SAXON
Call to Arms
2011 - Militia Guard - UDR
DIEGO PIAZZA
09/03/2017
Introduzione
Nel 2011, al momento dell'uscita del nuovo album dei Saxon possiamo notare molti cambiamenti intorno alla storica band, nata discograficamente nel 1979. Innanzitutto come già ricordato nelle precedenti recensioni, la SPV Steamhammer, l'etichetta discografica di Hannover che aveva di fatto rinnovato le sorti della band in positivo viaggia in bruttissime acque: sono necessari tagli al roster della label. I Saxon scelgono, direi in maniera azzeccata "La casa delle Leggende" ovvero una etichetta sempre tedesca che si chiama UDR, la stessa label di cui fanno parte anche i Motorhead. "Call to Arms", questo è il titolo dell'album dei SAXON uscito ufficialmente il 3 giugno 2011 in Europa, vede anche un cambio dietro alla console. Finisce la collaborazione che durava da diversi anni con Charlie Bauerfeind e subentra un cantante inglese, già noto per le sue performance con Little Angels negli anni '80 ed al momento frontman di un altra storica band della N.W.O.B.H.M , i Fastway di "Fast" Eddie Clark, storico chitarrista dei primi dischi dei Motorhead. Toby Jepson però qui svolge, su "Call to Arms", il ruolo di co-produttore insieme al mastermind dei Saxon, Biff Byford. Quest'ultimo come sempre è autore di tutte le liriche del disco, che è stato registrato tra South Thoresbby Lincs e Brighton (dove come ingegnere era presente comunque ancora Baurefeind). Analizziamo come sempre con attenzione la copertina, abbastanza diversa al solito: non c'è infatti il classico artwork epico-medioevale di Paul Raymond Gregory ma un vecchio poster di Alfred Leete intitolato "Your country needs you / La Tua Nazione ha bisogno di te", come si può intuire era un poster appeso ai muri delle città inglesi che invita l'arruolamento nell'esercito e, ovviamente tutto ciò si abbina al titolo "Call to Arms / Chiamata alle armi". Il militare, per via dei baffoni, potrebbe sembrare addirittura Stalin giovane, ma non c'entra nulla. Nel vecchio poster il marianio in divisa punta il dito del braccio destro verso chi lo guarda. La back cover è uno scenario di guerra con fili spinati e trincee, su un ramo secco è appoggiato sinistramente un corvo. Per questa volta dunque i nostri alfieri del metallo albionico si discostano dalle tematiche solite, sia quelle che li avevano accompagnati nella prima parte di carriera (la vita on the road, le motociclette e la vita da metalhead in generale), sia nella seconda parte, quella della rinascita, ovvero gli artwork pomposi ed aulici con chiari riferimenti alla storia medioevale non solo britannica, ma mondiale. In questo caso specifico abbiamo un riferimento bellico, come vedremo riferimento alla ben nota title track; nel suo essere semplice, la copertina è di grande impatto. Vederla dentro un negozio di dischi deve aver fatto un grande effetto ai giovani acquirenti dell'epoca, il dito puntato contro di Alfred sembra quasi volerti dire "compra questo album, non te ne pentirai!". Nel complesso dunque una copertina che certo non ha fatto la storia, ma si fa amare al primo sguardo; se pensiamo alla carriera dei Saxon probabilmente non ci verrà in mente come primo artwork proprio questo (probabilmente la nostra attenzione si sposterà su Wheels Of Steel o Denim & Leather), ma se si pensa bene, non può non esserci comunque rimasta impressa. La back cover, come abbiamo già detto, prosegue la tradizione del frontale, immergendo il nostro sguardo in uno scenario bellico, e quel mesto corvo che quasi sembra guardarci con aria minacciosa, certo non fa presagire niente di buono. Così come pensieri assolutamente non positivi non fanno venire neanche quel groviglio di filo spinato, che riporta alla nostra mente immagini di un tempo che (per fortuna) è relegato al passato. Non si tratta come vedremo di un concept album, ma la copertina e il resto sono riferiti al brano numero 5 della sequenza cd, ovvero la title track "Call to Arms". Naturalmente la canzone come vedremo è una triste testimonianza della Grande Guerra, non certo l'esaltazione del Dio Marte o dell'eroico guerriero concepito come la penserebbero i Manowar (che hanno scritto infatti una canzone con lo stesso nome). Sull'album vi è un ospite di grande riguardo, il tastierisra dei Deep Purple Don Airey, che ha collaborato per un paio di canzoni "Mists of Avalon" e " When doomsday comes". Quest'ultima traccia e la successiva "No rest for the Wicked" avrebbero dovuto in futuro far parte di un lungometraggio come colonna sonora (non sarà proprio così ma ne parleremo più avanti). Un album che si presenta a noi come l'ennesima prova che i Saxon sono ufficialmente rinati; in loro si è riaccesa la fiamma dell'acciaio dopo anni di impervie tenebre, e sono tornati alla ribalta per spaccare tutto a metà. Come vedremo durante l'analisi track by track, nell'album sono presenti canzoni dal sapore quasi malinconico, unite al muscoloso dosaggio di metal che la band mette in piedi per noi. All'apparenza un disco che, nel suo completo, sembra davvero farsi amare, anche se non al pari di altre gemme presenti nella discografia della band; non ci resa che estrarre il CD dal jewelcase, inserirlo nel nostro stereo, pompare il volume a manetta e scoprire se è realmente così.
