DEATHSPELL OMEGA
The Synarchy Of Molten Bones
2016 - Norma Evangelium Diaboli
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DAVIDE PAPPALARDO
21/12/2016
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Introduzione Recensione
Si spalancano nuovamente le porte dell'Inferno, in maniera inaspettata ed improvvisa: tornano i francesi Deathspell Omega, padrini del black metal ortodosso più maligno, ma allo stesso tempo più tecnico e progressivo, dopo ben quattro anni di silenzio, durati dall'ultimo EP "Drought" del 2012, lavoro considerato da molti il più melodico della loro carriera. Non pochi erano convinti della loro dipartita, a causa del silenzio costante e della chiusura della trilogia che vede "Si Monvmentvm Reqvires, Circvmpisce", "Fas - Ite, Maledicti, In Ignem Aeternum" e "Paracletus" come punti principali, costellati di vari EP, concludendo il loro discorso musicale e metafisico improntato da un lato su una versione moderna e senza vincoli del black metal, tra elementi progressivi, dissonanze ed assalti tecnici, melodie stridenti e passaggi post rock/metal, basso greve ed elementi atmosferici di matrice dark ambient, dall'altra sul satanismo teologico e filosofico dove il Diavolo viene adorato come emanazione della Morte e dell'Entropia, tra trattati accademici con l'uso del latino e riferimenti alla bibbia, e citazioni di filosofi come Bataille e Nietzsche; ma i Nostri agiscono da sempre secondo le proprie regole e come più li aggrada, ed ecco che all'improvviso viene annunciato senza molti fronzoli dalla loro etichetta Norma Evangelium Diaboli l'uscita del disco qui ora recensito, ovvero "The Synarchy Of Molten Bones - La Sinarchia Delle Ossa Fuse", un lavoro di circa ventinove minuti il quale però non viene presentato come un EP, bensì come un album completo strutturato in quattro tracce che ci riportano nel mondo oscuro, delirante, ma anche epico ed ammaliante del progetto attivo ormai da quasi diciott'anni. Ma chi sono i Deathspell Omega? Domanda a tratti difficile da rispondere, almeno completamente. Nel 1999 esce il loro demo "Disciples of The Ultimate Void", il quale vedeva nella line up Hasjarl (Christian Bouche) alla chitarra, Khaos al basso, Shaxul alla voce, Yohann Pasquier alla batteria, caratterizzato da una produzione infima e da un suono debitore dei Darkthrone e del black norvegese in generale, seguito poi dallo split con i Moonblood "Sob A Lua Do Bode / Demoniac Vengeance" e dal debutto "Infernal Battles" che raccoglieva anche le tracce del demo, lavori non certo rivoluzionari e abbastanza mediocri; segue poi "Inquisitors Of Satan" il quale segna una crescita positiva a livello di songwriting e produzione, senza però allontanarsi dal black più classico e dall'impronta dei numi tutelari nordici. Insomma, se la carriera dei Nostri si fosse fermata qui, difficilmente oggi parleremmo di loro con i toni reverenziali (o di disprezzo nel caso dei puristi più intransigenti) spesso usati per la band; ma due anni dopo l'ultimo lavoro, ovvero nel 2004, succede qualcosa di inaspettato e che sconvolge il mondo del metal estremo più oscuro. Uscito dalla formazione il dissidente Shaxul, non concorde con l'evoluzione in chiave orthodox della band, entra il finlandese Mikko Aspa alla voce, personaggio controverso già mente dei Clandestine Blaze, Nicole 12, e molti altri progetti tra black, doom, power electronics ed harsh noise, fan della pornografia più estrema e dell'arte più degenerata. Di conseguenza, viene dato alla luce il già citato "Si Monvmentvm ...", disco che crea un'intera masnada di cloni e proseliti vari in poco tempo, in un suono che rielabora i dettami del black metal aggiungendo elementi sacrali ed una tecnica insolitamente elaborata, mentre i testi passano, dalle fantasie medioevali del passato, a trattati teologici degni di un accademico; notiamo infatti come i nostri usino con arguzia citazioni bibliche e non solo, tutto distorto secondo i propri sinistri ideali. Un punto di non ritorno che segna la seconda parte della carriera della band, sotto l'ala della Norma Evangelium Diaboli (etichetta a cui collabora lo stesso Hasjarl, già proprietario della End All Life Productions, e secondo alcune voci di una remunerativa attività nel campo immobiliare), la quale vede da una parte un successo inaspettato che supera i confini del normale pubblico black metal, dall'altra il disprezzo e l'odio di chi vede tale