PRIME EVIL

Blood Curse Resurrection

2015 - Inferno Records

A CURA DI
PAOLO FERRANTE
11/07/2015
TEMPO DI LETTURA:
7,5

Introduzione recensione

Ecco che arriva un lavoro di debutto di una band, l'album è "Blood Curse Resurrection" pubblicato dalla Infernö Records nel 2015 e loro sono i Prime Evil da New York City (ci sono altri gruppi omonimi, quindi specificare è d'obbligo), artisti che già hanno avuto modo di esprimersi in gruppi di tutto rispetto: Billy Wassweiler alla batteria, Mike Usifer chitarrista e fondatore della band (ha suonato anche nel secondo e terzo album degli storici Demolition Hammer), Andy Eichhorn è il vocalist (con precedenti esperienze nel Thrash), infine Rob Broderick al basso (il quale è attualmente impegnato anche con gli Ikillya). In realtà i Prime Evil sono una realtà che risale nientemeno che al 1987, con la registrazione di alcuni demo reiterata fino ai primi anni '90, infine la band non si fa sentire più per dieci lunghi anni per poi riapparire nel 2012 con un EP, "Evilution", che è stato la premessa dell'album oggetto della presente recensione. Da notare che tutti loro provengono da un background incentrato sul Thrash Metal, mentre - lo posso anticipare immediatamente - i Prime Evil fanno Blackened Death/Thrash Metal; evidentemente c'era della cattiveria da sfogare e questo progetto è nato appositamente. L'obiettivo dichiarato della band è quello di realizzare brani che abbiano ognuno una propria distinta identità, le registrazioni sono iniziate nel 2014 negli Starr Ridge Studios di New York, masterizzato infine dallo stesso Mike Usifer; ciò suggerisce che ci sia una forte predominanza delle idee di questo nel songwriting. Passiamo ad esaminare la cover, che già ci sono delle considerazioni da fare: è un lavoro a dir poco amatoriale. Possiamo notare un demone al centro, sul quale verte l'attenzione, tutto attorno quello che dovrebbe essere un dungeon gotico pavimentato di teschi umani e con degli uomini impalati. La prospettiva è disastrosa: le scale sono viste dall'alto mentre la finestra principale - ricavata malamente da una vetrata gotica - si vede dal basso ed è incollata malamente; ci sono errori di sovrapposizione dei livelli qua e là, dimensioni improbabili di alcuni elementi, altri elementi che spuntano dal nulla in un marasma da principiante. A peggiorare la situazione il logo della band con l'alone di sottofondo sfumato bianco, che aggiunge l'ennesimo elemento amatoriale, oltre al titolo dell'album messo su una antiestetica striscia di fumo. I colori seguono la stessa linea fallimentare: eccessivamente saturi al centro, nell'immagine passano da temperature calde a temperature basse senza apparente motivo; il momento più basso è quando si scopre che si ripete lo stesso pattern di teschi - identico - proprio in primo piano in basso dove due mucchi di teschi sono stati clonati ed affiancati. Insomma una grafica disastrosa anche all'interno del booklet che, riciclando gli orrori della copertina ingrandendo dei particolari, propone anche foto dei singoli componenti durante i live, con tanto di rettangolo marcato, quindi la foto è stata semplicemente piazzata sopra: possiamo solo rabbrividire al pensiero di una grafica in cui c'è uno sfondo di teschi rossi, al centro un enorme rettangolo bianco col cantante durante un concerto in una foto sgranata che non ha ricevuto alcuna modifica. Oggettivamente il lavoro grafico è pessimo eppure rievoca il mondo underground dei primi anni '90 e dunque potrebbe avere un appeal per tutti colori i quali sono ancora affascinati da quello stile e rifuggono dalle grafiche patinate. Altro elemento da notare, questa volta riguardo alla musica, è la brevissima durata dell'album che ammonta a poco più di mezz'ora mentre ci si aspetterebbe qualcosa di più da un primo album che si è fatto attendere per così tanto tempo!

