QUIET RIOT

Metal Health

1983 - Pasha Records

A CURA DI
CHRISTIAN RUBINO
18/07/2022
TEMPO DI LETTURA:
8

Introduzione Recensione

"Quando abbiamo fatto Metal Health, è stato il culmine di anni passati a suonare nei club e a scrivere canzoni diverse. Ed è per questo che il materiale era così buono e genuino". (intervista a Kevin DuBrow da parte di Gary James per www.classicbands.com)

Difficile credere che quattro scapestrati musicisti, facenti parte dei Quiet Riot siano i protagonisti assoluti, nei primissimi anni'80, ed eletti come i paladini dell'heavy metal mondiale. Il loro album, pubblicato dalla Pasha Records l'undici marzo del 1983 e dal titolo: Metal Health, arriva inaspettatamente in testa alle classifiche americane, piazzandosi per parecchie settimane all'apice e portando per la prima volta e improvvisamente l'heavy metal sul gradino più alto del podio. Probabilmente i quattro musicisti di Los Angeles hanno la fortuna di trovarsi nel posto giusto al momento giusto perché il metal ha un enorme potenziale di crossover negli Stati Uniti; basta ascoltare i primi Van Halen per capirlo, così da essere convertito in un ibrido pop-metal, per una formula vincente e redditizia. Un altro importante aspetto, non trascurabile, è che questa è la band del compianto ex chitarrista solista Randy Rhoads, morto prematuramente a causa di una disgrazia aerea, l'anno prima, quando è al servizio del principe delle tenebre, sua maestà Ozzy Osbourne. Il combo è fondato nel lontano 1973 dal fenomenale chitarrista Randy Rhoads che raggiunge il pieno potenziale e la gloria solo facendo coppia con Ozzy, dopo che quest'ultimo ha lasciato i Black Sabbath. Il fatto che lo sfortunato Randy fosse un ex membro dei californiani da loro una certa reputazione ed è pure un ottimo strumento di marketing tra i ragazzini che suonano la chitarra elettrica e non solo. Nell'album il singolo di più successo è il remake di "Cum On Feel The Noize" della band britannica Slade, che era in cima alle classifiche del Regno Unito già nel decennio precedente. Questa cover decolla verso il trionfo più velocemente di quanto si possa dire, anche se ad essere sinceri, l'opera in generale partorisce un paio di hit che si piazzano in modo sbalorditivo nelle prime quaranta posizioni delle classifiche statunitensi. Il platter inizialmente incassa poco, ma quando si sente la cover degli Slade suonare per le radio e su MTV, l'interesse per il gruppo porta ad un aumento esponenziale delle vendite, portandoli in tour senza sosta e con i portafogli pieni di soldi. Prima nei piccoli club, poi sostenendo i mitici Black Sabbath e infine guadagnandosi lo status di headliner. La televisione è la ciliegina sulla torta per un successo già scontato perché mostra la musica ritmata e orecchiabile di una band rock che suona sul palco e si scatena senza freni, rappresentando benissimo l'attitudine metallica del momento. I video delle song diventano così tutti popolari e si traducono in un acquisto automatico del disco da parte dell'ascoltatore finale. Facendo un passo indietro occorre dire che il bassista Rudy Sarzo, dopo la tragedia avvenuta all'ex amico e compagno di band, lascia subito il combo di Osbourne per ritornare in California riunendosi con Kevin Dubrow alla voce, Carlos Cavazo alla chitarra e Frankie Banali alla batteria. I quattro si trovano inconsapevolmente ad essere i pionieri di un genere in ampia espansione con molti sostenitori, nonostante i musicisti provengano da due anonime e sconosciute registrazioni in studio, entrambe inizialmente pubblicate solo in Giappone. I Quiet Riot, dopo aver perso membri a causa di altri progetti e in sostanza essersi quasi sciolti, hanno una svolta straordinaria verso l'affermazione che all'inizio probabilmente neanche è compresa a pieno dai ragazzi. I membri della band che hanno scritto tanto materiale negli anni precedenti si ritrovano improvvisamente con una rinnovata ondata di energia che li porta a riunirsi e a registrare le nuove canzoni, per riemergere in onore di Rhoads, grazie anche all'adeguato sostituto Carlos Cavazo alla sei corde. Se in Europa e in particolare nella vecchia Inghilterra spicca l'epico movimento della New Wave Of British Heavy Metal (NWOBHM) con gli Iron Maiden, i Judas Priest e i Saxon, per citarne solo alcuni; in America il contagio è più lento anche per via di nuovi generi nascenti, come quello fondamentale del thrash proveniente dalla Bay Area, mettendo così in difficoltà i vecchi cavalli di battagli degli anni '70. In questo tempo di cambiamenti e di crescita per l'intero circo del metal, spunta apparentemente dal nulla, Metal Health, dei giovanissimi Quiet Riot, provenienti dalla focosa e fervida Los Angeles, che da lì a poco diventa protagonista anch'essa con nuovi generi metal che invadono l'intero pianeta. In effetti Frankie Banali & soci toccano leggermente il territorio dell'hair metal sul disco, anche se rimangono molto fedeli alle sonorità tipiche dell'heavy metal tradizionale, trasformandosi in un mostro letale che non rimane a lungo in cima, ma nonostante siano stati una meteora nel business che conta la loro storia artistica non può essere assolutamente trascurata. Naturalmente la domanda di fondo che molti si fanno, soprattutto per chi non ha mai ascoltato quest'opera, spero in pochi, è questa: questo disco ha meritato tutto questo clamore e questo successo? Allora, Metal Health è famoso, come scritto prima, soprattutto per essere stato il primo album metal a raggiungere il numero "1" nella lista dei duecento migliori album di Billboard. Un bel risultato di per sé, ma il successo commerciale non corrisponde sempre al talento dei musicisti e all'ottima qualità delle canzoni. Dopo trentanove anni, si può benissimo affermare che il sound trascinante e brillante dell'LP, grazie anche all'intelligente lavoro intuitivo del produttore Spencer Proffer, apre le porte a tantissime formazioni rock statunitensi per la rincorsa al successo nelle classifiche americane e internazionali. Raramente, in precedenza negli anni '70 il mondo dell'hard rock o del metal ha mai dominato le classifiche fino a questo punto. Naturalmente già gli irraggiungibili Black Sabbath e i Kiss avevano venduto milioni di copie ma in questo bollente 1983 americano si spalancano definitivamente le porte della visività ad un genere ancora mal visto dalla bigotta società a stelle e strisce che inevitabilmente viene travolta dallo tsunami metal, al quale i Quiet Riot danno una spinta importante, in modo veloce, fulmineo e senza pietà. Canzoni come "Metal Health", "Cum On Feel The Noisz e "Slick Black Caddilac" sono canzoni orecchiabili, canticchiabili, allegre, energiche e per le nuove generazioni anche ribelli e fuori dagli schemi. Siamo quindi all'inizio di una rivoluzione mediatica che porta il bistrattato hard rock a dominare, a riprendersi le posizioni che gli spettano entrando stabilmente nelle rotazioni radiofoniche e nelle classifiche di mezzo mondo. Oltretutto, non dimentichiamo che questo è senza dubbio il miglior album dei Quiet Riot mai realizzato nella loro lunghissima carriera.
"Ho conosciuto Randy per caso. Lui faceva parte di una band di Hollywood e io uscivo a Hollywood, cercando di scopare fondamentalmente, (ride). Stavano cercando un cantante e Randy aveva sentito parlare di me tramite una ragazza. Hanno detto che c'è questo tizio di nome Kevin DuBrow che assomiglia a Rod Stewart. (Ride). Quando ero più giovane, immagino che ci fosse più di una strana somiglianza. Avevano il mio numero di telefono. Una notte ho ricevuto questa chiamata che diceva che Randy Rhoads voleva che lo chiamassi per essere il suo cantante. Ho detto chi diavolo è Randy Rhoads? E l'ho chiamato, e durante una conversazione telefonica è emerso che abbiamo subito trovato una cosa in comune, l'amore per un gruppo chiamato Montrose. Entrambi abbiamo adorato il loro primo album. Volevamo entrambi formare un gruppo che fosse come quell'album". (intervista a Kevin DuBrow da parte di Gary James per www.classicband.com)