Hammer of the Gods
Uno splendido riff apre solare la prima traccia , "Hammer of the Gods (Martello degli Dei)" che come si può notare non c'entra nulla con la Grande Guerra, ma più che altro con le tradizioni vichinghe e nordiche. Dopo il primo riff brillante, un cambio di tempo prepara la base la prima strofa, dove Biff attacca benissimo con la sua confortevole ugola, stesso schema come da consuetudine per la secondo strofa e chorus. Un bellissimo passaggio tecnico di Nigel Glockler prepara i solo con prima Doug Scarratt, seguito a ruota da Paul Quinn. Un breve passaggio mette in luce anche il basso di Nibbs Carter prima dell'ultima strofa, con diverse ripetizioni del titolo. Finale turbolento con tutta la band a chiudere; un inizio a dir poco tellurico per questo disco. Nel complesso una canzone dai tratti tutto sommato semplici (come ormai i nostri alfieri ci hanno abituato nel corso di tutti questi anni), ma allo stesso tempo trascinante ed emotiva. I passaggi, soprattutto delle due sei corde, risultano essere accattivanti e cronometrici fin dalle primissime batture, lasciando anche libero spazio all'ugola di Biff, che qui torna ad esprimersi in tutta la sua forza. Assaporiamo sulla nostra pelle l'odore ed il sapore di quelle norrene terre così lontane da noi, ma così vicine ai nostri cuori. Sentiamo pesantemente il martello fendere l'aria e colpire le teste dei nemici con nerboruta forza, senza minimanente preoccuparsi delle conseguenze. Due considerazioni, prima di passare alle liriche: il suono è più sporco e meno digitale rispetto ai precedenti dischi e come sempre la prima traccia è un viatico spettacolare per l'ascolto del resto dell'album. Ancora una volta la band inglese azzecca l'opener, spesso fondamentale per far si che l'ascoltatore prosegua convinto negli ascolti. Come fecereo con la storica "Invaders" degli Iron Maiden, i Saxon descrivono l'arrivo dei vichinghi com le loro navi dai guerra, le "drakkar", sulle sponde di un territorio nemico all'alba; gli Dei del Paradiso irrompono attraverso tempeste nel cielo, arrivano con il fulmine, presto saprete che dovrete morire. Dei della Guerra, state con la paura, vi colpiscono con il martello degli Dei. Preparatevi ad incontrare la furia in arrivo all'alba. Portate al sicuro mogli e figli al riparo dalla tempesta. Fermatevi e attendete il loro arrivo per poi lottare fino all'ultimo, i guerrieri che vengono dalle Terre del Nord presto incroceremo i loro passi. Testo che in perfetta sincronia con la musica, ci mostra i muscoli e quasi ci fa paura; i Saxon non sono certo nuovi ad argomenti così epici, eppure ogni volta che li trattano, riescono a farcene percepire un angolo di rifrazione diverso, scevro da qualsiasi precedente. Di questa canzone è stato fatto un videoclip devo dire quasi minimale, sicuramente al risparmio in cui è presente anche un figlio dello stesso Biff Byford. Il finale finisce con un primo piano degli occhi del piccolo Byford.