Blood Curse

Superate le premesse passiamo all'ascolto dell'album con l'opener "Blood Curse" (Maledizione di sangue), l'inizio del pezzo è monopolizzato da un riff a plettrata alternata al quale si sovrappone un altro che esegue la stessa parte furiosa ad una tonalità più alta, rendendo un buon muro sonoro, dei colpi di rullante e poi inizia un tritatutto in blast incessante, bestiale, esagerato: doppia cassa e rullante incessante, il basso ingrossa il suono ed appare anche la voce, a metà tra stile Thrash e Death in una voce sporca al limite del growl. Tutto quanto grida old school come non mai, i Prime Evil sono rimasti fedeli alle loro origini ed è come se il tempo non sia trascorso dai primi anni '90: lo stile è assimilabile ai lavori dei Malevolent Creation, per intenderci. Sonorità acute e graffianti, veloci e distorte, il lavoro della batteria è rimarchevole: oltre a massacrare le pelli con velocità e precisione si permette anche sfumature sui piatti e ghost notes. Questo brano è un assalto, il miglior modo per iniziare un album che si fa forte della cattiveria vecchio stile; c'è da dire che la produzione è all'altezza per due ordini di ragioni: risulta essere al passo coi tempi e non sfigura messa a confronto con gli album contemporanei, tuttavia conserva un sapore old school, nella scelta dei suoni perlomeno. Si passa ad un ritornello con la voce che si fa più pressante, in effetto coro e con andatura che può ricordare anche gruppi come Obituary. Nella seconda metà il pezzo assume connotazione ancora più Death Metal, prende molto ritmo (qua si fa sentire il passato groove di molti componenti) e tutti i musicisti sono a proprio agio nel lanciarsi in una parte strumentale e tecnica, con cambi di tempo e di stile che si avvicendano freneticamente per lanciare un assolo esplosivo fatto di vorticose scale melodiche (forse in sweep picking, sono molto veloci) in cui lo stile Death e quello Thrash si fondono. Riprende di colpo una versione variata della strofa, il suono massiccio del muro di chitarra sovrastato dalla voce che consiste in un growl sfiatato old school (vedi Obituary e Malevolent Creation); dura alcuni secondi e poi si chiude con un veloce passaggio strumentale in cui si fa sentire bene anche il basso. Un primo pezzo che presenta molto bene il lavoro. Il testo è semplice, basilare e d'effetto: non aspettiamoci complesse dissertazioni filosofiche perché ormai è chiaro l'intento genuino e sanguigno. Si parla di ondate di infezioni che si spargono per le città, generate al fine di usurpare il prescelto, dato che il trono non si può reclamare solamente con un simbolo. Quindi inizia una lenta morte e le empie radici affondano nel terreno succhiando tutta la vita e strozzando il figlio bastardo, inutile precisare che i Prime Evil si riferiscano a Gesù Cristo dato che avremo modo di vedere che i riferimenti blasfemi abbondano in questo lavoro. Vengono create generazioni malvagie ricevendo la maledizione del sangue, i demoni procreano indisturbati, facendo risorgere la creatura più oscura mai concepita, la quale si ciba dei deboli. Il Paradiso sta subendo una sconfitta, questi esseri dissacrano l'altare fino a ridurlo in polvere; eresia, creazioni infernali, un'infezione insidiosa che corrompe le anime ed instilla la malvagità. In Terra viene creato un Purgatorio di sofferenza in cui si rinnega la profezia (quella messianica) e si implora piangendo al loro signore (il demonio). Il trono non è reclamato solamente con un segno - nel senso di firma o sigillo - ma è ottenuto distruggendo la purezza. Un testo iniziale feroce che mette subito in chiaro le intenzioni dei Prime Evil.

