SIX FEET UNDER
Commandment
2007 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
18/08/2015











Introduzione recensione
I Six Feet Under tornano a farsi sentire, nel 2007, con "Commandment" pubblicato dalla Metal Blade Records. Sono passati due anni dal precedente "13", un album non eccelso ma che riesce a scrollare di dosso dal gruppo l'onta di un "Graveyard Classics 2" scandaloso. La formazione regge ancora: Chris Barnes alla voce, Steve Swanson alla chitarra, Terry Butler al basso e Greg Gall alla batteria. Ormai la squadra è collaudata e ne ha fatta di musica, con questo album si corregge un po' il tiro dello scorso lavoro che aveva un suono sì grezzo, ma mancava della brutalità che il gruppo ha saputo esprimere in altri lavori. In questo album vengono messe da parte le influenze Hardcore che si potevano trovare, qua e là, nel precedente lavoro, ingrossano il suono e concentrano l'attenzione sul Groove, che è il pezzo forte dello stile del gruppo. Possiamo immediatamente anticipare che, con un sound più potente, più attenzioni a suoni bassi e vocalità gutturali, abbiamo un ritorno di una ritmica più tribale, Death Brutal, che viene collegata a delle tematiche splatter tanto care a Barnes. Eppure non si dimentica il recente passato: le influenze Rock e lo stile del riffing giova delle recenti innovazioni e mantiene un'anima Rock, con la differenza che gioca di più sul Groove rispetto al precedente album; in poche parole sembra voler seguire la scia di "Bringer of Blood" e questo è un ottimo segnale. Quanto alla grafica, abbiamo un lavoro curato ed effettato molto bene: si tratta di un primissimo piano di un teschio al quale sono state applicate texture che lo fanno apparire invecchiato, consumato, attorno e su di esso schizzi di sangue che fanno immaginare un tavolo di tortura sul quale sono ammucchiati resti sanguinanti di corpi. Tutta questa immagine è stata poi decorata in modo da farla sembrare una pagina o una pergamena piegata, il significato di "Comandamento" va necessariamente rintracciato nel settore religioso, argomento che anche nel precedente album sembrava coinvolgere molto Barnes tanto che - ricorderete - iniziava con un pezzo che era un attacco diretto alla Chiesa ed ai fedeli in generale, delineando un concept che viene approfondito adesso, con questo successivo album, nel quale si analizzano meglio alcune tematiche che sono state toccate ma non approfondite. Anche in questo caso i Six Feet Under non fanno la stessa cosa per due volte di fila, questa volta optano per la brutalità, ma una via di mezzo: senza raggiungere i livelli di "Maximum Violence" ma pur sempre andandoci molto pesante con la brutalità.

