PSYCHOCALYPSE

Crying Moon

2013 - Buil2Kill Records

A CURA DI
MARCO PALMACCI
25/11/2013
TEMPO DI LETTURA:
9

Recensione

Confrontarsi con le opere di un artista estremamente e sapientemente poliedrico è sempre una bella sfida, per un recensore. E' difatti in determinate situazioni che il nostro compito diviene splendidamente arduo, quando siamo chiamati a dover parlare a voi lettori di un lavoro particolarmente sui generis, agli antipodi del "già sentito" e molto spesso "distruttore" di innumerevoli tabù musicali, quegli stessi tabù che quasi condizionano il modo di concepire la musica ed intaccano la propositività e la sana pazzia di cui tutti i giovani artisti, metalheads e non, sono dotati. Quelli stessi tabù che impongono la presenza del principe delle Tenebre nel Black Metal (ormai non più elemento di trasgressione, ma macchietta), per intenderci. Ed è proprio in questi contesti che un giovane realmente volenteroso riesce a spiccare fra gli altri. Quando il vestito diviene troppo stretto e si comincia a cercare di più,  un "più" che sia esule dalla mera catalogazione archivistica e che permetta al suo cercatore di poter esprimere se stesso in tutta libertà, lasciando da parte diplomazia e burocrazia. E proprio su queste ultime si abbatte come un fulmine a ciel sereno lo splendido "Crying Moon", prima fatica discografica della one man band Psychocalypse, che vede nel giovane Psychotic il suo factotum: mente, braccio, cuore ed anima. E pazzia, naturalmente. Quella buona, di cui abbiamo parlato, quella che ti porta ad esplorare l'inesplorabile e a superare i limiti imposti dalla convenzione, dal "musically correct", dal quieto vivere in senso lato. Ulteriore conferma di quanto la Francia (paese natale di Psychotic) sia uno dei paesi più avanti e all'avanguardia per quanto riguarda il metal estremo: dallo sperimentalismo dei Deathspell Omega alla personalità dei Peste Noire, passando per i numerosi esperimenti e tentativi compiuti dai vari musicisti delle "Black Legions", congrega di gruppi black metal nata in risposta  al norvegese" Inner Circle". E questo "Crying Moon" si inserisce perfettamente in questo filone d'avanguardismo musicale, proponendo qualcosa di unico nel suo genere. Un'autentica e sapiente commistione di stili quasi diametralmente opposti fra loro, stili dalla cui unione scaturisce però un qualcosa di "diverso". Di splendidamente diverso, di nuovo. Un disco senza dubbio da ascoltare e riascoltare non fermandosi se non dopo aver colto tutte le sfumature, le suggestioni e le sensazioni presenti. Un'autentica sfida, da raccogliere con sommo gaudio proprio per poter arricchire il proprio bagaglio musical/culturale e poter fissare poi la nostra copia di "Crying Moon" col sorriso sulle labbra, fieri di averlo nella nostra collezione accanto ai mostri sacri. Prima dello "Stop" viene sempre il "Play": ed è giunto il momento di premerlo, questo tasto, per addentrarsi nella Selva Oscura lasciando che sia il nostro Psychotic a guidarci lungo la retta via. Let's and Go!