Plague of Humanity

"Plague of Humanity" (Piaga dell'umanità) inizia con un riff dal sapore Thrash e molto distorto, sul quale una seconda chitarra esegue una parte melodica; la batteria crea un'atmosfera burrascosa pestando ovunque, specie sulla cassa, il basso incede massiccio e pesante. Entra in gioco la voce che assume diverse sfumature, quando più basse e pesanti, quando più alte e sfiatate, il livello è alto. A sorpresa il pezzo lascia da parte l'incedere massiccio e diventa una cavalcata Thrash, ricca di variazioni chitarristiche in cui parti melodiche fulminee si inseriscono in un riff cattivo e chiassoso. Poi un'ennesima variazione viene inaugurata da un basso che scandisce lunghi tempi lenti ed apre il sound, poco dopo il pezzo riprende velocità; in tutto questo la voce resta molto ritmica ed incisiva. Si torna alla strofa Thrash, la batteria è una devastazione di cassa e rullante, anche i piatti vengono pestati a dovere. A metà pezzo accade l'inaspettato: i Prime Evil macinano tempi lenti, cadenzati, trascinati in stile Groove Death. La voce non cambia molto lo stile, rimane coerente e questa può essere una scelta azzeccata, ma i musicisti passano abilmente da uno stile all'altro ad ogni cambio riff - frequente tra l'altro - reinventando il pezzo e facendolo proseguire con soluzioni inaspettate. Dopo delle stoppate cariche di groove, infatti, segue una parte in stile Black Metal che si alterna - con numerose variazioni - al riff precedente; in questo contesto vengono inseriti dei passaggi strumentali virtuosi e feroci. Infatti nella seconda metà il pezzo si rinnova con questa alternanza di Groove Thrash/Death Metal fatto di stoppate e pesantezza e Black/Death Metal fatto di plettrate alternate e velocità, con sound aperto. Il finale viene introdotto da una chitarra ritmica solitaria, che poi viene accompagnata da una melodia acuta di una chitarra distorta, sembra che stia per iniziare un altro assalto, il basso incede imperioso ed il tempo si fa lento anche se la batteria pesta ancora forte, la voce si esibisce in un coro finale prima che il pezzo si concluda di colpo. Un pezzo breve, sì, però stracolmo di materiale specie se si pensa che essendo in stile old school non è una cosa che capita spesso. Il testo riprende lo scenario apocalittico introdotto dal precedente brano: delle specie ripugnanti crescono in orde e minacciano il mondo, in rovine, con la propria oscenità. Sono profezie di morte e crescono in mezzo a noi, non si può più giustificarli o rimanere ad occhi chiusi di fronte a questa minaccia: le vittime vengono lasciate indietro, nessuna fondazione della fede può sopravvivere, l'eliminazione obbligatoria è l'unica soluzione. La morte è la porta all'eliminazione della piaga umana, il Signore (si riferisce al Demonio) distruggerà il pianeta dei parassiti umani, diffondendo malattie e prosciugando le risorse del pianeta. Poi c'è un riferimento ai "Failed guardians of the gifts bestowed" (Sconfitti i guardiani dei doni elargiti) che merita un approfondimento: il mito vuole che degli angeli ce ne fossero alcuni che sono rimasti infedeli a Dio, i quali vennero puniti e scagliati nelle profondità della Terra; mentre altri gli sono rimasti fedeli meritando dunque l'elargizione di doni da parte di Dio. Questi doni sono la grazia soprannaturale, tipica degli angeli, e l'eterna felicità che deriva dalla possibilità di pregare e contemplare l'amore divino, col compito di proteggere e preservare il bene. Questi angeli fedeli dunque vengono presi d'assalto ed indeboliti dalle schiere demoniache, in questo attacco al cuore stesso del bene. Un testo molto interessante che, con questi riferimenti, fa intendere che ci sia stato comunque un buono studio della tematica e non una banale ripetizione di luoghi comuni.

Soul Shattered

Il terzo brano, "Soul Shattered" (Con l'anima distrutta), che riprende le stesse tematiche - lasciando intendere che possa parlarsi di un concept album - trattando per l'appunto di queste anime distrutte, spiriti perduti nell'abisso, involucro rotto di una vita annientata che viene devastato e lacerato da questo posto. Il posto in questione è proprio l'inferno, dove sono raccolti coloro che hanno rifiutato i doni di Dio e quindi patiscono la sofferenza, si distruggono dall'interno; dove c'erano torri di pietra adesso c'è solo sabbia, idoli di protesta dimenticati da tempo ma che continuano ad alimentare una guerra delle ere finali. C'è solo disperazione ed anime distrutte, che non sono state capaci di superare la prova divina per ottenere la libertà, commettendo flebili tentativi di assumere il controllo ottenendo scarsi risultati, collassando nel caos e sofferenza infinita. In questo caso possiamo vedere come il testo presenta la divinità vendicativa ed implacabile descritta nel Vecchio Testamento, proponendo un'interpretazione della sorte che è toccata a tutti quegli angeli che si sono dimostrati infedeli verso Dio. Descrivendo queste anime distrutte che subiscono sofferenze lancinanti si offre anche una motivazione all'odio che ha caratterizzato questi demoni nei testi precedenti, è una specie di passo indietro per far capire le ragioni che hanno spinto i demoni alla ribellione. Una chitarra impazzita in un assolo devastante, degli scream che si sovrappongono incessantemente, una batteria che macina a velocità, basso imponente; il pezzo si presenta come una mazzata in faccia, un'aggressione assurda. Poi tornano le stoppate ed il groove, il basso si fa incisivo, la voce diventa uno scream alla Death, c'è una cattiveria inaudita. Il ritornello ha delle stoppate con dei breakdown di basso, poi la chitarra resta da sola in stile Thrash per poi avvalersi di una batteria che crea caos coi piatti e continua a pestare senza sosta. Poi un assolo melodico ed intricato nella velocità, di nuovo il ritornello che poi sfocia in una variazione. Si riprende con la parte iniziale, bestiale e cattiva come non mai, si fa confusione ma è tutto voluto; devastazione fatta di chitarra veloce e basso che scandisce lento. Questo pezzo scorre velocemente ma è una mazzata, la chitarra è assolutamente in primo piano ma anche la voce sorprende adottando uno stile che si differenzia abbastanza da quello che abbiamo già ascoltato con gli altri brani.

