SAXON
Denim & Leather
1981 - Carrere Records
DIEGO PIAZZA
19/08/2015
Introduzione Recensione
Il 5 ottobre del 1981 esce il quarto album dei Saxon, intitolato Denim & Leather. Si conclude con questo album un ciclo storico di tre dischi, da "Wheels of Steel" poi seguito da "Strong arm of the law" che hanno segnato profondamente le fondamenta della band, del metal in generale e di quel movimento musicale britannico denominato con l'acronimo N.W.O.B.H.M. "Denim & Leather" per altro contiene almeno quattro canzoni diventate immortali della band inglese, pezzi che tuttora fanno venire i brividi ai fan meno giovani, ma che sanno far breccia anche nelle giovani generazioni. La stessa title-track a mio avviso, come analizzeremo poi in maniera più dettagliata, è il manifesto del tipico metallaro medio anni '80, "Jeans & pelle" appunto. Dopo i tour di successo di supporto al precedente album, su pressioni della etichetta francese Carrere Records, i Saxon tornano ancora nelle montagne fredde del Galles per incidere due singoli: "And the bands played on" e "Never Surrender". In quegli anni nel music business si punta molto sul mercato dei 45 giri, e la Carrere non fa certo eccezione. La label francese non transige su questo punto: prima i singoli e poi l'album di inediti. Ebbene, le due canzoni, uscite nella prima meta dell'anno, vanno molto bene nelle charts, piazzandosi top 20 tutte e due. Così si arriva alla seconda parte del 1981, quando la band registra il resto dell'album tra gli studi di Ginevra in Svizzera e Stoccolma in Svezia. Inizialmente Biff Byford, cantante e master mind della band, non vuole includere i due singoli nel long playing, per rispetto dei fan che hanno già sentito le due canzoni in precedenza. Tuttavia, il manager Nigel Thomas la pensa diversamente, così come la label. Lo stesso Nigel Thomas produce l'album insieme ad uno sconosciuto ingegnere del suono, un certo Andy Lyndon. Con il senno di poi, il chitarrista Paul Quinn si dichiarerà insoddisfatto del suono, ma sono anni frenetici, in cui la band ritiene di essere infallibile su ogni scelta e decisione che, per la verità, erano tutte prese dal manager. La copertina dell'album è piuttosto minimale : il logo della band e il titolo in bianco su fondo scuro occupano quasi tutto lo spazio, con sotto l'immancabile aquila color nero. La back cover mostra una foto di tutta la band a cavallo di chopper. Sull'onda anche del successo dei primi due singoli, "Denin & Leather" ottiene un sesto posto nelle charts inglesi, risultato clamoroso che i Saxon non riusciranno più a ripetere in futuro. Il disco è l'ultimo contributo del batterista Pete Gill; un perdurante formicolio alle mani lo costringe a chiedere alla band un periodo di pausa. I Saxon non conosco realmente il problema di salute, e pensano che la sua assenza sia solo momentanea. Manca solo una settimana all'inizio del tour, occorre trovare un degno sostituto. Alla prima data dal vivo a Brighton è Nigel Glockler, ex drummer della punk band Toyah a sostituirlo e, nella prima parte del 1982, viene ufficializzato il suo ingresso definitivo nella band. Curiosamente Pete Gill non risulta sia stato mai ufficialmente licenziato e, tornerà sui palchi qualche anno dopo come batterista dei Motorhead. Biff e Pete erano compagni e amiconi un po' mascalzoni, soprattutto quando c'erano in ballo delle donne, e Biff lo considerava comunque quello che noi definiremmo "un personaggio". Glockler invece, anche per questo suo passato ambiguo di batterista punk in una band femminile, ebbe qualche difficoltà iniziale a relazionarsi con il resto della band, anche per un fatto geografico (lui era di Hove, west Sussex ,molto più a sud del West Yorkshire dove sono nati i Saxon). Nel film Heavy Metal Thunder - The Movie, Nigel ammette che non capiva un accidente quando parlava Graham Oliver, e spesso si doveva far tradurre quello che dicevano dagli altri. Una volta imparati i brani, Nigel, pur non essendo il batterista originale, è entrato ben presto nel cuore dei fan e, di fatto è il batterista che ha suonato più album nella storia dei Saxon. Ma passiamo ora, come sempre, all'analisi track by track.
