SAXON

Solid Ball of Rock

1991 - Virgin Records

A CURA DI
DIEGO PIAZZA
24/03/2016
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

Al termine del 1988, la carriera dei Saxon sembra essere giunta quasi al capolinea. Il sostanziale insuccesso di Destiny ha portato alla fine della collaborazione con la EMI, dopo un tour peraltro non portato a termine a causa di divergenze tra Biff ed il manager Nigel Thomas. Dal 1979 Biff Byford e i due rimanenti membri dei Saxon, la coppia di chitarre Paul Quinn e Graham Oliver, hanno finalmente a disposizione un lungo momento di pausa dopo un susseguirsi di album-tour dal almeno un decennio. Per la verità Paul e Graham non sembrano contentissimi di rimanere fermi (malgrado arrivino puntuali gli introiti dei diritti sulle canzoni) e pensano di realizzare qualche progetto per conto loro. Biff, d'altro canto, si butta nel business immobiliare, vendendo la sua la casa nel Lincolshire e facendo buoni affari vendendo pezzi d'antiquariato e altro che appartenevano a questa lussuosa abitazione. Per ottemperare ad un vecchio contratto con un etichetta USA, i Saxon nel 1989 pubblicano il loro secondo live, intitolato Rock 'n' Roll Gypsie, registrato quasi tutto dal vivo in quel di Budapest. Un impresario tedesco, un certo Rainer Hansel, contatta i Saxon per un tour tedesco di supporto ai Manowar, evento che riporterà i Saxon a suonare davanti a 7000-8000 fans, il che non accadeva da qualche anno. Il buon successo del tour riaccende la fiamma della passione musicale e, ben presto, il tour del decennale in UK che doveva essere solo di una decina di date, si trasforma in un grosso successo, con oltre 60 date, mentre Hansel spinge la band a firmare per l'etichetta Virgin tedesca. Nel contempo la Roadrunner ha ristampato il cd live anche per il mercato UK, e finalmente la band si può concentrare, grazie alle nuove entrate, sulla stesura di un nuovo album. Va detto che per via di un vecchia fattura non pagata alla prima coppia di manager Blechner /Poxton, salita poi negli anni a livelli esponenziali per via degli interessi maturati, i Saxon sono costretti a cedere parte dei propri guadagni, molti introiti del tour e del merchandising se ne andranno per sopperire a questo debito. Biff ironizza anche nella sua biografia, dicendo che oramai si erano fatti amici anche gli ufficiali giudiziari che venivano a ritarare nel backstage a scadenze regolari i soldi, alla fine del debito rimanevano poche sterline che, Biff si augura di non dover ancora pagare con gli interessi in futuro. Nigel Glockler ritorna come batterista, mentre al basso un giovane talentuoso, Timothy Carter detto "Nibbs", si unisce con il suo entusiasmo già dal tour con i Manowar e poi quello come headliner in UK. La sua grinta e le sue perfomances sul palco vengono immortalate anche nella vhs "Saxon - Greatest Hits Live", registrato a Notthingham, e che mostra comunque ancora una band in grandissima forma dal vivo. In parte scritto nel Lincolshire, negli studi di un certo Bram Tchaicowsky , ex membro della band punk The Motors , Solid Ball of Rock segna un ritorno importante per la band, sia il suono che le canzoni sembrano spianare di nuovo la strada, ed in particolare in Germania l'album ha un buon successo. L'album è stato registrato nei Karo Studio ad Amburgo, prodotto e co-mixato da Kalle Trapp , musicista tedesco che aveva anche collaborato con i Blind Guardian. Biff ricorda nella sua biografia come i Karo Studio fossero collocati in una zona di totale isolamento dal mondo, fatto che ha permesso alla band di concentrarsi meglio sulle registrazioni senza le distrazioni che si possono avere nei più prestigiosi studios di Los Angeles o New York. La copertina è prevalentemente disegnata su uno sfondo nero, con logo in giallo e con in rilievo l'oramai celebre "S" dei Saxon color argento. Nella back cover, una sfera con incisa ancora la "S" si abbatte su una cittadina come fosse un meteorite (richiamando appunto la Solid Ball of Rock del titolo), mentre un breve nota nel mezzo ricorda come la canzone "Requiem" sia dedicata non ad una persona in particolare . "E' la celebrazione della musica che ci hanno lasciato in eredità i grandi del passato. Li ricorderemo". Nibbs Carter, come un attento osservatore potrà constatare, figura co-writer di molte canzoni; in realtà Biff nella biografia ci spiega che fu uno stratagemma per evitare di pagare diritti sulle canzoni all'ex manager Nigel Thomas, per questioni contrattuali. Gli indugi sono comunque finiti, poniamo il vinile lucido sul piatto, e godiamoci quello che possiamo considerare come il disco della rinascita firmato Saxon.