Cannibal God

Si passa a "Cannibal God" (Dio cannibale), che si presenta in stile Thrash/Death con delle stoppate cariche di groove, si alternano vocalità gravi ed acute, il pezzo è subito nel vivo e passa a sonorità in stile Black Metal con una plettrata aperta e veloce, subito dopo si rallenta ed ha luogo un tribale di batteria con dei fischi di chitarra cadenzati e sincopati. La voce, in tutto ciò, non accenna a calmarsi, un'aggressione continua con sapore Hardcore tipico dell'old school che non dimentica il proprio passato. A metà il pezzo diventa più chiassoso in un exploit di ferocia che poi prosegue con la strofa ritmata, ancora una volta l'ottimo lavoro della batteria al blast, la strofa prosegue con alcune variazioni ed intermezzi strumentali fino a trasformarsi nell'intro che poi si sviluppa come già ascoltato. L'aggressività rimane invariata, però in questo pezzo notiamo un primo calo di fantasia dato che si ripete la stessa struttura per due volte. Si apprezza la varietà chitarristica ed il fatto che le parti, benché si ripetano, cambiano scorrendo molto velocemente senza dare nemmeno il tempo di digerirle completamente. Un buon lavoro che però manca dell'ispirazione dei brani precedenti. C'è da dire che in questo pezzo predomina lo stile Thrash Metal ed il groove: sia nelle stoppate sia nelle parti fischiate che lasciano intendere anche influenze della seconda metà degli anni '90. Buono il lavoro vocale, con parti sovra incise e molta fantasia nelle melodie semplici e specialmente nel ritmo. Tutto il pezzo è una metafora in cui questo Dio Cannibale non sarebbe altro che il Dio dei cristiani: davanti al suo altare si inchinano i suoi schiavi, insulsi gusci di pelle senza valore, umili servi che urlano dalle profondità. Dopo un giudizio sono inviati alla dannazione eterna, non c'è pietà se non si viene giudicati degni dai suoi occhi, è un Dio che non va fatto arrabbiare. Si parla poi delle bugie medievali, con le quali siamo presi eternamente in giro, mentre la verità è che questo è un Signore Bastardo, un Dio Cannibale che è stato la rovina dell'uomo da secoli. Questo passaggio va letto in senso metaforico e molto probabilmente allude al fatto che un Dio che problema amore, allo stesso tempo, decide la dannazione eterna per le anime che ritiene indegne; condannandole ad indescrivibili sofferenze. Ciò si ricollega alla sorte degli angeli caduti di cui si trattava col precedente testo, la conclusione è che appunto questo sia un Dio sadico a cui piace proclamarsi amorevole e glorioso attraverso i canti degli alti prelati; ma di fatto infligge pene a larga parte dell'umanità tanto da esserne un vero e proprio oppressore. Una riflessione in pieno stile John Milton di Paradise Lost.

