SIX FEET UNDER
Alive and Dead
1996 - Metal Blade Records

PAOLO FERRANTE
09/09/2015











Introduzione recensione
Siamo nel 1996 quando i Six Feet Under, reduci da un album d'esordio e specialmente da una scissione tumultuosa che ha allontanato Chris Barnes dai Cannibal Corpse, decidono di voler darci dentro con un EP: "Alive and Dead", pubblicato dalla Metal Blade Records. Sicuramente questa pubblicazione è un modo per affermare, con forza, che i Six Feet Under ci sono e continueranno ad esserci; mentre il fatto che Cannibal Corpse e Six Feet Under condividano la stessa etichetta non fa che peggiorare le cose perché ogni pubblicazione diventa una sfida all'ultima vendita (quindi le cose non peggiorano di certo per l'etichetta). La strategia non è certo troppo misteriosa: dopo la pubblicazione di "The Bleeding" (1994) i Cannibal Corpse rimangono senza cantante (quindi niente nuovi album né concerti) mentre Chris Barnes trasforma i Six Feet Under in un progetto a tempo pieno e si affretta a sferrare un duro colpo iniziale con "Haunted" (1995) e continua a battere il ferro caldo con questo EP. L'obiettivo, facile da intuire, è dirottare tutti i vecchi fan dei Cannibal Corpse nella sua nuova creatura, approfittando della pausa forzata degli ex soci. Questa rincorsa iniziale ha giovato non poco ai Six Feet Under che, appena nati, hanno avuto addosso gli occhi di una larga fetta di pubblico che - credendo o temendo la fine dei Cannibal Corpse - ha spostato la propria attenzione ai Six Feet Under quantomeno per il fatto che restavano l'unica alternativa vista l'assenza forzata dei Cannibal Corpse dalla scena. Sappiamo che i Cannibal Corpse tornano a farsi sentire con "Vile" proprio nel 1996, la strategia dei Six Feet Under è quella di convogliare a sé gli ascoltatori del Death gutturale ma anche gli appassionati di sonorità più leggere; ciò è reso evidente dalla ormai (in)famosa abitudine di fare cover di pezzi famosissimi, in questo EP figura una cover dei Judas Priest infatti. La veste più piaciona dei Six Feet Under è rimarcata dalla copertina dal discutibile stile al limite del glamour: un pattern di terra, con una diagonale lucente che attraversa diagonalmente la copertina, poi un "6" in stile tribale inciso in un ingiustificabile bollino rosa. Ebbene il rosa è il colore prevalente nell'artwork e viene riproposto in tutta la sua inappropriatezza nel resto della grafica, in dosi anche più massicce nel retro ed inlay, ma ogni ritegno viene abbandonato nella serigrafia del CD che è di un rosa totale; ed il fatto di inserire teschi e colonne vertebrali non fa altro che aumentare lo scandalo, specie se si pensa che l'artista in questione, Brian Ames, è stato proprio quello che disegnato tutte le copertine dei Cannibal Corpse! Dopo aver dichiarato guerra al buon gusto con questo artwork la formazione è la stessa del primo album: Chris Barnes alla voce, Allen West alla chitarra, Terry Butler al basso e Greg Gall alla batteria. Questo EP è particolare perché, oltre a contenere due brani inediti (che non saranno inseriti in album successivi, ma solamente in compilation), contiene una cover e poi tre brani del primo album eseguiti live; insomma è un biglietto da visita!

