PSILOCYBE LARVAE
The Labyrinth of Penumbra
2012 - Buil2Kill Records
ENRICO PULZE
18/11/2012
Recensione
Quarto lavoro per i russi Psilocybe Larvae, questo The labyinth of Penumbra segue a distanza di 4 anni il precedente Non-Existence. Editi da Buil2kill/Nadir e incentrati sulla figura del cantante/chitarrista Vit Belobritsky (autore e compositore di tutti i brani) , il combo ci propone un disco estremamente interessante, intriso di spunti melodici e soluzioni di estrazioni progressive su una base death/thrash. Composto nell'arco di tre anni e registrato tra il 2010 e il 2011 The Labyrinth of Penumbra è un lavoro ricco di sfumature che necessita di ripetuti ascolti per poter essere apprezzato in pieno; l'artwork con le sue tonalità scure in cui una larva cyborg aleggia su di un labirinto costellato di anime al suo ingresso, rende bene l'idea delle atmosfere plumbee che ritroviamo all'ascolto. L'opener Soul Trekking ci mostra fin dalle prime battute quello che sarà il modus operandi della maggior parte del disco; una introduzione dall'arpeggio sinistro lascia spazio a riff di estrazione death/thrash, fino alla suadente melodia del ritornello, cantato con voce pulita. Molto interessante il cambio di tempo a 3/4 di canzone, che dona un nuovo volto ad una traccia che disegna bene le tematiche del passaggio delle anime trattate nel testo. A conclusione un "vorticoso" lavoro di batteria, che cede il passo all'arpeggio iniziale di Haunting . La traccia si muove inizialmente su un mid tempo atmosferico per poi evolversi in un riff chitarristico aggressivo e dalle tinte jazzate con cantato growl e sfociare in un ritornello arioso e molto azzeccato. Passaggi intricati e dal sapore prog, alternati a stacchi violenti e accelerazioni ci portano poi ad una lunga parte atmosferica che funge quasi da outro. Ottimo pezzo in cui le liriche parlano delle ossessioni che pervadono la mente umana. Altra intro atmosferico/melodica apre le danze di Shining Shambhala , per chi scrive il pezzo forte dell'album. La canzone gioca molto sulla melodia iniziale e ripresa nel chorus, dal forte sapore moonspelliano sia nell'approccio strumentale che in quello vocale, alternata a riff tutto sommato ariosi per le strofe. Il chorus è veramente di ottima fattura, immediato, melodico e oscuro (e forse anche un po' ruffiano in senso buono), e viene giustamente riproposto più volte all'interno del brano . I see the avatar / Vested in sun / My Shambhala / will always shine è così talmente semplice nella sua misticità da risultare quasi geniale. Un apprezzabile stacco acustico porta poi il brano ad un pregevole riff up tempo thrash oriented prima di concludersi tornando sul tema del chorus. Assolutamente emozionante. La seguente Trial by fire si presenta con una chitarra effettata facendoci intuire un approccio più modernista; questa osservazione diventa certezza nel prosieguo del brano, sia per l'uso più massiccio di sampler, sia per lo stile del riffing, incentrato per lo più su pennate a note singole. Lo stacco a metà canzone è quasi figlio di certo alternative USA e ad essere sincero anche l'accelerazione death sul finire non convince in pieno. Brano "coraggioso" e tutto sommato ascoltabile , ma che non colpisce in pieno l'obbiettivo, considerando anche il fatto che nel prosieguo dell'album la band ha dimostrato di sapersi muovere bene anche con questo tipo di sonorità. Per fortuna la band aggiusta subito il tiro con Into the labyrinth (bello il testo con la metafora labirinto = mente), intricata, ricca di cambi di tempo e con un basso in evidenza, specie nella parte iniziale quando insieme alla batteria ci regala un'ottima parte prog, a sostegna di un arpeggio di chitarra pulito e quasi sognante. La traccia prosegue poi su riff thrash oriented e inserti melodici vincenti nei chorus, sempre ben sorretti da tastiere sinistre. Il finale del brano riprende la parte iniziale deliziando nuovamente le mie orecchie con tempi dispari e accenti spostati. Contemplation è una traccia strumentale di due minuti circa per chitarra e tastiera e ame ha dato l'impressione che sia quasi un outro per i primi cinque brani, nel senso che da qui in avanti le strutture ritmiche diventano più semplici e le canzoni più inquadrabili. Fortress of time è il primo brano dell'album a partire up tempo, con un deciso giro di batteria e riffone thrash a ruota. Liricamente incentrata sull'eterno conflitto uomo / tempo, la canzone si muove bene tra riff veloci e nevermoriani e passaggi più melodici, senza eccessivi stacchi e, pur riprendendone le caratteristiche di stile, più diretta nelle parti di batteria rispetto ai primi brani. Brano gradevole e dal buon gusto, specie nel ritornello e nell'arrangiamento del riff portante. River of remembrance mi fa riallacciare a quanto ho espresso per Trial by fire. Rispunta infatti quell'approccio più modernista, ma in questo caso il risultato è decisamente migliore e convincente. Le parti più moderne infatti risultano meglio bilanciate e amalgamate con il resto della canzone, forse dovuto anche al fatto che le strutture ritmiche sono questa volta più efficaci e di impatto. La band dimostra di sapersi muovere bene anche in questo territorio, creando un buon brano, intelligente dal punto di vista delle strutture, sempre supportato da linee melodiche che amalgamano bene il contesto sonoro. La conclusiva No escape risulta essere stata composta nel 96 (sì proprio 1996 stando alle note del booklet) ed è dedicata alla memoria di Oleg, che se non ho capito male doveva essere il bassista originario della band. Si nota subito che il riffing della canzone, così come la struttura; seppur ri-arrangiato e "aggiustato" alle coordinate del disco risulta essere leggermente più acerbo. Non che questo significhi che il brano non sia valido, anzi, la song è gradevole, con un riffone spudoratamente thrash sulla strofa e una splendida parte melodica a metà canzone, intrisa di tristezza e malinconia. Per concludere, a chi scrive questo disco è piaciuto non poco, risultando un valido esempio di metal estremo evoluto, ben suonato e ben prodotto. Un disco che si apprezza sempre più con il passare degli ascolti, che fa emergere molteplici sfumature che a primo ascolto non si notano. Un disco per certi aspetti anche coraggioso, incentrato su atmosfere malinconiche ma non depressive, intelligente nelle variazioni e (ci tengo a dirlo!) un disco in cui le tastiere fanno quello che devono fare, supportando le canzoni senza voler primeggiare (limite di molti, troppi dischi in cui questo strumento è presente!). Puristi del genere e defender probabilmente storceranno il naso, io di fronte a questo The labyrinth of penumbra alzo il pollice.
1) Soul Trekking
2) Haunting
3) Shining Shambahla
4) Trial by Fire
5) Into the Labyrinth
6) Contemplation
7) Fortress of Time
8) River of Remembrance
9) No Escape