Back in '79
"Back in '79 (Indietro al '79)" inizia ritmata dai colpi di cassa di Nigel, seguita da un riff blues lento delle chitarre, che accompagnano il cantato di Biff: il chorus arriva subito diretto e senza fronzoli, seconda strofa e chorus seguiti poi a ruota dal solo di Doug. Nel finale il chorus vede una sorta di contro-coro da scena quasi "live", finale molto blueseggiante con Doug che chiude sulle ultime parole di Biff. Siamo passati da una opener con i cosiddetti, ad una traccia molto più catchy nella sua resa, ma questo non vuoldire sia meno efficace. Oh certo, sicuramente parliamo di una canzone a tratti quasi ruffiana, che va a riprendere stilemi della band primissima maniera. Chitarre in prima linea, pochi orpelli ad accompagnare il nostro ascolto, voce davanti al microfono e via, si parte per una nuova avventura; il riferimento temporale del titolo certo non è a caso, come vedremo fra poco; nel complesso una canzone efficace sotto molti punti di vista, un ottimo filler che fa da ponte all'inizio dell'album, mettendo in comunicazione metà così diverse. Obiettivamente, passando dalla prima pimpante traccia, alla più sorniona seconda traccia, qualcuno potrebbe rimanere un po' deluso, ma a mio avviso "Back in '79" è un magnifica canzone nostalgica dei tempi che furono, a quando i Saxon iniziarono la loro carriera discografica e, direi il riferimento ad un pezzo come "Denim & Leather" è quanto mai evidente (le prime liriche dello storico pezzo del 1981 dicevano appunto "Dove eravate voi, nel '79 quando tutto ebbe inizio ? ). Insieme all'ultimo pezzo del disco, "The Ballad of the Working Man", queste canzoni rappresentano il lato romantico e scanzonato dei Saxon, il ricordo di un epoca oramai lontana ma che fu il fulcro iniziale da cui è nata la loro scelta di essere musicisti e non finire magari invalidi come il padre di Biff dopo un incidente in miniera. Il testo usa metafore ma è chiarissimo: Era l'anno 1979, quando anche noi cavalcammo la possente marea. Navigammo attraverso il Globo, tutti insieme. Non siamo mai stati soli dovunque vagammo, queste alleanza del rock rimarrà per sempre. Mostratemi le vostre mani, mostratemi le vostre mani, alzatele verso di me. Nella seconda strofa, oltre ad un titolo famoso dei Judas Priest troviamo almeno quattro, cinque rifermenti a liriche dei Saxon : Siamo difensori della fede per voi, quando siamo con le spalle al muro noi non ci arrenderemo mai, non c'è differenza se sei giovane o vecchio, solo alza il calice in alto e canta la tua canzone. Una autocelebrazione che si, forse è più propria di band come i Manowar (certo non nuovi ai brani che innegiano a loor stessi), ma la sincerità e la genuinità con cui i Saxon hanno scritto questo testo, fa si che il suo scorrere nella nostra testa arrivi come un treno in corsa, senza preoccuparsi di niente e di nessuno; siamo liberi sulla strada, in sella alla nostra fiammante motociclette, e ripercorriamo le tappe salienti di una fantastica carriera. Sinceramente trovo stupende queste liriche, certo un po' anche nostalgiche, quasi che la band abbia l'impressione di essere nella fase finale, ma non discendente, della loro carriera, anche solo per un fatto di età anagrafica.
Surviving Against the Odds
La terza traccia prosegue in parte il discorso nostalgico: "Surviving Againts the Odds (Sopravvivere alle Avversità)" infatti sembra una sorta di "Never Surrender" (traccia storica del 1981) parte seconda, anche dal punto di vista strettamente musicale. Pronti e via, le chitarre propongono subito un up-tempo dinamico, con Biff subito dopo pochi secondi sugli scudi. Il passaggio al chorus è immediato con la ripetizione due volte del titolo. Prima del solo di Paul, ci sono un paio di linee liriche ancora cantate da Biff. Ultima strofa seguita dall'ultimo chorus , ripetuto due volte. Continua dunque l'operazione nostalgia da parte della band; e forse iniziamo a pensare che la "chiamata alle armi" che campeggia sul titolo, sia quasi un invito a sè stessi. Un invito a non arrendersi, ad affrontare tutte le avversità che la vita gli ha messo davanti e che ancora continuerà a parare di frotne al loro muso. Si abbassano leggemente i toni, ma certo non l'energia che si sprigiona, tolto qualche piccolo difetto che vedremo fra poco; un'altra canzone dal sapore quasi ruffiano, abbiamo sottolineato perché, ma tutto sommato riempie bene lo slot, nonostante la breve durata. La canzone infatti, anche a livello di minutaggio, è molto corta, semplice e diretta e forse per questo un po' troppo scontata da un band come i Saxon, soprattutto anche nelle liriche dove tornano su argomenti detti per altro nello stesso disco. In linea di massima un filler, un riempitivo messo lì per arrivare alla canzone successiva, ma non risparmia certo qualche piccolo schiaffetto alle nostre teste, che alla fine è ciò che i Saxon hanno sempre voluto da noi. L'effetto nostaglia si nota anche in queste liriche: nessuno ha mai detto che è facile quando hai le spalle al muro, siamo partiti con niente, niente del tutto. Eravamo solo io e voi contro il mondo, questo è quello che intendo, non puoi sfuggire da queste semplice verità, era il nostro destino. Sopravvivere alle avversità,; come abbiamo detto, sopravvivere a tutto ed a tutti. Contro ogni ostacolo, contro ogni avversario, dal più ostico al più semplice, noi non perderemo mai; non perderemo perché abbiamo dalla nostra il potere di rialzarci sempre in piedi, di affrontare la battaglia con lo sguardo fiero e fisso sull'obbiettivo, senza alcuna remora. Insieme possiamo affrontare le peggiori cose in cui la vita ti può catapultare. Se con il secondo brano si rischiava di fare gli schizzinosi, ora dopo la terza traccia urge un canzone di quelle memorabili dei Saxon, che ti si stampano nella mente e non ti lasciano per tutta la vita ! Saremo accontentati !