Doomsday
Iniziamo l'ascolto con "Doomsday" (Il giorno del giudizio universale), accordi carichi di groove, colpi ritmati ed essenziali, produzione alle stelle, sono le prime cose che si percepiscono nei secondi iniziali di questo pezzo. Il pezzo trascina, il basso è in bella vista e riesce ad esprimersi al meglio, il pezzo rallenta con dei tocchi di ride, passaggi di batteria sui tom, irrompe la voce che è un cavernoso growl di cui solo Barnes può essere capace, pochi effetti, tutto è gutturale di per sé. Altre parti rallentate che fanno pensare ad influenze Doom, che non sarebbero inedite nella storia del gruppo. Un sound esplosivo, irruento, grosso, massiccio, la chitarra occupa grande parte del sound senza però invadere lo spazio del basso che si sente sferragliare a corda libera con un suono strepitoso, la batteria forse è più sullo stile Rock ed ha un timbro meno aggressivo per via dei trigger alla cassa che massimizzano la precisione, ma tolgono frequenze basse al totale. Ancora una volta Barnes fa un ottimo lavoro alla voce ma questa volta non ci sono effetti a rovinare tutto. Parte con numerose stoppate, poi si torna alla strofa cantate tra uno stacco di batteria e l'altro, altre stoppate serrate, una brutalità bestiale e primordiale, ritmo travolgente. Tonalità ultragravi nel ritornello che ripete in modo ossessivo il titolo, il pezzo prende una piega quasi Slam Brutal nell'ossessiva ripetizione di ritmi stoppati, il fatto che la voce si spezzi e tremi per quanto Barnes canta gutturale è un valore aggiunto che rende ancora più marcio questo pezzo. Il finale è massiccio ed imponente, un primo pezzo che mette in chiaro che qua si sta parlando principalmente di Groove Death Metal. I protagonisti de testo, non poteva essere altrimenti, sono gli zombie che si risvegliano dalle tombe e si alzano, ricoperti di vermi e sangue, si tratta del giorno del giudizio e l'unica cura è la carne. Nazioni zombificate hanno preso la terra, il pianeta è morto, come un teschio ricoperto di sangue, mentre il terrore è più grande della morte stessa; strappano via tutta la carne da uno scheletro, che rimane esposto e viene fratturato, ma presto prenderà vita e si alzerà anch'esso per unirsi alla schiera dei non-morti. Tutti i morti si rialzeranno e saranno ancora affamati, la morte è in arrivo e si sta compiendo in questo giorno fatidico, è tutto ricoperto del fango della spazzatura umana, morti invano, ormai la piaga si è diffusa e non c'è ritorno. In questo testo quindi si immagina un giorno del giudizio che si svolgerà sotto forma di piaga zombie che farà risvegliare i morti che massacreranno i vivi i quali a loro volta si uniranno alla schiera famelica in una spirale senza ritorno. In questo testo si accentuano i contorni religiosi, poiché si ambienta nel giorno del giudizio, di tematiche sulla vita oltre la morte approfondite nel precedente album.

Thou Shall Kill
Con "Thou Shall Kill" (Tu ucciderai), si chiarisce lo scopo satirico del titolo, parlando di Comandamento al singolare vien da pensare che l'unica regola diventerà questa: uccidere, in contrapposizione al comandamento biblico che comanda di non uccidere. In effetti, a pensarci bene, questa è la regola vigente in un'ipotetica apocalisse zombie, ma è anche la così detta "legge della sopravvivenza" nella quale tutto è concesso, per sopravvivere; alcuni diranno che la chiave della sopravvivenza è l'evoluzione, l'adattamento, la capacità riproduttiva? per Barnes evidentemente è la capacità di uccidere. Il testo inizia nel bel mezzo della vivisezione (letteralmente visto che la vittima ancora può gridare) per mezzo di un coltello che pratica un taglio sulla pancia per estrarre le interiore, poi sul petto per rimuovere i polmoni in uno schizzo di sangue visto che la vittima ancora annaspa. Il torturatore continua a tormentare il corpo col coltello, un foro dopo un altro, causando un dolore insopportabile; poi lancia il corpo nella fossa, avendone violentato perfino l'anima. Torna quindi a prelevare un'altra vittima che condurrà nella stanza delle torture in cui sono disseminati corpi appesi ai ganci come in una grottesca macelleria umana, tortura lentamente la vittima successiva, causando un'ingente perdita di sangue coi consegue il rigor mortis ed il cessare del battito cardiaco. Poi il torturatore indulge nella necrofilia scopando i corpi decomposti mentre le larve se ne cibano, al corpo mancano parti, le estremità sono annerite ed in alcuni casi spezzate. Ecco un altro dei testi che Barnes avrebbe potuto tranquillamente scrivere per i Cannibal Corpse. Musicalmente il pezzo si presenta con accordi lenti, stoppati e potenti, poi prende velocità con delle stoppate ed il riff diventa un carro armato massiccio, tonalità abbassate, un growl basso un po' effettato, una botta pesante. E' tutto ritmo, con un rullante che incalza ed incita alla tortura; c'è una variazione in cui il ritmo diventa meno regolare e gli accenti si fanno più forti, un malsano divertimento. Si nota la potenza del basso, poi un ritornello in cui si rivela l'anima Rock con una melodia di chitarra che emerge, ma dura poco perché subito dopo riprende la brutalità, un attimo con un coro growl/scream e poi ancora il ritornello melodico finito il quale salta fuori un assolo di chitarra che parte con degli armonici e poi diventa una melodica plettrata veloce che lascia subito il posto alla ripetizione della strofa, tutto scorre velocemente e non c'è modo di resistere all'assalto sonoro, altra variazione altrettanto gutturale, una caverna di grezza violenza. Il sound generale ricorda quello di "True Carnage".