Princess of the Night
Un riff veloce e accattivante è lo splendido biglietto da visita firmato mister Paul Quinn; l'inizio di Princess of the Night è forgiato dalla sua sei corde, sui cui si erge un brillantissimo Biff alla voce. Per alcuni secondi sono soltanto Biff e Paul insieme, prima che la band si unisca per il primo chorus. Un ritornello splendido e diretto che si ricorda perfettamente già dal primo ascolto. Da questo punto di vista, l'obiettivo che era stato chiesto alla band di creare un singolo radiofonico, sembra già in gran parte riuscito. Dopo il secondo ritornello, è un bellissimo solo ancora di Quinn a fare da collante per la seconda parte del brano che, inizia con un chorus, seguito subito da una nuova strofa. Ancora un chorus e le percussioni di Gill precedono il concitato finale, questa volta con Graham Oliver a rifinire brillantemente prima del finale. Genuinamente Biff scrive sulla sua biografia che gran parte del pubblico, pur apprezzandone moltissimo la musica, ha frainteso decisamente sulle liriche. Del resto, non essendoci i libretti con i testi, soprattutto all'estero molti hanno pensato ad una meravigliosa donna dipinta come "La Principessa della Notte". Tuttavia, non c'è niente di più sbagliato da questa interpretazione. Non si tratta affatto di una splendida fanciulla che ha conquistato il cuore del giovane Biff, ma piuttosto di un locomotore piuttosto vetusto che accendeva le fantasie del futuro cantante dei Saxon. Biff Byford ci racconta di come da ragazzo si sedesse sulle colline di notte per vedere arrivare sul viadotto la locomotiva del treno che portava la posta nel suo paese. Per la sua immaginazione, questo pezzo di ferro pesantissimo che arrivava sbuffando fumo e fulmini nella notte era una "principessa", o così almeno aveva visto scritto sui muri . Nemmeno l'inverno rigido, tra freddo e neve, fermava gli stantuffi, né il cuore della vecchia locomotiva. Se potesse Biff riporterebbe anche quel treno in vita, giusto per ricordare quei momenti di felicità. Del resto la fantomatica donna non poteva certo pesare novanta tonnellate e sbuffare fumo e lampi ma, obiettivamente, poteva saperlo in Spagna o in Italia nel 1981 ? Probabilmente soltanto chi ha avuto la fortuna di comprare già all'epoca il 45 giri originale, che vedeva in copertina una locomotiva in bianco e nero, aveva una idea molto più chiara di quel che era il significato del testo. Solo a quel punto infatti l'inganno linguistico veniva smascherato. Giustamente Biff la definisce la canzone simbolo della band, un po' come altre canzoni icone di altre band, "Breaking the law" dei Judas Priest o "Here I go" degli Whitesnake; è uno di quei brani che immediatamente vengono associati alla formazione inglese, di quelli che soprattutto non si scordano facilmente, sia per la musica, ma anche per la sua fruibilità da un pubblico molto vasto. Non a caso, avendo creato un brano molto radiofonico, i Saxon partecipano anche alla trasmissione Discoring in Italia per lanciare il pezzo (suonato in playback, come si usava allora in quel tipo di trasmissioni studio).
