SAXON
Dogs of War
1995 - Virgin
DIEGO PIAZZA
29/05/2016
Introduzione Recensione
Dogs of War è un album fondamentale per la carriera dei Saxon, non solo per la qualità dell'album, di cui parleremo ampiamente durante la recensione, ma anche per lo split del chitarrista Graham Oliver. Sui credits dell'album, uscito nel 1995 sotto l'egida della Virgin / CBH, figura ancora il nome e la foto del riccioluto chitarrista ma, come si è venuti poi a sapere successivamente, il sodalizio tra lui e la band era già finito da qualche tempo. Sulla auto- biografia di Biff Byford, fondamentale fonte di informazione primaria sui Saxon, il cantante addirittura dice che il manager Rainer Hansel chiamò un session man americano per completare le parti ritmiche mancanti di chitarra in studio. Si, perché Doug Scarratt, di cui parleremo ampiamente più avanti, si unì solo per il tour di "Dogs of War". L'ultimo concerto di Graham Oliver, per gli statisti, è infatti l'ultimo dell'anno del 1994 a Brema, in Germania. Il già citato Hansel questa volta produce negli studi di Boston e Manchester (in UK) l'album insieme allo stesso Biff ed a Kalle Trapp, che ritorna dopo il buon lavoro in "Solid Ball of Rock", mixando l'album nei Karo Studio di Brakel in Germania. L'artwork di copertina, nettamente superiore a quello di "Forever Free", è questa volta di Paul Gregory dello Studio 54, che ritorna brillantemente a firmare un copertina dei Saxon. Su un sfondo marrone e sotto il grande logo dei Saxon troviamo i quattro cavalieri dell'apocalisse con tanto di falci, asce e spade. In basso, a rappresentare diversi momenti epocali di guerra, in mezzo a miriadi di teschi umani, troviamo scudi, qualche fucile accatastato, maschere antigas e una mitraglietta. In primo piano, in basso notiamo un lancia indiana conficcata con un testa di bisonte scheletrica. "Cani da guerra" è del resto il significato del titolo e, nella simbologia della copertina, troviamo ovviamente riferimenti bellici, sia antichi che moderni. Dopo quindici anni, una lunghissima militanza, una storica coppia con Paul Quinn, Graham Oliver lascia dunque i Saxon o, per meglio dire viene "cacciato". Come si è arrivati all'allontanamento di Graham ? Purtroppo, leggendo l'autobiografia di Byford non esce un quadretto idilliaco sul chitarrista di Mexborough: mentre la band era impegnata in studio per le realizzazioni di "Dogs of War", Oliver cercò di vendere un bootleg, all'insaputa di tutti, e per di più spacciato come ufficiale, della storica partecipazione dei Saxon al primo Monsters of Rock di Donington Park del 1980. Peraltro la copertina proponeva una foto ufficiale di Biff, cosa che fece ancora più arrabbiare la label, ed ovviamente la band stessa. Essendo già sotto un etichetta discografica, ovviamente il tentativo di lucrare su una registrazione non ufficiale proponendola ad agenti di una label rivale non fu stato un colpo di genio e, peraltro il chitarrista venne messo allo strette da Biff, che ha più volte negato. Rimasto al palo, Graham Oliver ha rifondato i Son of the Bitch, la creatura embrionale da cui sono nati poi i Saxon, e poi ha cercato anche per vie legali di "rubare" il marchio Saxon, insieme all'ex bassista Steve Dawson e al batterista Nigel Durham (che per la verità fu presente su un solo album) fondando gli ODS, appunto Oliver/Dawson Saxon. Deluso dall'essere stato di fatto cacciato dalla band e convinto che i Saxon abbiano smarrito la via degli esordi, avanzò dunque le sue pretese, sebbene obiettivamente sembri una pretesa assurda, e fu in realtà un tentativo maldestro di recuperare grazia al marchio un certa credibilità. Il giudice diede (per ovvi motivi) ragione ai Saxon di Paul Quinn e Biff Byford, ponendo fine ad una faida un po' ridicola. Quel che è certo che anni dopo, nel film "Heavy Metal Thunder: The Movie" i rancori e gli asti sembrano un lontano ricordo, visto che sia Dawson (calvo, senza baffi e ingrassato, praticamente irriconoscibile !) sia Oliver trovano ampio spazio nel raccontare aneddoti e vicissitudini dei primi anni trascorsi con i Saxon. Peraltro, per un sorta di par condicio o, per meglio dire, di fair play, Biff nel film non cita la motivazione