Veniamo immediatamente accolti da un'intro inquietante e soprattutto enigmatica: immaginiamoci catapultati in un bosco tetro ed isolato, ove il vento soffia debolmente spettinando una fitta vegetazione dalla quale non filtra un filo di luce. Siamo soli, persi, confusi, fin quando un pianoforte non rompe l'inquietante silenzio e debolmente comincia a farsi strada nelle nostre orecchie. A fargli eco, un tamburo estremamente preciso e marziale che scandisce alla perfezione un tempo che segue il battere del nostro cuore agitato. Il tutto cresce, ed un riff di chitarra, imperiale e incalzante quanto il tempo del rullante, irrompe sulla scena rendendola densa di pathos e tensione. Un preludio coi fiocchi, l'intro perfetta per l'inizio vero e proprio dell'album. Con la seconda traccia, "Stray Souls", veniamo definitivamente catapultati nel mondo di Psychotic, dominato come già detto dalla commistione di più stili, commistione perfettamente in linea con il tema trattato nella canzone.  Una poesia romantico decadente, degna della nobilissima tradizione letteraria Francese che ha sicuramente esercitato una notevole influenza sul nostro giovane compositore, il quale si lancia in questo brano in una struggente riflessione su temi profondamente esistenziali. Il dramma di un'anima persa e sensibile, alla perenne ricerca del Vero e del Falso, sospesa nel limbo fra sogno e realtà, che spera con tutta se stessa di riuscire a trovare delle risposte alle domande che il suo tendere ad un Infinito vago e sfuggente le pone. Definire il brano come aderente al 100% allo stile "melodic death metal" è quanto meno limitativo, per via di un numero incalcolabile di sfumature: l'inizio del brano è infatti tipico della nobile tradizione Symphonic Black Metal, con un riff di chitarra magniloquente ed incalzante mescolato ad una melodia splendidamente malinconica che accentua ancora di più il significato e il simbolismo delle parole, meravigliosamente a loro agio in un clima d'ossianica oscurità.  E' presente inoltre (soprattutto nel ritornello) un sound di chitarra che otterrà sicuramente ottimi riscontri dai fan di band come Gamma Ray e Nightwish, tanto in questo sound sono presenti forti elementi che spaziano dal power al gothic, per non parlare poi dell'atmosfera "Amonamarthiana" che domina l'intero brano grazie alla sua minacciosa presenza. Come inizio non c'è veramente male, Psychotic ha sicuramente deciso di conquistare i suoi ascoltatori sin dal primissimo ascolto e prosegue dritto per la sua strada, senza sconti o trattamenti di favore per nessuno. Giungiamo così alla terza traccia, "In The Lost Kingdom", un'amara quanto triste dissertazione sulla fallacità delle convinzioni umane. Una sorta di excursus Baudeleriano sul Pessimismo/Spleen inteso come perdita di speranza, come squarcio del velo di Maya e presa di coscienza definitiva della vera realtà del mondo: niente luce, niente sogni. Solamente un tetro Regno delle Ombre nel quale lasciar riposare per sempre, in un'eterna e fredda notte, i nostri sogni e le nostre vite. C'è da dare un gran merito a Psychotic, che consapevolmente o semplicemente seguendo il suo istinto è riuscito a fondere egregiamente (ancora una volta), generi come Melodic Death, Black e Goth Metal. Il sound della chitarra è un continuo e meraviglioso alternarsi fra pacatezza ed aggressività, il cantato è stupendamente aggressivo (tendente allo stile di cantanti come Joan Hegg) e la melodia, componente fondamentale del brano, tinge di ineluttabilità e drasticità la canzone tutta. Incredibile, come un ragazzo francese, sia riuscito a dar vita ad una vera e propria collaborazione fra Nightwish, Amon Amarth e Dimmu Borgir lavorando al suo progetto in solitaria, con la tipica fierezza ed il tipico eclettismo della one man band. A stento riesco smettere d'ascoltare questo brano, but the show must go on, è ora di togliere il "repeat" e di avventurarsi nei meandri del quarto brano, "Apocalodia". E' un brano che accende i riflettori sul totale disintegrarsi del nostro mondo, sia spiritualmente che fisicamente: un Incubo che vede la madre terra corrosa dal fuoco collassare letteralmente su se stessa, non lasciando scampo ai suoi abitanti. Una madre Terra/Vita che risulta madre di parto e di voler matrigna, un destino crudele che sceglie la via della distruzione senza curarsi minimamente delle cause che questa avrà su tutti noi. "This is Apocalodia, not a sweet dream": il testo è quanto meno eloquente. Sicuramente ci troviamo dinnanzi ad uno dei brani più atipici e particolari dell'intero disco, ancor più dei precedenti. In generale, il sound tutto ci fa comunque pensare ad un brano Melodic Death Metal, se non fosse per alcuni innesti incredibilmente