Horns of Rapture

Il brano seguente è "Horns of Rapture" (Corni del Rapimento), occorre immediatamente fare chiarezza sulle tematiche perché se per certi versi il titolo si potrebbe tradurre in italiano come "le trombe dell'Apocalisse" non sarebbe una traduzione fedele, questo perché la dottrina protestante ha delle vedute diverse da quella cattolica ed è necessario chiarire. Le vicende bibliche rimango pressappoco identiche eppure, in occasione della Seconda Venuta, il Messia "rapirà" alcuni uomini e donne meritevoli e li porterà con sé nel regno di Dio dove si uniranno alle anime dei precedenti defunti a godere dell'amore divino; mentre lascerà in Terra altri, che subiranno sette anni di tribolazione come penitenza per i loro peccati. Ma ci sono innumerevoli interpretazioni: per alcuni è una metafora della resurrezione dell'anima dopo la morte (tema proprio anche della dottrina cattolica), il fatto che il Messia lasci indietro una parte di popolazione pare essere derivato proprio dal pensiero puritano e quindi si è diffuso col protestantesimo anglo-americano dal 1800 in poi. Sta di fatto che ci sono anche altre teorie, come quella del Millenarismo, secondo cui dopo mille anni di dominio del Bene vi saranno altri mille anni di dominio del Male, Satana, trascorsi i quali avverrà l'Apocalisse (tra i culti che hanno questo credo ci sono anche i Testimoni di Geova). Il testo sembra adottare la soluzione protestante, infatti inizia con la rottura dei sette sigilli e l'attesa del ritorno del Messia. C'è il giudizio, l'ipocrisia, la disperazione, i predicatori della pace ammoniscono sul fatto che l'oscurità prevarrà in Terra, i demoni squarciano la carne delle anime battezzate strette in un dolore atroce, gli uomini vengono impalati (ecco il significato dei corpi impalati in copertina). Una lotta contro Dio, uno contro uno, in cui l'uno distrugge l'altro e tutto si devasta e tramonta; soldati demoniaci infliggono tribolazione per le strade straziando le carni dei peccatori. Com'era stato previsto negli antichi templi la stella della distruzione (Lucifero) sta arrivando a riscrivere tutto, quello che Dio ha creato Satana lo distruggerà. Si aprono i cancelli dell'inferno ed il vero male si riversa nel pianeta una volta per tutte, agli uomini non resta che inginocchiarsi e soccombere. Un testo molto avvincente e curato. L'inizio è un tribale in stile Thrash, parte melodica con fischi di chitarra, la voce non tarda ad arrivare, il basso è molto forte specie durante le parti melodiche, aleggia la disperazione nel sound. Ecco che arrivano le stoppate, in questo caso c'è un po' di confusione, anche se le parti sono ben fatte ed eseguite mancano di compattezza. Cattiveria e stile old school si fanno sentire, poi una parte con rullante pestato e ritmo di chitarra che si alterna da veloce a lento, la voce prosegue senza cambiamenti. Altre stoppate come prima in un climax che porta alla brutalità in stile Death Metal primordiale. I passaggi melodici stanno molto bene ad impreziosire le stoppate violente. Bel lavoro della batteria anche in questo caso: accompagna il caos con brevi blast o con parti ostinate, variegando la proposta coi piatti. Nella seconda parte il groove aumenta, tutto prende un ritmo più cadenzato: iniziando dal rullante e basso, passando da chitarra e voce, tutti diventano più incisivi e marcano ancora di più gli accenti ritmici; il risultato è un muro sonoro che costringe al headbanging. Assalto furioso che prosegue con la ripetizione di parti precedenti, poi un assolo che parte con un fischio per poi evolversi con passaggi distorti ed altri a prevalenza melodica, poi il ritornello fatto di accordi pesanti che si alternano a passaggi melodici in stile Thrash Metal tecnico, la parte finale rallenta con delle stoppate e conclude il pezzo.

Homicidal Assault

Proseguiamo con "Homicidal Assault" (Assalto omicida), stoppate Thrash che poi diventano marziali ed assassine, lo stile è indubbiamente americano, poi si passa a dei fischi di chitarre che impennano, la strofa sembra già un ritornello, viene cantata come se fosse un inno Hardcore. Poi una breve parte strumentale che dà inizio al bridge, un frenetico passaggio di accordi veloci con cantato sincopato, e poi il breve ritornello old school che pronuncia il titolo della canzone scandendo bene le parole. Il pezzo è così breve che siamo già alla metà e ci ritroviamo una parte lenta e carica di groove, plettrate gravi e scandite, una rincorsa alla voce che raccoglie potenza, una serie di finti finali fatti di stoppate ad arte, poi sfociano in un assolo assassino fischiante pieno di note veloci e chiassose. Il tutto si interrompe e riprende cavalcando nella strofa principale, è un muro sonoro in cui tutti gli strumenti agiscono e si bloccano all'unisono, una variazione porta a delle parti più veloci a tonalità più acute, la batteria è un massacro, si arriva al finale di fretta. Che dire? Un brano che dura poco più di due minuti e mezzo, si nota un calo di creatività e la commistione di generi che caratterizzava i pezzi iniziali viene meno in favore di un Thrash/Death Metal, old school, che del resto è l'elemento portante a livello stilistico, le intrusioni Black Metal erano un di più, gradito. Il testo è rabbioso, fatto di frasi apparentemente sconnesse tra loro, un caos interiore che marcisce, l'evocazione di anime oscure dal passato, la conseguenza del cammino che prendiamo, la cultura morta della depravazione corrotta dalla nascita e caduta in esso. Un'esplosione li butta a terra, pensieri violenti divengono realtà in un assalto omicida, un odio incontaminato difficile a vedersi ci investirà tutti quanti in un'ondata travolgente. Vittime dell'abbraccio della morte in un orrore che non se ne andrà mai. Un testo poco descrittivo, uno stream of thoughts fatto di sensazioni farneticanti, violenza e rabbia che ottenebra la mente e porta a questi pensieri sconnessi.