del bootleg venduto all'insaputa della band. Insomma malgrado le strade rimangano separate, alla fine i Saxon ufficiali sembrano aver fatto pace con i fuggiaschi, sebbene Byford ricordi come con Scarratt dal punto di vista squisitamente musicale sia stato possibile per i Saxon aprire nuovi orizzonti compositivi. In aggiunta, con un bonus cd aggiunto all'album "Call to Arms" anni dopo i Saxon hanno pubblicato diverse canzoni live della loro prima storica apparizione al già citato Monsters inglese del 1980, in questo modo venne messa una pietra tombale su tentativi di vendere bootleg più o meno ufficiali. Tornando al disco, Dogs of War è un album maledettamente metal, quadrato e ben prodotto come suoni, fatto che aveva alla lunga pesato molto sul precedente Forever Free. La voce di Biff che a tratti aveva mostrato qualche cedimento sull'album precedente, qui torna a splendere, così come è sempre apprezzabile la chitarra di Paul Quinn, capace di regalare emozioni uniche. Nibbs Carter garantisce insieme al grande Nigel Glockler un comparto ritmico di grande robustezza e tecnica. I Saxon preparano su questo disco la strada che condurrà al loro capolavoro, Unleashed the Beast, l'album successivo che li metterà ancora all'avanguardia per quanto riguarda il classic metal. Ma non anticipiamo i tempi e passiamo alla consueta analisi track by track.
Dogs of War
Dogs of War (Cani da Guerra): title-track e opener del disco è il pezzo solido, quadrato ed heavy che ti aspetti per entrare subito in sintonia con il nuovo lavoro dei Saxon. Un ottimo passaggio di batteria di Nigel Glockler scandisce i tempi delle chitarre, poi dopo oltre un minuto un riff pulito e preciso accompagna le strofe, cantate da Biff con un effetto eco in sottofondo. Il ritornello è semplice e rimane in testa subito, con il titolo della canzone ripetuto quattro volte in coro con un rispettivo contro verso. Certo che il primo contro-coro, "never surrender" ci riporta alla memoria una storica e bellissima canzone dei Saxon. Si capisce già da questa traccia che, seppur senza strafare e troppi orpelli, la produzione d Trapp sia molto meglio di quella che era stata orchestrata dallo sciagurato Ursin sull'album precedente. Un vistoso rallentamento accompagna un primo melodico assolo, prima che tutta la band acceleri nella seconda sezione (sempre con un ottimo drumming) prima della ultima strofa. La band riprende la brillante parte musicale con cui inizia il brano e finisce in bellezza. Sicuramente una bella botta di energia, abituati come siamo stati negli ultimi album ad opener track dalle possibilità alte, ma che fra produzione blanda e suoni impastati, non riuscivano a brillare come si deve. Qui abbiamo un Heavy geometrico e scanalato dalla passione, pura energia, e si sente che la band ha ricominciato a percorrere la strada giusta. Liricamente la song non si riferisce ad una guerra precisa ma, come spesso capita nella musica metal, ad una spietata e cinica analisi delle guerre fatte dall'uomo sulla Terra. Il mietitore di morte, l'incappucciato simbolo della morte è pronto a cantare la sua canzone, portando morte a tutti quanti. Scudi di fuoco nell'aria, il cecchino colpisce a distanza, e per mano di quest'ultimo emissario qualcuno morirà. Il ritornello calca molto la mano sul titolo, additando i "cani da guerra", coloro che scendono in battaglia senza saper bene contro chi sia, a loro basta uccidere, come sciacalli che sbranano un cadavere. Solo la voglia di sangue e distruzione, niente più. Ironico il finale della canzone, la bandiera viene ripiegata sulla tomba del soldato morto, la Guardia d'Onore è sull'attenti con orgoglio, mentre seppelliscono i figli sotto terra. Sono morti per me e per te, ma questo alla fine è veramente un sacrificio per la libertà ? Una generazione di giovani persa, e così il "reaper" canta la sua canzone di morte. Non sono mai mancate nella storia dei Saxon canzoni sulla guerra, e ne arriveranno altre ottime negli album successivi. Un tema del resto purtroppo attuale, con guerre in diverse parti del mondo, anche se è probabile che Biff si riferisse ai giovani morti nelle due guerre mondiali e a quella del Vietnam.