Mists of Avalon
"Mists of Avalon (Le Nebbie di Avalon)" la classica epica, come la prima traccia, che subito ti conquista. Dopo delicati arpeggi di chitarra e tocchi di piatti e cassa soffocati è tutta la band che subentra prepotentemente (con in sottofondo in un bisbiglio Biff che cita il titolo) con il tappeto di keyboards di Don Airey che si unisce. Riff tipicamente stile metal teutonico , anche in questo caso il chorus è immediato, sebbene seguito da due bellissimi melodici "Avalon" di Biff, dopo il secondo chorus si scatena Doug con un ottimo solo nel suo stile veloce e iperbolico. Un passaggio strumentale precede il terzo verso , seguito dal chorus e da un altro assolo, questa volta di un sempre eccezionale Paul Quinn. Ultimo chorus con sovra-incisioni di chitarre melodiche molto suggestive che chiudono in maniera sacrale il pezzo. Dopo due filler come quelli appena ascoltati, ci gettiamo nella mischia grazie alle cavalleresche ritmiche di questa traccia; un pezzo che trascina il nostro corpo e la nostra mente fin dal primissimo ascolto, portando alla luce ricordi lontani di epiche battaglie, lande sconfinate e terre lontane nella memoria e nel tempo. I Saxon si riprendono magistralmente orchestrando una canzone dal sapore quasi aulico, accostandosi per un momento ai classici del genere Epic Metal, prendendone in parte ispirazione e gratificando determinati schemi. Piace come i Saxon sappiano scrivere con semplici passaggi canzoni dal grande phatos emotivo. Il grande Biff Byford, che già aveva magistralmente in passato interpretato fisicamente il ruolo di Rè Artù in un cortometraggio di un regista spagnolo, qui torna ancora liricamente sulla leggenda di Excalibur e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. Naturlamente c'è un immensa letteratura fantasy sull'argomento, senza considerare il capolavoro cinematografico di John Boorman del 1981, appunto "Excalibur". L'isola leggendaria di Avalon, collocata idealmente nelle isole Britanniche occidentali (dove viene inviato il corpo di Rè artù dopo la sua morte), aveva ispirato anche gli Iron Maiden che, giusto un anno prima, nel 2010 avevano inciso una canzone dal titolo "Isle of Avalon" sull'album The Final Frontier. In una clip diffusa su youtube , dove Biff raccontava le ispirazioni per tutte le canzoni di "Call to Arms", il canuto frontman dei Saxon non ha difficoltà a chiarire che l'idea del titolo era stata ispirata alla canzone degli Iron Maiden, ovviamente sono due canzoni completamente diverse. Un potere mistico è nelle tue mani, usa la spada per liberare la tua terra. Unisci il regno da mare a mare, Excalibur è il tuo destino. Nelle nebbie di Avalon lei sta attendentoti , la Signora del Lago, devi essere coraggioso e sincero, Avalon. Non devi abusare del potere che ti da la spada, devi essere un uomo giusto. Tradisci questo patto e tornerai da solo e la spada tornerà nella roccia.
Call to Arms
Non ci siamo ancora ripresi dall'ottima canzone epica tipicamente saxoniana, che arriva l'altro capolavoro, la title-track, appunto "Call to Arms (Chiamata alle Armi)". Gli accordi iniziali sono quasi melanconici, ed in effetti Biff si supera nell'interpretare queste liriche accorate, di un soldato che si prepara ad andare in guerra e deve lasciare la propria famiglia. Poi il brano si trasforma in un mezzo tempo suggestivo, i cui ci si immagina i poveri soldati marciare nel fango sotto la pioggia nella Fiandre (tema su cui nel 2016 lo stesso Biff raggiungerà livelli di assoluta poesia, ma ne riparleremo), in queste strofe accese in sostanza è racchiuso il chorus. Splendida anche nel contrasto tra i due modi di cantare anche di conseguenza il secondo verso, si passa dalla tristezza per la lontananza dai propri cari alla vita piena di stenti e sempre circondata dalla morte nei campi di battaglia. Bellissimo il ponte centrale, prima dell'ultimo verso seguito poi da un melodico e drammatico passaggio solista di Doug Scarratt, poi torna ancora il ponte seguito dall'ultimo verso. Le ultime strofe riprendono le stesse iniziali. Una canzone in cui nuovamente si foraggiano stili sentiti in altrettante bands Epic e Power Metal nel corso