Solid Ball of Rock

Diversamente da quello che si possa pensare, Solid Ball of Rock (Puro Rock n Roll), la prima traccia title-track dell'album, non è una cover, ma è stata scritta da Tchaicowsky (l'ex The Motors di cui parlavo sopra) per i Saxon. Fatto piuttosto inconsueto nel metal, più da musica leggera italiana. Le tastiere iniziali posso ricordare "Faith Healer" di P.J. Harvey, e forse mettere qualche dubbio ai fan, facendoli temere che il disc prosegua sulla stessa linea di "Destiny". Le chitarre di Oliver e Quinn prima timidamente, e poi prepotentemente, irrompono su una base ritmica apparentemente semplice. Biff lancia subito un classico fischio dei suoi e fa qualche versetto prima di agganciarsi alla prima strofa. Il brano è solido e brillante, puro hard rock, ma non troppo sdolcinato come negli ultimi albun anni '80. Bello il chorus con le backing vocals che sottolineano la solida sfera di roccia. Un rallentamento centrale sottolineato dal basso pulsante di Nibbs Carter, e poi si scatenano prima Paul Quinn e poi il Graham Oliver nei solo. La canzone è un chiaro omaggio all'inventore del rock, Jerry Lee Lewis (nato il 29 settembre del 1935); fin dall'inizio si raccontano degli aneddoti della sua vita in Louisana, dove dalla Highway 84 si udiva un cane che abbaiava verso la casa di sua madre, lui il bambino era "il killer" e suonava la musica del demonio: Negli studi la madre lo aveva spinto verso a musica religiosa, ma un volta scatenò un putiferio per aver suonato in Chiesa con una veemenza ed uno stile mai visto. Questo perché Jerry univa al rock un sound unico preso anche dal blues suonato dalla gente di colore. Abbandonata la musica da chiesa si trasferì a Memphis (nelle liriche "Il Diavolo si spostò a Memphis"), e comincio ad incidere dei pezzi ufficialmente fino al suo grande successo di "Greats balls of fire" (ed ecco il chiaro riferimento anche al titolo dell'album dei Saxon, ed anche all'artwork della back cover, la palla infuocata). Il testo scritto per i Saxon in realtà nelle strofe contrappone Jerry Lee Lewis a suo cugino Jimmy Swaggart anche esso musicista, ossessionato dalla religione tanto da diventare un popolare predicatore televisivo (citato e sbeffeggiato da Bruce Dickinson in "Holy Smoke" degli Iron Maiden, chiamato Jimmy "reptile") che bruciava in diretta libri e dischi considerati satanici, ed ovviamente principale accusatore delle presunte malefatte del fratello. Un paio di scandali nel 1988 e nel 1991 in cui veniva coinvolto in vicende di prostituzione causarono il declino televisivo e di immagine di Swaggart, escluso anche dai vertici della Chiesa Pentecostale che rappresentava ,mentre il cugino Jerry veniva inserito nella prestigiosa Rock Hall of Fame nel 1985, salendo dunque agli "altari". Da notare che i due parenti rivali, seppure 80enni, sono ancora vivi e vegeti.