Never Surrender
La seconda traccia, Never Surrender,inizia con un altro micidiale riff distorto di chitarra, con precisi colpi di cassa di Gill a dettare i primi secondi, un sound maledettamente metal che ti colpisce come un martellata sulle gengive. L'inizio del brano è infatti un assalto a Fort Apache con la baionetta, un rullo compressore, un panzer che travolge tutto e tutti. Subito Biff aggredisce e ringhia la prima strofa sul magico tappeto delle due chitarre, seguito da un comparto ritmico di tutto rispetto. Il chorus diretto e semplice è uno sfogo magistrale di Biff, un momento per fiatare e per trovare un facile appiglio per chi ascolta, prima che band ritorni a martellare come un rullo compressore. Si giunge quindi rapidamente al secondo chorus. Un pregevole assolo di Quinn e poi, con lo stesso schema già collaudato in "Princess of the Night", ritornello corto e poi ancora strofa più ritornello, si prosegue all'interno della traccia. Con l'ultimo chorus in continua ripetizione si spegne in dissolvenza il brano. L'obiettivo di realizzare un altro singolo radiofonico è centrato decisamente, senza per altro tradire quelle che sono le caratteristiche della band, heavy metal britannico d'origine controllata. Biff ammette candidamente di non essere "nato dalla parte più malfamata della città", ma nel testo ovviamente ci ha messo anche molta fantasia. Il protagonista è appunto uno sbandato, nato dalla parte marcia della città aldilà della ferrovia, non ha mai avuto niente, solo persone che lo denigravano, la vita per lui non è mai stata facile, ma nessuno lo può abbattere. Non ci si deve mai arrendere, nemmeno quando si ha contro tutto il mondo: bisogna reagire e combattere. E' sempre sulla corsia di sorpasso, cerca di sfruttare tutte le sue possibilità, ha iniziato la sua vita dal basso, ma ha intenzione di arrivare sempre più in alto, nessuno può frenare la sua ambizione. Anche in questo caso, pur non connettendo o traducendo subito al primo ascolto le liriche, il significato per il fan è stampato nella mente da queste due parole, Never Surrender. Chiaro che dal vivo la canzone entusiasma e carica di adrenalina il pubblico, un testo che da qualunque parte lo si voglia leggere invita a reagire e combattere di fronte alle avversità. Chi subisce bullismo nelle scuole, chi non viene accettato per come è vestito, per le proprie passioni e, perchè no per i propri gusti musicali: ognuno di noi ha un argomentazione per cui si sente in conflitto con il mondo circostante. Un messaggio talmente universale che, anni dopo, Biff Byford ha deciso di intitolare proprio "Never Surrender" la propria biografia.
Out of control
Passiamo alla terza traccia, dal titolo di Out of control. Dopo due tracce entusiasmanti come le prime due che aprono il disco, certamente si registra un leggero calo di tensione, sebbene il brano non sia assolutamente riempitivo. Chitarre quasi bluesy sono il viatico della song, seguite poi dall'ingresso della parte ritmica. Il basso di Steve Dawson è abbastanza udibile con il suo pulsare. Biff, dopo le sfuriate delle prime due canzoni, canta in maniera precisa, e piace soprattutto il bridge, dato che il chorus tutto sommato è semplice, con ben quattro ripetizioni del titolo. La seconda strofa è seguita da un ritornello interrotto bruscamente, un breve riff fa preludio ad un bellissimo solo, poi riprende l'arpeggio di chitarra che ci traghetta fino al bridge, seguito a ruota dall'ultimo chorus. Biff con un voce accentuata e graffiante chiude con una serie di ripetizioni del titolo fino alla dissolvenza del brano. Leggendo con attenzione il testo, credo di poter dedurre che si tratti di una canzone su una importante relazione avuta da Biff, essendo i testi solitamente ispirati a vicende di vita vissuta. Il protagonista si sente al sicuro quando è con la sua ragazza, gli da tranquillità, lo fa vivere libero. Quando si sente depresso e solitario, quando è stanco e arrabbiato sa di poter contare su di lei. Non c'è alcun dubbio al riguardo, non potrebbe vivere senza di lei. Questo "affetto" gli fa perdere il controllo di sé stesso, si lascia andare sentimentalmente, si libera dalle catene che lo opprimono. Il contatto fisico gli fa perdere il controllo. Nella canzone si respira grandemente aria di sentimento e libertà, quel senso di oppressione, quando è accanto alla sua donna, non c'è, svanisce nella nebbia, e lui può essere veramente quello che ha sempre desiderato di essere. In un album in cui tutti i chorus sono diretti, ma molto ben riusciti, "Out of Control" paga il dazio di essere un pò ripetitivo come ritornello, ciò nononostante come dicevo il pezzo si fa apprezzare anche se non è una punta di diamante del disco.