In Defiance

Segue "In Defiance" (In segno di sfida), molto particolare questo inizio perché oltre ad avere il groove notato precedentemente riprende le sonorità Black Metal: ci sono quindi delle plettrate alternate stoppate, una goduria malvagia per le orecchie. La voce alterna scream e growl in stile old school, la strofa varia e si fa più aperta con un rullante che martella incessantemente e prende velocità ad ogni riff; la parte progredisce inesorabile cambiando ad ogni giro, aumentando di tonalità sfocia in un coro e poi in un breakdown. Si continua con una parte pesante e poi si riprende la parte iniziale, c'è molto groove ed il pezzo è irresistibile, trascina e coinvolge perché è diretto, furioso e cattivo, senza scrupoli. Chitarra fantasiosa, sempre raddoppiata e fantasiosa, a metà pezzo salta fuori un riff solitario di chitarra che si lascia andare in un ritmo trascinante, poi viene raggiunta da una seconda chitarra, con fischi e melodie che arricchiscono i passaggi, poi basso e batteria a ruota, lenti passaggi di doppia cassa, poi blast di sottofondo mentre la voce inneggia. Un falso finale con accordo aperto ed assolo di batteria sui tom, preludio di un altro assalto che non tarda ad arrivare: ritornano le influenze Black Metal ed un blast ai pedali, c'è distruzione ovunque, poi groove cadenzato, che si trasforma in un tupa tupa per qualche attimo, poi un urlo prolungato e veloci melodie chitarristiche chiudono il pezzo. In questo testo le forze del caos sorgono da differenti mondi, ci sono numerosi segni di questa violenta opposizione che cresce. Si esorta ad allontanare gli sciacalli dell'inganno che cercheranno di prendere il potere avvicinandocisi nel santo nome di Dio. Una blasfemia profana mentre questa armata marcia verso la tomba con le corna innalzate in segno di sfida: disobbediscono ai comandamenti, questo non è il loro credo. Poi descrive di come i templi cristiani siano vuoti e di come questa armata blasfema si scaglia contro le mura della tirannia fatte di futili tentativi di salvezza sopraffatti da puzzo e decadimento. Poi si concentra l'attenzione sulla schiavitù, su quelli che ci condannano avvolgendosi in sacre menzogne, si ripete questa cosa delle corna alzate in segno di sfida. In questa fase i demoni si comportano come se fossero dei manifestanti violenti che si scagliano contro i simboli della tirannia, un approccio piuttosto originale visto il tema in questione! Anche questo testo si inserisce in un concept fatto di contrasto bene/male visto da un punto di vista alternativo, come suggeriva John Milton.

Mark of the Dead

Adesso la breve "Mark of the Dead" (Marchio dei morti), velocissimo al limite del Grind, accordi velocissimi in un Thrash/Death devastante, casino e velocità. Plettrate veloci, che riescono a dare gli accenti dove serve, una voce che prende velocità e rallenta all'occorrenza in parti quasi Deathcore, tempi sincopati si alternano a cariche esplosive. L'abilità della batteria sul doppio pedale, la voce che assale, poi un assolo di chitarra che alterna fischi a melodia, una brevissima pausa e l'assolo prende velocità. Si ripete nuovamente la parte iniziale, chitarra e basso vanno all'unisono in assalto. In questo pezzo il vecchio stile si fonde anche con le sonorità della fine degli anni '90 quando il Deathcore ha iniziato ad imporsi nei gusti musicali generali. Ancora velocità, si ripete la stessa struttura ed il pezzo volge alla fine con delle stoppate ed un growl prolungato. Se negli altri pezzi le numerose variazioni stilistiche e cambi di tempo facevano impazzire, questo pezzo si fa forte unicamente della velocità; non lascia un'ottima impressione e sicuramente non è al livello dei brani iniziali. La qualità cala con il proseguire dell'album e le idee si fanno poche; la ferocia e qualità tecnica però permangono. Il testo racconta di una veloce discesa in picchiata nel mondo sotterraneo, dominio del male, in cui anime emaciate fanno i loro ultimo passi prima di ricevere in dono il marchio dei morti. Un tormento incessante, un vagare sofferente, desiderosi di distruggere la terra che sta al di sopra. Si descrivono vallare di fuoco e decadenza, anime dannate che aspettano di bruciare, un dominio di disperazione. Ci troviamo di fronte ad un pezzo che musicalmente e liricamente è meno interessante degli altri, si pone un po' come "Homicidal Assault". Pezzo breve, dicevo, perché non raggiunge neanche i due minuti, una breve sfuriata insomma: parte furioso e finisce altrettanto furioso.