svolta come un tradimento nei confronti dell'underground. La cosa non sembra tangere minimamente ai Nostri, né da un senso, né dall'altro: restii a rilasciare interviste e contrari a suonare dal vivo, pochissime sono le interviste con loro, mentre la loro produzione va sempre più estremizzandosi sul lato tecnico aggiungendo sempre più elementi progressivi e post metal, e sperimentando soprattutto negli EP elementi anche dark ambient ed epici. Eccoli quindi arrivare al 2010 con il disco finale della preannunciata trilogia, ovvero "Paracletus", il quale si avvicina al math rock e ad elementi "groove" dando una loro versione considerata più "ascoltabile" rispetto all'inferno delirante e caotico del precedente "Fas...", seguito dal già citato EP "Drought" , la loro opera più melodica ed incentrata su elementi post rock. Lavori che hanno fatto storcere il naso anche ad alcuni fan del loro secondo corso, i quali hanno pensato ad una conclusione verso lidi fin troppo moderni e legati ad altri mondi del metal. Come si colloca in tutto questo il nuovo lavoro? Innanzi tutto, il discorso generale torna qui sui lidi più caotici di "Fas..." e dell'EP "Veritas Diaboli Manet In Aeternum: Chaining The Katechon", stemperati però da elementi melodici e post metal ripresi dalle ultime esperienze, il tutto con un songwriting più diretto che rinuncia agli interludi ed alle spoken words del passato, ed anche alle lunghe pause dark ambient, rilegando all'inizio ed alla fine del disco i suoni sinfonici ed epici che fanno quindi da apertura e chiusura; in generale si percepisce una scrittura più amalgamata, se in passato specie con i brani più lunghi sembrava di ascoltare pezzi diversi fusi insieme con stacchi netti, ora pur usando tempi ed elementi diversi il tutto scorre coerente con un'identità costante che permane fino alla fine di ogni episodio, il quale invece si nutre e si sviluppa della tecnica dei Nostri, non diventandone vittima. Questa crescita compositiva viene accompagnata da una produzione potente ed altisonante, la quale non vuole certo mettere a proprio agio l'ascoltatore, trasformando i turbini di chitarre in rasoiate e gli assalti di batteria (da non pochi ritenuta una drum machine a causa dei tempi folli e sincopati da essa seguita, questione con smentite da parte di gente vicina alla band, ma tutt'oggi un mistero) sono tempeste massacranti che fanno sembrare i torrenti ritmici del così detto norsecore tempi medi; una menzione particolare va alla performance di Aspa, probabilmente la migliore di sempre con i Deathspell Omega, la cui voce è qualcosa di inumano, a metà tra un ruggito sordo ed una tempesta personificata, raggiungendo vette di terrore fino ad ora intoccate, ricordando a volte lo stile schizofrenico di Arioch a.k.a Mortuus (Funeral Mist, Marduk), ma in chiave meno predicativa, e più rabbiosa e malevola. Come sempre anche l'aspetto grafico e tematico sono di prima scelta, mostrando in copertina un bellissimo artwork che illustra l'Arca Dell'Alleanza, nei cieli, come viene descritta nella bibbia nella Rivelazione 11:9, ovvero la costellazione del Sagittario, il quale qui sta per scoccare una freccia verso i cieli in un atto di sfida che ben si lega con le idee del gruppo, e legando i quattro brani con un lungo testo discorsivo incentrato ancora una volta sulla comunione con i concetti nichilistici di morte e degradazione dell'essere umano, usando un linguaggio alto pieno di metafore e riferimenti all'immaginario cristiano nell'esaltazione più completa del concetto entropia e del destino ultimo di ogni creatura vivente; un'ideologia sinistra ed estrema che si nutre di varie correnti di pensiero, tra lo Gnosticismo ed il Satanismo, passando per la Filosofia nichilista, dove la musica è veicolo per il messaggio tanto della band, quanto dell'etichetta che li supporta da tempo. Un' unione d'intenti tra suono, immagine, temi tipica delle grandi opere, la quale perdura da anni nella discografia del gruppo, la quale non offre mai semplici raccolte di pezzi, bensì lavori con un proprio microcosmo che riflette il macrocosmo dell'impianto artistico e concettuale della band, ogni volta reiterato con forme diverse, ma legate da loro da questa ideologia rimasta invariata; la fine della trilogia non ah quindi implicato la fine degli intenti ambiziosi dei Nostri, che anzi sembrano voler continuare ad affinare il loro discorso e portarlo avanti ad oltranza.