Insect
L'album comincia con "Insect" (Insetto), un fade-in con feedback di chitarra distorta, apertura da rockstar per questo EP, si aggiunge un'altra chitarra con un feedback altrettanto distorto e poi parte un riff lento e rockeggiante ma pesante, alla Black Sabbath per intenderci, batteria molto semplice e poi una voce gutturale, in growl, che riprende il ritmo del riff e lo fa proprio con delle variazioni acute. Il pezzo cambia e la voce si sgancia dal riff, diventa anche più gutturale, poi si ripete la prima strofa; si apprezza la struttura semplicissima e funzionale con delle aperture da Death Doom Metal, c'è fantasia nella voce ed un'interpretazione che convince; ciò che convince meno è quanto sia vuota la parte strumentale. Il pezzo prosegue con poche variazioni ed i momenti più interessanti, dal punto di vista strumentale, consistono in delle stoppate di chitarra, il basso è anonimo, la batteria mostra personalità in qualche lento blast tribale di cassa. Il pezzo è semplice, si compone di poche parti che si alternano, magari con qualche piccola variazione negli accenti, lentamente; a contribuire alla varietà dinamica specialmente la voce che passa da growl a scream, brevemente, per dare dei picchi di intensità e risvegliare l'ascoltatore dall'ipnotico growl cavernoso e prolungato delle parti più lente. Nel finale viene ripetuto il ritornello, ermetico e secco, con un brevissimo coro che segna la conclusione; un pezzo con carattere, che continua la linea intrapresa col primo album. Il testo affronta tematiche poco confortanti: ci prospetta il momento in cui moriremo e le larve dei giovani insetti si preparano a divorare le cervella inattive e vertebre, praticando dei fori per succhiare lentamente il loro nutrimento. La carne umana morta li nutre, schizzando pus giallo che gli insetti divoreranno traendo vita da ciò che è morto e freddo (la filosofia da dove non te lo aspetti), sopravvivendo cibandosi di carcasse non sepolte, riducendole all'osso, mentre un odore di decomposizione fetido emana durante tutto il processo. Mentre mangiano i parassiti si riproducono, accelerando la velocità con la quale la colonia divora, pezzo per pezzo, ciò che resta del nostro cadavere; si cibano per poter deporre le uova che porteranno nuove larve le quali continueranno l'opera infestando la carcassa. Si avverte immediatamente un forte contrasto tra la musicalità e le tematiche del pezzo: da un lato si fa riferimento al Rock, dall'altro si mantiene intatta tutta la cruda brutalità del Death più estremo.

Drowning
Col secondo pezzo, "Drowning" (Annegando), avviene l'esatto opposto: abbiamo un pezzo più orientato verso il Brutal ed un testo che potrebbe essere tranquillamente di un pezzo Rock. Questo testo comincia descrivendo la terribile sensazione del sentirsi trascinato in profondità, il narratore percepisce la forza irresistibile che lo fa affondare e si agita per guadagnare la superficie, traendo ansimante un ultimo respiro, soffoca e non riesce più a respirare. Il corpo è alla deriva, non c'è segno di vita, viene trasportato dalla marea; i polmoni sono pieni di liquido mentre gli occhi si aprono di colpo e lui, disorientato, non sa dove dirigersi e quindi si muove convulsamente, gli arti sono paralizzati dai crampi e dunque non riesce ad opporsi alla corrente che, pur lasciandolo a galla, lo trascina non si sa dove. L'orrore è rappresentato proprio da questa situazione di impotenza, dal forte valore simbolico, in cui il corpo è assoggettato alla corrente e ne subisce l'irresistibile forza senza essere capace di opporre resistenza alcuna. L'acqua diventa una tomba, il corpo va alla deriva e naufraga in questo terrore liquido, morto ed immobile; schiacciato contro gli scogli galleggia fino a riva, rigonfiato dall'annegamento, nero e blu. Un testo che mostra sensibilità, perché descrive l'evento nefasto senza esaltare la brutalità ma approfondendo il lato poetico che può individuarsi in una condizione del genere; creando un testo che esprime l'enorme fragilità umana e che - se non stessimo parlando di Chris Barnes - potremmo pensare che ad una tale fragilità del corpo corrisponda altrettanta fragilità nei sentimenti. Un pezzo del genere inizia con una plettrata alternata in pieno stile Brutal, colpi di cassa e piatti all'inizio e quando si fa sentire un gutturale lento e lungo la batteria esegue una parte più cadenzata e meno invasiva. Rullante in primo piano, riff a plettrata alternata che si trasforma in accordi per pochi secondi e poi riprende, la voce diventa più incisiva alternando parti lente e marcate a veloci growl ritmati. Uno stile completamente diverso dal pezzo precedente, che inizia ad introdurre quel growl rappato che sarà più presente nei prossimi album, poi una parte con dei cori in scream con relativi eco. Il pezzo cambia completamente, si sentono accordi stoppati e le voci si sovrappongono, prima che finisca una frase ne inizia un'altra, aggiungendo così una sensazione di caos al tutto; la voce passa da growl a scream per dare più varietà. Poi altri accordi lenti, la voce è un growl che in qualche passaggio diventa scream, dopo si ripete il primo riff; un pezzo molto semplice che però mostra più variazioni e creatività; finisce presto ma ha una lunga coda con un feedback in fade-out. Con questo secondo pezzo i Six Feet Under mostrano il volto più veloce e groovy, che verrà approfondito nel successivo album.

