SIX FEET UNDER
Graveyard Classics 2
2004 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
05/08/2015











Introduzione recensione
Dopo "Bringer of Blood", che ha segnato un ritorno al sound originale depurato da quei problemi che abbiamo riscontrato nei primi due album, i Six Feet Under realizzano - con un solo anno di attesa - "Graveyard Classics 2", pubblicato dalla Metal Blade Records (2004), che non solo rievoca tutti i problemi del primo titolo della serie, ma li aggrava ulteriormente aggiungendone degli altri. Sebbene sembri presentarsi come un album di cover di differenti gruppi, quale era appunto il primo della serie, in questo album non solo ci sono cover di un unico gruppo, gli AC/DC, ma di un loro unico album, "Back in Black", quindi "Graveyard Classics 2" è la cover dell'album "Back in Black", con tracklist identica e perfino la copertina è un plagio del singolo di "Hell's Bells". Possiamo infatti notare che la copertina dell'album rappresenta appunto una campana in primo piano, col simbolo del "6" sovrascritto a simboleggiare i Six Feet Under (mentre gli AC/DC avevano messo il proprio logo). Una grafica cupa e monocromatica, della campana si vede solo il profilo ed alcune parti chiare ai margini, quindi il contrasto del livello è particolarmente elevato tanto da perdere la tridimensionalità dell'immagine in molti punti. Se le premesse sono queste, pensando anche al primo lavoro della serie, le aspettative sono davvero basse: se fare un album di cover, reinterpretandole in un altro stile magari, potrebbe avere un senso (o per l'intento di riportare alla memoria piccole perle dimenticate, oppure come tributo a capolavori immortali e sempre presenti nei nostri ascolti); fare la cover di un intero album - anche nel fortunato caso di eseguirla alla perfezione ed interpretando in maniera autentica lo spirito della band - non ha senso, è inutile. Nel caso in esame si tratta nientemeno che di una cover dell'album più famoso al mondo del gruppo più famoso del Rock: gli AC/DC, fatta in un momento in cui gli AC/DC sono ancora attivi ed ancora suonano quei pezzi dal vivo! Quindi, se fare una cosa del genere con un album di un gruppo ormai sciolto poteva considerarsi un tributo alla memoria ed avere quantomeno un valore, o un senso, in questo caso è addirittura controproducente perché c'è il gruppo originale che continua a suonare (decisamente meglio) gli stessi pezzi! La formazione resta sempre la stessa: Chris Barnes alla voce, Steve Swanson alla chitarra, Terry Butler al basso e Greg Gall alla batteria; gli stessi hanno sperimentato diverse sonorità e dopo un inizio Death'n'Roll si sono cimentati in una fase centrale Brutal e col precedente lavoro, "Bringer of Blood", sono tornati alla soluzione iniziale adottando degli accorgimenti che hanno reso il mix più potente, con "Graveyard Classics 2" si consacra questa scelta e si cristallizza la formula che prevede del buon Rock classico, eseguito e reinterpretato con sonorità Death Metal. Si può anticipare immediatamente che la riuscita di questo album è pessima, il compito era sì difficile ma è anche stato affrontato in una chiave che - pur prendendosi sul serio, forse anche per quello - sconfina spesso nel demenziale e porta ad un parallelo con l'intenzionalmente demenziale ed irriverente cover di "Oops I Did It Again", noto singolo di Britney Spears, fatta dai Children of Bodom (inclusa in un singolo del 2005, quindi successivo di un anno rispetto all'album oggetto di questa recensione) che non solo ha riscosso un successo inaspettato ma ha anche aperto le porte alla moda, goliardica, delle cover in stile Death Metal di improbabili canzoni, specialmente Pop.

