QUEENSRYCHE
Dedicated To Chaos
2011 - Roadrunner Records
ALLE ROYALE
21/08/2011
Recensione
Non c’è dubbio che la nuova fatica targata Queensryche sembri quasi nata con l’intento di far discutere animatamente le frange dei fans o, forse, di attuare una definitiva scrematura tra chi nel corso degli anni ha abbracciato il costante desiderio di rinnovamento della band, assecondandola e seguendola nelle sue traiettorie diagonali e chi, ancorato allo stile che la rese celebre negli anni ottanta, ormai da tempo le dedica solo un ascolto distratto, nel caso, assai remoto, di poter scovare tra le tracce del disco qualcosa che possa ricordare le direttrici stilistiche di un "Operation: Mindcrime" o di un "Empire".
Diciamo subito che Geoff Tate e compagni hanno preso una rotta ben precisa sin dalla pubblicazione di "Promised land" nell’ormai lontano 1994, scrollandosi di dosso i retaggi heavy Metal degli esordi ed assumendo i connotati di una creatura Rock a tutti gli effetti, e quella rotta non l’hanno più abbandonata, nemmeno nel caso di questo nuovo lavoro che, anzi, delinea con maggior chiarezza un ideale allontanamento dai confini angusti del Rock duro, motivato da un’unica parola d’ordine: evoluzione.
Apre le danze un robusto ed adrenalinico riff di chitarra che richiama, neanche troppo velatamente, il retro Rock dei concittadini Pearl Jam e introduce "Get started", uno dei pezzi più grintosi dell’album, che mette sul tavolo tutte le carte su cui si regge il castello sonoro dei Queensryche di oggi: la voce, sempre splendida, di Geoff Tate, la cui maturazione come interprete sembra non conoscere limiti, ed una sezione ritmica tra le più affiatate e creative in circolazione; e se il batterista Scott Rockenfield è da sempre un punto di forza costante del combo americano, bisogna riconoscere ad Eddie Jackson di essere diventato, nel corso degli anni, un bassista sorprendente e complementare al suo talentuoso collega, ed in questo disco lo troviamo particolarmente presente anche come compositore, come nel caso della seguente e ottima "Hot spot junkie", brano che si apre con un riff di chitarra circolare e ricco di groove e mantiene la stessa urgenza del brano apripista, mettendo a segno un uno-due iniziale pregno di energia.
"Got it bad" mostra invece un certo calo d’ispirazione e passa senza lasciare troppe emozioni, tra arrangiamenti sempre eleganti e precisi, ma senza una sostanza compositiva che ne possa garantire la memorabilità.
Con "Around the world" ci troviamo al cospetto del brano più radiofonico e squisitamente pop del lotto, una chitarra presa in prestito dagli U2 e dei tappeti di tastiere accompagnano delle melodie di facile presa, per un risultato tutto sommato piacevole ma senza troppe pretese artistiche.
Se in "Higher" e "Retail therapy" troviamo due esempi solo discreti dell’attuale linea stilistica del gruppo, la barra della qualità si rialza consistentemente con la splendida "At the edge" dalle drammatiche inflessioni armoniche, accompagnate da acide spruzzate di chitarra e da una incisiva e dinamica base ritmica, robusto contrappunto alla sempre ispirata prestazione di Tate, autore anche dello splendido intervento finale al sax che aggiunge una tinta inedita alla tavolozza creativa dei quattro.
"Broken" si mantiene sugli stessi livelli qualitativi, ma sotto forma di una splendida ballad dalle atmosfere eteree e sospese che si reggono su sussurri strumentali appena intrecciati, in modo da sostenere la linea armonica sempre cangiante della voce; ancora una volta l’ispirazione è ai massimi livelli.
Vi consiglio caldamente di procurarvi questo album in edizione limitata, poiché solo così potrete gustarvi il seguente gioiellino che fa parte appunto di un terzetto di bonus tracks: "Hard times" è ancora una volta un brano lento e dagli arrangiamenti minimali, la punteggiata chitarra di Michael Wilton si modella sulle pause dello spartito delle tastiere, disegnando dei paesaggi sonori sicuramente più vicini all’art Rock che non al Metal.
"Drive", decimo brano in scaletta, funge da vetrina per un ottimo Tate che può dar sfoggio a tutta la drammaticità del suo timbro evocativo e, almeno all’altezza del riuscito ritornello, richiama all’orecchio le antiche coordinate stilistiche.
Quasi non ha senso menzionare un brano piuttosto che un altro perché in "Dedicated To Chaos" il gruppo di Seattle ci vuole come dei compagni di viaggio, un viaggio che forse nemmeno loro sanno dove li porterà ma tant’è, i Queensrÿche di oggi sono questi, prendere o lasciare, salire svelti sul loro treno personale in continua corsa oppure restare aggrappati ai fantasmi di un passato glorioso che non tornerà più.
Menzione finale per il brano di chiusura "Big noize" che, come i Queensrÿche ci hanno abituati da sempre, è un brano che racchiude e fa sfociare tutta l’intensità incanalata nel corso dei numerosi episodi che compongono un lavoro che, come avrete capito, più che ascoltato va assorbito attraverso i pori della pelle.
Certamente la qualità lungo i solchi del disco non si può definire costante e qualche calo di tensione è innegabile, ma in questo 2011 ritroviamo, una volta di più, un gruppo di musicisti ispirati e con il coraggio di prendere dei rischi, dei veri artisti, incuranti di ciò che fans e critici potranno pensare di loro, perché loro sono in viaggio... E voi? Salite?
1) Get Started
2) Hot Spot Junkie
3) Got It Bad
4) Around The World
5) Higher
6) Retail Therapy
7) At The Edge
8) Broken
9) Hard Times
10) Drive
11) I Believe
12) Luvnu
13) Wot We Do
14) I Take You
15) The Lie
16) Big Noize