Grinder
Proseguiamo con "Grinder" (Macinatore), cover dei Judas Priest, un pezzo che si apre col groove dello stile Hard'n'Heavy, finalmente si riesce a sentire meglio il basso che comunque ha un suono molto distorto ed impastato. Una cover azzeccata perché ha un sound molto simile a quello del primo pezzo ma si avvale di un groove più pronunciato, il ritornello viene eseguito con una voce che passa ad un growl più gutturale, molto positivo il tocco di chitarra che riesce a trasmettere lo stile originale del pezzo pur eseguendolo in modo più aggressivo. Ci sono dei passaggi strumentali in cui si mantiene il sound tagliente dell'originale, dei passaggi importanti perché ricordano le origini del pezzo ma anche arricchiscono il Death Metal di improbabili sonorità Rock; questa è la ricetta del Death'n'Roll sulla quale i Six Feet Under, a pubblicazioni alterne, hanno puntato. La semplicità e carica dei riff, suonati con timbrica e spirito Death, alternata ai passaggi rock della chitarra, è quella caratteristica che rende questo pezzo godibile e la cover riuscita senza dubbio. Come sappiamo il pezzo in questione ripete spesso le stesse parti e le arricchisce con momenti strumentali tecnici, il testo invece parla di un ribelle - protagonista della maggior parte dei testi dei Judas Priest - che non va mai dritto al punto, tende a vagare fuori dal sentiero battuto; non se ne fa niente della routine e gli vengono i brividi solo a pensarci, preferisce il cielo aperto. Non vuole abboccare alla trappola ed attivare il laccio che lo imprigionerà, vuole che il suo punto di vista prevalga su tutto il resto, vuole mantenere la propria indipendenza e libertà di pensiero. Questa macina è la trappola che vorrebbe tritarlo, eliminarlo, invitandolo a mangiare; è l'inganno che lo seduce. Lui preferisce rimanere libero, afferma che la licenza a fare ciò che vuole l'ha ricevuta alla nascita, mentre invece altri festeggiano la festa dell'Indipendenza marchiati come bestiame; così come la possente aquila, anche lui ha bisogno di molto spazio per vivere e quindi se ne va lontano. Adesso inizia la seconda parte dell'EP, coi live, i primi tre pezzi sono stati registrati al live in Pratteln, Svizzera, 12 Luglio 1996; l'ultimo in Olanda ad Hengelo il 21 Giugno 1996. Tutti i pezzi proposti sono inclusi nel primo album, recensione che troverete nel nostro sito; ragion per cui questo esame sarà più breve e verterà principalmente sulla prestazione live.

Suffering in Ecstacy
"Suffering in Ecstacy" (Soffrendo in estasi) inizia con l'applauso e la presentazione, Barnes è un frontman ormai rodato, una rullata di batteria e poi si parte con la devastazione: un sound piuttosto medio-alto (tipico dei live) con un rullante molto presente ed un basso assai penalizzato. Il riff è bello incisivo e ben eseguito, la voce non è particolarmente profonda e se parte senza riverbero poi ne guadagna sempre più. Ad un certo punto il riverbero è pure troppo, sembra un coro continuo e la voce ne esce robotica e pompata di medi - un bel peccato visto che la caratteristica voce di Barnes ha dei bassi molto importanti. Il lavoro della batteria esce acuto, cassa triggerata per avere la resa più pulita possibile, gli scream sono carichi di distorsione ma danno comunque un bel tocco Brutal all'esecuzione, Barnes è a suo agio nel cantare. E' un gruppo di professionisti abituati a stare sul palco e questo traspare: Allen West è preciso alla chitarra e si permette dei tocchi di interpretazione che migliorano il groove, mentre basso e batteria preferiscono rimanere statici e precisi - senza uscire dai ranghi - Barnes invece fa emergere la propria personalità eseguendo il pezzo fedelmente ma mettendoci del suo nell'interpretazione. La musica rende bene l'idea del testo che tratta di uno che si trova a soffrire nella propria tomba, vittima di un'infezione e di ferite autoinflitte così da raggiungere l'estasi del dolore; nel suo sangue scorre sangue infetto, avvelenato. Il concetto si ripete diverse volte, non c'è cura e questa condizione è inevitabile; il testo quindi vuole evocare la situazione di terrore di chi si trova in una condizione del genere.