Burning Wheels
Burning Wheels (Cerchi Fumanti) inizia brillante con uno stile tipicamente anni '80, una breve melodia di chitarra accompagna l'ascoltatore fino ai versi rapidi di Biff, che progressivamente ci traghetta verso un chorus solare, anche qui semplice ma piacevole. Paul Quinn ci regala uno degli ennesimi solo stupendi della sua carriera, seguito poi un ottimo fraseggio, che all'unisono aggancia l'ultima strofa. La voce di Biff, merito anche di un lavoro di produzione migliore, pare quasi rinata, e molto più piacevole da ascoltare. Il finale molto melodico e allungato rispetto ai precedenti chorus vede delle ottime armonizzazioni di chitarra accompagnare Biff , prima che tutta la band subentri nel classico finale turbolento. Un'altra stoccata messa a segno dalla band, pezzi quadrati, senza fronzoli, solo riff e ritmi più o meno aggressivi che si concatenano fra loro, il tutto in tempi musicali davvero "sospetti" per questo tipo di musica, erano anni in cui il classico stava ormai lasciando piede al moderno, ma nonostante questo i Saxon riuscirono a fregarsene e confezionare un album assolutamente old school, strizzando l'occhio alla prima parte di carriera. Come si può intuire già al titolo, grossolanamente traducibile in "ruote brucianti", qui si parla di macchine a tutta velocità. Non è dato sapere sei Biff, autore come quasi sempre di tutte le liriche dei Saxon, si riferisca alle corse automobilistiche o no, quel che è certo che al mastermind dello yorkshire piace "andare a paletta", e troviamo quindi nel testo frasi come "guidando tenendo l'acceleratore al massimo, sentendo rimbalzare dentro di me le pulsazioni del motore". Il chorus in sostanza dice che le ruote brucianti di fuoco, correndo al massimo, ti portano verso la gloria. Fai macinare la cinghia, rilascia la frizione a falla volare , guida la tua macchina fino all' eccesso di velocità, senti il ticchettio dei secondi scorrere. Il tempo scorre inesorabilmente, senti la sensazione di calore avviare l'iniezione, spingendo il gas sento il rombo del motore. Un tripudio di aggettivi e verbi legati al culto della velocità, alla motocicletta o alla vettura sportiva, la storia del rock è piena di canzoni sull'argomento, e tutti prima o poi si sono ritrovati a parlare di certe sensazioni, specialmente quei gruppi Metal nettamente più stradaioli di altri, dai Manowar ai Black Sabbath, fino agli stessi Motley Crue. Mi viene un accostamento naturale con "Freewheel Burning" dei Judas Priest.
Don't Worry
La terza traccia Don't Worry (Non Preoccuparti) inizia subito su un mid-tempo con chitarre che accompagnano un hard & blues ottimamente interpretato da Biff: Pur essendo dall'impatto meno heavy rispetto ai due prezzi precedenti, la canzone piace per il suo suono sporco, quasi southern rock, delle chitarre. Gli "oh oh oh" di Biff accompagnati da chitarre acustiche sono pregevoli dopo il secondo verso, seguito a ruota da solo elettrico successivo su una poderosa accelerazione ritmica di Nibbs e Nigel. Finale con chorus ripetuto e un ultimo assolo che accompagna le ultime note in dissolvenza. Siamo alla terza traccia e l'album continua a piacere, sia come suoni, sia come produzione. In questo caso la band, e particolarmente il suo guru ispiratore e creatore, hanno voluto quasi creare un intermezzo sonoro, in cui prendersi una pausa e gustarsi non tanto il metallo, quanto la parte più cattiva ed acida del Rock, andando ad esplorare i lidi delle coste sud degli USA. Una canzone che sicuramente si contraddistingue per le sue strutture, semplici ed immediate al tempo stesso, e per alcuni pregevoli sessioni della sei corde che vanno a contornare il tutto. A livello di liriche chiaramente Biff invita la sua compagna a non preoccuparsi per lui, ha fatto i bagagli e ha deciso di andarsene, non resiste più alle pressioni (della vita di coppia ?) , non deve cercare di fermarlo, egli ha intenzione di fuggire libero. Scende a sud dove l'acqua è pulita e fredda, gli dice di non preoccuparsi per lui, che ha semplicemente bisogno di un po' di tempo per stare da solo. Come capita ogni tanto, gli uomini hanno bisogno di prendersi il loro tempo, riflettere sulla loro vita e su quanto sta loro capitando intorno, ma devono farlo da soli, senza l'aiuto o il sostegno di nessuno. Quando nell'ultima strofa Biff ci racconta che viene tassata persino l'acqua che beviamo mi viene da pensare ma, potrei completamente sbagliarmi, che forse proprio per questioni del fisco inglese, come altri musicisti famosi, che Biff abbia abbandonato l'Inghilterra in quel periodo. Sappiamo infatti che per anni ha vissuto nella campagna francese, appunto "verso Sud" rispetto al Regno Unito (come era già accaduto a molti, Rolling Stones in primis). C'è anche un rifiuto della realtà dove vive, infatti si legge che spesso leggi cose che pensi siano verità, ed invece ti stanno raccontando bugie, il Grande Fratello ci guarda dall'alto e tutte le volte che lo fa, è come se ci mancasse il fiato. Che stia parlando, dei media degli UK ? Non lo possiamo sapere.