Metal Health

Banali alla batteria comincia da subito a sbattere le sue infuocate pelli, aiutato da un buon ritmo di chitarra elettrica e da un urlo indemoniato di Mr. DuBrow. Qui parte a razzo Metal Health (Salute metal) che nella versione singolo è pubblicata invece con il titolo di Bang Your Head (Sbatti la testa) e caratterizzata da un'ottima melodia ed un cantato pungente, sporco, crudo ma sostenuto da una possente e precisa sezione ritmica. Si parte, quindi, nel mondo ribelle e disinvolto dei Quiet Riot, dove Carlos stabilisce un primo assolo di chitarra e Chuck Wright nel frattempo molla il groove del basso che aveva caratterizzato i primissimi minuti del pezzo. A proposito il buon Rudy Sarzo che ha abbandonato la nave in difficoltà ritorna pentito e appena in tempo per il servizio fotografico per dare il suo contributo a Metal Health salutando il "Crazy Train" di Ozzy Osbourne e sostituendo Chuck, prima di cimentarsi in questo super e storico inno metal. Questa title track di apertura, è un mostro di canzone e un buon biglietto da visita per ciò che si sente dopo sui solchi del disco. È tutto ciò che dovrebbe essere una grande canzone rock-n-roll melodica, eversiva e sopra le righe, soprattutto nel testo: "Sono senza cervello, sono alienato. L'insegnante dice che sono solo un grande dolore. Sono come un laser, un rasoio a sei lame e ho una bocca come un alligatore. Voglio forza, maggior potenza perché sto facendo rock fino allo scoccare dell'ora". Il ritmo della composizione è martellante, la linea di basso non scherza, i riff della guitar elettrica sono ruffiani e il suono in generale è affilato ma non troppo perché pacato da un grande arrangiamento melodico e da una pazzesca e persuasiva interpretazione del vocalist. Tutto sfocia in un ritornello che invita a fare ciò che ogni metallaro dal vivo desidera fare più di ogni altra cosa al mondo: "Bang your head. La salute Metal ti porterà alla pazzia. Scuoti la tua testa". Cioè cantare follemente a squarciagola come fa il singer americano. Sicuramente non è uno di quei brani che spicca per originalità sonora ma Metal Health è pieno di vivacità e di forza repressa, diventando un inno per i supporters e gli amanti dell'hard rock. D'altra parte, questo è anche il pezzo della rinascita dei quattro californiani che lo evidenziano a chiare lettere nell'esplicita lirica: "Sono fuori moda. Voglio davvero essere sopravvalutato. Non sono un perdente e non sono un piagnone. Ho preso i ragazzi per fare del rumore e non molleremo mai. Unisciti al branco perché non c'è ritorno". La traccia parla, quindi, dell'amore per la musica heavy metal e non ci sono messaggi nascosti, significati profondi, parole sciocche ma solo puro heavy metal e attaccamento per la nostra fantastica musica. Un vero inno metal da urlo e un ottimo modo per dare il via all'album.