Hell's Bells
Iniziamo l'ascolto con "Hell's Bells" (Campane dell'inferno), che parte con le classiche campane (leggermente ribassate come timbro), tutto è praticamente identico all'originale, il riff è eseguito col copia&incolla, fatta eccezione per una distorsione più accentuata e tonalità più basse. La realizzazione dà l'idea di una base per karaoke, tanto è basilare e fedele all'originale (senza avere la stessa carica). Poi arriva il growl di Barnes, decisamente fuori luogo, che sul ritornello diventa una specie di coro demenziale con la tecnica del sussurrato per imitare la moltitudine di voci. La base è fedele all'originale dicevamo, ma sottotono come timbro e specie come interpretazione - che risulta insipida - mentre la voce è fuori luogo ed inutilmente aggressiva, anche se tendente al melodico per richiamare la melodia originale. Perfino l'assolo è stato riproposto identico all'originale, si torna al ritornello che non trasmette nemmeno un minimo dell'entusiasmo che suscita l'originale. Tutto sa di compitino svolto, oltretutto con dei brani da libro per principianti da suonare dopo sei mesi di lezioni di strumento. Il testo è in quel pieno stile AC/DC che mescola allegra spacconeria ed aggressività stradaiola, il protagonista è un tuono rombante, una pioggia scrosciante pronta ad abbattersi su di noi e non ha intenzione di fare prigionieri. Con la campana infernale con lui manderà tutti all'inferno, la temperatura si alza, una specie di demone che fa venire i brividi e dona sensazioni oscure ai propri amici malvagi. Testo molto simpatico, non di certo filosofico ma breve e diretto come da tradizione, parla di inferno ma con toni allegri e scherzosi; nonostante ciò, cantato dagli AC/DC sa dare una carica esplosiva, cosa che non succede in questa cover.

Shoot to Thrill
E' la volta di "Shoot to Thrill" (Sparare per eccitarsi), presenta un titolo che già fa capire che tutto il testo ruota su una continua ambivalenza, infatti si possono leggere delle (non tanto velate) allusioni sessuali. Spaccone fino al midollo, il protagonista si rivolge a tutte le donne che cercano un uomo della strada che sappia farle bruciare di passione, le porterà sempre più giù ed infine premerà il grilletto, ha la pistola pronta e farà fuoco a volontà. Insomma tutta una serie di allusioni, si dipinge quindi la figura di un amante ribelle, trasgressivo e dalla parte del male, con tutto ciò che serve per fare impazzire le ragazze, figura associata alle pillole. L'interpretazione del testo, in questo preciso punto, può portare con ogni probabilità al fatto che negli anni '60 e '70 c'era un fenomeno per il quale molti psicologi (sotto la pressione delle compagnie farmaceutiche) prescrivevano abbondanti dosi di Valium alle casalinghe depresse che, di conseguenza assuefatte e disinibite da questo, poi affollavano i locali notturni in cerca di uomini (tema col quale inizia il testo) coi quali passare la notte e divertirsi senza problemi. Già dalle tematiche si può capire come sia improbabile interpretare questa gioia ed euforia trasgressiva al modo dei Six Feet Under: altro pezzo che viene proposto strumentalmente identico (nel senso delle note, perché manca tutto il groove dell'originale, è un'esecuzione fredda e spenta) il growl gutturale di Barnes rovina un capolavoro immenso, ha del ridicolo specie quando cerca di riprendere la melodia; il fatto che la base abbia un volume basso aumenta l'effetto "karaoke demenziale". Al quarto minuto c'è la splendida parte in cui le chitarre abbassano il volume con una dinamica più delicata e la voce fa un crescendo, nella versione dei Six Feet Under quella parte è stata distrutta e viene suonata con lo stesso volume e stesso growl? un momento bassissimo che potrebbe piacere solo se valutato come demenziale, ma purtroppo l'intenzione della band era quella di fare un "tributo" e quindi dovremmo considerarlo come tale e schifarlo, perché non raggiunge nessun obiettivo artistico e quelli che raggiunge (la demenzialità) non erano intenzionali.

