REBIRTH OF NEFAST

Only Death

2006 - Debemur Morti Productions

A CURA DI
DAVIDE PAPPALARDO
04/02/2022
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione Recensione

Il nostro viaggio nella discografia dei Rebirth Of Nefast, progetto solista dell'artista e produttore Wann (al secolo Stephen Lockhart) ci porta agli albori del progetto con il demo "Only Death". Inizialmente pubblicato nel 2006 come cassetta limitata, e in seguito fatto uscire in digitale dalla francese Debemur Morti Productions, il lavoro verrà poi ristampato nel 2018 dalla islandese Oration sotto forma di CD; troviamo qui tre lunghe tracce (per un numero totale di minuti superiore ai trenta minuti), caratterizzate da un black metal ancora abbastanza ancorato alla tradizione nelle sue soluzioni sonore, ma dalle strutture già elaborate dove nonostante una certa ossessione nei mezzi usati non si cade nella noia o nell'impressione che si stia allungando il brodo inutilmente. Se ci permettiamo di guardare gli eventi di allora con una visione viziata dalla consapevolezza di quanto verrà, possiamo dire che il modus operandi e mentalità generale del progetto dell'artista irlandese (in futuro trapiantato in Islanda) erano già pronti per gli sviluppi che verranno. Intuiamo infatti tanto una serietà nell'approccio musicale e tematico (mancano purtroppo dei testi ufficiali per il demo, ma titoli già fanno intendere i temi nichilisti e densi di spiritualità negativa cari ai Rebirth Of Nefast) quanto una volontà di rielaborare la materia del black metal secondo una volontà artistica che sa essere tanto feroce e lanciata, quanto evocativa e giocata su tempi controllati. In futuro questo porterà all'uso anche di elementi doom, jazz e progressivi che avvicineranno ulteriormente la musica del Nostro alle sperimentazioni orthodox degli anni duemila, ma come detto per ora gli stilemi presenti sono quelli della seconda ondata scandinava, filtrate con una logica meno lo-fi e barbara e con un piglio che possiamo anche definire epico senza remore di smentita. All'epoca ancora Lockhart è ai suoi primissimi passi nel mondo del metallo oscuro, figura lontana dal produttore che caratterizzerà il suono di gran parte dei dischi del black metal islandese degli anni dieci del nuovo millennio, e ancora nemmeno attivo come turnista od ospite in studio di progetti come i Wormlust, Myrkr, o Sinmara. Insomma, uno dei tanti allora sconosciuti che si muovevano nell'underground di un black metal che usciva da un periodo di rinnovazione dopo il climax commerciale della seconda metà degli anni novanta. Dischi come "Si Monvmentvm Reqvires, Circvmspice" dei Deathspell Omega, "Salvation" dei Funeral Mist, "Mystérion Tés Anomias" degli Ofermod e "Casus Luciferi" dei Watain avevano indicato una nuova via musicale e tematica d'intendere il black metal che portava alle estreme conseguenze le radici create dal monumentale "De Mysteriis Dom Sathanas" dei "Mayhem. Il satanismo teistico derivante da questo disco si distacca infatti nella nuova corrente orthodox, termine una volta usato per le band legate indissolubilmente ai canoni musicali della scuola norvegese, tanto da quello superomistico e ateo della Chiesa di Satana di Anton LaVey quanto da quello adolescenziale e mutuato da notizie di cronaca, film horror, libri fantasy di gran parte dei prima citati pionieri scandinavi, più una forma di ribellione sociale. Diverse band decidono quindi di distaccarsi dal mondo delle band black diventate rockstar (si vedano i vari Satyricon, Cradle of Filth, e per ironia della sorte gli stessi Mayhem, o meglio i componenti sopravvissuti ai suicidi e omicidi che hanno insanguinato la storia della band) e le varie correnti post-black o blackgaze che soprattutto in America porteranno il genere a diventare altro, ma anche dai gruppi che in maniera ossessiva imitavano il suono dei Darkthrone del periodo "Transilvanian Hunger", stile diventato in pratica sinonimo di black metal nell'immaginario collettivo. Ora infatti la risoluzione tematica verso un satanismo spirituale e teistico, vista come unico vero tema del black metal ed elemento discriminante per far parte del genere, si accompagna a una diversità stilistica che prenderà diverse forme in ogni singolo progetto; anche questa in realtà una ripresa dei primi passi del black metal odierno, dove effettivamente ogni band aveva un proprio suono riconoscibile pur partendo da basi comuni. Un'ondata che ha visto inizialmente la Svezia come punto focale, ma che in realtà ha avuto quasi subito una dimensione internazionale dove anche la Francia si è distinta insieme alla Germania e altri territori, e che ha incontrato sia lodi che attacchi da parte dei puristi refrattari a qualsiasi cambiamento dello status quo. Eccoci quindi negli anni immediatamente successivi all'esplosione di questo movimento, le cui onde si sono sparse negli anni a venire influenzando anche scene future come quella islandese, pesantemente basata sulle dissonanze e sull'atmosfera sacrale tipica di molte band appartenenti al movimento, e in generale tutta una serie di nuovi gruppi, alcuni anche in realtà lontani dalle posizioni teologiche della corrente stessa (si vedano per esempio gli olandesi Dodecahedron). Nel caso dei Rebirth Of Nefast ancora sul piano musicale non siamo, come detto, nel tecnicismo di scuola DSO, e anche in futuro le commistioni jazz e progressive della band avranno connotati meno ostici e complessi rispetto ai colossi francesi; ma già l'allineamento tematico verso un certo sentore di adorazione della morte e del diavolo come suo emissario è palese come detto già in precedenza tanto nell'estetica e titoli, quanto nelle atmosfere dei pezzi.