Rough and ready
Nella successiva Rough and ready , Paul Quinn parte con un bel riff veloce e deciso, subito seguito dal resto della band, compreso il fischio con le dita di Biff, oramai suo marchio di fabbrica. Anche in questa canzone il bridge con due voci sovprapposte di Biff è geniale, prima del chorus diretto. Sono ben tre le strofe (con due chorus), prima di un decisivo cambio di tempo che da spazio ai solo di Oliver e Quinn, qui davvero in perfetta sincronia. Il riff iniziale viene ripreso per una ultima strofa , e il finale vede un accelerazione ritmica poderosa, con i cori a ripetere più volte il titolo fino in dissolvenza. Pezzo tipicamente in stile Saxon di quel periodo: preciso, diretto e anche schizofrenico in alcuni momenti, altrimenti non saremmo qui a parlare di heavy metal. Ma di cosa parla precisamente "Rough and ready" ? Anche il testo, per certi versi, segue l'andamento schizoide della musica, perché si parla della vita "di strada" di un personaggio che oggi definiremmo, con un termine moderno, "borderline". Egli è cresciuto appunto con le regole della strada, facendo tutto da solo, dormendo in metropolitana e cercando di elemosinare una lotta. Non ha bisogno della compassione altrui, vive a modo suo e con le sue regole. Vuole fare un squadra stanotte, se ne sta fermo in un angolo e aspetta qualcuno per chiedere del fumo, in un attimo finisce per prendere a calci il tipo a cui consiglia di non creargli problemi e di lasciarlo solo, è sempre alla ricerca di un battaglia notturna: è "cattivo" e pronto per la notte. Seppure non abbia testimonianze dirette, potremmo trovare in questa canzone degli spunti presi da un film come "I guerrieri della notte", ma è solo un ipotesi. Certo che qui sembra che il protagonista sia un lupo solitario in cerca di guai, più che l'appartenente di un gang giovanile. Per altro, pensando alle baby gang che creano disagi a New York o a Londra, tanto per citare due metropoli mondiali, la canzone propone ancora un tema attualissimo.
Play it loud
Giungiamo ad un canzone che, seppure raramente, ancora adesso i Saxon propongono dal vivo: Play it loud. Un bellissimo riff , divertente e dal sapore quasi blues, ci traghetta verso strofe fiere e polemiche di Biff, prima che un bel cambio di tempo ritmico ci porti al brillante ritornello. Graham Oliver ci regala un solo molto graffiante ed elettrico, si torna al riff portante per l'ultima strofa e chorus. In finale viene allungato ulteriormente, con ancora Oliver che rifinisce con la sua chitarra la sfuriata ritmica finale, con più volte ripetuto ancora il titolo; la canzone è in sé sia rabbiosa che articolata, con riff e ritmi che si inseguono per tutta la durata del pezzo, impreziosendola, nonostante la struttura di base sia assai semplice nella sua formazione. Qualcuno potrebbe definire il testo di questa canzone piuttosto banale, ma, siccome non c'è mai nulla di banale nei Saxon, anche in questa traccia troviamo un messaggio chiaro: c'e' sempre qualcuno nella vita che cerca di tirarti giù di morale, e allora come puoi reagire ? Tipica situazione la troviamo nella prima strofa in cui Biff ci racconta che sta guidando sull'autostrada tranquillo mentre ascolta a tutto volume i Deep Purple, si ferma ad un distributore e il benzinaio gli chiede di abbassare la musica perchè da fastidio. Non hai bisogno di nessun dottore, alza il volume della radio e suona la canzone al massimo volume, nel tuo vicinato. Che si tratti del benzinaio ad un autogrill, di un bagnino sulla spiaggia o in generale di gente che si lamenta del volume alto della nostra musica, gira la manopola del volume, suonala al massimo, non farti paranoie, sono loro che stanno vivendo nel passato. Quante volte anche nella nostra vita di "metallari" c'è capitato di litigare o comunque di discutere sul volume della musica o comunque sullo stile di vita o su come si è vestiti ? Canzone ancora attualissima, anche come scontro generazionale sui diversi gusti musicali. Nessuno deve permettersi di giudicare gli altri, questo è il messaggio che i Saxon vogliono farci sentire, tutti ciò che ci succede per colpa di chi ha la mente chiusa, va assolutamente affrontato nel solito modo, alzando il volume al massimo e non pensandoci. Come vedremo per altro non è l'unica canzone dei Saxon che tocca temi delicati, l'orgoglio per questa musica che sta appassionando migliali di inglesi e non solo.