What Do You Do for Money Honey?
La successiva è "What Do You Do for Money Honey?" (Cosa fai per soldi dolcezza?), anche in questo caso un riff molto noto che viene copiato ed incollato, un piccolo cambiamento è dato dal basso ultragrave che frigge nel sottofondo - cambiamento in negativo naturalmente - la voce cerca di essere melodica e si spezza più volte, risultando ballante nelle parti più alte, il coro invece viene reso malamente con una specie di sussurro che dovrebbe creare un crescendo, ma non lo fa. Il basso che frigge in sottofondo continua a disturbare, poi la parte con le stoppate è l'unica che potrebbe starci in questo stile, perché è vagamente aggressiva; dopo l'assolo, eseguito con la distorsione ma pressoché identico per tutto (tranne che per l'interpretazione che è un po' spenta). Si riprende col ritornello, poi finale in grande con degli eccessivi growl che innervosiscono e basta. Il testo parla chiaramente di una prostituta, viene descritta la vita di una ragazza che non si concede mai liberamente, guida la macchina e frequenta i bar, ha un appartamento in una bella zona con vista panoramica e batte per le strade, sempre insoddisfatta, per accumulare altri soldi. Una donna superficiale, che spreme gli uomini e li dissangua mentre questi stanno in fila ad aspettare il turno per passare la notte con lei, un lavoro come un altro aggrappandosi, rimettendolo dentro, sempre di fretta? ma queste sono cose che dovrebbero avvenire lentamente, col loro tempo, con gioia, piano piano la vecchiaia porterà via anche questa fonte di sostentamento e non resterà più nulla. Un testo che non manca di parti esplicite ma che, alla fine, seppur non condannando la sregolatezza del comportamento così disinibito, condanna il fatto che lo si faccia per soldi e non per divertimento, che è il vero sale del rock'n'roll.

Givin' the Dog a Bone
Ma le allusioni non finiscono qui, c'è "Givin' the Dog a Bone" (Dando l'osso al cane), che già dal titolo è tutto dire (si consideri che per indicare l'erezione si usa il termine boner), si descrive una situazione in cui una ragazza, molto abile, va giù in ginocchio e si avvicina al "diavolo", mettendosi a novanta gradi, e ci lavora usando la testa fino a quando le munizioni sono a secco. Tutto questo è come dare un osso al cane. Lei non è una diva di Playboy, non è una Monna Lisa, è una ragazza dall'aspetto ordinario che però sa come fare per mandarti in paradiso e farti esplodere fino a Marte. Riesce a farlo perché ha un potere speciale, sa colpire nei punti e nei momenti più adatti, se incoraggiata poi si concederà ancora di più mettendocela tutta. Il dato fondamentale che emerge è il contrasto rispetto alla freddezza della ragazza descritta prima: questa ragazza non è uno schianto (com'era quella di prima che aveva la fila di "clienti") però ci mette passione, si diverte e quindi ci dà dentro che è una bellezza, senza fretta e senza compiere le azioni meccanicamente ma creando una situazione di complicità ed unione che, in fin dei conti, è alla base dell'appagamento. Potete capire benissimo che, cantata nella formula che ormai è stata ampiamente descritta, ci sia anche il rischio che il testo venga travisato e si pensi che ci sia veramente un cane che sta sgranocchiando l'osso di un qualche cadavere ucciso nei modi più sadici e malsani! Il riff è bello, chiaro, ma viene suonato senza cuore, tutto è banale e vuoto, una confezione che viene riempita della vocalità di Barnes - fuori luogo ed ad alto volume - che è inutile e controproducente perché non rappresenta affatto il mood del pezzo. Tutto il testo descritto non ha senso cantato in growl gutturale, il finale con le numerose ripetizioni non esalta, ma piuttosto ammorba e fa sperare che finisca presto. Altro pezzo rovinato quindi, c'è poco da fare.

Let Me Put My Love into You
Altro testo con riferimenti sessuali, ma questa volta si torna al personaggio del primo testo, con "Let Me Put My Love into You" (Lascia che ti metta il mio amore dentro), infatti il protagonista è lo stesso spaccone sicuro di sé che, volando per strada tutte le notti ha il potere di far uscire fuori l'uomo che ha dentro quando vuole. Ha una reputazione che lo precede, ha tutte le armi al loro posto e vuole stare in macchina con lei a fare un giro, le chiede di non agitarsi e non combattere perché questa notte le metterà il proprio amore dentro, le metterà l'amore sulla linea, le taglierà la fetta di torta col coltello (insomma tutta una serie di allusioni becere messe in fila!); nell'atto lei gli accende la scintilla, gli ispira sentimenti folli e gli fa soffiare il vapore come se fosse una macchina. Non vi rovinerò di certo la sorpresa dicendo che anche questo pezzo è un fallimento: il basso ribassato in modo eccessivo, la chitarra penalizzata che sembra un giocattolo, la batteria essenziale. Il riff è quello, è bello perché ricorda l'originale, la voce rovina tutto interpretando in modo aggressivo un pezzo che non lo è. La parte del bridge, con le stoppate, è resa ancora più aggressiva (dato il testo fa pensare ad una violenza sessuale imminente?), e poi il ritornello molto melodico che mette in difficoltà il growl di Barnes, che infatti presenta tutti i problemi già trovati nei primi album. Dopo del secondo ritornello l'assolo, benvenuto perché ci risparmia la voce di Barnes per qualche prezioso secondo, poi riprende il karaoke maledetto e si continua ad infangare il pezzo fino alla fine.