Altar of the Gods

Un meraviglioso riff, tipicamente anni '80 seguito da urla di Biff apre Altar of the Gods (Altare degli Dei). Nigel picchia selvaggiamente, seguito come un trattore da Nibbs, mentre Biff si arrovella in un cantato entusiasmante sulle due strofe ed il bridge. Piuttosto semplice ma spettacolare il cambio di tempo tra i due momenti citati, con la doppia cassa di Glockler veramente coinvolgente. Il vero ritornello in realtà è un momento narrato da un voce piuttosto bassa e inquieta, prima dell'ottimo assolo. Tutta la band ritorna alla carica per ultima strofa e bridge, poi dopo un intermezzo ancora un bridge ed un finale heavy da totale headbanging , con un paio di colpi da maestro di Nigel, prima al campanaccio e poi il gong finale. Il pezzo è piuttosto corto, ma non tarda a risvegliare i vecchi cuori metallici dei fan dei Saxon. Per "Altare degli Dei" i Saxon intendono i moderni luoghi di culto che non hanno a che fare con le religioni pagane o quelle organizzate, ma bensì templi dedicati al "Dio Denaro", il verso ripetuto più spesso dice infatti che il Potere è il Nome, per potere rimanere in cima al tuo regno, il denaro regola il gioco e il vincitore si prende tutto. Infatti non a caso viene citata Wall Street, il cuore finanziario di New York e degli Stati Uniti e anche le dure Torri di Acciaio. Non penso, seppure nella loro perspicacia, che già nel 1991 Biff & soci avessero previsto la caduta delle Twins Tower di New York , però è certo che individuano in queste cattedrali economiche il male dei tempi moderni. Del resto quello che volevano i terroristi di Bin Laden era proprio colpire il cuore finanziario degli USA e del mondo con un gesto eclatante e imprevedibile come quello di dirottare gli aerei contro le Torri Gemelle. Naturalmente i Saxon criticano l'aspetto marcio del capitalismo, l'avidità di certi personaggi ambigui che si muovono come avvoltoi in un mondo spesso sconosciuto a più.. I Queensryche che erano popolarissimi in USA e non solo in quel periodo erano appena usciti con l'album "Empire" e chissà che Biff non si sia ispirato involontariamente a testi corrosivi di Geoff Tate sull'imperialismo americano.

Requiem (We will remember)

La terza canzone, come già letto sulla parte posteriore della copertina, è un omaggio alla musica che fu, appunto Requiem (We will remember) (Requiem - Noi Ricorderemo), uscito anche come singolo e videoclip. Un leggero sottofondo di keyboards fa da apripista, in lento crescendo, ci vogliono ben 26 secondi prima che subentri la chitarra elettrica. In un primo tempo con accordi semplici ma dirompenti poi con piacevole melodia , su cui un buon ritmo si adagiano basso e batteria. Un bel riff di chitarra apre il primo verso di Biff, anche qui ispirato e brillante. Il chorus è malinconico e coinvolgente, ed il copione si ripete con il secondo verso ed il chorus successivo, prima di un breve intermezzo di Biff ("da Londra fino a Chicago, dalle montagne sino ai mari, questa eredità musicale verrà ricordata per sempre"), ancora un chorus e poi un bellissimo assolo di Paul Quinn. Ancora un corale e ultimo momento di esaltazione prime del finale. Riusciamo distintamente a sentire meccaniche più mature, non certo che ricalcano i fasti dei primi dischi firmati dalla band, ma che si discostano completamente dagli ultimi che avevano accompagnato la fine degli anni '80; Byford e soci hanno messo in piedi una solida struttura Hard Rock, che ti piove addosso e ti arriva a tutta carica in faccia, con melodie che tornano finalmente ad essere incisive quasi come un tempo. La canzone liricamente è un riconoscimento della grandezza della musica di chi ci ha troppo presto lasciato, da Jim Morrison a Phil Lynott, passando per Jimmy Hendrix e Janis Joplin. In particolare Biff fu colpito dalla morte del bassista e voce dei Thin Lizzy, che nella biografia definisce "un amico". La musica di questi artisti ha superato i test del tempo e rimarrà nei nostri cuori, qualcuno sta accendo candele per loro che non ci sono più. Bellissima la seconda strofa quando Biff dice che questa canzone è una celebrazione di quello che ci ha hanno lasciato (rivolgendosi direttamente a loro), la loro musica verrà suonata sempre , e dalle radio li raggiungerà fino alla stelle. "Noi ricorderemo, erano nati per il rock 'n' roll". Il pezzo si adatta perfettamente anche alle attuali set-list dal vivo, e non a caso Biff ha dedicato "Requiem" al grande Ronnie James Dio e lo farà sicuramente anche per l'amico Lemmy, scomparso dopo il Natale 2015. 