Zombie Executioner
Passiamo a "Zombie Executioner" (Esecutore zombie), ancora tempi medi, una bella botta ritmica con basso protagonista ed una chitarra che esegue accordi trascinanti, il pezzo prende velocità col rullante che pesta regolare, plettrata alternata e stile Brutal mentre la voce è gutturale e veloce, assalto tremendo. Si continua per questa linea fino a quando arriva il ritornello a rallentare il tempo ed abbassare la tonalità, tutto è imponente, gutturale, marcio, il growl è qualcosa di putrido e manderà in estasi tutti gli amanti della brutalità. Si riprende con la strofa, accompagnata da un blast di cassa, tutto rimane monolitico e stabile mentre quel growl grattato e marcio continua, inarrestabile. Altra carica, si prende velocità e la plettrata alternata passa in primo piano, una sega elettrica che trancia tutto al suo passaggio, si ripropone la stessa struttura già descritta e la cosa fa piacere perché si tratta di un assalto diretto e spietato, semplice ed efficace. Il finale arriva col ritornello e col caratteristico scream stridulo di Barnes che non si faceva sentire da anni. Il testo inizia con mutilazioni da sega elettrica, decapitazioni, colli che zampillano alla rimozione della testa e toraci che si muovono spasmodicamente, il cuore ancora batte e l'esecutore si affretta a dissezionarlo. Iniziano gli esperimenti, taglia via le estremità, raffiche di colpi sulle cavità genitali, taglia attraverso gli intestini, cava gli occhi e sega il cranio, rimuove il cervello con uno shock elettrico, brucia la carne solo per il gusto di sentire le urla di dolore. L'esecutore zombie si accanisce sui corpi senza vita, ne abusa, li mangia. Uccide con fervore, desiderio e disprezzo delle vittime, strappa la carne ed uccide i corpi sanguinanti, strappa via la lingua, fa un macello, risveglia i morti ricorrendo ad antiche maledizioni solo per il gusto di poterli uccidere di nuovo; durante una brillante luna piena con la motosega distrugge altri corpi che vengono spappolati, testa la propria arma sui corpi morti, è cosparso di sangue, un corpo senza braccia né gambe sta urlando di dolore e le interiora gli scorrono via dal corpo arrivandogli fino al mento, questo è l'inizio della fine della specie umana. Con un testo del genere c'è poco da fare, si può solamente ammirare la malata ispirazione che glielo ha fatto concepire, specie se pensiamo che si tratta di un pezzo di appena tre minuti.

The Edge of the Hatchet
Altrettanto ricco di insani particolari il testo di "The Edge of the Hatchet" (Il taglio dell'accetta), tornando a strumenti di massacro tradizionali descrive la lama dell'accetta che si abbatte sul collo, intaglia le ossa e scorre lungo la carne, è la sua arma preferita per uccidere e smembrare. Spezzetta tutto con la mannaia da macellaio, il filo dell'accetta taglia tutto, mentre il sangue spruzza copioso, il corpo svuotato si affloscia, esce fuori un liquido formato dalla commistione di feci, urina e bile; il filo dell'accetta è bagnato di tutto questo e continua a spaccare con agilità. Ghiandole disseccate, occhi implosi, genitali infetti, l'ascia continua ad abbattersi tritando un braccio staccato dal tronco, poi sulla gamba. Un corpo distrutto spaccato in due, taglia le dita, spacca le costole, tende agguati a nuove vittime per fargli fare la stessa ignobile fine; un colpo di accetta al midollo spinale, la schiena spezzata, la gamba staccata dal ginocchio al fianco, bracci troncati che gocciolano pus, altre urla. Le parti umane vengono raccolte ed ordinate, poi il colpo fatale che spacca petto e teschio. Ecco un altro testo con minuzia di particolari e ferocia inaudita. Inizia in modo esplosivo, tempi veloci, rullante al primo posto, la voce che assale immediatamente in un profluvio di gutturali e ritmo, le parti vocali si susseguono una dietro l'altra senza il tempo di respirare, è una formula che stilisticamente ripercorre quanto fatto col pezzo precedente, il tempo rallenta legger gemente per un breve passaggio e poi si riprende con la strofa veloce. Accordi veloci e semplici, anche in questo caso il basso ricopre un ruolo primario, il riff si ripete e continua in modo ostinato, le variazioni sono perlopiù ritmiche e comportano sfuriate di doppia cassa. Arriva un passaggio strumentale con riff di chitarra solitario, c'è un qualcosa di Rock nel groove e semplicità che emana, si associano basso e batteria e quindi diventa una parte cantata, ricca di gutturale brutalità. Stoppata, rullata e poi riprende nuovamente la strofa, identica alla prima. Un attacco diretto, bestiale e primitivo, si fa apprezzare anche per la cura e la potenza dei suoni.