Wrapped In The Earth

Immaginiamo un rituale oscuro, dai connotati sacrali misteriosi e suggestionanti, tenuto in un anfratto nascosto oppure in una chiesa sconsacrata, contornato da spettrali suoni di vento e canti ossessivi in sottofondo. Queste sono proprio le atmosfere e lo scenario sonoro creati dalla parte iniziale di "Wrapped In The Earth", un mantra che supera i due minuti di durata prima di esplodere in un tripudio di doppia cassa e riff impregnati con un'anima gelida e malinconica. Lamenti inumani completano il quadro in un suono feroce che investe l'ascoltatore, mitigato però da alcuni interventi di cori gotici accennati e cesellato da fraseggi preparatori che donano cupe pause all'assalto sonoro. Essi si prolungano in una lunga coda prima di aggiungere montanti dal sapore heavy metal che generano un trionfante mezzo tempo cadenzato che accompagna motivi nordici e i versi pieni di riverbero di Wann, qui vero e proprio essere dell'oltretomba che declama misteriose lezioni da oltre la soglia della realtà. Ci scontriamo con il ritorno delle corse black metal dal gusto tradizionale in una serie di strutture che rimandano alla scuola norvegese e alle sue glaciali suggestioni, giungendo così a nuovi cambi dove fraseggi vibranti e cimbali cadenzati donano belle melodie pulsanti alla canzone. Un progetto quindi meno alieno rispetto alle strutture del futuro, ma già con un certo estro compositivo che si manifesta qui in sessioni più tradizionali che rimandano ai connotati epici dei Bathory; la marcia gloriosa prosegue con il suo motivo semplice, ma estremamente accattivante, trascinando con sé l'ascoltatore mentre il cantato diventa un vero e proprio ululato. Ma non dobbiamo abituarci troppo, perché il ritorno a cavalcate ben più sostenute e dietro l'angolo, questa volta sostenuto da grida in riverbero e dissonanze strappa-carne, un vento nero sonoro che ci investe e ci trascina verso effetti baritonali e cori gotici che completano un quadro caotico. Una sinistra melodia, come di carillon, compare per poco tempo, mentre la conclusione vede una ripresa dei fraseggi epici in scale squillanti che collimano in un trotto in doppia cassa e cimbali metallici che mette la firma a un buon pezzo black che riesce a essere abbastanza variegato e collegato alla tradizione. L'ultimissimo minuto sfocia in una sferzata nera conclusiva che si lancia forsennata verso l'oblio con una dissolvenza chiusa da suoni distorti che introducono il brano successivo.