Lights in the Sky

Un altro riff quadrato e solido, con gli "oh oh" di Biff a fare da contralto, sono il viatico della quarta traccia, Lights in the Sky (Luci Nel Cielo). Strofe e chorus si alternano su una base ritmica piuttosto statica, sia come chitarra ritmica sia come basso/batteria, solo un leggero cambio di tempi nel chorus. Un buon assolo ci traghetta verso l'ultima strofa e chorus. Dopo la seconda ripetizione, le due chitarre all'unisono, e  tratteggiano un finale molto heavy, con il doppio pedale di Glockler a chiudere. Di nuovo una ritmica ed una costruzione del brano granitica per la combo britannica; niente fronzoli, orpelli o ricami sugli strumenti, un quattro quarti deciso e diretto, contornato da soli di chitarra e dall'immancabile voce di Biff. I vecchi fan si esalteranno di certo durante l'ascolto di queste nuove melodie, e qualcuno forse si farà scendere una piccola lacrima di commozione per il ritorno in grande stile dei Saxon. Due considerazioni brevi : il brano è relativamente corto, sui quattro minuti, e mi ricorda fin dall'inizio un paio di canzoni del passato glorioso dei Saxon, in particolare "Watching the Sky" su Power and The Glory, e "See the light shining" su Wheels Of Steel. Più che altro è qualcosa nel testo e nel ritornello che ricorda queste due tracce citate, e non è a livello di struttura completa del brano. Infatti analizzando le liriche Niff ritorna sul tema della navi aliene, che vede sfrecciare argentee con luci che scintillano nella notte. Vengono citati anche i "segni" ne campi di grano, visibili dall'alto, fenomeno che la scienza non ha del tutto spiegato e che sono stati lo spunto del film "Signs" con Mel Gibson. Proseguendo nel testo, ci si augura che un giorno questi misteri vengano svelati, se queste cose che sfrecciano nel cielo vengono davvero da un altro pianeta, se sia fantasia o realtà. Del resto il tema degli U.F.O: ha sempre affascinato l'uomo, basti pensare ai tanti "fantomatici" avvistamenti e al successo di trasmissioni, documentari e fiction ("X Files" fu un fenomeno sociale negli anni '90). Anche nel metal non mancano canzoni al riguardo ("Invaders" dei Judas Priest o "Hangar 18" dei Megadeth per citare due titoli), e gli stessi Saxon ci ritorneranno ancora con la canzone "Metalhead" nel 1999. Lights in the Sky risulta infine una discreta canzone, buon testo, ma tutto sommato scivola via rapidamente senza lasciare ricordi memorabili. 

I just can't get Enough

Un riff ruvido efficace quanto basta, seguito dopo 4,5 secondi dal basso e dalla batteria, aprono le danze di I just can't get Enough (Non riesco ad averne abbastanza), classico pezzo dei Saxon più sull' hard rock che sul metal. Il ritornello è abbastanza curato, seppure si tratti quasi semplicemente di ripetere il titolo, effetti e backing vocals sono ben strutturati da rendere il risultato apprezzabile. Assolo piuttosto elettrico, penso attribuibile a Oliver, e poi ancora chorus, prima di un finale spezzato con classico frastuono di strumenti. Una canzone che, come la precedente, non rimarrà nella memoria per settimane, funge più da riempitivo, ma è un tipo di riempimento del disco che si apprezza grandemente, soprattutto se messo a confronto con ciò che c'è stato fino ad ora. E' possibile apprezzare una buona versione dal vivo di questo pezzo nel terzo live ufficiale della band, disponibile su cd "The eagle has landed part II". Canzone più mezzo tempo e quindi anche il testo risulta più leggero, ovvero su un rapporto sentimentale in cui lui, come dice il titolo, non riesce ad ottenere abbastanza da lei. Luci stravede per lei, corre troppo e vuole un medico perché non ci capisce più nulla e non riesce ad ottenere tutto quello che vuole stasera, farebbe tutto per lei. Nelle strofe credo siano piuttosto evidenti riferimenti sessuali e doppi sensi, un po' alla AC/DC, parafrasando sembri si tratti di una donna da corteggiare con grande attenzione ai particolari, un sensibilità che fa impazzire il suo amante che dice di provare sensazioni mai avute. Pur senza strafare, questa canzone comunque ha un buon piglio e si distingue certamente dai troppi ammorbidimenti che c'erano stati sugli ultimi dischi. Kalle Trappe ha riportato i Saxon ad un suono più essenziale, diretto e ruvido, senza troppi orpelli e sperimentazioni.