Bled to Death
Il quinto brano è "Bled to Death" (Dissanguato a morte), ha un inizio che sembra copiato & incollato da quello del primo pezzo? assurdo! Accordi molto simili con un ritmo molto simile, stesso gioco di doppio pedale e groove trascinante, un bell'inizio, sì, ma sa troppo di già sentito e riciclare i riff all'interno dello stesso album non è una bella cosa, specie se lo fai con pezzi a tre posizioni di distanza. Si prosegue con accordi lunghi, variazioni strumentali e poi un growl che si trasforma in scream nella parte finale; la parte è molto simile a quella del primo pezzo (ma anche agli altri se la vogliamo dire tutta). Il pezzo è monolitico, parti strumentali semplici ingrossate da un sound da paura sulle quali Barnes sfoga la propria creatività con le ottime interpretazioni cui ci ha abituati. Il pezzo quindi ha una base precisa e puntuale, mentre la voce spesso esce e rientra dalla base, rendendo più mobile e vivace il risultato. Variazione a tonalità abbassata, diventa gutturale anche se ogni tanto a sorpresa saltano fuori degli scream, il tempo si ribassa ed il pezzo si differenzia molto dagli altri con una chitarra fischiata ed acuta che sta sopra una base grave e lenta (cose del genere le avevamo già sentite nei Cannibal Corpse); il sound si apre molto, dunque con un finale che ha un accenno melodico si ritorna alla strofa iniziale. C'è groove, violenza ed il pezzo continua a scorrere, la stessa variazione ribassata, infine la conclusione di colpo. Il testo ci proietta in una camera mortuaria riempita di vittime, l'assassino sadico è tentato di ucciderli di nuovo, anche dopo della morte, poi beve il loro sangue. Un carnivoro che si ciba di carne umana, è un cannibale che si cela nell'oscurità dove si apposta furtivo e progetta la prossima uccisione, desiderando prenderli tutti uno ad uno. Ora siamo in un cimitero, corpi marci, scopa a pezzi un morto che si disintegra per la decomposizione, ragni strisciano fuori da un teschio dal corpo seccato che non sarà più rinvenuto. Gli occhi neri e freddi dell'assassino fissano l'anima morta della vittima, adesso vuole imporsi su un'altra vittima e non resiste, non riesce a soddisfare il proprio desiderio di sangue, a sgozzare la vittima da un orecchio all'altro, dissanguarla a morte. Con questo testo c'è una differenza, perché in questo caso i particolari splatter, che ci sono, passano in secondo piano rispetto alla figura inquietante dell'assassino che si cela nell'oscurità e brama la sadica eccitazione che prova anche al solo pensiero di sgozzare una vittima umana.