Human Target
Parte rallentata di chitarra, con tanto di feedback e fischio che dà inizio al seguente "Human Target", i pezzi sono stati registrati di seguito e quindi non c'è nessuna pausa tra i due. Il riffone pesante, un rullante spropositato (che forse viene abbassato appena dopo dal fonico), la voce di Barnes, che dovrebbe essere gutturale, è invece carica di medi, quindi per imporsi spezza prima le frasi in modo secco, almeno riesce a dare la botta ed avere presente, non potendo contare sul timbro basso e cavernoso. Il riff va avanti scandito dal rullante a martello, la voce cerca di diventare più melodica e quindi gratta meno, tribale di batteria e violenza assicurata, finalmente la voce mostra delle parti gutturali ma perde smalto e precisione, incespicando nelle ritmiche complicate, la voce diventa rauca e quindi si fanno sentire i limiti tecnici di Barnes. Il riff è trascinante, riprende la strofa, la voce è stanca, il resto mantiene inalterato il groove, qualche imprecisione di chitarra (costretta a ripetere in continuazione lo stesso riff), finalmente un tocco di personalità da parte del basso sulla conclusione. Questo testo è invece più orientato verso il sociale, si delinea la figura di una vittima di bullismo e maltrattamenti di vario genere, con le ossa rotte e dolorante per le angherie subite, è un vero e proprio bersaglio umano. Nonostante questa condizione egli si ribella, cammina dritto e fiero non accettando di subire tutto questo, non correndo via spaventato. Non è vita se si fugge sempre e si è sempre spaventati, quello che fa lui invece è lottare, seguendo la legge del più forte e senza mostrare paura.

Lycanthropy
A fine brano una brevissima pausa con applauso, poi Barnes presenta il prossimo pezzo "Lycanthropy" (Licantropia) che inizia con quelle stoppate irresistibili, trigger e stoppate all'unisono, belle precise e fedelissime alla registrazione live, una bella dimostrazione di compattezza. Dopo il momento di riposo la voce ha più forza nei bassi all'inizio, poi dopo qualche scream perde i bassi e diventa più sfiatata e prevalente nei medi. Altre stoppate come nell'introduzione, la batteria sfoggia un tribale inarrestabile, la voce questa volta va sui medi, si spezza a tratti, trema e se ne va prima della frase, la stanchezza si fa sentire ma il gruppo va avanti con la stessa violenza. Una parte più gutturale, cantata in modo frettoloso nei finali, con degli accordi lenti e cadenzati, in mezzo a scariche di pedale; si riprende con le stoppate iniziali, il basso è impreciso e sbava l'esecuzione apparendo e scomparendo, la struttura si ripete, Barnes grida più del necessario improvvisando delle parti per coinvolgere il pubblico, poi si arriva alle stoppate finali. In questo trio di brani quello che si nota è un frontman coinvolgente ma poco preparato tecnicamente: pur di strafare esagerando all'inizio del pezzo si affatica troppo e si mostra stanco dalla metà in poi; il reparto strumentale ha, sì, delle parti molto facili e lineari ma ciò è un'arma a doppio taglio perché in questo modo è facile capire quando c'è qualche minima sbavatura nell'esecuzione e, nel ripetere lo stesso riff per più di dieci volte di fila, le probabilità che si verifichi si aumentano. Groove coinvolgente che si trasmette bene, peccato per il missaggio che ha penalizzato le frequenze più basse. Il testo ha tematiche tratte dall'horror più tradizionale, descrive la condizione del licantropo affamato di carne umana, si affronta specialmente il tema della trasformazione da vittima in carnefice - visto che se una vittima viene morsa e non divorata poi si trasforma, a sua volta, in licantropo - condannato ad infliggere ad altri lo stesso dolore subìto, tramandando la maledizione della licantropia.