And the bands played On
Il brano successivo, uscito anche in versione 45 giri, è And the bands played On: senza ombra di dubbio un'altra perla meravigliosa della discografia dei Saxon. Su un pregevole spunto di Quinn il brano ha subito un andamento ritmico vivace, pieno di rifiniture dei due chitarristi. L'ottimo cantato di Biff ben descrive l'emozioni di una giornata storica, di cui poi parleremo. La canzone scorre piacevolmente, corta e senza intermezzi solisti ne cambi di tempo, con lo schema strofa + chorus ripetuto per quattro volte. Tutto si basa sull'ispirato riff di Quinn e sulla ritmica di Oliver, nonché su un base ritmica sempre all'altezza. La song di per sè ha un minutaggio cortissimo, quasi da hit radiofonica, ma sono straordinarie le rifiniture melodiche delle due chitarre e anche il significato del testo. Abbiamo già parlato nelle precedenti occasioni della storica partecipazione dei Saxon al primo Monsters of Rock in Donington Park. L'anno successivo, Biff ne trae spunto per un testo stupendo, in cui ripercorre con dei flashback della memoria quello che è avvenuto in quella memorabile giornata. Nel tardo pomeriggio, con il sole che tramonta e la folla urlante all'ingresso delle band, c'è fermento nell'aria, tutti pensano che sarà una grande giornata. Grandi aspettative, c'è quasi una sorta di magia captabile nell'aria che si crea tra palco e pubblico e l'attesa spasmodica prima di salire sul palco: pioverà, nevicherà, chi lo sa ? "Ci siamo seduti al sole mentre le band continuavano a suonare". Particolarmente suggestiva l'ultima strofa, dove Biff racconta, anche con un paio di giochi di parole fortunati, la magica serata, dove egli vedeva l'Arcobaleno brillare (e penso che era inteso anche come la band Rainbow , che erano headliner), i fuochi d'artificio nel cielo, la musica che continua tutta la notte, si sentiva rock 'n' roll ovunque, i Saxon erano gli estranei nella notte (con un chiaro gioco di parole usando la loro fortunata "747 strangers in the night"). "And the bands played on" ha un bellissimo impatto anche dal vivo, ed è diventata un classica anch'essa irrinunciabile con Biff, che ricorda sempre che fu dedicata alla prima storica partecipazione al Monsters of Rock. Ancora adesso nell'udire le strofe cantate da Biff si ha ha quasi l'impressione di essere li con loro in quel memorabile agosto del 1980, talmente sono vivide le descrizioni. Ci si immagina gli stessi Saxon ammirati che guardavano le altre band suonare e l'emozione e le aspettative pochi minuti prima di salire loro sullo stage.
Midnight Rider
Un ottimo riff ancora e la band subentra con una ritmica galoppante in Midnight Rider, altro pezzo molto bello a mio avviso dell'album. Nel chorus vi è un deciso cambio di tempo che permette a Biff di esprimersi melodicamente, salvo poi riprendere le strofe sul viaggio attraverso gli States. Dopo tre strofe + chorus è un lungo ed entusiasmante solo di Paul Quinn che conquista la scena. Lo stile è quello che oramai abbiamo imparato a conoscere, una sorta di crescendo musicale che prima ti ipnotizza e poi travolge nella progressione finale. Ancora un chorus e poi l'ultima strofa con l'ultimo chorus allungato nel finale, con diversi e ripetuti "Midnight rider"; solita struttura easy listening per un brano che racchiude bene lo spirito del suo testo, corse folli in motocicletta, sbuffi di motore e fumo dagli scarichi roventi, non serve altro. Come già accennato in precedenza, il brano descrive il classico viaggio coast to coast attraverso gli USA, un sogno tutt'ora ancora vivo in molti biker e non solo: leggere il testo della canzone, di fatto è come dare un occhiata alla carta geografica degli States. I biker protagonisti (che poi sono gli stessi Saxon) cavalcano "l'aquila argentata" (riferendosi alla Harley Davidson), partendo fuori all'aeroporto J.F.K di New York, destinazione Portland, nel Maine, passando poi per le cascate del Niagara dove si sono ovviamente fermati per fare delle foto. Hanno incontrato gente fuori dal luogo del concerto, e come dicono loro stessi, 5.000 persone li fanno sentire veramente piccoli. Sono centauri di mezzanotte che si tengono in movimento, nel loro viaggio attraverso gli USA, sono centauri di mezzanotte sempre in movimento, dritti attraverso gli States. Nelle strofe successive altre tappe del viaggio, giù nel Texas dove la gente non sopporta le ondate di calore e poi Nashville, Chicago ("Dove non abbiamo sentito il blues" ) e hanno fatto un po' di rock 'n' roll giù fino a Baton Rouge. La descrizione del viaggio si conclude ricordando gli amici che si sono fatti in quei giorni meravigliosi in cui cavalcarono l'aquila grigia attraverso gli States. Ancora una volta i Saxon piacciono per la loro capacità di trasformare in canzoni le loro esperienze di vita vissuta, coinvolgendo l'ascoltatore quasi come se fosse li, in questo caso sul lucente sellino della moto.