Big Twin Rolling (Coming Home)
Big Twin Rolling (Coming Home) (La grande Coppia) inizia con spassoso up-tempo molto blueseggiante con le chitarre che avvolgono come un mantello sicuro le strofe di Biff, fino all'ottimo cambio di tempo del chorus, vivace e brillante. Dopo il secondo c'è un ottimo virtuosismo di Quinn alla chitarra, prima che Nigel riprenda la ritmica galoppante delle strofe. Un pezzo potenzialmente che può fare sfracelli dal vivo, sia per sua dinamica contagios,a sia per la potenza sonora che esprime. Nel finale ancora Quinn sembra imitare un bolide che accelera sulla highway con la sua sei corde, il basso pulsante di Carter accompagna ancora ad un ultima strofa allegata al solito chorus, dove troviamo delle ottime sovra-incisioni e rifiniture dello "sconosciuto" session man compagno di Quinn. Immancabile per un pezzo rock-blues come questo, non poteva che essere il finale casinista con tutti gli strumenti a chiudere insieme a Glockler. Big Twin Rolling prosegue un po' la falsariga del testo di "Burning Wheels", anche qui si parla di velocità e di bolidi che sfrecciano sulle strade. La "grande coppia" credo sia un riferimento esplicito al motore della macchina che sta guidando idealmente Biff. Il cantante pare piuttosto eccitato e su di giri mentre sta tornando sulla strada di casa, del resto è soddisfatto delle prestazioni del suo lucente bolide. Non ha bisogno di aerei di lusso né di limousine , la sua coppia di motori sta facendo il suo sporco lavoro. Mangiare chilometri sull'autostrada lo fa sentire bene, nel tragitto verso casa. La velocità e molto sostenuta perché sente i carburatori succhiare l'aria mentre la macchina è al massimo, al guidatore vibrano addirittura le ossa. Ben si lega peraltro l'argomento alla musica suonata, il Blues non è discostato spesso dai motori, così come il Southern Rock (basti pensare agli ZZ Top et similia), di conseguenza le parole di Biff trovano ancor più risalto di quanto già non ne abbiano, e fanno venire voglia anche a noi di premere il piede sul gas. Del resto non è la prima volta che ricordiamo al lettore la passione del cantante dei Saxon per le macchine prestanti e di come ami il brivido della velocità.
Hold On
Fin dalla bellissima chitarra melodica iniziale, Hold On (Resisti) mi ha ricordato qualcosa dello stile classico degli Scorpions; un pezzo dal tiro radiofonico micidiale, e non si capisce come mai i Saxon non ne abbiamo sfruttato l'enorme potenziale. Ma procediamo con ordine: riff stupendo iniziale come dicevo, con un bellissima rifinitura dell'altra chitarra ed un ottimo cantato pulito di Biff, accompagnato alla grande dal resto della band. Il cambio di tempo nel bridge è calibrato e crea un attesa spasmodica per il chorus, davvero da batticuore, mette veramente i brividi, credo nemmeno il Desmond Child degli anni '80 poteva trovare una scrittura che vada così a braccetto con la melodia. Naturalmente il solo è iper-melodico, in sintonia con clima solare della canzone, ritorna il riff "alla Scorpions" prima dell'ultima strofa . Il bridge esalta ancora un Byford in stato di grazie, fino a cantare tutti con lui a squarciagola il chorus, prima che il pezzo si chiuda in dissolvenza. Il tiro della canzone è ampiamente sostenuto dal riff portante, che in pratica fa da nave scuola per tutta la canzone, e la forza che ne viene fuori è davvero encomiabile, nonostante le varie scivolate melodiche, non perde mai tutta quella energia che sprigiona all'inizio, semplicemente se la dosa man mano che la traccia va avanti. Hold On è un inno all'amore incondizionato, Jenny e Billy, i due protagonisti, non sono altro che l'ennesima versione di Giulietta e Romeo, non importano le famiglie e i problemi economici, i due supereranno tutto grazie all'amore: due cuori , un unico battito di cuore, nonostante debbano continuare a correre e nascondersi. Portala via con te (la ragazza), lascia prevalere i tuoi sentimenti e un giorno la prenderai come sposa. Come raccontato in tante canzoni, non solo rock, siamo di fronte al classico pezzo romantico ed anche un po' adolescenziale ma non per questo non meno intenso e vibrante di emozioni, anche per l'ottimo lavoro fatto musicalmente. Dopo una felicissima canzone che poteva essere davvero un grande singolo di successo radiofonico, soprattutto nel mercato USA, a mio avviso, arriva un altro grandissimo pezzo della discografia degli inglesi.