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The Synarchy Of Molten Bones
Il nostro viaggio nell'oscurità più caotica inizia con la Title Track e con i suoi toni apocalittici, con tanto di campane gotiche ed arie oscure, soppiantati poi da corni cinematografici e cori solenni: ecco un fraseggio dissonante che ci porta dritti nel mondo dei Deathspell Omega, riprendendo con la sua melodia diafana e in qualche modo nervosa il modus operandi più recente dei Nostri, fatto di atmosfere tra lo stridente ed il malinconico. La linea musicale perdura fino ad un'esplosione fatta di doppia cassa massacrante e ruggiti demoniaci da parte di Aspa, feroce come non mai; egli declama il testo, il quale non sorprende chi conosce già la band, essendo l'ennesima preghiera diretta a Satana, visto come dio della distruzione e della morte. Con termini arcaici viene definito padre e guaritore, testimone delle nebbie e delle esalazioni , mentre poi torna un tema carissimo al gruppo, ovvero l'essere un elemento di disturbo nella realtà, qualcosa che impedisce la salvezza delle persone, un intervallo terribile che è fondamento della rovina; la musica si mantiene cacofonica ed esaltante, legata a dissonanze ed assalti continui, ricchi però di arie solenni e cadenzati da brevissime pause di raccolta, seguite da nuove guerre sonore. Ascoltiamo un odioso scampanellio mentre beviamo le acque dello Stige, mentre ogni cosa è preda del narratore, il quale cita in successione i fiumi infernali, l'Acheronte, il Cocito, il Flegetonte ed il Lete, e le proprietà delle loro acque, piene di orribili braccia quelle del primo, piene dei lamenti derisi dei sacri morti il secondo, bollenti nel il terzo, e piene di oblio nel quarto, simbolo delle memorie che lasceranno solo una desolazione eterna. Il marasma sonoro prosegue, con vocals sdoppiate e chitarre come trapani, vere e proprie sacche di venti oscuri e vortici; ecco però anche i fraseggi dalle tristi melodie dissonanti, le cui note creano intricate costruzioni che sorreggono i cavernosi vocalizzi di Aspa, non disdegnando poi cesure delicate e progressive con piatti cadenzati ed elementi post rock. Questa nuova sezione perdura fino ad una nuova esplosione violenta dai giri taglienti e contratti: ascoltiamo i tuoni dal profondo, come dei che ringhiano, i quali mostrano le loro zanne mentre un tremolio scuote a lungo il mondo, il quale sorgendo oltre un orizzonte nero cade in un'esistenza senza vita, offrendo i comandamenti dello Spettro che mastica l'uomo, come i cani masticano le ossa e le interiora. Una nuova pausa offre un arpeggio ronzante scosso da drammatici riff psichedelici dalle cascate contratte, dandoci anche un drumming assassino scolpito da versi bestiali; un caos infernale che è perfetta colonna sonora per la declamazione oscura condita con contraccolpi in screaming, e non mancano montanti stridenti e decisi, i quali segnano il passo fino a nuove bordate condite con cori spettrali in sottofondo. I giochi progressivi si consumano in un ritmo sincopato, seguito da corse maestose: "The Synarchy of Molten Bones shall consist of Men of worth and Men of ill intent, in abandoned yet equal numbers, for their insurgent wills harbor the seed of transgression alike. - La sinarchia delle ossa fuse consiste di persone di valore e di volontà malevola, in gruppi abbandonati, eppure eguali, poiché la loro insorgenza porterà allo stesso modo il seme della trasgressione" prosegue il testo inesorabile, presentandoci un seme che sbocciare con fiori disgustosi, nati dall'acciaio caustico delle falci. La giustizia morirà per prima, con il suono martellante delle lacrime che bagnano la Terra, mentre non c'è più speranza di porre rimedio alla maledizione; nel frattempo le tempeste sonore sincopate fanno da substrato, unite a riff più lineari e dagli attacchi rocciosi, proseguendo verso il finale psichedelico sottolineato da un ultimo colpo marziale di chitarra. Un'ode oscura che stabilisce i temi ed i suoni dell'album, prima parte di un'omelia che si divide tra il resto del disco.