singolari che si palesano subito dopo l'inizio del brano. Dopo un riff veloce e potente, l'aggressività del pezzo viene mitigata da una melodia che ricorda molto da vicino i Gehenna del loro primissimo periodo, per non parlare della chitarra che in alcuni tratti assume quasi un'identità Viking e Folk Metal, risultando simile nel sound a quelle di band come Borknagar e Bucovina. Dulcis in fundo, dei cori misteriosi ed evocativi che rendono il tutto ancora più sfuggente ed impalpabile. Brano sorprendente e disarmante come pochi, che ci mette dinnanzi ad una vera e propria realtà: Psychotic sa il fatto suo e ce lo sta ampiamente dimostrando come pochi hanno saputo fare, nel corso della storia. Senza indugi, giungiamo alla quinta traccia, la title track "Crying Moon", commovente dialogo fra una Luna ed un'anima in pena, che anela l'aiuto del Satellite e fa appello alle sue capacità d'ascolto e comprensione per lenire i dolori dovuti alle delusioni e in generale alla negatività dell'esistenza. Un'anima dominata dal rancore e dalla tristezza, stanca e provata dall'essere messa continuamente alla prova da un fato crudele e cieco. E' un pezzo sostanzialmente meno spumeggiante di altri, segue una linea precisa e si stabilizza su uno schema altrettanto preciso: melodia, riff aggressivi, cantato incisivo. E' un brano dove se non altro possiamo ammirare appieno la tecnica di Psychotic ed apprezzare le sue notevoli doti di polistrumentista e cantante, doti che non hanno nulla da invidiare a quelle di colleghi ben più blasonati e che, proseguendo, potranno senza dubbio essere anche migliorate e fatte crescere ancor più d'oggi. Del resto, questo ragazzo non sembra proprio un fan della teoria "Fossilizziamoci". Come ampiamente dimostrato dal sesto brano, "Surviving For a Despair Growl", nel quale i riff aggressivi ritornano a dominare unendosi ad una melodia ancor più cupa e sofferta, quasi compiendo un'incursione in campo Depressive Black Metal. L'amore che Psychotic dimostra d'avere per le melodie decadenti per certi versi "tribolanti" è ormai lampante, così com'è lampante la venatura goth che esplode totalmente nei cori di voci femminili. Una venatura che dà dell'Epico e del Leggendario al brano, non lasciando più i Satyricon troppo soli nell'essere fieri esponenti del cosiddetto "Medieval Metal". Ascoltiamo il brano al buio, ad occhi chiusi, lasciamo che la nostra immaginazione divaghi: percepiamo gli ambienti imponenti e tetri, quasi ci trovassimo in un vecchio maniero, udendo le pene d'amore di un'anima che ha abbandonato ormai ogni speranza di felicità, che non cerca più conforto nella luce del mattino. Un'anima che anela oscurità e spera che la sua sofferenza possa giungere al termine anche intraprendendo un processo d'autodistruzione e di alienazione. Un cuore avvolto dalle tenebre, ormai preda della morsa della disperazione. Un disco che si sta rivelando un vero e proprio viaggio negli abissi più oscuri della mente umana, un biglietto d'andata e ritorno per la metà "nera" di ciascuno di noi. Un lavoro eccezionalmente maturo nella scrittura dei testi e nella musica, che non lascia nulla per scontato ma anzi approfondisce, svela, mostra, dimostra. Il tutto alla luce della luna, of course. Arrivati alla settima traccia, "Staring as a Wolf", assistiamo ad una sorta di "estremizzazione" del sound: quest'ultimo diviene più propriamente "death", sempre melodico, ma comunque molto più marcato, mescolato a sua volta a dei riff che richiamano molto da vicino uno stile più imponentemente heavy che power (impossibile non citare, in questa sede, i maestri Iron Maiden) anche per via del tema trattato nelle lyrics. Il testo parla difatti di un licantropo, sadico e cacciatore, che con sommo gaudio stana le sue prede e si diverte nel vederle sperare di fuggire o di salvarsi. Ma è lui che tiene ben salde fra i suoi artigli le briglie e che decide le regole del gioco. Interessantissimo notare come poi tutta la storia possa essere letta in chiave metaforica. Il lupo difatti potrebbe tranquillamente rivelarsi un espediente letterario, una metafora per la precisione, con la quale si vogliono "materializzare" la paura, l'ansia e l'angoscia, predatrici insaziabili e sadiche attentatrici della nostra felicità e spensieratezza. Prima di continuare il nostro viaggio, ci viene offerta la possibilità di "rilassarci" un momento, grazie all'ottavo brano, una breve strumentale, breve ma molto sentita. "Tristesse De La Nature" si configura come una sorta di riposo prima di una nuova tempesta, note significative che scorrono via come il ruscello che vediamo, in un'uggiosa giornata novembrina, seduti con la schiena appoggiata al tronco di un vecchio salice piangente, percependo