The Great White Buffalo
The Great White Buffalo (Il Grande Bufalo Bianco) è la classica epic song che solo band come i Saxon sanno realizzare con successo e turbine di emozioni, Già dal titolo uno si immagina le grandi praterie e le tribù dei nativi americani, ed allora ecco la chitarra che inizia lenta, quasi con un ritmo country americano. Basso e batteria subentrano dopo una decina di secondi in crescendo, fino a creare subito un epico ingresso, con un facile ma indovinato cambio di tempo iniziale. Biff ancora una volta è stupendo nell'interpretare il ruolo di cronista del far west. Un passaggio melodico nel bridge monumentale, la band rallenta in attesa che Biff citi "per il Grande Bufalo Bianco" e poi riprende il riff iniziale. La band viaggia su un territorio sicuro che conosce bene ed, evidentemente, Biff è sempre lucidissimo in fase di stesura dei testi. Ottima la parte centrale, compreso il solo (doppio, e non credo entrambi attribuibili a Quinn) , finito il quale arriviamo all'ultimo strofa seguita da Biff, che ripete diverse volte il chorus , fino ad arrivare ad una micidiale e geniale ritmica di percussioni e sonagli che ricordano le "danze della pioggia" su cui la canzone finisce in dissolvenza. Passiamo alle liriche: i cavalli selvaggi corrono liberi e i guerrieri li cavalcano di nuovo. Giungono gli echi della canzoni sacre che portano i buoni auspici per la caccia . Biff ci invita ad ascoltare e prestare attenzione all'antico grido di battaglia, a lasciare la terra al Popolo delle Nazioni (i nativi), bisogna lasciare che i loro spiriti vagano per le pianure , in onore del Grande Bisonte Bianco. Nell'ultima strofa vengono citate le fiere tribù dei Cherokee e dei Navajos (forse una della più grandi tribù rimaste tutt'ora come discendenti, seppur chiusi nelle riserve, e resi popolari a noi italiani dal popolare fumetto della Sergio Bonelli Editore, Tex), che chiamano attorno al fuoco tutte le nazioni indiane , mentre raccolgono le ossa degli antichi, per far si che i loro spiriti sopravvivono ancora. Venite tutti alla danza tribale, in molti sono disposti a morire. Chiaro il tema della caccia al bisonte, che per gli indiani era un animale sacro, grazie al bisonte la tribù poteva sfamarsi, vestirsi ed affrontare il rigido inverno. L'uomo bianco, che ha quasi sterminato l'animale (di cui quello albino bianco era considerato una divinità) ha portato morte e sventura per il Popolo della Nazioni (come si auto-chiamavo gli indiani), è giunto il tempo che le tribù si uniscano insieme per la battaglia. La storia e una certa cultura cinematografica meno di parte hanno molto riabilitato la fiera figura degli Indiani d' America da molti anni a questa parte e, per molti, quello che hanno subito queste popolazioni indigene è stato un vero genocidio. Seppure non spesso, questa canzone viene inserita nella setlist dal vivo, per la gioia dei fan.