Back in Black
Il prossimo pezzo è "Back in Black" (Tornato nel nero), tutta le idee delle campane a morte (nell'intro del primo pezzo e nella copertina) porta a questo pezzo che (come probabilmente l'intero album) è stato dedicato dagli AC/DC alla memoria di Bon Scott, il precedente cantante da poco scomparso. E' storia: Malcolm Young aveva composto questo riff da anni, pare che lo usassero come riscaldamento prima di cominciare le prove; pare che il testo sia stato composto di getto, senza pensarci molto e buttando giù le prime cose che venivano in mente. Nonostante ciò il riferimento al fatto che il personaggio abbia nove vite, come un gatto, ed abusa di ognuna di loro portandole al limite, è una metafora molto azzeccata che rappresenta la vita sregolata di Scott che viene trovato morto nel 1980, sul sedile dell'auto, per intossicazione acuta da alcool (o soffocamento da vomito dovuto all'alcool). Gli AC/DC non volevano che fosse una ballad, hanno preferito omaggiare il loro compagno scomparso con un pezzo che fosse rock'n'roll e che spaccasse più degli altri: la storia di un capolavoro. Quindi questo personaggio, felice e piacione, si rallegra di essere tornato al nero (all'inferno probabilmente), dopo aver avuto una vita piena di eccessi, sempre davanti a tutti e sempre al centro dell'attenzione, una vita di gioco e divertimento; il bello di questo pezzo è che rappresenta lo stesso entusiasmo col quale viveva la vita Scott, il gruppo ha voluto omaggiarlo rappresentandone anche il carattere e scrivendo quello che lui stesso avrebbe potuto commentare in merito alla propria fine. L'intramontabile riff eseguito paro paro, poi il growl che distrugge tutto quanto riportandoci alla triste realtà di questo album infame. Il bridge, col growl prolungato, è quanto di più fastidioso si potrebbe immaginare, tanto inutile quanto insensato, ritornello negativo perché riprende la melodia ma la rovina con l'interpretazione fuori luogo. Poi il turno dell'assolo, eseguito in modo schematico e senza sentimento, un pezzo che continua a dare fastidio durante l'ascolto, fino alla fine, specie nelle parti in cui grida senza motivo, per non parlare dei cori sussurrati ed effettati, ridicoli.

You Shook Me All Night Long
Il prossimo capolavoro al patibolo è "You Shook Me All Night Long" (Tu mi scuoti tutta la notte), com'è facile immaginare è un altro testo con allusioni sessuali, anche piuttosto evidenti in alcuni passaggi: lei era una macchina veloce, teneva il motore sempre pulito ed era la donna più maledettamente bella che avesse mai visto. Riusciva a stenderlo con le sue cosce americane, prendeva più di quanto potesse ed a lui faceva mancare l'aria con la propria irruenza, quando lei gli diceva di venire lui era già là. Le mura tremavano, la terra altrettanto, la testa faceva male, lo stavano facendo e lei lo scuoteva per tutta la notte. Poi lei raddoppiava la velocità, era tutta sua, si esibiva in acrobazie e non voleva certo applausi ma solo un altro giro, dopo averlo fatto raffreddare e riposare torna perché ne vuole ancora, ora lui è di nuovo sul ring per fare un altro ballo. Quello che è interessante in questi testi è che in taluni è la figura maschile ad essere dominante ed affamata di sesso, in altre è quella femminile; del resto gli anni '70 e '80 sono stati un momento grandioso per l'emancipazione femminile che, sempre di più, viene descritta come un soggetto col pieno controllo della situazione, che sa cosa vuole e se lo prende. Gli accordi ed arpeggi iniziali, questa volta con poca distorsione, anche nella continuazione, vogliono riprendere in modo fedele l'originale, la voce cerca di riprendere la melodia e lo fa, tutto rimane ugualmente fuori luogo; nonostante si debba ammettere che l'esecuzione vocale questa volta è migliore delle precedenti, le parti sono a tempo, le pause puntuali, la voce non trema e non si spezza, la melodia viene eseguita per bene e si riesce a cogliere, anche perché il growl non è eccessivamente gutturale. Un pezzo eterno, pur sempre vandalizzato, ma non tanto quanto gli altri.