della storia, soprattutto di fattura germanica; lo schema classico del 4/4 inglese viene momentaneamente accantonato per fare spazio ad una struttura pomposa e che si pianta nel nostro cervello come spada affilata. I passaggi, pur rimanendo sempre molto semplici, si fanno mano a mano più articolati, raggiungendo vette inarrivabili. Il protagonista è un giovane che viene avvisato con un telegramma della sua chiamata alle armi. Chiamata che lo porterà lontano dai suoi familiari, e confida nella fede nel Dio misericordioso. Lo scenario cambia ed ora si ritrova a marciare verso il suono di cannoni distanti, il fuoco illumina il cielo, sono venuti per combattere e morire in campi di sangue, seguendo la chiamata alle armi. Se dovessi morire, scrive all'amata, non dimenticatemi, se dovessi tornare vivo, voglio vivere libero. Pregiamo Dio che tutto questo finisca al più presto e che ci riporti a casa sani se salvi. Bellissimo il terzo verso: "Ho conservato le tue lettere , le tengo pressate vicino al cuore. Non servono per fermare un proiettile ma mi tengono vicino a te se dovessi morire." Se pensiamo alle tante guerre assurde che hanno portato dolore, morte e devastazione sulla Terra, pensiamo anche solo a come si può sentire un singolo soldato in mezzo a campi combattimento dove combatte per il proprio paese, spesso senza neanche sapere i reali motivi politici. Saxon grandissimi come sempre, già in passato ci avevano regalato un pezzo come "Broken Heroes" del 1985. Una breve considerazione anche sulle lettere, le missive che i soldati scrivevano dal fronte. In tempi in cui non esistevano telefonini nè tanto meno la posta elettronica, era un fonta di informazione primaria, sopprattutto per i parenti.
Chasing the bullet
Con "Chasing the Bullet (Inseguendo il Proiettile)" torniamo a quella linearità semplice delle prime canzoni, riff diretto a cui seguono strofe ben strutturare in mezzo tempo che sfociano senza ponti o prefazioni nel chorus diretto. Gli accordi del coro sembrano molto in stile Angus Young, mentre nella parte centrale spazio agli assoli. Di fatto sembra una canzone degli australiani, neanche di molto più veloce ritmicamente. Passaggio finale sul ritornello diciamo anche piuttosto accademico di Nigel prima di chiudere. Leggendo i testi, possiamo interpretare la canzone come una testimonianza di vita folle, sempre in velocità senza mai un momento di tregua, appunto inseguendo il proiettile. Il protagonista lavora letteralmente "come un cane" per la maggior parte del tempo, sta cominciando a girare a vuoto ed è fuori di testa, deve fare i bagagli e andarsene via per un po'. Ne ha abbastanza della sua vita, non intende rimanere. Stiamo inseguendo il proiettile. Cioè in sostanza secondo me è un modo come un altro per dire che stiamo seguendo una chimera. Ho bisogno di ferie e di un po' di terapia, ma non sarà possibile finchè non me né corro via libero. L'orologio tiene il tempo sul muro e oramai il tempo è finito. Fisso lo spazio perchè ho bisogno di un segnale, inseguendo il proiettile. Il telefono ha smesso finalmente di squillare, il mondo è la linea, sto continuando a girarci attorno dando fuori di testa. Un pezzo semplicissimo, lineare e diretto come un pugno nello stomaco, con cui i Saxon ci rimettono al nostro posto senza troppi giri di parole; non è facile riuscire sempre a creare brani memorabili con questo livello di semplicità, eppure i nostri albionici ci riescono dall'inizio degli anni '80. Alla fine non è niente di così particolare, e forse può essere ascoltata 2/3 volte di fila, poi inizia a stancare, ma ogni volta che attacca, sentiamo quel fischio del proiettile passarci accanto come una scheggia impazzita, pronto a farsi inseguire a folle velocità. Siamo alla fine fuerrieri, combattiamo in prima linea ogni mattina appena ci alziamo dal letto, e combattiamo la battaglia più dura, quella contro la quotidianità. Abbiamo solo bisogno di un po' di riposo, ma quel proiettile continua a seguirci senza alcuna remora, continua a volersi far inseguire e chiede il nostro aiuto per dare man forte allo spirito guerresco che è dentro di noi, e non possiamo far altro che assecondarlo.