la fredda brezza che punge la nostra pelle come migliaia di microscopici spilli acuminati. Nuvole grigie seguono il corso del vento e si spostano pian piano, un sole stanco ha deciso per oggi di non brillare. Un'atmosfera degna dei tempi d'oro di Burzum, non c'è che dire. Un clima che solo Varg Vikernes aveva saputo suscitare, in brani come "Erblicket die Tochter des Firmament". Ma è tempo di tornare all'aggressività e ai riff scuoti mondo, e lo facciamo alla grande apprestandoci ad ascoltare il nono brano, "Fighting Against the Past", che si apre con un riff a dir poco singolare. Difatti, si nota molta "modernità" nel sound di quest'apertura che, se ascoltata decontestualizzandola dall'album intero, potrebbe suonare benissimo come l'intro di un pezzo tendente al grunge e all'alternative metal, mantenendo questa peculiarità anche quando il pezzo diviene propriamente un brano "al 100% Psychocalypse". Una chitarra che per la prima volta in tutto l'album sentiamo realmente cattiva ed estrema, che rende il brano tutto un'esplosiva miscela d'adrenalina quasi sovrastando la melodia che fa fatica a tenere banco, in quest'occasione. Se fino ad ora siamo stati conquistati da un'atmosfera sinistra e fortemente intrisa di decadenza, in quest'occasione riusciamo a percepire perfettamente la cattiveria "intrinseca" del suo compositore, che con il suo stile unico ricorda molto anche i grandi del Doom, dai padri fondatori Black Sabbath ad altri grandi come Pentagram o Saint Vitus, anche per via del testo, sempre profondo ed introspettivo, che già dice tutto nell'eloquente titolo: "lotta contro il passato", lotta di un uomo che stoicamente decide di non cedere alla rabbia ed alla disperazione ma al contrario cerca di lottare valorosamente se non altro per ritagliarsi qualche momento di felicità nel suo presente, non potendo sapere cosa gli riserverà il futuro e non potendo fare in modo di cancellare il passato. Se non altro, si può sempre fare in modo che quest'ultimo non ci opprima, dato che svanirà con noi quando la Mietitrice deciderà di annullare per sempre la nostra vita e quando ci verrà data la possibilità d'essere dimenticati in questo mondo per poi rinascere in un nuovo universo. Spiraglio di positività quasi epicurea: non temere la morte perché quando ci sarà lei noi non saremo presenti, con un'integrazione dai forti tratti spirituali, ovvero la possibilità di rinascere. Altri messaggi molto forti vengono lanciati nella decima traccia, "Frozen Area", il metaforico luogo ove domina il gelo perenne che, similmente al Blashyrkh ideato dagli Immortal, tempra e rende forti le anime dei suoi "abitanti". In questo luogo vengono difatti addestrate alla crudeltà dell'esistenza le anime più ingenue e paurose le quali, dopo questo duro allenamento, potranno essere pronte ad affrontare la vita col coltello fra i denti. Il freddo rafforzerà ossa e cuori, ricoprendoci di strati spessi di ghiaccio impossibili da spezzare o da sciogliere. Il pezzo è, in virtù dei temi trattati, splendidamente potente nel sound (a tratti Black e a tratti Death), con innesti di cori femminili che nei brevi momenti ad essi dedicati riescono a rendere la potenza del brano ancor più incisiva, smorzando volutamente il clima di "distruzione" per indurci a credere che sia finita, salvo poi permettere al pezzo di aggredire nuovamente le nostre menti rilassate ed "ingannate" dalla loro dolcezza. Il nostro viaggio giunge al termine con l'ultima traccia, "Search & See the Tears of Stars", un congedo perfetto, che ci obbliga a salutare per sempre l'Angelo Caduto che ormai su questa terra non ha più motivo di rimanere. Il brano è preceduto da una piccola intro realizzata simulando il soffiare impetuoso del vento. Un vento ancor più gelido di quanto si possa immaginare, palcoscenico e sipario di un addio inevitabile. Il brano tutto segue uno schema preciso e decide di rinunciare in parte allo sprizzante miscelamento di stili vari. La chitarra mantiene un sound preciso e granitico per tutto il brano, la voce al solito è incisiva e "sofferta" quanto basta. Ritornano i cori femminili e la melodia svolge il suo eccelso lavoro stagliandosi sul pezzo come tante gocce di pioggia su di un vetro. Per non parlare poi di un testo che per certi versi ricorda molto da vicino "A Tout Le Monde" dei celeberrimi Megadeth in più occasioni: "Writing this text i release myself"/ "these are the last words i'll ever speak and they'll set me free". Un addio commovente che non avremmo mai voluto nemmeno mettere in preventivo, dato tutto quello che quest'album è riuscito a donarci, lungo il nostro cammino. L'angelo spiega le sue nere ali ed è arrivato il momento. La nostra avventura è giunta al capolinea.