Fire in the Sky
Il penultimo pezzo è Fire in the Sky: è il pezzo decisamente più heavy dell'album, anche solo sul piatto squisito della velocità. L'inizio delle ostilità è affidato a Quinn, immediatamente seguito dal resto della band, compreso Biff che attacca subito la prima strofa. Un cavalcata furiosa come erano su album precedenti brani come "Heavy Metal Thunder" e "20.000 ft",sono queste le canzoni in cui il metal fan si esalta, soprattutto in quegli anni dove queste canzoni erano delle assolute novità. I momenti solisti dei due chitarristi sono incastonati tra due passaggi armonici che ricordano moltissimo gli Iron Maiden. A seguire abbiamo una ultima strofa + chorus, ancora una volta diretto, ma decisamente azzeccato. Finale con "to die" ripetutamente freneticamente da Biff fino ala conclusione. Il "fuoco nel cielo" è riferimento ad un attacco missilistico nucleare, la vera paura dei nostri tempi. Nell'aria c'è come un sensazione strana di un imminente pericolo, c'è un fuoco nel cielo e per la gente non ci sarà nessuna probabilità di scampo. Quando arriva il fuoco nel cielo devi correre per la tua vita, quando il fuoco arriva nel cielo preparati a morire. Si corre alla ricerca di protezioni, avevano detto che c'erano dei rifugi , niente panico dice ironicamente Biff, devi solo aspettare la fine dell'umanità. Del resto, se non ti raggiungerà l'ondata di caldo, arriverà quella d'urto. Non rimarrà più nessuno per combattere. È la fine del nostro Pianeta. Quello che è successo a Hiroshima e Nagasaki in Giappone nel 1945 (di cui ricorrono 70 anni proprio quest'anno) è noto a tutti, così come le conseguenza drammatiche e devastanti di un "inverno" post-nucleare. I Saxon, molti anni dopo, scriveranno un altra canzone sul nucleare, dal titolo di "Shadows on the wall", che parlerà proprio del primo sgancio del fatale ordigno nel New Mexico.
Denim & Leather
Arriviamo così alla conclusione dell'album con la title-track Denim & Leather: l'andamento funky blues delle chitarre di Quinn e Oliver si adatta proprio ad un ritmato headbanging, facilitato anche dal ritmo perfettamente sincopato del basso e delle batteria, mentre Biff inizia a descrivere nelle liriche quello che sono le giornate tipo del metallaro medio di quei meravigliosi anni. L'andamento classico strofa + chorus, ripetuto diverse volte, viene interrotto da uno dei più bei solo di Graham Oliver. Il finale vede dei cori del ritornello un po' tamarri, questo perché registrati in studio insieme a fortunati fan che hanno creato un effetto un pò cacofonico; tutto questo da vita ad un carosello di ritmi e note che ti entrano subito in testa, ormai chiunque, considerando anche il significato che ha preso il brano nel tempo, riconosce quel riff iniziale, così come l'andamento generale della canzone, e non appena viene accennata, siamo tutti con le mani al cielo. All'inizio della recensione parlavo di canzone-manifesto del heavy metal: giudicate voi dalle liriche. Biff ci domanda retoricamente a tutti noi dove eravamo nel '79, quando tutto ha avuto inizio, quando "la diga ha ceduto" (usando una bellissima metafora). Si indossavano i jeans denim, si indossavano giubbotti di pelle, si correva per stare in prima fila davanti al palco, si leggeva la rivista dalla fine fino all'inizio per cercare la propria band preferita e per sapere dove suonava. Si faceva la fila tra ghiaccio e neve per comprare il biglietto, si trovava il proprio negozio di dischi di fiducia, non è questa cari lettori più attempati la vita del metallaro medio prima dell'avvento di internet ? Ancora, proseguendo nelle liriche : chi di noi non sognava di diventare un guitar-hero, magari un bassista, di imparare a suonare la batteria, oppure di essere un cantante come Biff di fronte al palco ? "Jeans e Pelle, ci hanno fatto unire, eravate voi durante gli show che liberavate gli spiriti". Quando Biff ci chiede retoricamente nel testo, se ascoltavamo la radio tutti i venerdì sera, è un chiaro riferimento al palinsesto della BBC Radio di allora; c'era un popolarissimo programma chiamato appunto "The Friday Rock Show", condotto per moltissimi anni da Tony Wilson e che trasmetteva del buon rock, oltre che concerti in diretta. "Denim & Leather" diventa un pezzo inamovibile dalle set-list dal vivo dei Saxon, ed è impossibile non identificarsi genuinamente nelle liriche, la passione per la musica metal è qualcosa di viscerale, una devozione totale per la propria band preferita, non esistono paragoni con altri generi musicali. Questa è una canzone che di fatto celebra il matrimonio blasfemo tra il pubblico e la band, i rituali e le gesta di una comunità che liberà se stessa, esorcizza le proprie frustrazioni quasi in maniera terapeutica attraverso i concerti. I Saxon sono popolari in quegli anni proprio per una sorta di identificazione della classe operaia (e non solo) nella loro musica, grazie anche a testi in cui si parla delle proteste per le decisioni politiche in quegli anni.