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Famished For Breath
"Famished For Breath - Affamato D'Aria" esplode con un motivo spezzato composto da chitarre sincopate e corse interrotte e poi subito riprese di rullanti impazziti, mentre poi intervengono le grida sputate e demoniache di Aspa, bloccate da improvvise cesure progressive: il diavolo affosserà in una fornace riempita di fuoco inestinguibile la storia, i giorni distanti, e le radici profonde della razza umana, ed ogni cosa nutrirà il verme immortale mentre il demonio si compiace dei mugugni di una lingua un tempo potente. Ritmi tribali e versi osceni si scontrano con impennate improvvise e cavalcate dissonanti con doppie casse e fraseggi squillanti, mentre ormai le vocals di Aspa hanno ben poco di umano, diventate ringhi distruttivi sorretti dalle chitarre ossessive nei loro loop; venti neri tornano a flagellare la composizione, mentre il testo prosegue con i versi "The haughty strides of Time thou shalt put to halt and mangle Past and Future with ghastly wounds. While for these deeds thou hast borne universal reproach, laugh at their vain designs, for scarce the sun hath finished his journey, nothing remains but the dread tribunal of an everlasting Present. - Gli altezzosi lassi di tempo devi fermare e martoriare il Passato ed il Futuro con ferite orribili. Mentre per quegli atti avrai portato il biasimo universale, ridi dei loro vani progetti, poiché da poco il sole ha terminato il suo viaggio, e rimane solo il terribile tribunale di un Presente eterno.", i quali reiterano la supplica nichilista diretta verso il Maligno, piena di disprezzo verso l'esistenza e la razza umana. La colonna sonora di tutto questo rimane sempre una cacofonia che in qualche modo conserva sempre nella sua furia tracce di melodia, giocata su pause, contraccolpi, stop e riprese, e dove suoni tetri compaiono tra i turbini ronzanti; il tutto concorre ad un suono epico ed allo stesso tempo massacrante, essenza dei Nostri. Ecco una cesura con fraseggio preparatorio, seguita da un'esplosione caotica ed altisonante, costituita da rullanti di doppia cassa maniacale e riff che squarciano l'etere: viene forgiata una manetta in ferro incandescente, unendo la fede e la follia assoluta, ed un'altra che puzza di nitrato, la quale unisce la verità con il terrore. Osserviamo il primo di molti raccolti di corpi, mentre la follia musicale continua con le sue scariche terribili e dissonanti, un tripudio di oscuri versi, rantoli, e bei passaggi squillanti dal sapore post rock. Non mancano parti che ci ricordano i versi angoscianti di Arioch dei Funeral Mist, i quali costituiscono prediche nere come la pece; seguono sequenze ritmate e squilibrate, fermate da nuovi rullanti assassini. Affamato d'aria, un collo angolare unito ad occhi inorriditi , è simbolo dello splendore dell'orrore senza pari nel Nuovo Mondo, ed ecco che viene celebrata la nascita e l'ascesa del Nuovo Uomo, il quale beve e mangia una maledizione diffusa, ricco di fiamme infernali, il quale si erge tra la devastazione di tutte le cose passate. Le contrazioni continue scuotono il songwriting, portandoci ad una melodia sgraziata e malinconica, tempestata dalla doppia cassa e dagli arpeggi squillanti, la quale si precipita verso la conclusione firmata da una digressione sfumante.