Non sono molti gli artisti in grado di parlare in maniera matura e soprattutto sincera di temi importanti come la depressione o comunque la negatività della vita in generale. Al contrario, molti ci hanno provato ed hanno solamente lasciato ai posteri drammi pseudo adolescenziali carichi di luoghi comuni, testi intrisi di pessimismo da due soldi dovuto alla delusione della prima cotta o da altri problemi a dir poco fanciulleschi. Per questo ascoltare "Crying Moon" è stata un'autentica rivelazione: Psychotic si è rivelato molto più di un semplice musicista, si è rivelato un'anima sensibile. Veramente sensibile, in grado di mettere in musica tematiche così delicate in maniera incredibilmente sincera ed eccelsa, facendo leva sulla propria Artisticità e sul suo mondo interiore ed affettivo, non risparmiandosi neanche in un singolo secondo di un qualsiasi brano. Semplicemente ha fatto ciò che il suo cuore gli ha detto di fare. Lo ha ascoltato ed assecondato, cucendo, ritagliando, assemblando tutto ciò che in qualche modo avrebbe potuto rendersi utile alla sua causa, che avrebbe potuto rendere reali e tangibili le sue idee. Un misto di immanenza e trascendenza, un album che possiamo toccare ed ascoltare ma che al contempo innalza i nostri sensi da un piano terreno ad un piano decisamente superiore, a tratti spirituale. Quasi potessimo, in questo modo, entrare in contatto con i nostri fantasmi e le nostre paure. Guardarle in faccia, domarle, accettare la loro presenza per annullarle definitivamente, in quella valle di ghiaccio perenne dove ormai non veniamo colpiti neanche più da un brivido. Con la speranza di vederlo crescere e maturare ancora di più, promuovo a pieni voti questo disco che consiglio vivamente ad ogni amante del Metal, in tutte le sue forme. Non importa che voi tendiate al Goth o al Black, riuscirete comunque ad amare questo disco, un vero e proprio concept album sulla parte "nera" di ciascuno di noi, quello Spleen che tanto fa parte della nostra vita quanto i momenti felici e spensierati. Perché cos'è la vita se non un pendolo oscillante fra il Solve ed il Coagula? Sta a noi prendere coscienza del suo funzionamento e sempre noi siamo chiamati ad affrontare tutto quello che la vita vorrà donarci, sia esso bello o sia esso brutto. Del resto, non tutti i mali possono venir per nuocere ed essere consci delle sofferenze che potrebbero un giorno bussare alla nostra porta ne dimezza automaticamente le forze. E' un processo lungo e tortuoso, e Psychotic ne è perfettamente consapevole.

1) Intro
2) Stray Souls
3) In The Lost Kingdom
4) Apocalodia
5) Crying Moon
6) Surviving for a Despair Growl
7) Staring As a Wolf
8) Tristesse De La Nature
9) Fighting Against the Past
10) Frozen Area
11) Search & See the Tears of Stars