Cum'On Feel The Noize

L'invitante ritmo di batteria accompagnato dalla voce indecorosa di Kevin DuBrow presenta il pezzo forte del brano: Cum'On Feel The Noize (Senti il rumore), che curiosamente è la cover di un brano pubblicato dagli inglesi Slade dieci anni prima e che adesso viene riproposto dal quartetto americano in chiave heavy. L'aspetto sorprendente è che questo tormentone metallico è introdotto nell'album proprio dal produttore Spencer Proffer, anche se fino alla fine i Quiet Riot rimangono non molto convinti della scelta. Innanzitutto, perché il pezzo strizza l'occhio al commerciale e la band californiana vuole mantenere una propria dignità artistica e non vendersi facilmente ma la song alla fine supera il loro scetticismo proiettandoli meritatamente verso l'olimpo dell'heavy a stelle e strisce. Il colmo sta proprio nel fatto che Kevin non riesce a digerire questa cover, ma deve comunque cantarla su pressione del manager e della casa discografica. Sulla stessa posizione anche Frankie, evidenziando come non fosse un tipo di canzone che rientrasse nei loro gusti musicali. Nonostante un tentativo di sabotaggio in studio suonandola male, i ragazzi si accorgono con stupore che il pezzo funziona alla grande. Cum'On Feel The Noize diventa quindi un divertente rock'n'roll senza troppe velleità artistiche, che ha il suo punto di forza nel contagioso ed efficace ritornello. Questa è sicuramente la versione migliore, meglio dell'originale e soprattutto meglio di quella proposta scialbamente dagli inglesi Oasis nel 2007 perché i giovani sudisti riescono a far emergere la grande melodia di cui è plasmata la canzone e soprattutto azzeccano il ritmo creando un'atmosfera da vero e proprio inno rock: "Sentite il rumore, ragazze sconvolgete i vostri ragazzi, saremo dei selvaggi, selvaggi, selvaggi! Così tu pensi che le mie canzoni sono fuori moda e mi fanno fare soldi. Non so perché, non ancora"! Le corde vocali di Kevin sono poi irresistibili e trascinanti; Carlos spezza il refrain con un lunghissimo assolo al fulmicotone; Rudy gli sta dietro con le sue robuste linee di basso e Frankie rumoreggia come un forsennato con le sue pelli dall'inizio alla fine per un incredibile e stratosferico successo... Un vero grande trionfo mai più ottenuto in futuro dalla band! Si, perché questa è la traccia che ha davvero spinto quest'opera in classifica. I Quiet Riot ce l'hanno fatta! Sono ormai diventati popolari grazie alla grandiosa novità dei video e grazie alla incessante programmazione radiofonica che passa in continuazione quasi tutta la set list del disco. E scusate se è poco! Dell'originale viene comunque rispettata la struttura base della composizione, anche se naturalmente in chiave più heavy-rock perché il combo riesce a fare proprio il pezzo per via anche di una grande ed esagerata interpretazione. La band riesce a fare qualcosa di leggermente diverso con questa traccia settantiana, aggiungendo più elementi metal nella composizione. Si continua quindi con questa atmosfera da festa, divertendo e osannando l'heavy metal.

Don't Wanna Let You Go

Dopo due vere tracce rock che fanno scuotere la testa e scatenare a più non posso l'adrenalina in corpo, arriva un cambio di rotta stilistico che lascia spiazzati. Don't Wanna Let You Go (Non voglio lasciarti andare) è una song morbida e leggera con la voce di DuBrow che si adatta comunque bene a questo stile. Non è sicuramente tra i pezzi più belli della set list ma è una classica ballata di hard rock melodico molto leggera, con la sezione ritmica che crea un groove quadrato e ben impreziosita da un assolo elegante e deciso di Cavazo, che non fa altro che aggiungere una pregevolezza sonora al brano. Se il suono dei solchi iniziali è stato fenomenale, qui i ragazzi mettono il freno a mano e rallentano l'azione con questa sufficiente melodia. Non è una brutta canzone perché alla fine ha pure un ottimo tempo e dove il guitar hero dimostra come sia capace di accelerarne e rallentarne la velocità a suo piacimento, con una disinvoltura straordinaria. Sembra costruita su pochi ma qualificanti riffs sui quali le corde vocali di Kevin s'innestano bene donando una buona godibilità al brano. Il testo è poi quello di un tradizionale lento di hard rock che si rispetti: "Non voglio lasciarti andare, Non devi andare lontana da me. Tu sei speciale, unica nel tuo genere. Quindi, non voglio lasciarti andare perché alcune cose non possono essere comprate". Il suono chiaro della chitarra è predominante per tutta la canzone e il ritmo della batteria è secco e quasi sottomesso come se non volesse disturbare l'andamento armonioso e lento del pezzo. Naturalmente Don't Wanna Let You Go è un mid-tempo dove gli statunitensi sperimentano il tentativo di proporre una canzone d'amore. Sforzo riuscito? Difficile dirlo perché il brano ha in negativo il potere di stemperare la tensione accumulata positivamente con Metal Health e con Cum On Feel The Noize ma ha in positivo che i quattro ragazzacci sanno creare delle atmosfere rilassanti, ricche di sentimento e gelosia: "Qualcuno arriva e dice che stanno suonando la tua canzone. Il mio desiderio diventa la sua gioia ma lui cercherà di portarti via da me...!.