Demolition Alley
Demolition Alley (Vicolo della Demolizione), il pezzo successivo, è introdotto da un piacevole (per chi ama il rock e la sei corde) frastuono di volute distorsioni, seguite poi da una ritmica precisa e cadenzata del basso di Nibbs Carter , dopo circa 40 secondi entra la band e si inizia a fare sul serio, con le due chitarre in evidenza che si manifestano in un riff decisamente heavy. Per la verità i Saxon vanno sul velluto perché la struttura della canzone può ricordare un anthem classico dei Saxon, quella "Wheels of Steel", suonata centinaia e centinaia di volte dal vivo, oltre che essere il titolo di uno dei loro album più famosi. La voce di Biff, con evidenti effetti speciali accompagna nel bridge il semplice ritornello , con un bellissimo solo di Quinn, davvero chitarrista super sottovalutato ma dal talento immenso. Peraltro quando la canzone sembra chiudersi nel classico cliché dopo il solo, in realtà c'è un sorprendente cambio di tempo con un ulteriore progressione sonora, maggiormente heavy ed elettrica rispetto a quella più tecnico precedente, con un andamento molto blues anche nella parte ritmica, prima del finale caotico classicamente rock. Rileggendo attentamente il testo, credo che rappresenti lo sfogo di un carcerato condannato ai lavori forzati, come si usava in passato anche negli Stati Uniti. Infatti il protagonista dice che scava come un forsennato in una valle abbandonata da Dio, con un fucile calibro 12 puntato su di lui. Si spacca la schiena sotto il sole di mezzogiorno, ha sprecato il suo tempo e devastato la sua mente nel vicolo della demolizione. Viene trascinato verso il luogo di demolizione con la palla al piede, le fatiche di un giorno sono come quella di una vita, ma attende il momento giusto per fuggire, soltanto l'uomo con la canna da 12 lo può fermare. Il protagonista è fortemente determinato nello scappare, non intende marcire i questa prigione, una sorta di Inferno sulla Terra e attende il momento propizio. Devo dire abbastanza originale come tema narrativo e la canzone nel suo complesso mantiene l'album su un livello medio-alto, oltretutto accompagnata come sempre da una musica incisiva e davvero ben strutturata.
Walking Through Tokyo
Walking Through Tokyo (Camminando per Tokyo) inizia subito con il chorus, ben ritmato dalla parte ritmica, Biff è coadiuvato da backing vocals davvero ben eseguite e che alzano il tiro della canzone. Mezzo tempo che procede lento ma molto heavy, e questa volta il chorus è accompagnato con tastiere in tipici accordi nipponici, sentendo questo sottofondo è impossibile non pensare al Giappone tradizionale. Biff descrive quasi una sua giornata tipica nella capitale giapponese, tra monumenti, profumi e luci. Dopo un breve momento solista di tastiere arriva puntuale il solo do chitarra. Di seguito una sezione quasi catartica con in evidenza batteria e basso e ancora suoni tipicamente made in Japan con quasi un coro di bonzi in sottofondo. Ultima strofa e chorus, per una canzone tutto sommato gradevole, quasi in stile prog rock. Hanno voluto leggermente osare di più i Saxon in questo frangente, andando ad esplorare le sonorità orientali e mischiandole con il loro Heavy Metal classico; quel che ne è esce è una canzone che forse non verrà ricordata in eterno, ma che ben si incastona in un disco costellato di successi, e come era accaduto per un brano precedente, rappresenta anche un ottimo intermezzo sonoro. Il succo della canzone sta nella traduzione del ritornello: "Passeggiando in Tokyo, visioni di Samurai, passeggiando in Tokyo, guardando attraverso gli occhi del drago". Chiaro che la canzone si basa un po' sui classici cliché sul Giappone (Samurai, Draghi ecc...), di cui Biff ha tratto ispirazione sicuramente da uno dei tanti tour in quel paese. Biff ha fatto un sogno su un potente Shogun che domina tra le nebbie e i banchi di seta. Ballando con lame argentate Biff si sente immerso in silenzi contemplativi dove sente lontani echi mistici di voci sussurranti. Del resto stiamo parlando di un paese, il Giappone che sicuramente è molto ricco di suggestioni, altra cultura, totalmente diversa da quella occidentale e una storia comunque antica di grandi saggezze e combattenti. Ricordiamo inoltre che Biff ha convissuto per qualche tempo anche con una ragazza del Sol Levante, sebbene la relazione non abbia funzionato.
