POSSESSED

Revelations of Oblivion

2019 - Nuclear Blast

A CURA DI
MICHELE MET ALLUIGI
17/08/2019
TEMPO DI LETTURA:
8,5

Introduzione Recensione

Ce lo avevano promesso e sono stati di parola; i grandissimi Possesed, a ben trentatrè anni dal loro ultimo full lenght ufficiale (quel "Beyond The Gates" che seppur più ragionato e meditato non ottenne i risultati del suo illustre predecessore), sono finalmente tornati in pista con un nuovo album a tutti gli effetti. Chi segue la band capitanata da Jeff Becerra sa bene quante peripezie abbia affrontato questo pilastro del metal estremo: cambi di line up, battute d'arresto e scioglimenti con conseguenti reunion non sono mai mancati nella storia della formazione, senza contare la tragica sparatoria in cui proprio il frontman rimase coinvolto per caso e che lo costringe a continuare la propria esistenza su una sedia a rotelle, ma nonostante ciò i Possessed hanno sempre rialzato la testa e sono tornati a ruggire sempre più agguerriti (come dimenticare infatti la loro epica apparizione del 2007 al Wacken Open Air, con Becerra che con quella sedia a rotelle calca ogni centimetro del palco con la più entusiastica noncuranza di quanto accadutogli). Dopo una serie ben nutrita di demo, raccolte e split, finalmente eccolo, il nuovo "Revelations Of Oblivion", un disco che solo con la sua pubblicazione ci lascia ben sperare in un futuro più roseo per uno dei gruppi cardine della scena estrema mondiale. Come accennato però, il successo del quintetto americano ha rappresentato un fatto un po' anomalo nel filone metal degli anni Ottanta: mentre dal resto della Bay Area californiana venivano alla ribalta nomi come Metallica, Megadeth e Slayer (che insieme ai Possessed sono considerati l'anno zero del metal estremo), gli autori di "Revelations Of Oblivion" sono sempre rimasti un po' "in sordina" rispetto ai colleghi ai quali è spettata una maggiore fama. Nati nel 1983 dall'incontro tra il chitarrista Mike Torrao e dal batterista Mike Sus, il primo nucleo viene competato dal bassista e cantante Barry Fisk, ma questa formazione ha vita breve, poiché quest'ultimo si toglie la vita di fronte alla sua ragazza dopo la rottura della loro relazione, un tragico inizio che presagiva una carriera non facile per la band. Con l'arrivo di Jeff Becerra, all'epoca nei Blizzard e del secondo chitarrista Brian Montana, i Possessed ripartono nuovamente, facendosi conoscere come gruppo spalla di un altro gruppetto californiano che di lì a poco avrebbe sfondato: gli Exodus. Ma sarà con l'uscita del primo demo "Death Metal", che la band inciderà la prima lettera del proprio nome nel marmo della storia dell'Hard n'Heavy. "Death Metal" infatti non è solo una canzone, peraltro ripresa anche nel colossale "Seven Churches", ma rappresenta in qualche modo il regolamento non scritto di tutto ciò che dovrà essere crudo, diretto e brutale musicalmente parlando, una sorta di sussidiario per gruppi successivi come Cannibal Corpse, Deicide, Obituary e Death, giusto per citare tra i più noti. Un "uberbrano" verrebbe quindi da definirlo, anche se va sottolineato come i Possessed non si siano mai attribuiti il merito dell'influenza che quella loro lirica e quel loro testo abbiano avuto sulla musica futura, semplicemente loro hanno scritto qualcosa che sentivano proprio, il "metal della morte", per usare una definizione un po' estemporanea, e mai avrebbero potuto immaginare quanto peso quella loro canzone avrebbe avuto in seguito. Ma torniamo sui nostri passi: Con "Seven Churches" i Possessed quindi dettano le leggi di quella musica che dalla furia thrash metal si spingerà ancora oltre sfociando in quello che, non a caso, assumera proprio il nominativo di "Death Metal": gli elementi compositivi ci sono tutti, velocità ritmiche ossessive e claustrofobiche, chitarre al vetriolo ed un cantato talmente sporco da modellare quello che noi oggi chiamiamo "growl"; ma non si può vivere di sola gloria ed ecco che i Possessed, consci del diamante grezzo che hanno regalato al mondo, pubblicano l'anno seguente "Beyond The Gates", un lavoro per cui, come accennato sopra, i cinque americani puntarono più in alto, con un songwriting sì maligno e di impatto ma più ragionato a livello compositivo e con una produzione migliore (curata nientemeno che da Joe Satriani), ma non c'è storia, a conti fatti il debut resta il preferito dei fan e l'album dell'86, commercialmente parlando, è un flop. Da lì prende poi inizio la serie di interminabili battute d'arresto che costringe la band ad esprimersi solo con dei saltuari singoli, unico risultato raggiungibile nelle parentesi di stabilità di breve durata che si susseguono. Fialmente però il 2019 sembra essere l'anno buono e dopo le ottimissime anticipazioni con i singoli "No More Room In Hell" e l'EP "Shadowcult", i Possessed sembrano nuovamente aver trovato la loro dimensione, tornando nuovamente in pista con un disco da dodici tracce ed una copertina che si riallaccia alle grafiche old school del passato, ma che come una ventata di zolfo ci avvolge impregnadoci le narici, i polmoni e l'udito con una nuova colata di death metal che arriva dritto dall'abisso.