Baptism of Fire

Il lato B del vinile o, se preferite la sesta traccia del compact disc è uno dei pezzi da novanta dell'album: Baptism of Fire (Battesimo Del Fuoco). Il tipico sound sporco di chitarra apre le ostilità seguito da un ottimo drumming di Nigel, Biff attacca con decisione il suo cantato su un brillantissimo riff. Nel ponte Biff canta forse ancora meglio, prima di un ritornello deciso e netto, ma già maledettamente metal pensandolo dal vivo. Seconda strofa ed bridge ci trasportano al blocco centrale della canzone, ma, anziché il chorus, parte subito il veloce assolo di Paul Quinn, prima che le due chitarre riportino al tema principale, Biff ripete esattamente la prima strofa che, essendo essenziale per capire il testo, risulta una mossa vincente. Il bridge, questa volta ripetuto una seconda volta, accende l'attesa per l'ultimo assalto di chorus, su cui la canzone si chiude bruscamente. Tre minuti e poco più di adrenalina allo stato puro, classic metal di grande qualità che solo una band che lo ha creato come i Saxon può con orgoglio rivendicare origini e varianti. Non è la prima volta che i Saxon nei testi ci parlando dello straordinario ed unico rapporto che si crea tra palco e pubblico, ma qui Biff ci parla del "battesimo del fuoco" che ognuno noi appassionato di rock/metal ha dovuto affrontare: il primo concerto. Senti arrivare il fragore portentoso, e pensi di essere vicino al luogo in cui perderai la tua verginità musicale. Ventimila persone stanno gridando accecati dalla luce, non importa di chi tu sia o dove tu stia andando. Il suono della furia divide la notte e si abbatte sui prescelti. Benvenuto nell'incubo, sottolinea Biff, lascia che lo show abbia inizio. E' il Battesimo di Fuoco. Biff aggiunge di prendere l'aquila (un altro simbolo della loro musica) e cavalcarla fino al sole, facendosi trasportare dalla musica. Dopo quella sorta di manifesto che è stato Denin & Leather, dove nelle liriche ognuno di noi poteva ritrovarsi come giovane fan super informato e appassionato della sua band preferita, su dove suonava o su come volesse imitarli ed imparare a suonare uno strumento, Baptism of Fire è in un certo senso un altro tributo alla nostra passione per la musica metal, una descrizione inevitabilmente epica, un po' ridondante ed iconoclasta del nostro primo concerto . Del resto, quali altri generi musicali possono farti provare questo turbinio di emozioni forti come il metal?