Flaming The Inner Sanctum

"Flaming The Inner Sanctum" riprende i suoni conclusivi della traccia precedente, in un fraseggio distorto che sale in levare prendendo sempre più piede nella composizione, accompagnato poi da tamburi militanti dal passo imponente. Si crea così una marcia destinata a sconfinare in un attacco veloce in doppia cassa, sotto il cui passo s'innestano le vocals spettrali di Wann. L'immagine mentale che ci creiamo è quella di un rito tenutosi in un tempio dove entrano venti neri che muovono una fiamma nera che danza al suono dei tamburi, mentre entità malevoli recitano versi immondi con un linguaggio che non comprendiamo, ma che ci riempie di sacro terrore. Ecco quindi una sorta di sinfonia nera dove i riff secchi e i colpi tempestanti di batteria tessono orchestrazioni dissonanti scolpite da colpi furiosi di doppia cassa, come da tradizione black metal. Il cantato è saturo di riverberi, un verso maligno in piena linea con lo stile dei primi anni '90, senza concessioni a tratti più melodici. Il fiume nero scorre tra turbinii impetuosi in una corsa che conosce momenti più cadenzati dal sapore quasi black 'n' roll, chiamando in causa i modi di certi Immortal, aggiungendo poi anche suoni evocativi in sottofondo in un'anima nera come la pece, ma piena di suggestioni che giocano con l'attenzione dell'ascoltatore. Lo stato embrionale del progetto vede quindi un suono decisamente più canonicamente legato alle radici del black metal scandinavo, ma non privo di quell'attenzione ai dettagli e gusto per la variazione che in futuro vedrà declinazioni che vanno dal doom al jazz passando per tratti progressivi e sperimentali; per ora semplicemente vediamo lunghe strutture dove furie veloci si accostano a parti più cadenzate che regalano oasi oscure in un deserto nero come la notte tempestato da venti gelidi. Siamo arrivati a coordinate fatte di bordate squillanti che creano una ritmica quasi groove in un trotto spavaldo contornato da fraseggi gelidi e cimbali ossessivi, perfetto quadro per i versi gorgoglianti e maligni del cantante; seguiamo quindi il passo fino all'improvviso stop che lascia solo una chitarra distorta dal fraseggio in dissolvenza, veloce conclusione della traccia.

That Deathly Aura

"That Deathly Aura" è la canzone conclusiva del demo, un tour de force black metal dalla durata superiore ai dieci minuti, introdotto subito da un attacco di chitarra e doppia cassa che si muove secondo i dettami della scuola scandinava. Wann s'introduce con le sue solite vocals distanti e sature di riverbero, più strumenti esse stesse che veicolo narrativo vero e proprio. Siamo nel bel mezzo di una tempesta gelida in una foresta, dove percepiamo i versi di spettri lontani che ci raccontano di eventi dell'oltretomba che non dovremmo conoscere e sentire, un'atmosfera sovrannaturale che circonda l'etere e investe le nostre orecchie. Cimbali martellanti e loop distorti sono una costante segaossa che domina la composizione con alcune inflessioni ricche di gelide anti-melodie, poi unite a fraseggi più epici che per contrasto creano un effetto di buona fattura. Senza molta sorpresa incontriamo parti più cadenzate dove domina proprio quest'ultimo elemento, in quella che possiamo pienamente considerare una forma più arcaica delle future parti progressive che diventeranno marchio di fabbrica dei Rebirth Of Nefast. Largo quindi a marce pesanti e chitarre trionfanti che offrono ossessivi motivi di sana fattura black; ma essi collimano in un esercizio di batteria sospeso su dissonanze minimali, in un gioco strumentale dall'animo progressivo che si ripete a lungo. Una cesura fatta di cimbali e riff sinistri da il via a una nuova corsa veloce contornata dai soliti versi spettrali e distanti, ristabilendo le coordinate più tradizionali dal sapore black. Un vortice sonoro che ci conduce verso un drumming sempre più serrato e loop feroci di chitarra che ipnotizzano l'ascoltatore con i loro modi ripetuti ad oltranza. Le sorprese non sono però finite, stabilendo quello che sospettavamo, ovvero la natura più sperimentale della traccia e anticipante di ciò che verrà: infatti parte all'improvviso un gioco vibrante fatto di suoni sghembi e scariche di chitarra, in un suono secco che poi si manifesta in un mantra che raggiunge una nuova cesura. Largo quindi a nuovi galoppi rallentati e suoni rarefatti, in un suono doom controllato e dalle atmosfere decelerate, una sezione dove le dissonanze hanno ancora più enfasi nei loro movimenti sospesi nel tempo. Una nuova pausa dalle chitarre tempestive si unisce a colpi secchi che proseguono mentre il resto della strumentazione di dissolve, mettendo così fine al nostro viaggio in una notte nera e dominata da entità spettrali.