Resurrection of the Rotten
Si passa a "Resurrection of the Rotten" (Resurrezione del marcio), altro riferimento abbastanza esplicito alla religiosità, se andiamo a vedere il testo si mette subito in chiaro perché chiede se soffriremo, poi parla dell'arma di dio, i peccati dei morenti, una specie di guardiano delle anime che ha più odio che amore per esse; poi tutta una serie di riferimenti alla morte per spada, la furia dell'inferno, la legione della malattia, il signore della miseria, tutti concetti messi di seguito a delineare un fiume di pensieri sconnessi. Dopo della morte risorge immortale, scatena il terrore con le proprie parole infette, sembra si tratti proprio di uno zombie che invita a cibarsi del suo marciume, si inneggia alla gloria della morte, ad una seconda vita malsana e demoniaca. Le stesse frasi si ripetono per tutto il pezzo, si può trarre unicamente la conclusione che la resurrezione, per Barnes, è vista come l'ennesimo atto di odio di un dio che vuole veder soffrire nuovamente le persone. Il pezzo inizia con accordi aperti, lenti, un tribale di timpano e cassa, poi il riff si fa serrato, anche il basso martella regolarmente in un crescendo di intensità, si associano influenze Thrash che fanno andare il pezzo più spedito, la chitarra si fa tagliente e quindi si può sentire meglio il lavoro del basso. Proseguendo il pezzo prende ancora più ritmo, merito di una cassa martellante con accenti sempre più evidenti e forti, la voce resta gutturale e molto ritmata, frenetica, potente. Si alternano parti serrate con accordi aperte, il suono è basso, c'è un assalto sonoro anche se il pezzo non è ispirato come altri; un assolo in stile Rock tecnico salva la situazione con una scarica di melodia e virtuosismo. Si riprende con la strofa, variazione ritmica che ripete il ritornello per più volte e poi si arriva al finale quando il pezzo è ancora molto tirato.

As the Blade Turns
Il settimo pezzo è "As the Blade Turns" (Mentre la lama gira), le influenze Thrash escono fuori ancora più evidenti in questo inizio nel riff di chitarra, la cassa è molto potente ed il basso svetta però si nota che il riffing è diverso rispetto agli pezzi e non è un cambiamento che dispiace. La voce si fa più melodica e segue la melodia tracciata dalla chitarra, si cede un po' di impatto a favore della melodia e tutto funziona molto bene. Poi accordi ribassati, la voce continua ad essere gutturale e melodica (anche se si spezza di tanto in tanto), il basso si libera e regala passaggi interessanti. Riprende la strofa iniziale, alcune variazioni si piazzano nei finali di ogni riff, ora il rullante pesta più veloce ed è l'ora del ritornello, ritmatissimo nel ripetere il titolo del brano. Ancora una strofa melodica, scorre veloce grazia ad un blast di cassa e rullante puntuale, nonostante la piccola contaminazione melodica il pezzo è una botta feroce e diretta, il ritornello è ossessivo e ripetitivo, si chiude di colpo per il finale. A questo punto si nota che la fantasia inizia a calare, ancora più che negli altri pezzi ci sono pochi riff e variazioni minime; ciò però non rovina l'ascolto (come accadeva con altri album precedenti). Il pezzo descrive il movimento della lama che gira sulla ferita ed il sangue ne sgorga, si tratta di un altro omicidio da segnare nella lista, l'assassino non la smetterà mai. Mentre la lama gira nella ferita l'anima della vittima brucia e si estingue. Viene rinvenuto un altro corpo, legato e picchiato, il medico legale ha avuto difficoltà a stabilire l'ora del decesso perché il corpo è stato bersagliato anche dai parassiti che l'hanno sfigurato. Nove anni passati a marcire, mentre la lama gira l'anima viene dimenticata, i resti vengono sparsi morti di stato in stato. Il killer taglia e tira fendenti, la vittima è all'angolo e morirà presto, arriverà all'obitorio con le ossa rotte ed il cadavere freddo. Gira la ferita nella carne viva mentre la vittima urla disperata, per sfogare la rabbia e l'odio, gli scorre una rabbia psicotica nelle vene e cerca di placarla scavando nella vittima col coltello.