Ain't gonna take

Dopo questa fantastica cavalcata metal, arriva un rallentamento più hard rock, nella comunque bella Ain't gonna take It (Non lo faccio). L'inizio dalla cadenza sinuosa ricorda, tra vocalizzi e sarabande di chitarra, i Van Halen di vecchia la scuola, ma ben presto il brano assume un andamento più tipicamente blues /rock, con un ottimo cambio ritmico prima del chorus. Ancora una volta il suono sporco ed essenziale rende molto più dura la timbrica delle chitarre, con un ottimo lavoro di Nibbs al basso. Il nuovo acquisto si distingue subito per estro compositivo, e per la grande capacità di inserire sempre i ritmi giusti al momento giusto, guidato ovviamente dal mastermind biondo e capellone. La ritmica che da vita alle mani di Nibbs risulta essere una delle armi vincenti di questo disco. La chitarra acustica che accompagna Biff nella parte centrale è particolarmente suggestiva, prima dell'assolo elettrico ultima strofa e chorus finale. La conclusione della canzone è abbellita da una dissolvenza prepotente, con chitarre e batteria in accelerazione. Dal punto di vista lirico la canzone si presta anche a possibili diverse interpretazione, sebbene sia piuttosto chiaro che si parli di una relazione sentimentale in cui lui non intende più soffrire ed essere in sostanza un perdente, non vuole prenderlo ancora. Ma a che cosa si riferisce Biff ? Credo di non andare troppo distante se per "prenderlo" intenda un sentimento d'amore, non intende cadere ancora negli stessi errori, lasciarsi andare in una relazione impegnativa, soprattutto ora che la fortuna sembra essere tornata dalla sua parte. Questa relazione infatti sembra essere negativa e trascinare verso il basso entrambi. Pur se fuori da un contesto metal, i Saxon mostrano comunque una classe innata anche per questi tempi più lenti ,caratterizzati comunque da un ottimo lavoro fin dalla fase di scrittura dei testi e delle musica. Altro bel pezzo, uno spassoso rythm & blues con un ottimo chorus è I'm on Fire (Sono In Fiamme); fin dall'inizio si capisce che il clima è goliardico, con un simpatico Biff che, contando fino a quattro in tedesco, detta i ritmi di batteria e basso, prima dell'ingresso di tutta la band (con un arpeggio che può ancora ricordare il pifferaio di Pasadena, Eddie Van Halen). Come da copione, il secondo verso e il chorus proseguono linearmente, e dopo un ottimo momento strumentale, è la batteria con campanaccio ad accompagnare il ritornello, prima del ritorno di tutta la band, accelerazione finale con tanto di chitarre melodiche (che mi ricordano un pezzo celeberrimo) e che vanno a chiudere in dissolvenza. Un pezzo diretto che a mio avviso si adatta molto per in concerti dal vivo, con battimani e canti. Considerando anche l'argomento, che tratteremo fra poco, che permea la canzone, era quasi certa una scelta ritmica molto semplice, e quale miglior musica del Blues per esprimere la passione? Le note blu provenienti dal sud degli USA hanno influenzato praticamente tutta la musica che ascoltiamo, e questo è l'omaggio che le fanno i nostri Saxon. Se il precedente pezzo sembrava più romantico nelle liriche, Sono in fiamme ci descrive nella liriche una relazione decisamente focosa e direi "molto caliente", come si evince dal titolo. Il protagonista ha una storia d'amore con questa donna sexy che lo fa impazzire, andare fuori di testa e fare cose assurde. La temperatura corporea quando è con le sale a livelli insostenibili "Sono in fiamme, qualcuno mi salvi !" canta Biff. Lei rompe tutte le regole e se esce di nascosto dalla porta posteriore. Lo spettacolo di lei va oltre anche il sesso, lo sta facendo impazzire, lui si sta invaghendo di lei, chiamate l'emergenza è infuocato! Certo di queste canzoni ne sono state scritte a centina nel rock e, pur preferendo i Saxon quando parlano di temi epici, queste canzoni ci stanno sempre a completamento di un disco. 