Slick Black Cadillac

Un coro all'unisono da parte dei quattro bad boys e un attacco di chitarra elettrica, sostenuto da una possente sezione ritmica, lanciano in pompa magna il quarto brano in scaletta: Slick Black Cadillac (Scattante Cadillac nera) , remake di una canzone già presente nel precedente e secondo album Quiet Riot II del 1978, influenzata da suoni heavy metal che la rendono ancora più stradaiola rispetto alla versione precedente e con il guitar hero Carlos Cavazo che dà sfoggio ad una buona prestazione solistica alla pari di quella fornita da Randy Rhoads nello stesso pezzo inciso tre anni prima. La traccia, rispetto alla precedente Don't Wanna Let You Go, riporta i nostri quattro eroi verso coordinate più festaiole, rinvigorite da una sfrenata e calorosa interpretazione generale della band, che proporrà spesso questa song dal vivo per via dell'alto contenuto adrenalinico che incorpora. D'altra parte, quali sono gli argomenti che appassionano di più un rocker? In primis e ovviamente l'hard rock e l'heavy metal; in secundis le donne e infine le belle e veloci automobili che naturalmente aiutano molto nell'attraccare: "Oooo, basta un gran treno di ruote nere per farmi godere. Non mi serve la patente per guidare perché sono troppo spericolato per sopravvivere. Guido una scattante Cadillac nera attrezzata per il rock'n'roll, dove mi stendo, mi giro e scopo sui sedili posteriori"! Qui, il chitarrista Carlos ha il merito di farsi contagiare dall'estro dello sfortunato Randy, sia nel travolgente e breve assolo, sia negli spigolosi riff, che nei riempimenti di chitarra. La lirica è soft, banale ma si presta bene all'orecchiabilità di un ritornello che si presta ad essere canticchiato non solo in auto ma in un qualunque luogo perché facile da ricordare: "Guidando in una scattante Cadillac nera con i cerchi in oro massiccio, mi sento come un re. Ho solo bisogno di una cosa ed è una scattante Cadillac nera". Insomma, i Quiet Riot raccontano la storia sempliciotta ma avventurosa di un ragazzo in una Cadillac che scappa a tutto gas e con il volume a palla dai poliziotti, dalla legge o meglio ancora da tutto il "sistema", così come dovrebbe fare un metalhead che si rispetti. Poca poesia nel testo da parte di DuBrow ma tanta attitudine rock and roll ed è proprio questo aspetto che traspare in modo prevalente e si percepisce sentendo la ritmata e rapida armonia melodica di Slick Black Cadillac: "Ho i poliziotti sulla coda, solo per me un avviso a tutte le unità. Le sirene girano anche se sono io quello che vince perché loro sono dopo di me. Prima che loro capiscano quello che succede scompaio, con loro grande sorpresa, con la mia Cadillac. È come un'istituzione della rivoluzione"! La stravagante chitarra e la battente batteria si sentono ad alto volume, mentre il vocalist canta e grida a squarciagola tutto il suo amore per le auto e per il metal in una composizione grintosa e ribelle come i mitici eighties. Canzone allegra e orecchiabile che fa il suo onesto e sporco lavoro. Poi il suono del clacson in chiusura è una vera propria goduria!

Love's A Bitch

Un arpeggio malinconico di chitarra classica ed un lamento ululante e quasi lancinante di DuBrow introducono la desolata e scura atmosfera che avvolge Love's A Bitch (L'amore è una puttana) per uno dei momenti più belli e salienti del platter. Questo è un altro lento ma rispetto a "Don't Wanna Let You Go", la melodia e i riff chitarristici sono più vibranti e vigorosi ma di contro profondamente decadenti e cupi. Dal titolo non è davvero difficile capire l'amara lirica, scritta da DuBrow, sui pericoli dell'amore. Il testo è poi nudo e crudo, forse autobiografico, perché traspare tutta la delusione del singer in campo amoroso: "L'amore mi ha preso di nuovo per il culo. Sono stato da solo che non so da quando. L'amore mi ha raccontato un sacco di balle. L'infelicità è una dura lotta". Si nota subito un cambio di stile perché per la prima volta si ode, sugli iniziali solchi del disco, un po' di combattività e sofferenza.  Oltre alla buona melodia si sente anche un potente coro e alcuni solidi assoli di chitarra, insieme ad alcuni potenti riff, che non reinventano nulla di nuovo per il genere ma nel complesso piacciono e intrigano i timpani metallici dell'ascoltatore. Le chicche della song sono comunque l'intervallarsi di profonde atmosfere e il forte orientamento sonoro verso l'hard rock melodico, quasi commerciale ma non per questo meno autorevole. L'ugola delirante e aspra di Kevin è in primo piano e conferma la buona padronanza delle proprie corde vocali, così come la sua ottima interpretazione del pezzo sostenuta da un riuscitissimo refrain. La canzone cammina su basi tradizionali ma non troppo scontate, non solo grazie al vocalist californiano ma anche a Carlos con la sua intermittente e roboante sei corde che sprigiona una serie di assoli impressionanti. La sezione ritmica non scherza neppure in quanto il basso si sente abbastanza nitido e Frankie Banali percuote quanto basta le sue morbidi pelli senza strafare e senza indurire un'armonia, che trova il suo apice in un ritornello facilmente apprendibile. L'amore deluso può assumere diverse sfumature: un amore non corrisposto, una relazione andata a rotoli, un tradimento o una storia finita male in generale. Tutte queste situazioni sembrano ricadere sulla canzone e se il risultato finale percepito è questo, allora Mr. DuBrow ha fatto centro perché riesce a trasformare un suo profondo malessere in creatività e speranza: "L'amore è una puttana, piccola. È una follia. Non aspettare, non restare fermo. Devi muoverti o pagherai il conto. Devi continuare a muoverti o sentirai il dolore. Continua a correre, continua a correre"!