Give it All Away
Passiamo alla penultima canzone dell'album Give it All Away (Dare Via Tutto), che inizia con un riff dall'impatto felice, piuttosto diretto, seguito poi con la stessa dinamica da tutta la band. Le strofe sono abbastanza semplici, come al solito molto ben interpretate da Biff, che sfociano ancora in una solare melodia del chorus, curati molto bene su questo disco, fin dalla primissima nota dell'album infatti, questo comparto in particolare ha ricevuto amori e cure davvero pregevoli, e nella registrazione si sente molto bene. Un brevissimo solo e poi si procede con l'ultima strofa, con ripetizioni continue del chorus fino la finale. Nuovamente torna la struttura semplice ed efficace cui i Saxon ormai ci hanno abituato; niente riff articolati, niente solo di tre minuti, solo frizzante energia Heavy Metal che si staglia e si squadra nelle nostre orecchie, niente di più. Si respira anche su questa canzone quella vena molto melodica che già avevamo sottolineato in "Hold on". Ritornello a parte, nel complesso il brano è meno armonioso e, francamente realizzato con pochi e semplici accordi di chitarra. Brano non fondamentale certo della lunga e prestigiosa carriera discografica dei Saxon, ma si lascia ascoltare con grande piacere. Il pezzo liricamente è ancora un testimonianza di amore assoluto, il protagonista, non certo uno sprovveduto e tanto meno alle prime armi con la vita, è disposto a rinunciare, a buttare via tutto per averla con lui ancora per un giorno. Egli ha visto già tutto quello che c'era da vedere e non ha paura della morte, sarà difficile strapparlo dalla vita, ed incontrerà il creatore sorridendo. La signora fortuna ha bussato spesso alla sua porta e quindi si ritiene un uomo appagato. Malgrado tutto, getterebbe al vento tutto quanto pur di stare ancora un altro giorno con lei. Il significato può essere doppio, lei intesa come relazione sentimentale, oppure una persona che è venuta a mancare e che quindi con cui vorrebbe ancora stare insieme, a qualsiasi costo. Biff parla di un piccolo angelo che ha vissuto con lui, questo mi fa pensare che si tratti anche di un bambino ma, forse può essere riferito anche ad una dolce relazione femminile. Se ci pensiamo nella nostra vita ognuno di noi può avere un rimpianto per non aver magari detto un ultima parola ad un persona a cui volevamo bene, può essere un genitore scomparso, una relazione o un amicizia finita.
Yesterday's Gone
Pronti e via, Yesterday's Gone (Ieri Se ne è Andato) , ultima traccia del disco, parte veloce con basso e batteria che viaggiano a mille su un riff decisamente in accelerazione e, dopo una ventina di secondi, subentra il primo verso con Biff. Ancora una volta il cambio di tempo per il refrain corale è ben studiato, e dopo la seconda strofa assistiamo ad un ottimo solo di Paul Quinn. Le chitarre sottolineano maggiormente le ultime strofe con delle armonizzazioni, mentre alla fine di ogni frase poi arriva l'ultimo chorus. Poco meno di 4 minuti il pezzo fanno di questa traccia più corta dell'album, e forse la meno ispirata, ma, fino al 7/8 pezzo "Dogs of War" è stato decisamente all'altezza dei gradi lavori del passato dei Saxon e merita dunque un voto alto. Nel caso del pezzo che "chiude il cerchio", la band preferisce barcamenarsi su un riff tranquillo ed elettrico, senza scadere troppo nella pesantezza, ma mantenendo comunque il contagiri alto. Nuovamente tornano le progressioni Hard'n Heavy sentite già in qualche album precedente, ma stavolta l'ottima linea di produzione fa il suo sporco lavoro. Andando invece a scavare nelle liriche, lo "ieri se né andato" è riferito ad una relazioni finita male. Lui dice che oramai appunto il passato se né andato, le bugie , le menzogne di lei lo hanno stancato. E' stanco di fare la figura del fesso, pensava che fosse così stupido da non accorgersi dell'atteggiamento con la puzza sotto il naso che lei aveva? Ed è così che l'ha vista uscire con un altro uomo, e questo è più che sufficiente per dirle addio, lo ha spinto troppo lontano ed ora non intende cedere e non tornerà certo da lei. Ha una notizia per lei : "ieri è oramai passato !". Ancora sentimenti forti, questa volta di contrasto e sui reciproci scontri delle relazioni di coppia, un tema abbastanza classico non solo nel rock, perché si parla ovviamente di argomenti di vita vissuta, riconducibili alla vita quotidiana di molte persone nel mondo. L'album originale si conclude qui, mentre la ristampa della SPV / Steamhammer del 2006 prevede due bonus tracks dal vivo, "The Great White Buffalo" e la super classica "Denim & Leather".