Afterburner
"Afterburner (Post Bruciatore)" parte col piede sull'acceleratore; Nibbs e Nigel imbastiscono una base ritmica di tutto rispetto seguiti da riff di chitarra taglienti delle due asce dei Saxon. Biff accompagna le strofe stranamente con una voce un po' impastata, seguita da urla nel bridge fino al ritornello, fin dal primo ascolto,"Afterburner" mi ha ricordato "Freewheel Burning" dei Judas Priest, dal capolavoro "Defenders of the Faith" del 1984. Biff non ha mai nascosto nelle interviste e anche dal vivo con i fan la sua passione, o meglio il suo grande rispetto per la band di Birmingham, con cui hanno anche condiviso tour nel corso degli anni, come con gli stessi Motorhead. Dopo il secondo chorus, un cambio di ritmo ben gestito fa da collegamento ad un forse troppo breve solo prima di tornare velocemente al ritornello, con diverse ripetizioni del titolo e finale tipicamente chiassoso degli strumenti. Un brano velocissimo, che per quanto sia diverso da tutti gli altri presenti su Call, non stona minimanente; fulmineo come una scarica elettrica, ed energico come un lottatore professionista, Afterburner rende al meglio sicuramente dal vivo, in cui la band può dare libero sfogo a tutta la sua potenza. Una canzone semplice e trascinante al tempo stesso, come vedremo ci parla dell'amore per la folle velocità, per le interminabili corse su strade infuocate, di marmitte cromate e scarichi che sputano fiamme. Non è la prima volta che la band si cimenta in un argomento del genere, anzi, ormai sono molte le canzoni che abbondano nella sua carriera dedicate a questo, ma ogni volta è sempre una festa. "Afterburner" rientra nelle numerose canzoni che i Saxon hanno dedicato alla velocità, sia che si parli di motociclette, automobili o aerei. Addirittura su "Lionheart" si parlava anche di un corridore inglese recordman sull'acqua. Nello specifico non si capisce di che tipo di velivolo si stia parlando, certo si tratta di un potentissimo mezzo volante, un "messaggero di morte" che scende dall'alto come un rapace per attaccare il nemico. Nel cielo, la potenza, gridando, brucia: post -bruciatore. Schiaccia l'acceleratore, è sopra di te girando come un rapace aspettando il momento giusto per attaccare, i motori sono a regime. Il pezzo è un mazzata nelle gengive dal vivo, potenzialmente una song da fare sfracelli, sebbene lascia un po' a desiderare sia per la somiglianza con altre canzoni, sia per il modo di cantare di Biff, non così brillante come al solito. "Call to Arms", forse più di altri dischi recenti è un album che bada molto al sodo: canzoni relativamente corte con chorus diretti senza girarci troppo intorno.
When doomsady comes (The Hybrid Theory)
Il tappeto di keyboards di Don Airey è evidente all'inizio di "When the Doomsday Comes (Hybrid Theory) (Quando arriva il Giorno del Giudizio)" su cui si accompagnano le chitarre di Doug e Paul. L'andamento è lento nella prima parte della strofe, per poi progressivamente diventare un mezzo tempo intrigante, soprattutto per le armonie che accompagnano il chorus. Diciamo che la canzone è quasi un pezzo alla Deep Purple dei bei tempi, con Doug e Paul che si alternano nella parte centrale nei loro rispettivi solo. Il finale della canzone, dopo l'ultimo chorus di Biff, viene accompagnata da un interessante solo di tastiere dello stesso Airey cone alcuno effetti quasi "spaziali" negli ultimi secondi. All'epoca fu notato da molti una certa somiglianza delle parti di tastiere con quelle usate sull'album Perfect Strangers dei già citati Deep Purple. Questa canzone e la successiva dovrebbero far parte della colonna sonora di un film in fase di elaborazione, così dichiarò all'epoca Biff Byford. Il lungometraggio, seppure non diffuso in tutto il mondo usci veramente con il titolo di "The Hybrid" ed usci un album colonna sonora da parte di un band, The Scintilla Project di cui farà parte lo stesso Biff come cantante insieme al chitarrista produttore Andy Sneap. Pur avendone visto solo alcuni trailer, la colonna sonora è inversamente proporzionale alla oggettivamente bruttezza del lavoro del regista Billy O'Brien, e sicuramente avremo modo di parlarne qui su Rock & Metal in My Blood. La canzone in sè per sè non è niente di così eclatante, ma si fa ampiamente ascoltare; i Saxon sono ben riusciti nell'intento di dare vita ad una colonna sonora cinematografica, di grandissimo impatto emotivo e scenico. Il tutto si ritrova ad essere trascinante e pieno di pathos, unendo tutto questo alla musica che, nella sua semplicità innata, torna a far parlare di sè senza alcun dubbio. Le ritmiche, soprattutto delle due chitarre, vessano la nostra testa ad ogni angolo della canzone, e ne fanno praticamente quello che vogliono. Tornando alla canzone le liriche vertono su temi fantascientifici, conoscendo il tema del film, si attendono le conseguenze scellerate delle scelte bioetiche dell'uomo, siamo sempre più soli in un mondo totalmente dominato dall'oscura presenza di "nuovi" esseri viventi e si attende l'inevitabile giorno del giudizio. Niente è reale, siamo sulla terra solo per un istante, aspettiamo l'inevitabile, cosa faremo quando arriverà il Giorno del Giudizio ? Da notare che poi questa canzone verrà scartata dai The Scintilla Project. Un argomento che è stato trattato in lungo ed in largo da altrettante bands nel corso della storia (basti pensare a formazioni Thrash che hanno improntato la loro carriera su determinati argomenti, Voivod e Nuclear Assault, per citarne due a caso); un argomento quello dell'etica scientifica che non accenna mai a volersene andare dalla mente dei musicisti che prima o poi ci si ritrovano invischiati come mosche sulla colla. Semplicemente perché è un corpus di ragionamenti e collegamenti che non finisce mai, in qualsiasi modo la si giri, ci sarà sempre un modo diverso di vederla, e ne abbiamo qui un lampante esempio.