Blacken the Sun

Arriviamo a "Blacken the Sun" (Annerire il sole), stacco di batteria e poi riff Thrash assassino, la voce si fa sentire subito mentre la chitarra fa il macello, la batteria è un assolo continuo sui tom, entra in gioco il groove con delle stoppate ad effetto. Fino ad ora il pezzo è dannatamente Thrash Metal, non c'è altro, solamente i suoni molto cupi potrebbero suggerire le influenze Death Metal. Se il basso emerge poco è perché, per ragioni di compattezza, suona all'unisono con la chitarra, si ripete la stessa strofa, il tutto è pesante ed aggressivo; sorprende la velocità e precisione della chitarra che nella strofa alterna plettrate a motosega alternandole con veloci passaggi melodici piazzati a fine riff, quello che ne esce fuori è un senso di frenesia. La voce in questo caso è un growl molto sfiatato, si può parlare di un Groove Thrash Metal molto veloce e casinaro, l'approccio old school è dato specialmente da una vocalità grezza ed in your face. La sorpresa arriva nella seconda metà quando il pezzo offre un riff carico di breakdown che ricordano vagamente il Nu Metal, in questa parte la voce si fa quasi melodica, quello che ne esce fuori ricorda in qualche modo i Pantera: la chitarra fischia e ruggisce, una voce graffiata che tende al melodico ma rimane sempre sporca e sfiatata, una batteria che alterna pestaggi veloci su cassa e tom e pause, il basso segue la chitarra accentuando il ritmo. Questa parte si evolve diventando più estrema, tendente al Death Metal, mentre ci sono dei piccoli passaggi melodici distorti. Poi di nuovo un groove trascinante, stoppate ad effetto ed una voce pressante, pieno di fischi di chitarra, una violenza piena di stile che sfocia in uno scream prolungato mentre la batteria si dà da fare, poi arriva la fine. Con questo brano possiamo dire che si è risollevata la creatività. In questo caso il testo riprende delle tematiche tipicamente Black Metal, e lo fa in un pezzo che di Black, musicalmente, non ha niente. Terre desolate di serpenti e peccati, all'interno di un'indicibile oscurità, atti orrendi sotto gli occhi di tutti, le ombre arrivano mentre i protagonisti svolgono il proprio incarico. Sono le orde del caos, spinte dalla notte, che impazzano per il mondo; nessuna redenzione, questi esseri evitano la luce, hanno giurato di peccare ed il sole è annerito. Un testo che è la continuazione di "In Defiance" per molti versi: c'è lo stesso spirito di ribellione combattiva nell'aria, lo stesso atteggiamento di sfida. L'alleanza dell'oscurità, gli spiriti dell'oltretomba, che cancellano tutta la verità, la speranza e la visione degli antichi; questi esser non si pentono dei loro peccati e vanno volontariamente nelle fiamme infernali a patire le sofferenze: sono orde di pazzi furiosi oltre ogni redenzione. Non si spiega bene quali azioni questa orda commetterà, però siamo nel bel mezzo del Rapimento, ed il sole si oscura, in Terra dunque si riverseranno le orde infernali che daranno non poche preoccupazioni a quegli uomini che sono stati lasciati indietro dal Messia perché non meritevoli.