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Onward Where Most With Ravin I May Meet
"Onward Where Most With Ravin I May Meet - In Avanti Dove Potrei Più Probabilmente Incontrare Un Burrone" parte con un roboante riffing costellato da un fraseggio progressivo ed altisonante, all'improvviso sconvolto da una corsa dai toni di un terremoto terribile, precipitata da dissonanze maniacali: in segreto, viene ordinato di tradire tutte le lingue, le quali finora hanno mantenuto il ricordo del primo Architetto, per la morte, dando invece il benvenuto, con urla isteriche, linguaggio che imita il Logos, il quale gusta anche amare ceneri, e fa copia di sibili esplosivi. Una masnada di ritmi martellanti e contrapposizioni squillanti si protrae, regalando un songwriting nervoso e distruttivo, dove però nulla è lasciato al caso, e dove anzi la capacità di organizzare il caos in maniera matematica mostra l'insuperata abilità dei Nostri; tramite la ripetizione, l'incantamento, e la privazione della psiche, verranno evocate parole che sono flagello della mente, e quindi l'anima verrà preclusa alle stelle celesti. Ed ecco che potrà essere lamentato ad alta voce, il fatto che l'alba sorgerà rafforzata in una tomba soffocante. La continua pazzia sonora si divide tra assalti parossistici ed improvvise melodie progressive, mentre Aspa mantiene i suoi toni sgradevoli, quasi biascicanti , e le eruzioni non si contano, suggellate da una batteria impossibile nei suoi cambi continui e da chitarre che sono strumenti di tortura impazziti; è chiaro che l'impostazione è quella della tecnica più raffinata, ma allo stesso tempo più disturbante, un gioco tra tensioni ed esplosioni seguite da silenzi forse ancora più terribili. "Among all carnage present and past only one grave matters, hollow and hopelessly out of reach, the Grave of Singularity, over which weeps the Mother of All, saddened unto Death. - Tra tutti I massacri del passato e presente solo una tomba importa, vuota e fuori da ogni contatto, la Tomba della Singolarità, sopra la quale piange la Madre di Tutto, intristita fino alla Morte" continua il testo, assaporando la morte del Creatore in favore del Distruttore, mentre più l'uomo si crede santo ed angelico, più in realtà viene dissacrato, creando occasione per celebrare la perfezione indiscutibile di un mondo eterno, dove la vita affronta la sua dissoluzione con preghiere senza fine, canzoni degenerate e disciplina ossequiante, poiché la carne è solo un contenitore per la legge ferrea, mentre la volizione sprofonda nel più profondo degli abissi. Movimenti sincopati post rock creano costruzioni dalle ondate ripetute, le quali proseguono fino ad un improvvisa cesura dal suono obliquo, sorprendentemente dal gusto thrash-tecnico, sul quale ossessioni timbriche e toni cavernosi creano un mantra concitato: dobbiamo accettare la rivelazione, come inizio e fine, ed il resto va rigettato con disprezzo. Il loro Signore comanda con voce repulsiva, non tollerando l'amore, la dipendenza, o la fede, ma richiedendo solo sottomissione e servitù, fino ai limiti estremi dell'io. Il giuramento solenne avrà un premio ghiotto.. la terra nutrirà le larve delle piaghe e la scarsità ci completerà nella nostra sfortunata ricerca di un vuoto compassionevole. Ironicamente ci viene indicato come la fede non sia priva di meraviglie. Suoni aspri, industriali, creano una ferrovia maligna, mentre tamburi da guerra e cori spettrali sorreggono raffiche di chitarra in una grandiosità senza limiti. Un basso greve fa da nuova pausa, seguita da una sequenza ritmata e dalle chitarre rocciose , presto sconvolta da nuove dissonanze e dai rantoli di Aspa; viene adorato il Padre, Testimone del nulla, ed lo splendore corrotto di ciò che una volta era il suo regno, il quale ora scuote il confine nero della tomba, privata del paragone della dualità, e quindi rovinata ed annegata nella confusione. La Morte, adornata con stracci rifiniti, marcia senza fine imitando la Vita, mentre innumerevoli folle si flagellano in adorazione delirante. La progenie malformata del Peccato e della Virtù' puzza di un oltraggio tale verso l'Universo, che anche i Titani fuggono sommersi dalla nausea, mancando della forza di affrontare questo crimine, il quale contiene in se tutti i crimini: ritorna il tema dell'unione tra i contrapposti, la quale da vita alla Verità suprema, terribile ed insopportabile. Il suono che fa da colonna sonora a tutto questo, di conseguenza, vede malinconiche melodie dissonanti e rumore bianco, tra fraseggi delicati e progressivi, pieni di pathos, contrapposte a toni ruggenti e massacranti marce improvvise, che come martelli su incudini segnano passaggi verso epici montanti e giochi ritmici, coronati da doppie casse decisamente black; una bellissima sequenza lanciata chiude quindi il brano, collimando con un ultima parte di chitarra progressiva nei suoi fraseggi e drumming cadenzato.