No Rest For the Wicked
"No rest for the wicked (Non c'è Riposo per I Malvagi)" : a molti per associazione ricorda il titolo di album di Ozzy Osbourne ma in realtà anche questa traccia fa parte del progetto del film "The Hybrid". Lenti arpeggi di chitarra sono protagonisti in sottofondo nei primi secondi, poi subentra tutta la band con un riff pesante quanto basta per suscitare interesse, Biff attacca la strofa con una voce dal microfono palesemente effetato. Il chorus diretto ancora una volta, con il titolo ripetuto, la seconda volta in maniera solo bisbigliata da Biff. Un breve assolo e poi l'ultimo chorus, seguito poi bruscamente ancora dagli accordi dei primi secondi che vengono ripresi nel finale. Anche in questo caso i Saxon usano la loro immensa classe per un compitino breve, persino forse troppo banale per loro. Anche questa canzone verrà poi esclusa dalla colonna sonora o, per meglio dire nel cd verrà inserita, ma arrangiata diversamente e solo come bonus -track. Una canzone come abbiamo già sottolineato fin troppo semplice per i nostri albionici; tuttavia, come sempre niente è da buttare via fino in fondo, ed anche in questa Wicked i risultati non si fanno attendere. Riusciamo bene a scorgere tutto ciò che ha sempre contraddistinto questa band; dalla sua capacità di produrre ritmiche semplici e trascinanti allo stesso tempo, fino alla consapevolezza di avere fra le mani una canzone che in mano ad un altro gruppo, sarebbe un kolossal sotto tutti gli effetti. Rappresenta un altro riempitivo del disco, ma è un filler di una certa caratura e peso, senza se e senza ma. Protagonista delle liriche è una figura malvagia, che si appresta a compiere la sua misteriosa missione: non aver paura (dice la Creatura) e vieni con me all'interno della mia realtà. Questo è un luogo dominato dall'oscurità, affronterai il tuo Inferno personale. Nel mio labirinto dei fuoco costruirò la tua pira funeraria. Non c'è riposo per il malvagio, nessuno riposo finchè il lavoro verrà eseguito. Non c'è riposo per il malvagio nessuna pace per il prescelto. Prenditi le tue chance a comincia a correre, il gioco della morte è cominciato. Se tu muori io esisterò ancora. Sarò la tua nemesi. Nessuno riposo per il malvagio
The Ballad of Working Man
Il suono delle bacchette di Nigel Glockler che detta il tempo alla band sono il viatico di "Ballad of the Working Man (La ballata del Lavoratore)". Un riff allegro introduce il rock blues delle strofe, con Biff particolarmente ispirato che giunge dopo un breve ponte al chorus vero e proprio. Pezzo solido che come tradizione si ripropone con un seconda strofe, bridge e chorus, con un successivo cambio di tempo che viene preceduto da un ottimo spunto solista di Paul Quinn. Il tono un po' scanzonato ma brillante di Biff procede anche nell'ultimo verso, e la bellissima frase "Non importa dove stai andando, ricorda dove sei stato" precede per la terza volta il chorus. La conclusione di questo meraviglioso album è affidata ad un brano quasi anomalo nella discografia degli inglesi; abbiamo un pezzo che riprende le tradizioni Blues americane, portandole dalla loro parte ed infondendogli quasi la classe britannica nelle sue corde. Si parla di sudore e fatica, di uomini che si sono fatti da soli e di ore passate sotto il sole o nel buio delle miniere; sappiamo bene quanto la working class britannica abbia passato ben brutti momenti nel corso della storia, e sia stata sempre soggetto di angherie e problemi, ma Biff decide di omaggiare proprio questo frangente di abitanti, coloro che alla fine hanno fatto della Britannia quel bel paese che è. Per fare questo usa una serie di melodie che non sfigurerebbero su un disco del Boss Springsteen, pur comunque rimanendo saldamente ancorato alle tradizioni d'acciaio (siamo pur sempre in un disco Heavy Metal); il risultato finale è una canzone malinconica e profonda, intimista quasi. Abbiamo già citato questa canzone come una sorta di inno nostalgico ai tempi andati, ed in effetti Biff scrive delle dure giornate dei lavoratori inglesi (inteso come operai ovviamente):il suono della sirena al mattino, l'inizio di un altra dura giornata di lavoro, il sudore e il sangue versato sono state le ossatura del paese, quello che lo hanno reso grande. I Saxon dedicano questa canzone agli uomini e alle donne che possono stare con la testa alta ed orgogliosi, e che ora si possono riunire in serenità e gioia e cantare forte, non è così complicato, basta ricordare da dove sono venute. Tutto questo mi riporta al passato, alla vita semplice e canto questa canzone, la Ballata del Lavoratore. Bella anche l'ultima strofa dove Biff ci parla del classico dopo lavoro nei pub, rumori di bicchieri e risate, un altro giro di whiskey e un altro bicchierino di gin, il barista suona la campanella dell'ultimo giro. Ricordi di una vita semplice che tende oramai a scomparire, ma non importa dove stai andando, ricorda dove sei stato. Tanto di cappello a Biff Byford per questo onesto bagno d'umiltà, del resto sappiamo che in gioventù ha lavorato, seppure per breve tempo in miniera, quella stessa miniera che aveva reso suo padre un uomo triste e invalido. Inoltre era stato anche protagoista di scioperi di protesta. Forse è grazie a questo essere molto "con i piedi per terra" che ha reso questa band inglese immortale e straordinariamente vera ancora oggi, dopo quasi quarantanni di storia.