Have a Drink on Me
"Have a Drink on Me" (Bevete alla mia salute), inizia bene, con groove e tutto il resto, irrompe la voce su base di basso, che si alterna alla chitarra che, successivamente, si unisce e suona all'unisono senza alternazioni. Anche questo pezzo funziona meglio dei precedenti, pur rimanendo fuori luogo, si presenta meglio e già come interpretazione è più genuino, più credibile. C'è più entusiasmo nella voce che sembrerebbe addirittura divertirsi a cantare il pezzo, rimane il problema dei cori improponibili, poi l'assolo di chitarra concede un attimo di pietà, arriva la parte finale del pezzo con le stoppate che si alternano alla coda dell'assolo che poi porta ad una nuova strofa. Il ritornello si ripete molto rallentato al finale, con tanto di urlo di commiato. Se l'interpretazione funzionava meglio è anche dovuto al cambio di tematiche, questa volta si parla di alcool, il protagonisti invita gli amici a farsi un bicchiere alla sua salute, la comitiva non riesce nemmeno a camminare seguendo una linea dritta, sono tutti messi abbastanza male. C'è voglia di lasciarsi andare, senza pensare al domani ma concentrandosi solamente sul presente, e farsi un altro bicchiere. Ubriachi e pestandosi, il bicchiere diventa sempre più piccolo, piano piano i sensi si annebbiano, ma c'è voglia di lasciarsi andare all'oblio, fare casino e divertirsi tutti insieme.

Shake a Leg
La stessa sregolatezza è rappresentata in "Shake a Leg" (Agita una gamba), un giovane fannullone per strada, che prende a calci la roba coi piedi, combattendo contro la legge; cerca di tenersi lontano dai guaio mettendo gli occhi anche dietro la testa, picchia i compagni da classe e gli dicono che è una disgrazia, gli dicono quello che pensano di lui ma, visto che puzzano, a lui non importa niente di quello che dicono; ha un proprio cervello e pensa quello che vuole. Giornaletti erotici, video porno (skin flicks ha questo significato, un termine gergale), ed essendo un trickey dick (deriva dal soprannome dato a Richard Nixon, in seguito allo scandalo di Watergate riassunto barbaramente nel fatto che Nixon intercettò abusivamente delle comunicazioni dei rivali politici, con un significato letterale che può essere "cazzo imbroglione", quindi per definire una persona che ricorre a sotterfugi per ottenere ciò che vuole), dopo aver adescato una ragazza, le chiede di smetterla di fare quelle smorfie contrariate e sfilarsi la biancheria. Questa volta viene descritto un ragazzino, un giovane bulletto e scaltro, nel bel pieno dei bollori ormonali, pensa solamente alla pornografia ed all'adescamento di ragazze; non si tratta quindi di una sessualità matura, ma piuttosto di una scoperta irruenta e giovanile. Dopo una parte iniziale in cui la strofa viene eseguita accompagnata da un growl gutturale, c'è la famosa parte con le stoppate veloci in cui la voce sembra strozzata. Considerando che si tratta di un pezzo prevalentemente ritmico funziona meglio degli altri, però è una guerra tra mali minori in un contesto in cui tutto è male: nessun cenno alla spensieratezza giovanile, all'irruenza ed alla stupidità dei ragazzini: solo una violenza inutile ed insensata.