Breathless

Con la sesta in scaletta: Breathless (Senza fiato) entriamo con i timpani nelle tipiche sonorità dell'heavy metal classico perché la struttura del brano è basata su una elettrizzante cavalcata, provocata dal talentuoso Carlos alla sei corde elettriche e dai robusti vocalizzi di Kevin al microfono; a volte urlanti che si fondono meravigliosamente in un ritornello e un coro compatti ed estremamente melodici. Un'altra buona traccia scritta dal duo Cavazo, DuBrow con il resto dei Quiet Riot a supporto, per la riuscita e l'inserimento di armonie che anticipano quell'hair metal che da lì a poco travolgerà tutto e tutti. In verità già dal 1981 i Motley Crue sono i precursori di questo nuovo genere molto vicino al pop metal ma dal quale si differisce soprattutto dall'abbigliamento e dalle acconciature caratteristiche, che diventano importanti quanto la musica stessa per ottenere alti riscontri di vendite. Questo celere e martellante rocker, per via anche del duo ritmico, Frankie e Rudy, non è altro che un treno in corsa sparato ad alta velocità su di un binario sicuro ma dal breve tragitto che porta questi uomini di Los Angeles a riproporre la stessa formula vincente, dirigendosi verso l'acclamato e breve successo anche nel successivo lavoro in studio: "Condition Critical", che chiude la fama mondiale del quartetto americano. Il ritmo della song è costante e non lascia fiato proprio come i versi scritti da DuBrow ispirati dall'amore oppressivo di una donna che sta alle costole del suo uomo senza lasciargli un briciolo di respiro, per via del suo carattere e soprattutto per l'onnipresente gelosia: "Il mio controllo. Questo è quello che vuoi prendere da me. Maledici la mia anima e non mi lasci in pace. Mi sento svenire e mi togli il fiato. Hai lanciato un incantesimo su di me e non mi lasci andare". Sia la voce del singer e sia la musica emanata dagli strumenti sono talmente assillanti che riescono a far scuotere anche il metallaro più pigro del mondo, dando una buona carica positiva nonostante il testo non lo sia affatto: "Lei mi sta facendo diventare cieco, non credo troverò mai la sanità mentale. Si, sono così impotente che lei mi toglie il fiato". "Breathless" è quindi una cavalcata di riffs melodici e seducenti ma dove si sente che manca qualcosa. Per la caratura di un simile gruppo sembra troppo semplice nella sua struttura e nell'esecuzione perché povera di tecnica e virtuosismi particolari che avrebbero giovato nel contesto di un refrain raffinato e ben riuscito. L'assolo chitarristico è l'eccezione che conferma la regola perché in linea con i riff del pezzo e con gli arrangiamenti melodici della traccia. In generale, non lascia senza fiato come vorrebbe far credere ma fa correre abbastanza per vivacità ed energia trasmessa.

Run For Cover

Non c'è neanche il tempo di rifiatare che i rullanti di Banali e un grido di Mr. DuBrow investono impetuosamente le orecchie dell'ascoltatore con l'heavy metal genuino della settima canzone in scaletta: Run For Cover (Corri al riparo). Qui si apprezza ancora di più tutta la potenza e l'amore delle quattro maschere di ferro per il puro metal, permettendo ai singoli componenti del gruppo di mettere in evidenza le proprie qualità artistiche. Il segreto dei Quiet Riot è quello di saper unire ottimamente furia, melodia e velocità esecutiva, con in cornice una lirica sessista ma, questa volta, più curata e interpretata bene dal singer californiano per via di una voce nitida e pulita: "Attenzione! Faresti bene a correre perché voglio piantarti il mio seme. Non lasciare che ti turbi e tieni duro. È meglio se corri ai ripari. Io sono un amante mordi e fuggi. Corri al riparo stanotte (tieniti pronta!)". Frankie e Rudy percuotono di brutto accompagnati dai riff spigolosi, tellurici e ripetitivi di Carlos che si sovrappongono durante tutta la song, culminando nella parte centrale in dirompenti e rapidissimi assoli chitarristici. Run For Cover è il pezzo, dopo i primi super iperattivi brani, che continua a portare in careggiata e in alto Metal Health facendolo amare ancora di più. Il suono è un hard rock dal ritmo convulso che trabocca nel classico heavy metal ottantiano degli anni d'oro. Probabilmente, questa è una delle migliori canzoni del loro vasto repertorio musicale con Kevin DuBrow che canta con la bava alla bocca, da vero e proprio maniaco sessuale e a tratti urlando a voce alta tutta la propria pazzia: "Trova un riparo e nasconditi. Nessuno sopravviverà stanotte, tieni duro stanotte (si fai attenzione!)". Oltre all'ugola ossessiva del vocalist, la follia della band e la grande attitudine rock sono evidenziate dall'uso combattivo della sei corde di Cavazo, che senza guardare nessuno in faccia, spara a più non posso riff a raffica, sempre rinforzati dall'incessante basso e dalle moleste pelli. Insomma, come gorgheggia DuBrow: "Stai attenta. Resisti e corri al riparo stanotte. Woo"! 