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Internecine Iatrogenesis
"Internecine Iatrogenesis - Iatrogenesi Intestina" è il gran finale del disco, annunciato da un sorprendente attacco di chitarra che potremmo definire addirittura funky, qualcosa che difficilmente assoceremmo ai francesi; un espediente presto comunque dilaniato da attacchi improvvisi di batteria e montanti caotici di chitarra; il testo riprende da dove era finito quello precedente, proseguendone il racconto. Ecco che ora arrivano fatti peggiori e sofferenze maggiori, mentre la seconda e conclusiva disfatta culmina con un Silenzio che porta su di se l'acre bruciore delle cose perdute dopo che Caos è stato ammaestrato, ed un bruciore maggiore rimane per tutte le cose morte prima di nascere, poiché nessuna nuova anima è stata giudicata degna di testimoniare e prendere parte. Ed anche il suolo è diventato frigido in un mondo reso torrido dal calore soffocante. La commistione tra il motivo iniziale ed i terremoti dissonanti prosegue, con cascate e turbini trapanati, un fulgido esempio della loro nera lezione dove anche fraseggi di basso prendono parte alle cavalcate in doppia cassa ricche di blast; "Thou who are the End of All, behold! To whom belong the faces, eyes and knees of the elderly, the women and the children, all that walks and crawls? All belong to you! Nothing more remains. - But heaven! One arrow, anointed in the balm of Internecine Iatrogenesis, shall suffice! - Tu che sei la Fine di Tutto, osserva! A chi appartengono le facce, gli occhi, le ginocchia,, dei vecchi, delle donne, dei bambini, di tutto ciò che cammina e striscia? Tutto appartiene a te!Null'altro rimane. Ma cielo! Una freccia, imbevuta nel balsamo della iatrogenesi intestina, sarà abbastanza!" prosegue l'oscura preghiera votata al Male inteso come distruzione di ogni cosa, mentre epopee sonore vedono drammi oppressivi creati da chitarre annichilenti e batteria delirante, arricchiti da vocals sulfuree e parti progressive dalla tecnica encomiabile. L'effetto globale è stordente, portandoci in corridoi claustrofobici di rara ferocia, mentre le parole dipingono scenari dove verso l'alba, verso il sud, ed il malinconico ovest, verso il nord, si grida il titolo del brano, mentre il firmamento piange lacrime rosse, abbagliato dalla pira orrenda di un mondo che è un olocausto senza vergogna, più splendente di un centinaio di soli, il quale lentamente consuma l'uomo e Dio, i quali tremano uno di fianco all'altro, entrambi lamentando ciò che poteva essere e doveva essere. Le loro voci accusatorie cantano in discordanza, sul quale il narratore si nutre con fauci tormentanti, pieno di fame eterna. Il torrente sonoro è il perfetto completamento di tutto ciò, una furia strutturata e dai tempi impossibili, una cavalcata contratta dalle scariche massacranti, la quale va ad infrangersi verso dei finali suoni di corni e cori sacri, mentre rullanti di batteria segnano il ritmo: una chiusura epica solenne e drammatica, la quale suggella con pathos l'ennesima epopea distruttiva dei francesi. Una visione di morte, desolazione, consumo eterno di tutto ciò che è, una narrazione priva di pietà anche verso se stessa, un'essenza che non ammette discussione o biasimo, dichiarando al tutto il suo destino finale, in gloria del Distruttore.