Chant Of Oblivion

L'album si apre con "Chant Of Oblivion" ("Canto Dell'Oblio"), una solenne introduzione strumentale di poco meno di due minuti perfetta per introdurci agli oscuri cancelli della corte dei Possessed. Pochi istanti di silenzio, la notte cala su di noi, ed in lontananza sentiamo rintoccare delle campane a morto che si fanno a mano a mano più vicine. Da lontano, sotto una fitta pioggia gelata che ha iniziato a cadere, vediamo farcisi in contro un corteo funebre in processione, che porta con luttuoso rispetto la bara di un loro fratello passato a miglior vita. L'atmosfera è a dir poco plumbea, il corteo si fa sempre più vicino a noi ed intanto ecco iniziare un intermezzo sinfonico dalle forti tinte wagneriane: gli oboe rendono il tutto più cupo con le loro stoccate fulminee sulle basse tonalità e a farvi da contralto ecco prontamente gli archi comparire pungenti come le gocce della pioggia che ormai ci ha inzuppati. I partecipanti alla cerimonia sono tutti incappuciati e si fermano davanti a noi, chiediamo loro chi siano e di chi sia il funerale ma non otteniamo risposta, il silenzio si fa quasi imbarazzante, ma ecco che i portatori del feretro poggiano la bara aperta ai nostri piedi e vediamo che li dentro, in abito nero e a braccia giunte, ci siamo proprio noi. Il panico ci assale e nello scorrere del brano si sentono comparire anche delle urla umane, le stesse che escono dalla nostra bocca una volta che siamo colti dal terrore. Il crescendo è sempre più forte, la suspence ed il senso di oppressione aumentano e noi siamo lì, in preda allo sgomento che cerchiamo di fermare quegli oscuri messaggeri di morte ma nulla, le nostre mani passano attraverso le loro toghe, ormai non siamo altro che fantasmi, la nostra anima si è dissolta senza che nemmeno potessimo accorgercene e le nostre urla, lanciate da una voce ormai disperata, non sono altro che un canto disperso tra i ponti dell'oblio.