The Evil Eye
Ora procediamo l'ascolto con "The Evil Eye" (letteralmente si traduce in l'occhio malvagio, ma corrisponde al nostro malocchio), una spiegazione del titolo impone iniziare con la trattazione del testo. Il malocchio deriva dalla convinzione popolare che si possa trasmettere una maledizione attraverso uno sguardo carico d'odio rivolto ad una persona ignara - dunque bisogna che ci sia un contatto visivo, a differenza della fattura che si può fare anche a distanza - nessun problema per chi non è superstizioso e teme solo le fatture del ristorante insomma. Qualcuno respira disperato, morente, pronuncia le ultime parole catturato in mezzo alle linee vive le bugie di un mondo distrutto; una fossa appena scavata è in attesa. Mentre la vittima cammina solitaria c'è chi si cela, con un coltello, vorrebbe divorare l'anima umana, un corpo umano distrutto e sanguinante, prossimo alla morte, pazzo, l'assassino pregusta la dolce morte che infliggerà alle vittime: ne deve uccidere nove. La stessa parte si ripete, è un testo breve e non molto coerente, anche perché fino alla fine non si capisce cosa c'entra il malocchio nel banale è già sentito assassino in attesa della vittima. Insomma un testo poco originale, messo in piedi raschiando le ultime banalità dal fondo dell'immaginazione. Il pezzo inizia con una parte serrata e molto ritmata, una cassa lenta ed un rullante più mobile, il basso è ancora un po' nascosto; variazione Hardcore alla chitarra ed il pezzo prende vita con una botta di ritmo e la voce, ora che il pezzo è nel meglio si riesce a capire che la mancanza di ispirazione colpisce anche il lato musicale. La voce sembra improvvisata, non segue una struttura precisa e pare scontata, messa là come capitava. Un passaggio strumentale di chitarra, colpi di rullante e piatti all'unisono, varia la strofa con delle parti più regolari, esce fuori il basso che pesta forte. Nonostante tutto il pezzo trascina e coinvolge, per a semplicità ed il groove che ci sono; pezzo poco maturo quindi, poco fantasioso ma pur sempre efficace. Messo in questa tracklist si fa perdonare perché offre una variante a quanto già ascoltato.

In a Vacant Grave
Arriviamo a "In a Vacant Grave" (In una tomba vuota), plettrate veloci mentre la batteria stoppa, poi a sorpresa un vorticoso assolo melodico con finali prolungati, il pezzo riprende con forza e ritmo nello stile degli altri. Un pezzo monolitico che si riporta allo stesso stile dei precedenti, nel ritmo ossessivo e ripetitivo, ha introdotto con un assolo e quindi in qualche modo è riuscito a differenziarsi. La variazione prevede una parte rallentata col riff che decelera all'inizio e raddoppia nella seconda parte. Tutto si ripete con un growl non particolarmente gutturale. Altro assolo nello stile del primo, lo stile sembra Rock, dura poco e lascia un'ottima impressione, riprende la strofa, tutto è frenetico e le parti cambiano in fretta. Lo stesso riff viene tirato a lungo e si ripete aggressivo con ritmi pestati, la voce è incalzante e pur non essendo molto gutturale è violenta ed ha un certo impatto. Ancora la parte col riff rallentato che prende velocità nella seconda parte, tutto si ripete identico ed è un piacevole assalto, non è un pezzo breve ma è costituito dalle stesse idee ripetute più volte, siamo nella fase riciclo della creatività. Il testo rispecchia lo stesso concetto a modo suo: aperta la tomba si assaggia l'odore della morte, corpi che marciscono da carne a ossa, è il luogo dove ci decomponiamo e passiamo alla non esistenza perché siamo nati per morire. Il cervello muore ed il corpo crolla, in una tomba vuota dissacra l'anima del morto. Poi una serie di frasi circa la sofferenza, il dolore, il suicidio per mezzo di taglio alle vene. L'eternità passata a soffrire in un buco sotto terra. Le stesse parole vengono ripetute più o meno per quattro volte, sempre nella stessa struttura: questo è un testo che non ha molto senso: corpi morti per suicidio, che soffrono in eterno, e questo soggetto che si aggira per le tombe per dissacrare e violare i corpi? va bene la brutalità, ma manca un senso, una logica a tutto questo.