Battle Axe

L'ottava traccia del disco è riservata alla strumentale Battle Axe (Ascia da battaglia), riservata solo alla chitarra elettrica dell'esperto Carlos Cavazo, che è principalmente un breve omaggio all'indimenticabile Randy Rhoads, membro originario della band nonché virtuoso e fenomenale chitarrista. La sua morte porta popolarità e fortuna agli ex amici dei Quiet Riot, che nel 1980 sono addirittura praticamente sciolti e orientati nel continuare con nuovi progetti. Il funambolo Rhoads, dopo lo split, diventa il chitarrista del grande Ozzy Osbourne, ottenendo enormi consensi e tantissimi giudizi positivi tra i critici e gli amanti del metal. Questa è sicuramente la chiave di svolta dei Quiet Riot che riescono a riunirsi di nuovo sotto lo stesso moniker e ad ottenere un contratto discografico, più un enorme fama, soprattutto per la tragica scomparsa dell'ex Randy. L'inizio di questa brevissima song è contraddistinto dall'apertura lenta di una distolta chitarra elettrica che comincia a macinare note, rapide scale esecutive, un melodico assolo e un crescendo di brevi e potenti riff. In un certo senso, questa è la prima e piccolissima prima parte nostalgica, dedicata al defunto guitar hero americano che culmina poi con la conclusiva canzone, Thunderbird, troppo stucchevole e retorica. Sicuramente la traccia meno riuscita dell'intero lavoro discografico, dove Carlos mostra le sue grandi abilità sulla sua sei corde, facendo naturalmente capire come la fonte d'ispirazione e l'esempio da seguire artisticamente sia quello del compianto Rhoads. Pezzo solista carino ma non sbalorditivo e troppo breve per essere stimato a pieno, che a conti fatti è più un intermezzo di un minuto e trentotto secondi, tra la precedente traccia e la successiva "Let's Get Crazy", che una vera e propria dedica al suo inarrivabile predecessore. Non è un compito facile sostituire un chitarrista come Randy dalla grande levatura tecnica ma nel complesso Mr. Cavazo se la cava molto bene, forse anche al di là delle aspettative e delle perplessità sul suo conto. Certo "Battle Axe" è un po' l'anello debole del platter che a parte un interludio sembra anche un riempitivo affidato al nuovo e bravo Cavazo che, anche se per pochi secondi, riesce a prendersi un suo esclusivo spazio sonoro.

Let's Get Crazy

Let's Get Crazy (Impazziamo) è uno sciocco tentativo di riproporre un'altra canzone simile alla title track "Metal Health", incessantemente con la stessa energia e lo stesso ritmo. Ottima la chitarra cadenzata di Carlos come al solito protagonista anche in un assolo fulminante ed energico, che salva in parte questo quasi riempitivo. Lo strillo di partenza del vocalist e il modo schiacciante di suonare di Banali, accompagnato in sottofondo e nella parte centrale del pezzo da un precisissimo gong, sembrano un bel biglietto da visita per una potente canzone metal. In realtà la struttura del brano è costruita su una base allegra di semplice melodic metal ottantiano, con al centro un ritornello orecchiabilissimo, cantato follemente dallo psicopatico DuBrow che si diverte, durante l'esibizione, a gridare come un dissennato scappato da un istituto di igiene mentale. Naturalmente il tema, a parte lo spirito dissidente dell'autore DuBrow è principalmente il sesso e la droga. Un connubio che non può prescindere da chi suona rock e vuole diventare una star: "Oh sì, voglio una fuoriserie e diventare eccitato e osceno. L'intossicazione scorre nelle mie vene. Faccio rock dalla mattina alla sera e troverò una donna che mi faccia sentire bene. Divertiamoci, impazziamo! Voglio baciare le tue labbra, non quelle sul tuo viso". Divertimento, allegria, squilibrio e ripetizione di accordi e armonie già sentite in apertura sono le caratteristiche salienti di una song che possiede comunque solide linee di chitarra che Carlos riesce a mettere sempre in primo piano, effondendo tutta la propria voglia di emergere e di farsi un nome nel giro che conta. Nonostante la poca creatività e il poco coraggio dei quattro, Let's Get Crazy, è alla fine un sufficiente inno heavy che vale la pena di ascoltare. Insomma, la festa dei Quiet Riot continua con una buona melodia rock e una diabolica struttura vocale messa in atto dall'uomo in copertina, coperto e imprigionato dalla maschera di ferro che Kevin DuBrow interpreta benissimo. A questo punto, non ci sono dubbi perché DuBrow sembra essere il misterioso uomo dell'artwork originale dell'album, dipinto a mano da Stan Watts. Addirittura, l'originale maschera di metallo che Watts ha proprio indossato per creare l'immagine iconica di Metal Health è stata venduta l'anno scorso all'asta e in un certo senso, dopo anche la morte di Frankie Banali, questo evento ha forse quasi chiuso la lunghissima attività della band statunitense. Il motto dei giovanissimi Quiet Riot è chiaro: "Divertiamoci e impazziamo con il metal". Il resto non conta.