B-Minor - Refugee

Overture in B-Minor - Refugee (Ouverture in B Minore) è la classica ballata del disco, che inizia con una stranissima introduzione strumentale colorita (ecco il perchè dell'Overture in B-Minor nel titolo). Piano piano il volume si alza, e le chitarre melodicamente accompagnano quasi un momento progressive, prima del vero riff ultra-melodico (ma non ruffiano) che apre la vera canzone dal titolo di Refugee. Biff è particolarmente intonato nell'allungo iniziale sulle due strofe e contrariamente a quello che scrive sulla sua biografia, a mio avviso è un ottimo interprete anche di ballate. Il brano prosegue in un crescendo emotivo che ben si concretizza in un chorus supportano magicamente dai due chitarristi. Un assolo azzeccato precede l'ultimo chorus, con la canzone che si ferma su un effetto eco di una parola di Biff, prima che una rullata di Nigel riporti ancora in auge il ritornello. Finale con gli strumenti che chiudono delicatamente come anche l'ultimo sospiro di Biff. La canzone ha, fin dal modo di cantare di Byford, un taglio malinconico, direi anche profondamente triste. Sembra la descrizione del nostro percorso di vita, spesso reso triste dalla mancanza degli affetti più cari. Piangiamo per i figli e le figlie lasciate indietro , camminano da sole sulla pista delle lacrime, chi ci sarà ad aiutarli quando cadranno ? Quando avranno le spalle al muro chi li aiuterà ? Navigando verso casa prima della tempesta , la gente piange, cerca un riparo prima della tempesta. Chiaro che il testo simbolicamente può essere accostato a molte situazioni, mi viene da pensare ad esempio ai poveri disgraziati che abbandonano il proprio paese per povertà o per guerra e si getta su una pista densa di pericoli come il Mar Mediterraneo verso le coste dell'Italia o della Grecia. Certo, all'epoca non c'era questa ondata di immigrazione dal sud del mondo verso il Nord ma, ripeto, la canzone nella sua drammaticità può essere accostata a molti drammi umani. I successivi un minuto e diciassette sono un omaggio al nuovo entrato nella famiglia dei Saxon: Nibbs Carter.

Bavarian Beaver

Un assolo di basso, tecnicamente di buon valore intitolato Bavarian Beaver (Castoro Bavarese), a cui per altro rimane il dubbio del significato; può voler dire Castoro bavarese, oppure anche Barba bavarese, soltanto forse lo stesso Nibbs c'è lo potrà chiarire. Peraltro se per questioni di copyright il suo cognome è stato messo anche su brani non scritti da lui, in questo caso non vi sono dubbi per ovvie ragioni. Sulle suggestioni del titolo, mentre si ascolta l'andamento del basso, sembra quasi di osservare dall'alto del cielo, come un aquila, le suggestive e inerpicate vette delle alpi bavaresi o di scendere a picchiata in vallate attraverso crepacci e innevate colline frastagliate. Un tecnico momento per omaggiare a dovere colui che, come abbiamo sottolineato prima, ha funto da vero e proprio fulcrum di rotazione per questo disco. La sua presenza ha alzato l'asticella della difficoltà e del successo dell'album in ogni occasione in cui gli è capitato di poterlo fare. Il talento ed il suo estro si sentono anche in questo articolato solo, che forse un po' ci ricorda (con le dovute accortezze e distanze) quel che i Metallica lasceranno fare al buon Cliff Burton in Anesthesia, inserito nel primo album della band.

Crash Drive

Il precedente interludio, di fatto, fa quasi da introduzione, con un potente giro di basso alla Gene Simmons, all'ultima traccia, Crash Drive (Scontro al volante). Un urlo di Biff  fa da ingresso al resto della band, brano piuttosto potente con un poderosa accelerazione ritmica anche prima del ritornello. Nigel picchia selvaggiamente sui tamburi, e la voce di Biff viene effettata con echi suggestivi, dopo il classico interludio dei solo, c'è spazio per un ultima strofa fino a chiudere con il classico finale rumoroso che coinvolge tutta la band. Fortemente influenzato dal basso prepotente iniziale, il brano forse promette, ma non mantiene alla fine il suo valore potenziale. L'unico forse neo vero di questo album, che va comunque a dissolversi in tutte le altre ottime canzoni prodotte dentro questo nuovo disco. E' una canzone che, di base, vorrebbe darci la sensazione del correre forsennatamente a bordo di una lucente macchina, ma ci riesce soltanto a metà, scarseggiando in alcune strutture. Rimane una canzone godibile senza dubbio, ma un gradino sotto tutto quello che abbiamo ascoltato fino ad ora. So di per certo da tante interviste lette che Biff Byford è un amante della velocità e, qualche giornalista che ha avuto la fortuna (o sfortuna ?) di salire in macchina con lui ne è uscito un po' stravolto per come il cantante ami andare a tavoletta con l'acceleratore. Ebbene Crash Drive sembra una metafora di una rapporto di coppia che va troppo veloce, come se si stesse parlando appunto di una macchina lanciata a tutta velocità. E' giunta voce che lei è tornata in città, ed è alla ricerca di divertimento. É sempre stata un po' folle ma adesso si sta esagerando e sta bruciando tutte le candele. Si sta andando verso il basso, troppo veloci e fuori controllo, stai correndo verso il precipizio, si rischia lo schianto baby, ci racconta Biff nelle liriche. Crash Drive è comunque una degnissima conclusione dell'album, che riesce ad essere si heavy, con anche poderose accelerazioni ritmica, sia rock & blues nel ritornello e nel modo di cantare, che risulta essere fortemente perspicace. No filler veramente in questo disco, prepotente ritorno di un band davvero inossidabile nel tempo.