Beneath a Black Sky
"Beneath a Black Sky" (Sotto un cielo nero), come anticipato, è tratto da un live in Olanda, Barnes presenta il pezzo dicendo che sarà l'ultimo pezzo della notte, si sente un pubblico numeroso e caloroso che ancora continua ad incitare il gruppo, Barnes ringrazia tutti gli stronzi presenti e spera di rivederli "Sotto un cielo nero", il pezzo inizia con un riff distorto ad una batteria potentissima, triggerata al massimo in modo spropositato, la voce si presenta con una distorsione esagerata che dà l'idea di un impianto non all'altezza e fa sembrare che Barnes stia cantando al telefono. Si sente una porcheria assurda, il gruppo in realtà sta suonando anche meglio rispetto ai tre pezzi precedenti, c'è una bella carica e si capisce che il gruppo è gasato di brutto, ma il suono è pessimo e roba del genere sarebbe adatta ad un localino da cento persone con l'impianto scarso del blackline più barbone possibile. Finalmente il fonico si accorge che il volume della batteria è esagerato (sentire un sound del genere a fine concerto, dove di solito i volumi dovrebbero essere ormai perfetti, fa capire che tutto quello che si è sentito prima è stato addirittura peggio) e lo abbassa un po', ma ormai il danno è fatto e ad un minuto dalla fine poteva anche risparmiarsi lo sforzo di tentare di fare quello che non ha fatto fino ad allora. C'è molto entusiasmo, il pezzo viene eseguito bene, per quel che si capisce, a conclusione del concerto un Barnes euforico saluta tutti quanti tra fischi ed applausi. Altro testo horror, ma di quel tipo che ci si aspetterebbe da un gruppo Black Metal: descrive il cielo che diventa nero, non c'è il sole ed il giorno diventa notte, neanche la luna in cielo, tutto completamente buio, nero e freddo. Un testo del genere è frutto del tentativo di Barnes di realizzare un album, il primo appunto, attingendo interamente a tematiche horror; esperimento riuscito solo in parte e comunque non molto bene. Questo testo tipicamente Black non ha senso con questa musica, si sente cantare in modo violento ed il gelo e l'oscurità sono le ultime cose che vengono in mente. C'è la raccolta di praticamente tutti gli stereotipi del Black Metal: notte, oscurità, nero, gelo, freddo, inverno eterno e via dicendo; non riesce ad essere originale perché qualsiasi blackster avrebbe fatto di meglio.

Conclusioni
Si conclude in questo modo un EP che, come anticipato, è più che altro un biglietto da visita del gruppo ed anche un modo per continuare ad esserci, in concomitanza con la recente pubblicazione dei Cannibal Corpse. Essendo i pezzi inediti solamente due il gruppo ha pensato bene di infarcire la pubblicazione di una cover, ben riuscita a dire il vero, assieme a ben quattro brani tratti da due live diversi. Tirando le somme è davvero difficile fare una valutazione complessiva perché questo EP è pieno di elementi molto discutibili, se non addirittura orripilanti, ma non è stata interamente colpa della band: mi riferisco all'artwork poco appropriato ma anche al missaggio dell'ultimo pezzo, che lascia un pessimo ricordo dell'EP, tanto che se non l'avessero incluso si sarebbero fatti un favore. In ogni caso non possiamo completamente assolvere il gruppo: in quanto produttori di se stessi avrebbero potuto quantomeno opporsi ed evidentemente non l'hanno fatto. I due pezzi inediti sono molto interessati, rappresentano due stili molto diversi che convivono nel gruppo e condividono gli stessi problemi dei primi due album, problemi che si avvertono specialmente nel contrasto tra testo e musica - testo brutale con musica Rock, testo leggero con musica brutale - tipico dei primi due lavori del gruppo. La prestazione live ci mostra quella che è la naturale dimensione nel gruppo: il palco, sebbene si devono menzionare i problemi tecnici alla voce di Barnes che, se priva di effetti, non riesce ad incidere molto e si affatica troppo per mantenersi così "sporca". Nonostante ciò il risultato si ottiene: groove e violenza, peccato per la difficoltà di rendere onore alla voce gutturale con un missaggio decente. I live ci mostrano anche un altro elemento, comune a tantissime band, anche le più affermate: la prestazione e l'entusiasmo del gruppo dipendono molto dal calore del pubblico e con Barnes, che ama instaurare un dialogo, questo è molto evidente. Quando Barnes inizia a chiamare la gente "stronzi", a fare discorsi pieni di quel linguaggio volgare che è tipico della sua personalità, si capisce che è a suo agio e quindi sta facendo davvero un bello spettacolo, con tutte quelle espressioni ed atteggiamenti (che purtroppo non traspaiono dalla registrazione) che portano il pubblico a tenergli gli occhi sempre puntati addosso. Il carisma di Barnes focalizza su di sé l'attenzione del pubblico mentre gli strumentisti mettono su una base solida e precisa, anche se poco variegata, peccato per la preparazione vocale non all'altezza delle sue pretese. Questo EP in definitiva non è un qualcosa di essenziale nella discografia dei Six Feet Under, ma assolve bene il compito di chiarire che il gruppo c'è ed ha grandi piani.

2) Drowning
3) Grinder
4) Suffering in Ecstacy
5) Human Target
6) Lycanthropy
7) Beneath a Black Sky