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Conclusioni
I paladini francesi del black metal più sperimentale, ostico e dissonante non disattendono le attese, offrendo un lavoro breve ma intenso, nel quale ripropongono il loro suono caotico e senza sosta, unendo ad esso alcune delle tendenze più progressive sviluppate nei lavori precedenti. Cascate di colpi incessanti, vortici impazziti di chitarra, atmosfere sature ed asfissianti incontrano vocals feroci ed armonie di chitarra, mentre come accennato in fase d'introduzione, vengono eliminate le pause "teatrali" e parlate, lasciando spazio solo all'ossessivo riproporsi di riff distorti e blast malevoli. Un suono ai limiti del noise, in certi frangenti, ma con elementi post rock/metal e progressivi che creano architetture appassionanti che come sempre si legano perfettamente con il contenuto lirico, altisonante e dalla prosa elitaria: è chiaro che chi non li ha mai sopportati e li considera pretenziosi sia per musica, sia per immagine/tematiche, non cambierà idea ora, ma la cosa non sembra aver mai influenzato i Nostri. La capacità della sintesi è in genere un dono delle grandi band, capaci di riguardare il loro trascorso storico e di rielaborare quanto fatto sotto l'occhio di un presente che vuole essere uno sviluppo dove tutto conta. I DsO dimostrano qui di seguire proprio questo percorso, riprendendo del vecchio filtrato tramite le esperienze più recenti, ed aggiungendo qualche accorgimento nuovo; il risultato è un progetto ancora più concentrato ed efficace, il quale per l'ennesima volta distanzia epigoni ed imitatori mostrando non solo la semplice tecnica, ma anche un'ispirazione profonda e costante legata alla nera fiamma del loro credo religioso/artistico, condivisibile o meno, ma di sicuro presente nelle loro menti come metro di valutazione e di paragone per la loro espressione. Quattro capitoli che assaltano l'ascoltatore e che di certo non vogliono sedurlo, bensì travolgerlo e sconvolgerlo per quasi mezzora, lasciando poi solo un silenzio che forse , dopo tanto caos, diventa ancora più inquietante e sconvolgente; se nel passato (si veda "Fas...") a volte l'ascolto diventava un tour de force da centellinare per non perdere la propria sanità mentale, ( e l'udito), qui il tutto si concentra in minuti claustrofobici, ma anche epici, i quali non rimangono più del dovuto, applicando la lezione dei loro vari EP ad un album risoluto e conciso. Per questo meglio parlare di capitoli: per quanto i diversi pezzi abbiano la loro identità ben differenziata, lo scopo dell'opera è quella di essere vissuta come un'esperienza unica, fatto testimoniato anche dalla continuità della parte testuale, una sorta di saggio malsano che perdura fino al termine del disco. Forse, tra le molte, la più grande qualità dei Nostri, è quella di spingere in avanti un genere contraddittorio come il black metal, da sempre diviso tra spinta innovativa e tradizione, dissidio interno che l'ha reso il figlio più particolare della nostra musica, riuscendo a rispettarne tutti gli intenti originali (almeno, nell'eccezione della seconda ondata), ma facendolo anche "crescere" sia musicalmente, sia tematicamente, senza porsi paletti che in molti invece non oserebbero oltrepassare; il segreto di tutto questo sta nell'unione tra autonomia compositiva e totale unione d'intenti con la propria label, e duna visione artistica che dal 2004 in poi è sempre stata, nelle sue varie forme e cambi, coerente all'ideale dell'espressione del proprio messaggio. Questi sono i DsO, un gruppo uscito senza molti preamboli dal silenzio durato anni, e che ora potrebbe tornarci, così come invece ricominciare a pubblicare nel breve nuovi lavori; l'arte del giusto silenzio e della sintesi non appartiene solo alla loro musica, parchi nelle interazioni con il pubblico e sempre diretti senza fanfare o ammiccamenti di sorta. Un progetto la cui anima nera rimane rappresentata dalla mente di Hasjarl, la cui musica viene perfettamente completata da un provocatore nato come Aspa, nemico di ogni morale, decenza e buon gusto, ed amante dell'arte più sporca e perversa, una visione che va a braccetto con il satanismo nichilista e distruttivo del primo; il fatto che una cosi estrema idea di mortificazione della vita e dell'esistenza in nome dell'inevitabile entropia e della morte venga espressa tramite musica capace anche di essere molto emozionale è solo uno dei contrasti che rendono la musica della band ancora più complessa ed unica. Irretire l'ascoltatore per trasportarlo verso l'abisso? Di certo loro non hanno assolutamente fatto mai mistero delle loro intenzioni, quindi l'ascoltatore sa che deve affrontare un salto nel vuoto più nero e distruttivo ogni volta che si approccia ad essi: essenza del black metal, appunto. Lo Sheol chiude ancora una volta le sue porte: ma ogni volta, ci portiamo qualcosa dietro dal viaggio, consapevoli che prima o poi non si riapriranno più. E rimarrà solo un sardonico silenzio, il quale assomiglia molto a quello dei Nostri.
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2) Famished For Breath
3) Onward Where Most With Ravin I May Meet
4) Internecine Iatrogenesis
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