Rock 'n' Roll Ain't Noise Pollution
Si conclude con un altro inno al Rock: "Rock 'n' Roll Ain't Noise Pollution" (Il Rock'n'Roll non è inquinamento rumoroso), alcuni secondi di silenzio e poi il celebre riff, con chitarra solitaria che poi viene accompagnata dalla batteria con un rullante minimale. Intanto la voce in un growl quasi rappato, funziona poco. Il pezzo prosegue, noioso e fastidioso, il ritornello è un coro mal riuscito; non trasmette la carica dell'originale, ma nemmeno la metà. Si alternano strofa e ritornello per diverse volte, portandosi dietro gli stessi problemi, fino a quando arriva l'assolo, un balsamo per le orecchie, che possono riposare qualche secondo. Tutto è forzato, come il resto dell'album, in un fallimentare tentativo di fare qualcosa che, anche nella teoria, era destinata a portare risultati pessimi. L'unica cosa buona di questo pezzo è che è l'ultimo. Il testo si rivolge alla popolazione media, li si invita a mettere da parte i loro bei vestiti e portare il culo vicino perché il Rock si può apprezzare, non è solo rumore perché per lui ha un senso. Decibel pesanti che fuoriescono dalla chitarra e vibrazioni che vengono su dal pavimento, il Rock è il futuro, bisogna lasciarsi il passato alle spalle e pensare al fatto che il Rock non ci abbandonerà mai. Un inno al Rock, come pezzo finale, l'onesta e genuina conclusione di un album che ha fatto la storia del Rock.

Conclusioni
La strategia, sempre che si possa descrivere in questi termini, che ha portato a realizzare questo album è stata pressoché "Prendiamo l'album più famoso del Rock, facciamo la cover spiccicata di tutti i brani da un punto di vista strumentale ed appioppiamoci sopra la voce di Chris Barnes che canta in growl". Un'idea che non poteva funzionare: se prendi i pezzi dell'album Rock più famoso al mondo e li suoni strumentalmente uguali c'è il problema che non potrai mai e poi mai interpretarli con lo stesso carisma e stile degli originali e, se anche ci riuscissi, sarebbe comunque inutile perché essendoci l'album originale non avrebbe senso averne un altro identico. La "novità" che doveva essere introdotta con questo album, dal titolo fuorviante perché in concreto è un tributo a Hell's Bells e potevano chiamarlo così, stava proprio nella voce di Barnes che però contrastava malamente con tutto il resto. Non si può interpretare in growl un testo con delle tematiche così fuori luogo, su una base così fuori luogo: è come prendere le canzoni più famose della Disney, suonarle uguali e cantarle in growl pensando, così facendo, di averle reinterpretate. Di fatto, invece, tutto si traduce in un karaoke demenziale che fallisce nell'intento del tributo (nel tributo l'artista semmai si sforza di imitare l'originale, di interpretarlo fedelmente come dimostrazione di stima) o della cover reinterpretativa che è molto difficile da farsi bene: un esempio molto eloquente può essere quello di "I Put a Spell on You" che, nella versione originale di Screamin' Jay Hawkins è una canzone disperata e folle, nella versione di Joe Cocker è una struggente dichiarazione di amore, mentre nella versione di Marilyn Manson è qualcosa di malvagio e grottesco: hanno ottenuto quegli effetti perché il testo si prestava ma specialmente perché hanno cambiato la metrica, le dinamiche, l'interpretazione, l'espressione delle parti sia musicali che vocali (salvando il tema principale) in modo da ottenere un qualcosa di coerente con lo stile e l'obiettivo scelto. Di conseguenza, se i Six Feet Under avessero voluto fare un tributo fedele Barnes avrebbe dovuto interpretare i pezzi fedelmente, se avessero voluto fare una reinterpretazione allora il resto della band avrebbe dovuto cambiare molto la base, specie le dinamiche e gli accenti ritmici, in modo da giocare sulle allusioni sessuali, magari, accentuando le parti più trasgressive dei pezzi reinterpretandole, facendo salvo giusto il tema principale ed il grosso della struttura metrica. Quello che è uscito fuori, invece, è un lavoro indegno che fallisce in tutti i sensi, anche se letto da un punto di vista demenziale non darebbe soddisfazioni; può essere al massimo una cosa trasgressiva per ragazzini che non hanno mai sentito il Metal estremo e quindi si scandalizzano ad ascoltare dei pezzi Rock famosissimi storpiati. Non piace e nemmeno fa ridere, inutile, la valutazione tiene conto dei rari momenti positivi ed azzeccati rintracciati durante l'album.

2) Shoot to Thrill
3) What Do You Do for Money Honey?
4) Givin' the Dog a Bone
5) Let Me Put My Love into You
6) Back in Black
7) You Shook Me All Night Long
8) Have a Drink on Me
9) Shake a Leg
10) Rock 'n' Roll Ain't Noise Pollution