Thunderbird

Un pianoforte melanconico, si avete letto bene proprio un piano, con la voce bassa e pulita di Kevin introducono il mieloso lento Thunderbird (Uccello del tuono); un debole tentativo di creare una memorabile ballata rock alla Queen ma purtroppo lontana anni luce dalla musica dei marziani britannici e il risultato finale è purtroppo molto mediocre. Il pianoforte in una traccia dei Quiet Riot? Ebbene sì, perché l'intenzione è quella di ricordare lo sfortunato Randy Rhoads, morto il 19 marzo 1982 in un incidente aereo in Florida, in un pezzo melodrammatico che lascia indifferenti nei suoni ma che al contrario colpisce nella lirica scritta da DuBrow: "Ciao, si sono io. Non puoi tornare indietro. Stai volando libero. Vola via, vola via attraverso i mari verso la tua nuova casa". Non è una bellissima canzone ma il cantante californiano la interpreta con passione e con il cuore in mano perché Rhandy era un suo carissimo amico che aveva incontrato per caso ai tempi della scuola a Hollywood: "Quando l'ho conosciuto di presenza sono rimasto un po' sorpreso da come appariva, perché era molto effeminato, basso, con lunghi capelli biondi fino alla vita, unghie lunghe. Poi, circa una settimana dopo, l'ho sentito suonare la chitarra e non potevo crederci. Non potevo credere che quel ragazzo di 17 anni, di cui nessuno aveva mai sentito parlare, suonasse sostanzialmente nello stile in cui poi suonerà con Ozzy. Ho Pensato ad uno scherzo ma in realtà era un ragazzo di grande talento". (DuBrow). La canzone è quindi un tributo sentimentale al defunto chitarrista, contenente suoni cupi e sottili elementi di heavy e glam metal sviluppati dalla elettric guitar di Cavazo. Carlos è anche il protagonista di piacevoli assoli di chitarra, sostenuti da una buona sezione ritmica che accompagna il crescendo della song insieme alle corde vocali corali dei quattro artisti nel ritornello: "Continua a volare, vola uccello del tuono. Continua a volare, spiega le tue ali nel cielo. Continua a volare, vola uccello del tuono". Thunderbird chiude tristemente un disco molto allegro e vivace nelle prime tracce ma molto commovente nel finale ricordando sinceramente il giovanissimo compagno caduto per una disgrazia che si poteva sicuramente evitare. A DuBrow, a Sarzo e a Banali manca Rhoads e l'unico modo per ricordarlo degnamente è la dedica postuma di una canzone che rimanga indelebilmente per sempre nella storia. Forse un pezzo più veloce e metal sarebbe stato il giusto riconoscimento al fondatore dei Quiet Riot e ad un giovane guitar hero che era già annoverato tra i più talentuosi e influenti chitarristi della scena metal degli indimenticabili eighties . Ventiquattro anni dopo la pubblicazione di questa traccia anche Kevin, per colpa di un'overdose di cocaina, lascia prematuramente questa Terra raggiungendo in cielo il mitico Randy: "Non guardare indietro ma pensa a me. Ci incontreremo di nuovo. Vola via"!

Conclusioni

"Mi sono imbattuto nel cantante Kevin DuBrow quando è sceso dal palco durante un concerto. Dissi: ehi, amico. Mi piace davvero quello che state facendo. Continuate a fare quello che state facendo e penso che ce la farete. Poi, ho lasciato Los Angeles e sono finito a suonare nei lounge del New Jersey con mio fratello, gli Howard Johnson lounge. Questo è successo tra il 1977 e l'inizio del 1978, su e giù per la Route 80. Stavo cercando di ottenere soldi per tornare a Los Angeles e probabilmente ho trascorso forse sei mesi lì, mettendo da parte tutto quello che guadagnavo. Quando ho sentito di avere abbastanza soldi, sono tornato e ho fatto un altro tentativo. Una settimana prima del mio arrivo, ricevo una chiamata da Kevin DuBrow che dice: Ehi, amico. Stiamo cercando un bassista. Tutti dicono che dovremmo chiamarti. Ho risposto: è fantastico. La prossima settimana sarò a Los Angeles. Sono andato a un'audizione, ho ottenuto il posto e ho iniziato a suonare con loro". (intervista a Rudy Sarzo di Andy Greene per Rolling Stones).