Conclusioni
Dogs of War è un ottimo album dunque, sulla falsa riga di Solid Ball of Rock di quattro anni prima; due capisaldi dei SAXON anni '90, mentre sul precedente "Forever Free" avevano pesato diversi fattori negativi: a cominciare dallo scarso feeling tra la band e il produttore. Un fattore che ci piace sottolineare riguardo ai Saxon è l'assoluta coerenza delle proprie idee, malgrado le mode cambino e tornino facilmente, malgrado un stampa musicale che segue il trend del momento, Biff & soci hanno continuato con grande dignità nello sfornare album di grande valore, senza mai rinunciare a suonare in tutto il mondo, sebbene spesso costretti a piccoli club, certo lontani dai fasti dei primi anni della loro carriera. Questa caparbietà e coerenza non è da tutti e verrà giustamente premiata con il tempo, tanto che tutt'ora i Saxon sono una band quasi totalmente apprezzata e rispettata. Dal gennaio 1995 dunque la storica band metal inglese ha un nuovo chitarrista, Doug Scarratt, di cui abbiamo già accennato, parlandone molto bene anche in precedenti recensioni. Ma qual' è il passato di Doug a livello musicale ? Molti non credo lo sappiano anche tutt'ora. Douglas Scarratt (detto semplicemente Doug) è nato il 7 settembre 1959 a Hove, West Sussex come il batterista Nigel Glockler (infatti erano vicini di casa), Scarratt ha suonato su molti dischi pop e funk, alcuni senza nemmeno essere accreditato, guadagnandosi comunque da vivere con la musica. In un'intervista è emerso che Scarratt ha suonato ad esempio le parti di chitarra sull'album di David Hasselhoff (l'attore protagonista del popolare telefilm "Baywatch"). Certo, si sorride di fronte a questa notizia, ma quanti bravi musicisti italiani accettano di girare in tour con personaggi della musica leggera per poter "campare" ? Gli esempi sono molti e non stiamo certo a citarli qui. L'occasione per suonare finalmente rock è arrivata dunque per i noti diverbi tra Graham Oliver e il resto dei Saxon di cui abbiamo parlato all'inizio L'amicizia con Nigel, di cui come detto in precedenza era concittadini e vicino di casa, ha fatto il resto. La nuova coppia Quinn /Scarratt ha dato indubbiamente nuova linfa vitale alla band in generale; nel dettaglio puramente tecnico, Scarratt non disdegna la velocità pura, con scale anche esaltanti come si può notare nei suoi spazi solisti dal vivo, sia dal punto di vista ritmico, grazie alla sua comunque grande esperienza accumulata nel corso degli anni come session man. Forse Biff è stato spinto a scriverlo per via della delusione avuta con Oliver, però siamo abbastanza d'accordo nel ritenere Scarratt un chitarrista più tecnico e completo, sicuramente meno spettacolare sul palco rispetto a Oliver ma, Doug ha permesso veramente ai Saxon di fare un ulteriore salto di qualità. Generalmente Doug è vestito sempre con giubbotti di pelle nera, ed è da diversi anni testimonial delle chitarre Dean, che sfoggia ovviamente dal vivo. Sono anni ancora duri per la band dello yorkshire, per i mass media i Saxon sono ufficialmente morti (ricordo ancora la cattiveria di qualche rivista italiana specializzata a cui dava fastidio anche solo il fatto che i Saxon producessero ancora musica) soprattutto nei paesi anglosassoni, anche questo disco passa un po' in sordina, tranne in Germania, dove la band continua incessantemente a suonare dal vivo, come abbiamo detto oramai la seconda patria per i Saxon. Non a casa infatti, ma proprio in terra teutonica, verrà registrata la seconda parte di The Eagle Has Landed , terzo album dal vivo ufficiale della band uscito nel 1996, con la nuova line up comprendente dunque Doug Scarratt. Il doppio cd originale credo non sia più stato ristampato, rendendolo un live piuttosto raro da recuperare; un peccato visto che dal vivo come sempre i Saxon non deludono mai e, su questo doppio lavoro dal vivo ci sono canzoni veramente rare da poter ascoltare tutt'ora dal vivo. Un' ultima annotazione per i collezionisti, il vinile di "Dogs Of War" è stata stampato recentemente all'interno del box-set "Eagles & Dragons" della Demons Records. La stessa etichetta ha ristampato anche singolarmente il vinile non più black, ma picture colorato.
2) Burning Wheels
3) Don't Worry
4) Big Twin Rolling (Coming Home)
5) Hold On
6) The Great White Buffalo
7) Demolition Alley
8) Walking Through Tokyo
9) Give it All Away
10) Yesterday's Gone