Conclusioni

"Only Death" è un demo decisamente ben composto che mette in luce il suono e l'estetica della prima fase embrionale dei Rebirth Of Nefast e il modus operandi del Lockhart dell'epoca. Ancora lo stile della band è legato principalmente ai dettami del black metal scandinavo e all'evocazione delle sue fredde atmosfere, ma troviamo già alcuni innesti e passaggi, soprattutto nell'ultimo brano "That Deathly Aura", che fanno presagire le future evoluzioni in chiave progressiva che prenderanno man mano sempre più piede nella produzione del Nostro, fino a sfociare nel capolavoro "Tabernaculum". Per ora si tratta di piccole idiosincrasie che vanno a conferire varietà a strutture altrimenti abbastanza schematiche nelle loro aderenza al genere, mutuate comunque dalla tradizione stessa tramite rimandi ai momenti più cadenzati in seno al black metal precedente alla seconda ondata norvegese e a nomi già citati in corso di recensione. Ci sono però sparuti elementi "alieni" di matrice più doom e progressiva che come detto compaiono soprattutto nella traccia finale, semi di uno stile che fiorirà in un'entità che avrà pienamente posto in quella corrente religious/orthodox che negli anni di uscita di questo demo stava avendo proprio la sua età dell'oro, corrente che non poche volte ha mostrato una certa inventiva nelle soluzioni musicali aggiungendo nuovi tasselli alla natura enigmatica e mutevole, ma allo stesso tempo con un certo mood complessivo, che caratterizza il black metal. Il progetto è quindi per ora una realtà prettamente underground, conosciuta da pochi estimatori del sottobosco più nascosto del metallo oscuro e ben lontana dai circoli grandi o medi dove si muovevano alcune delle entità citate in sede d'introduzione alla recensione. C'è da dire che se il suono fosse effettivamente rimasto fermo allo stato qui mostrato, difficilmente oggi parleremo della band negli stessi termini con cui possiamo parlarne oggi, per quanto certamente competente e di buona fattura. In una realtà sempre più satura di band e progetti paralleli di nomi già noti o meno, è difficile fare la differenza anche quando si hanno indiscutibili competenze tecniche, anche perché con gli anni il grado generale di abilità dei musicisti coinvolti e aumentato (che poi questo non si traduca necessariamente in brani migliori, è un altro discorso). Avere quel quid in più è qualcosa che riesce a pochi, e per il momento ancora i Rebirth Of Nefast sono in una fase di stabilizzazione del loro suono che parte da radici ben piantate in tutto un canone sonoro precedente. Di sicuro comunque troviamo già quella serietà posta nel songwriting e nell'estetica generale del progetto che rimarrà una costante per tutta la carriera, mostrando una sincera devozione verso il black metal inteso come arte nera e lontana da qualsiasi esternazione superficiale dal gusto commerciale o di mera facciata; questo approccio porterà anche alla futura opera di produttore di Lockhart e alla nascita di un certo suono che caratterizzerà la scena islandese, imminente nuovo scenario in cui l'artista irlandese si muoverà dopo il suo trasferimento in quelle terre. I primi passi di una carriera che vedrà poche e ben calcolate uscite, in un desiderio di pubblicare solo lavori che hanno uno scopo e una ragione d'essere ben chiara, attitudine che culminerà nel già citato primo, e per ora unico, album che è la piena realizzazione della visione particolare portata avanti sotto questo moniker, dove l'essenza del black metal verrà integrata con elementi provenienti da altri mondi musicali attigui. Forse in modo innato già qui nel primo demo, pur plasmando una materia decisamente tradizionale, troviamo la base di quello stesso modus operandi grazie ai cambi di tempo e modi che conferiscono una buona varietà alla tracce e qualche sorpresa rispetto ad altre produzioni simili contemporanee e successive, anche se sarebbe stato ancora impossibile immaginare da questa base cosa sarebbe avvenuto in futuro.

1) Wrapped In The Earth
2) Flaming The Inner Sanctum
3) That Deathly Aura
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