Strangulated Decapitation

L'ultimo pezzo è "Strangulated Decapitation" (Decapitazione strozzata), un inizio all'insegna del Black Metal con un blast sul rullante e riff in plettrata alternata, poi il tutto diventa Thrash con una chitarra solitaria, dopo delle stoppate e si passa al Thrash/Death, non contenti cambiano ancora stile nel giro di dieci secondo e se ne escono con un riff Death/Black che la voce accompagna con un growl prolungato. Creatività ad alti livelli, ci siamo di nuovo. La strofa è molto ritmata e prosegue bene grazie agli accenti di batteria e basso, poi cambia e diventa aperta con una parte che tende al Black Metal: questa era la creatività che abbiamo ascoltato ed apprezzato nei primi pezzi. Violenza in abbondanza, la batteria impazzisce sui tom facendo il macello, stoppate di chitarra che si alternano a virtuosismi Thrash assassini, un basso potente, la voce è martellante e segue il ritmo: un buon lavoro vocale mette parti ritmate in growl assieme a veloci cori in scream, come un botta e risposta nel ritornello. Siamo ad alti livelli in questo momento: brutalità trascinante. Parte strumentale in stile Black Metal melodico e veloce, poi riprende la strofa iniziale con rinnovata carica violenta, variazione Black Metal inclusa, si passa per il bridge e si arriva al ritornello - insomma si ripropone la stessa struttura che abbiamo già descritto - e la cosa molto piacevole è che i riff non sono proposti in modo schematico ma scorrono in modo inaspettato e specialmente veloce, passando da una parte all'altra (e quindi anche da uno stile all'altro) nel giro di pochi attimi. Pezzo azzeccato, un assolo di batteria su tom e cassa, una chitarra solitaria in Thrash melodico, a sorpresa interviene anche la voce e piano piano il pezzo cambia stile diventando più simile alla strofa iniziale, prosegue per alcuni secondo e poi la chitarra finisce con un accordo libero mentre il growl sfuma assieme ad essa. Si parla di una rabbia pagana, fame desiderio e rabbia, il dominio della legge della sopravvivenza mentre delle bestie disperate emergono, ne esce fuori un conflitto. Queste bestie sono a caccia di uomini, strappano la gola e spaccano la spina dorsale, le vittime sono paralizzate e si nascondono giorno e notte, vengono decapitate per strozzamento. I teschi volano in aria mentre queste bestie fanno il proprio lavoro, la violenza del tradimento perché le attuali prede erano i precedenti alleati, esplode la violenza e si cerca unicamente di sopravvivere con qualsiasi mezzo ed a qualsiasi costo, solo istinto e brutalità.

Conclusioni

Prime Evil presentano il primo album dopo decenni di attività, interrotti da una lunga pausa nella quale ogni artista ha comunque dedicato la propria attenzione ad altri progetti, continuando ad accrescere le capacità personali; capacità che sono confluite in "Blood Curse Resurrection" che presenta una commistione di stili in cui al Thrash Metal - prevalente - si aggiungono molto spesso componenti GrooveDeath e Black (in ordine di importanza). L'intero lavoro è permeato da un approccio old school, che però non toglie il fatto che la produzione è moderna: è solo lo stile musicale ad essere fedele ai canoni tradizionali, ciononostante va precisato che questi pezzi oltre ad essere originali sono anche molto fantasiosi nel reinterpretare i vecchi stili e coniugarli con qualcosa di più recente. L'intero album è un assalto diretto, un bel peccato che duri poco più di mezz'ora, la copertina (come già detto in premessa) è pessima, realizzata malissimo, rovina un bel lavoro che ha molta qualità musicale. Dei testi sorprende che le tematiche demoniache non vengano trattate nel solito modo: ci sono degli ampi riferimenti agli angeli caduti, si affronta la questione da un punto di vista che abbiamo trovato simile a quello di John Milton nel suo Paradise Lost, ancora abbiamo notato dei larghi riferimenti al Rapimento della tradizione protestante, poi i demoni sono diventati una specie di folla di manifestanti che mostrano le corna in segno di sfida, infine la tribolazione con brutalità e violenze gratuite perpetrate da esseri oltre ogni possibilità di redenzione. La valutazione tiene conto del fatto che un album, specie dopo che si fa aspettare per così tanto tempo ed esce fuori da artisti di esperienza pluridecennale, non può essere così breve ed avere una veste grafica a dir poco amatoriale; a penalizzare il lavoro nella valutazione dunque c'è quello che la band non ha fatto, perché quello che ha fatto è ottimo. Degno di particolare menzione il lavoro di chitarra e batteria, mostri di tecnica e creatività, il cantante si è mostrato piuttosto versatile mentre il bassista ha sacrificato la creatività al fine di dare compattezza al tutto. In definitiva questo album può essere molto interessante per chi ama le sonorità estreme di Malevolent Creation, Obituary ed apprezza trovare influenze estreme impiantate in una perenne base Thrash Metal votata alla violenza. Velocità e groove, gli ingredienti principali dell'album. Un lavoro che, finalmente, cristallizza il lavoro di una band che si è formata molti anni fa.

1) Blood Curse
2) Plague of Humanity
3) Soul Shattered
4) Cannibal God
5) Horns of Rapture
6) Homicidal Assault
7) In Defiance
8) Mark of the Dead
9) Blacken the Sun
10) Strangulated Decapitation