esprimere questo tipo di concetti.

Conclusioni
Giungiamo quindi al termine di questo album di debutto di una band che vede tra i membri fondatori due artisti di comprovata esperienza e già conosciuti nel panorama musicale di riferimento: questa circostanza si pone, come spesso accade, come un'arma a doppio taglio perché se da un lato il loro gruppo gode di un'attenzione iniziale che non viene concessa ad altre band agli esordi, dall'altro lato anche le aspettative sono più alte, di conseguenza. In via preliminare si può immediatamente escludere la circostanza che i due abbiano ottenuto di mischiare le influenze dei gruppi di provenienza: è vero che Barnes ha attinto dalla propria esperienza passata nei Cannibal Corpse per quanto riguarda il timbro vocale e per le tematiche splatter di diversi testi; è anche vero che West, a sua volta, ha portato quei riff più lenti e meno frenetici che caratterizzano gli Obituary coi quali continua a collaborare. Nonostante ciò, però, c'è da dire che l'intento appare immediatamente diverso: il gruppo punta in maniera evidente al groove ed a strutture più semplici, dirette ed immediate, effetto che ottengono con dei riff di chitarra che abusano delle stoppate e sono ripetitivi, ma principalmente si ottiene col buon lavoro di batteria e basso che spesso sacrificano la creatività in ragione dell'efficacia. L'approccio premia a tratti, perché le parti con intenti più brutali perdono grinta nella lentezza cadenzata, mentre invece le parti che vogliono rendere una sensazione di inquietudine horror guadagnano molto. L'album sconta tutte le incertezze di un lavoro sperimentale in cui la band prova diverse soluzioni e non sa ancora di preciso dove intende andare a parare, la professionalità dei soggetti coinvolti riesce ad estrarre un buon lavoro nonostante l'incertezza delle premesse. I Six Feet Under dimostrano di funzionare proprio in quelle parti che sono più lontane dalla musica dei due gruppi d'origine, fa davvero piacere notare come il groove possa creare ritmi coinvolgenti ed a trascinare i movimenti della testa in alcuni pezzi più riusciti. I testi rappresentano le stesse incertezze di cui si è parlato, si nota che i testi più brutali e splatter funzionano poco perché a quel punto il paragone è immediato coi Cannibal Corpse mentre la musica non ha nulla a che vedere con quella realtà, completamente diversa. I testi più inquietanti e con sfumature horror, invece, si incontrano bene con la musica (tralasciando l'ingenuità del testo di "Beneath a Black Sky") mentre il testo di "Human Target" - diverso da ogni altro testo presente nell'album - sorprende positivamente come ottimo esempio di quello che può fare (e che farà in abbondanza) Barnes. Risultato incerto, una gemma grezza che rimane godibile, specie per cultori del Death Metal che troveranno tanto impatto brutale, ma che ancora non è in grado di brillare: una smussatina ed un approccio compositivo più certo avrebbero fatto dei miracoli.

2) Silent Violence
3) Lycanthropy
4) Still Alive
5) Beneath a Black Sky
6) Human Target
7) Remains of You
8) Suffering in Ecstacy
9) Tomorrow's Victim
10) Torn to the Bone
11) Haunted