Conclusioni
"Call to Arms" rappresenta dunque un nuovo entusiasmante capitolo della storica band inglese, che cambiando produttore e studio riesce anche a dare alle canzoni una nuova linfa, un missaggio diverso dagli ultimi tre dischi che rischiavano di assomigliarsi troppo fra loro. La formula scelta per questo disco dai Biff & co è quella di sempre, canzoni semplici e lineari, dall'impatto immediato, tranne solo alcune eccezioni. Del resto, pur facenti parte con orgoglio della N.W.O.B.H.M i Saxon non sono mai stati gli Iron Maiden, o meglio; vi sono talvolta degli spunti in comune, ma i Saxon hanno sempre preferito un metal diretto e dal relativamente corto minutaggio, mentre i Maiden dopo la reunion con Bruce e Adrian, quindi dal 2000 in poi, hanno pubblicato canzoni sempre più lunghe con cambi di atmosfere e lunghe introduzioni, una sorta di prog metal che difficilmente possiamo riscontrare nei Saxon. Nelle interviste che precedettero l'uscita del disco, Biff disse chiaramente che volevano tornare a scrivere canzoni con lo spirito dei primi anni di carriera, ed in fase di recensione abbiamo infatti sottolineato anche come solo nel titolo o nei testi ciò sia avvenuto in maniera piuttosto evidente. "Call to Arms" contiene anche un bonus cd audio (ufficialmente uscito solo per il mercato Nord Americano), re-missato e re-masterizzato dell'oramai celeberrimo Monsters of Rock di Castel Donington del 1980. La grande kermesse all'aperto che si svolge tutt'ora in estate con il nome di Download Festival, che si svolge sul circuito di Doningto Park, dove si svogle ogni anno il Gran Prix di Gran Bretagna per la Moto GP. La partecipazione dei Saxon (headliner della prima edizione furono i Rainbow), è stata resa famoso dalla canzone "And the band play on" e dal "fattaccio" di Graham Oliver, storico chitarrista della band esautorato dopo che fu scoperto colpevole di vendere a titolo personale e a scopo di lucro un bootleg dell'evento. Con queste sette canzoni di fatto Biff Byford, dopo aver totalmente acquisito i diritti del marchio Saxon, chiude anche definitivamente la diffusione piratesca di un prodotto per altro di scarsa qualità audio. "Saxon Live at Donington 1980", così si intitola il cd bonus, è invece un prodotto di ottima qualità, ed è stato fatto un pregevole lavoro di re-masterizzazione. Il concerto parte con le speed metal "Motorcycle Man" con il rombo dei motori di chopper in apertura, seguita da "Still fit to boogie", "Freeway mad", "Back to the Wall", la storica "Wheels of Steel" dal loro storico e importantissimo omonimo secondo album , usciti appunto nel 1980, per chiudere poi con "Bap Shu Ap" e un altra super classica come "747 Strangers in the Night". Interessante l'inclusione sul cd anche della versione orchestrale della title-track "Call to Arms", pezzo che verrà riproposto anche su una raccolta che i Saxon pubblicheranno qualche hanno dopo, in cui rivisitano i loro classici sia con l'orchestra sia in versione unplugged. Le loro canzoni sono talmente belle che si adattano piuttosto bene a queste varianti, come del resto "Call to Arms" dimostra palesemente: le parti orchestrali si amalgamo molto bene con le parti rock, creando anche atmofere più suggestive.
2) Hammer of the Gods
3) Back in '79
4) Surviving Against the Odds
5) Mists of Avalon
6) Call to Arms
7) Chasing the bullet
8) Afterburner
9) When doomsady comes (The Hybrid Theory)
10) No Rest For the Wicked
11) The Ballad of Working Man