Conclusioni

Con Solid Ball of Rock, inizia nei primissimi anni '90 quella che personalmente chiamo la seconda giovinezza dei Saxon e, a mio parere, anche la seconda fase della loro carriera incentrata molto sul mercato tedesco e, da pionieri del heavy metal britannico, Biff & soci si apprestano a diventare in parte band simbolo di un certo metal teutonico, soprattutto con i successivi album. Intanto , produttore esecutivo, produttore ed etichetta sono tedesche, così come la registrazione del disco, effettuata ad Amburgo. Non a caso c'è un pezzo intitolato Bavarian beaver, e del resto la rinascita dei Saxon è legata a Rainer Hansel ed alla Virgin tedesca, e nel 1992 i nostri saranno protagonisti della loro prima partecipazione al Wacken Open Air. Attenzione, all'epoca era un piccolo festival metal in una ridente e piccolissima località teutonica ma, ben presto si trasformerà in una kermesse di assoluto prestigio per ogni metallaro europeo, tanto da coinvolger negli ultimi anni i più grandi e storici nomi del genere. In UK purtroppo la band ha perso progressivamente popolarità, così come al resto Europa, per via anche dei repentini cambi di moda, pochi anni e il fenomeno musicale del grunge da Seattle rischierà di uccidere un certo tipo di metal classico. I cultori di questo metal storico si gettano sul power metal, che in alcuni anni, monopolizza il mercato, la band tradizionali attraversano crisi interne clamorose (il divorzio di Rob Halford dai Priest e quello di Bruce Dickinson dai Maiden solo un anno dopo, ma grossi problemi anche in casa Black Sabbath ad esempio),eppure i Saxon continueranno la loro strada con coerenza, pubblicando ogni due anni dischi di ottima fattura, come avremmo modo di parlare. Le stesse riviste specializzate sembrano quasi snobbare i Saxon; chissà perché i loro dischi sono diventanti inutili e si prendono anche della grandi cantonate con voti negativi, bollando i loro dischi come non più all'altezza dei primi due, tre dischi. In realtà come spesso avviene anche in campo editoriale, si fanno delle scelte per promozionare solo un certo trend del momento, come poteva essere il grunge, oppure per forme di nichilismo masochistico in cui si cercano improbabili connessioni crossover e misture tra generi di cui certo i Saxon non sono interessati. Come dice il saggio, la coerenza e la caparbietà di vede con gli anni, e sulla lunga distanza e i Saxon con pazienza ricostruiranno la loro credibilità, ed anche questi dischi anni '90 verranno totalmente rivalutati. Forse quello che apparentemente soffre di più la mancanza di popolarità mainstream è Graham Oliver, feticista assoluto del mito di Jimmy Hendrix che non sembra credere molto nelle ultime produzioni della band. Ma questa è una storia che vi racconteremo nelle prossime recensioni.

1) Solid Ball of Rock
2) Altar of the Gods
3) Requiem (We will remember)
4) Lights in the Sky
5) I just can't get Enough
6) Baptism of Fire
7) Ain't gonna take
8) B-Minor - Refugee
9) Bavarian Beaver
10) Crash Drive
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