I Quiet Riot in un certo senso sono il classico sogno americano che premia i sacrifici e la voglia di sfondare. Mental Health è la palese dimostrazione che non devi essere per forza un musicista tecnico o un virtuoso dello strumento per creare un album importante, raggiungendo il successo e la popolarità. Se consideriamo anche i continui passaggi radiofonici, oltre alla massiccia programmazione dei video della band su MTV, si può dire che i Quiet Riot hanno avuto tanta pubblicità facendosi conoscere ben presto dal popolo rock, sebbene di fatto il quartetto è in circolazione da diversi anni, con due precedenti dischi addirittura mai pubblicati negli USA. Le quattro maschere di ferro passano dalle esibizioni nei club, allo status di supporto in sedi più grandi e ad headliner nel giro di pochi mesi. Purtroppo, la pacchia dura poco e lo si capisce con il successivo lavoro in studio del 1984 Condition Critical, molto premonitore nel titolo, che è l'ultimo piccolo sussulto positivo di un gruppo che comincia a vendere di meno e ad avere i primi dissidi interni. La manna mediatica e i buoni guadagni finiscono presto ma la storia e quest'opera dei Quiet Riot non possono e non devono essere dimenticati. Metal Health nel complesso è molto buono, tranne nel finale dove la qualità cala e dove i quattro artisti arrivano alla sufficienza e con un materiale per fortuna ascoltabile ma non stellare. La set list non è quindi spaziale perché composta da canzoni che si basano su un semplice hard rock melodico, a tratti metal con piccole venature pop ma senza enormi e originali sussulti adrenalinici. Avere poi una sezione ritmica piuttosto debole con un chitarrista relativamente privo di fantasia non aiuta anche se il povero Frankie dà il meglio di sé dimostrando poi, nella sua lunghissima carriera, tutto il suo grande valore artistico e umano. La sua morte ha chiuso un ciclo e anche la storia del combo statunitense che, con i rimanenti membri ha deciso comunque di proseguire prendendo il batterista Johnny Kelly (ex Type O Negative). La stessa dipartita di Kevin DuBrow nel 2007, singer e portavoce della band dentro e fuori dal palco, sembra far chiudere i battenti al combo di Los Angeles ma la forza e la caparbietà di Banali portano a proseguire. Nei primi anni di attività, Kevin è conosciuto per il suo caratteraccio e per i suoi modi indisciplinati nei confronti dei media. Poi, negli anni successivi si trasforma, diventando più umile, calmo, riflessivo, sorridente e portavoce di un genere musicale che le nuove mode musicali vogliono ignorare ed escludere dalla scena.  La storia però non si può cancellare e lui impersonifica il ricordo, e soprattutto la voglia di tenere alta la bandiera dell'hard rock melodico. Probabilmente si mortifica di aver perso il suo status di celebrità e sembra apprezzare di più i supporters e gli amanti del metal ma capisce pure quanto sia stato importante il suo apporto alla causa. L'unico componente storico rimasto è Rudy Sarzo, che con il chitarrista Alex Grossi e il cantante Jizzy Pearl sono adesso in giro per gli Stati Uniti D'America a suonare dal vivo il repertorio classico del gruppo, in attesa di festeggiare il prossimo anno i quarant'anni di questo riuscitissimo album che attira anche l'attenzione dalla bellissima copertina. Uno strampalato con tanto di camicia di forza che giustifica il gioco di parole del titolo dell'opera è qualcosa di straordinario: Metal Health (Salute dei Metalli), potrebbe anche essere Mental Health (Salute mentale). Tutto questo in un clima di tristezza per la tragica dipartita di Randy che sfocia in una folle reazione del combo americano, in quasi tutte le song della scaletta, tenuta a freno dalla maschera di ferro del misterioso ed eversivo uomo. Anche i metallari più ortodossi trovano nella raccolta spunti interessanti e graditi perché il collante del disco, dalla prima all'ultima song è il sottile contrasto di punti forti e deboli che lo rendono alla fine un album memorabile e immortale. Per questo motivo, Regina, la vedova di Frankie, dopo la morte del marito, si siede a quattr'occhi con il bassista Rudy Sarzo provando a farlo ritornare, in quanto unico membro fondatore, per continuare l'altalenante e sfortunata carriera dei Quiet Riot ma la situazione del bassista non è facile perché impegnato in troppi gruppi. Nonostante tutto rispetta la volontà del fraterno amico, ritornando così indietro nel tempo: "La mia decisione, oltre ad essere una richiesta di Frankie di tornare nella band, è stata una decisione su cui ho dovuto meditare, perché molto importante. Ho pensato se fosse la decisione giusta da prendere o no - no, non era quello il punto - era meditare sui tempi, perché non poteva essere una decisione brusca quella di abbandonare tutto quello che stai facendo e cambiare di nuovo band", afferma Rudy Sarzo.

"Ho fatto la transizione ed ho abbracciato di nuovo l'intera coscienza dei Quiet Riot, tornando indietro e suonando le canzoni di nuovo. In realtà, è stato meraviglioso perché adesso dopo 40 anni, essendo il musicista che sono oggi, guardo le canzoni in modo un po' diverso, come per quanto riguarda i miei contributi. Certo, non sarà qualcosa che si trasformerà in qualcosa di completamente diverso, ma ci sono alcune scelte di nota su cui posso migliorare". (Intervista a Rudy Sarzo da parte di Blabbermouth.net)

1) Metal Health
2) Cum'On Feel The Noize
3) Don't Wanna Let You Go
4) Slick Black Cadillac
5) Love's A Bitch
6) Breathless
7) Run For Cover
8) Battle Axe
9) Let's Get Crazy
10) Thunderbird