Ghosts of the Undead
L'ultimo pezzo è "Ghosts of the Undead" (Fantasmi dei non-morti), un bel riff ritmato fatto di plettrate carica di groove, il basso si fa sentire caldo in sottofondo dettando un'altra linea ritmica che si intreccia, la batteria cerca di non strafare ed accelera solo dove serve, la voce è gutturale ma sa spostarsi anche sui medi. Il riff rimane molto groovy, mantiene lo stesso ritmo mentre è la voce a fare le variazioni, poi un rallentamento strumentale ed è la voce che accelera e si ferma. Assolo a sorpresa, acuto e ripetitivo, poi scarica melodica ed altra volta la stessa struttura dell'assolo, altra cascata ed altra litania, l'assolo dura a lungo e continua con una scarica melodica. Si riprende col riff iniziale, bello ritmato e basilare in pieno stile Six Feet Under, ancora una volta la stessa parte rallentata, il pezzo attira e coinvolge, la batteria si lancia in un blast di cassa in stile tribale con accenti sul rullante; questa volta la parte lenta dura di più, è ossessiva e si ripete con insistenza, man mano che continua la batteria prende più spazio e diventa più invasiva e presente finché non arriva a diventare un carro armato, poi si ferma. Un grido e piange della strega, un richiamo ululante di lupo, liberato dai demoni lascia che la fiamma bruci attraverso la notte, il male si cela nelle tenebre. Si tratta di un sovrannaturale sconosciuto, il diavolo e la sua padrona che pianificano la distruzione del mondo, cibandosi del peccato. Si ripete tutto quanto, senza altre spiegazioni su ciò che vorrebbe pianificare la strega, sul perché? altro caso di testo con parole scontate messe là e ripetute perché non c'erano altre idee.

Conclusioni
Se la seconda parte dell'album fosse stata come la prima ci troveremmo tra le mani qualcosa di bestiale, un bel carro armato di potenza e creatività. Si apprezza in modo particolare la cura del sound, anche lo stile del gruppo beneficia della nuova iniezione di brutalità eppure la creatività in fase studio è sempre stata la pecca dei Six Feet Under, che - in tour ogni momento - dedicano alla composizione dei pezzi (specialmente gli ultimi della tracklist - poco tempo e poca attenzione. Altra occasione sfumata, poteva uscirne fuori un ottimo lavoro, ne esce uno discreto che rischia di annoiare sul finale; nella prima parte i testi sono talmente lunghi ed articolati che con uno di quelli ci avrebbero fatto un album, se usati con la stessa parsimonia delle parole degli ultimi pezzi. C'era anche un concept interessante che trattava del giorno del giudizio, l'apocalisse zombie, una fase centrale che si concentrava sullo splatter ma manteneva ancora alta l'attenzione; tutto sfumato e sostituito delle solite banalità che oltretutto vengono proposte senza il minimo di fantasia: le solite cose sul malato che si aggira per le tombe, frasi sconnesse ed inconcludenti e poi alla fine la strega ed il demonio. La squadra è affiatata ed i pezzi suonano bene, il missaggio fa risaltare l'ottimo lavoro del basso, nessuno dei musicisti vuole strafare e - questa volta - neanche Barnes esagera: si tratta di un Groove Death Metal onesto con dei buoni momenti iniziali, che però nella fase finale si ripete un po' troppo e perde di grinta, diventa un compitino scolastico poco ispirato. E' la fretta ad aver impedito a questo album, con la solita durata ridotta alla quale ci ha abituati il gruppo, di decollare perché ci sono i singoloni che spaccano, altri pezzi che fanno la loro figura, ma sono accompagnati da altri pezzi che sono il risultato di un riciclo di riff scandaloso e non si distinguono per creatività; in alcune situazioni ci sono degli assoli di chitarra che salvano la situazione e ci svegliano dal torpore, altre volte i pezzi sono ripetitivi e sanno di già sentito anche ascoltandoli per la prima volta (poi torni indietro e scopri dove l'avevi sentito un riff quasi identico). La valutazione complessiva tiene conto di queste circostanze e, specialmente, del fatto che l'album non suona mai male ed ha dei pezzi iniziali massicci che è una bellezza, senza contare l'ottimo sound che permette al gruppo di esprimersi al meglio.

2) Thou Shall Kill
3) Zombie Executioner
4) The Edge of the Hatchet
5) Bled to Death
6) Resurrection of the Rotten
7) As the Blade Turns
8) The Evil Eye
9) In a Vacant Grave
10) Ghosts of the Undead