Conclusioni
Denim & Leather rappresenta ancora una mostruosa testimonianza della grandezza dei Saxon. Tre anni intensissimi vissuti per la grande maggioranza in giro per l'Inghilterra e per il mondo. Come dicevamo, Nigel Glockler ha sostituito Pete Gill dal vivo, e oramai anche nelle apparizioni televisive e nei videoclip ufficiali. Anche in grande parte del 1982 la band è in tour, girando ancora negli USA, ma, finalmente, la pubblicazione del primo live "The Eagle has Landed", diventato subito un successo nelle charts , permette alla band qualche momento di pausa, sebbene inizi già la stesura di quello che per il sottoscritto rimane il loro capitolo discografico più entusiasmante, quel "Power & the Glory" uscito nel 1983 di cui avremo modo ovviamente ancora di parlare in futuro. I Saxon portano dal vivo show sempre più spettacolari; l'Aquila gigante non è più di cartapesta, ma comincia ad essere una struttura metallica complessa. Oltre ai due chitarristi e alle loro perfomances vivaci sul palco, anche la figura di Steve Dawson è molto carismatica, baffuto e con bandana in testa il bassista, un pò come Steve Harris, prende spesso posizioni sugli amplificatori anche in mezzo allo stage, rubando quasi la scena ad un sempre straordinario frontman come Biff Byford. Questa volta sono loro headliner, sia nel Regno Unito supportati dai Riot, sia in Europa supportati niente di meno che da Ozzy Osbourne, reduce da un grande successo con il suo primo album solista. Biff ha avuto modo di conoscere e apprezzare la classe di Randy Rhoades, lo sfortunato chitarrista talentuoso poi morto in circostanze incredibili, e anche di vedere dal vivo il suo batterista preferito, Tommy Aldridge. Per quanto riguarda Ozzy non mancano aneddoti incredibili, come quando si presentò in albergo vestito da donna e con un pollo morto nella borsa, ma anche episodi meno divertenti, come quando ad un certo punto tornò a Londra lasciando la band allo sbando, interrompendo improvvisamente il tour senza un motivo plausibile. Biff nella sua biografia sottolinea di come il madman comunque, al di là delle sue stranezze, sul palco cantasse molto bene. Nel 1982 un giovane e appassionato batterista danese, Lars Ulrich (che già era volato a Londra per stare con i Diamond Head in tour e vide i Saxon nella famosa prima data di Brighton) farà carte false per suonare di supporto a Biff & soci con i suoi Metallica al Whiskey a Go Go di Los Angeles, e tra gli spettatori dei concerti nella metropoli californiana, i Saxon troveranno i Motley Crue , a cui soltanto un anno dopo i Saxon faranno da supporto nel tour USA 1983, inutile sottolineare che fu un esperienza totalmente a luci rosse per ovvi motivi. Nulla in quel momento di grandi successi dei Saxon fa presagire a qualche piccola crepa all'interno della band, i cinque si fidano ciecamente o comunque subiscono passivamente le scelte della label e del manager Nigel Thomas. Qualche perplessità su come vengono gestiti i ricavi delle vendite dei biglietti e dei dischi cominciano ad insinuarsi come una pulce dell'orecchio nelle mente di Biff Byford, sebbene la band viva con la propria musica anche ad alti livelli economici e, quindi per il momento non si pone troppe domande. Denim & Leather è un disco che ha segnato la storia della musica Heavy Metal, un vero e proprio inno che, sicuramente, negli anni non è né sarà mai dimenticato.
2) Never Surrender
3) Out of control
4) Rough and ready
5) Play it loud
6) And the bands played On
7) Midnight Rider
8) Fire in the Sky
9) Denim & Leather