No More Room In Hell

Si parte subito a fuoco con la brutale "No More Room In Hell" ("Finito lo Spazio All'Inferno), che viene introdotta da una serie di stacchi di batteria accentati perfetti per sostenere un riffing di chitarra tagliente come un rasoio arrugginito. Se vi fosse per caso venuto il dubbio che dopo tutto questo tempo i Possessed abbiano pensato di cambiare sonorità tranquilli, siete in pieno errore. Fin dai primi istanti emerge in maniera lampante tutto ciò che un fan della band pretende da Jeff Becerra e compagni: velocità, brutalità e violenza sonora di primissima qualità. Il tempo di batteria è inarrestabile, un quattro quarti a doppia cassa spinata dove ogni colpo è fedelmente seguito dallo shredding della sei corde e dalle plettrate del basso, un muro sonoro compatto ed invalicaile che dal vivo darà senz'altro adito ad un circle pit devastante, un vortice di spallate ideale per mischiarsi le ossa ed esorcizzare da sé tutta la voglia della sana "ultraviolenza" accumulata durante una dura settimna di lavoro. Particolare dinamismo al brano è fornito ai cambi netti e serratissimi di tonalità, i quali, specialmente sulla strofa, creano un perfetto "saliscendi" che ci percuote i visceri mentre la voce roca ed arcigna di Becerra ci condanna a soffrire per l'eternità. Mentre la parte procede lineare, il pre ritornello si gira su un perfetto raddoppio della batteria, la cassa infatti passa dai sedicesimi ai trendaduesimi ed il rulante dai quarti agli ottavi, stringendo ancora di più la morsa intorno alla nostra gola verso l'ipossia, ma ancor più pregevoli sono gli ottimi incisi chitarristici tra una parte cantata e l'altra. La traccia quindi non fa prigionieri e nemmeno giunta alla propria metà strutturale sembra volerci risparmiare: poco prima dell'assolo infatti le chitarre si distendono su una serie di accordi potenti e vibranti, un brevisssimo attimo di respiro scandito dalla batteria, ma con la successiva ripartenza si torna alti di giri ed i due axemen attualmente in forza alla band, Daniel Gonzales e Claudeous Cramer, si lanciano in una singolar tenzone a colpi di scale cromatiche e pentatoniche, sostenuti sempre da una batteria mitragliante e da un basso monolitico, un treno inarrestabile che a tutta velocità giunge alla sua fulminea chiusura, siglata con un fade out su cui la voe di Becerra sfuma come quella di un demone riassorbito dai miasmi infernali. Anche per quanto riguarda le tematiche dei loro testi state tranquilli, i Possessed sono sempre cantori di quell'immaginario blasfemo e truculento che li ha resi i profeti del metal estremo: "No More Room In Hell", ovvero "Non ci sono più stanze libere all'Inferno", come se gli inferi fossero un grande albergo che a causa del sovraffollamento, dovuto alla sempre maggiore malvagità che infesta gli uomini, sia costretto a rifiutare l'alloggio a tutti i nuovi trapassati e che questi, con le loro carcasse, siano costretti a vagare ancora sulla terra in attesa che vengano creati dei nuovi spazi per poterli accogliere. Ma come possono occupare il tempo ed ingannare l'attesa questi zombie rimandati a giudizio? Ovviamente uccidendo gli umani che gli capitino a tiro, creando così uno scenario di violenza che lascia ben intendere che il padre eterno se ne lavi le mani ed il mondo terreno non diventi quindi altro che una succursale dell'Inferno. Ovunque vi sono sangue, budella sparse e malvagità, il sole ormai è oscurato dalla coltre di cenere levatasi dagli abissi e queste immonde creature si trascinano con i loro lamenti agghiaccianti di casa in casa in cerca di carne umana. Le chiese ormai sono ridotte ad un cumulo di macerie e l'Inferno stesso ormai è reale. Becerra ora si presenta in qualità di profeta che ci spiega la condanna a cui è destinato il genere umano: quando il fuoco della brama e della lussuria non si è mai spento ed il verme della tentazione continua a serpeggiare fra gli uomini ecco che ogni nuovo trapassato non è più destinato all'alto dei cieli ma agli Inferi poiché corrotto dal male e dinanzi ai cancelli dell'Ade ormai la folla in attesa è oceanica; in questa coltre di fuoco e fiamme ormai non si scorge altro che un'unica via, quella ci coduce verso il basso, ma che dopo un lungo calvario ci rigetta indietro, in attesa che anche per noi si liberi una camera all'Inferno.

Dominion

Senza troppi indugi proseguiamo con "Dominion" ("Dominio") che, come potevamo benissimo intendere, ci prende ancora una volta per la gola e ci scuote fino a farci perdere i sensi, come del resto la stragrande maggioranza dei brani dei Possessed. L'incipit infatti è un vero e proprio tritacarne, il rullante viene letteralmente mitragliato dalle bacchette di Emilio Marquez mentre le chitarre ed il basso come una gatling ci dilaniano l'addome a colpi di shredding. Concluso questo primo "colpo di avvertimento", il gruppo inizia a spingere sull'acceleratore ed il brano inizia a mietere teste con uno start da cardiopalma; siamo infatti al cospetto di un brano thrash metal in tutto e per tutto, con Jeff Becerra che nuovamente torna in auge più indemoniato che mai. A caratterizzare questo nuovo lavoro della band è senza dubbio l'evoluzione stilistica e tecnica compiuta dagli americani, vuoi anche grazie al reclutamento di carne fresca al fianco dell'inarrestabile frontman: si avverte immediatamente come i riff siano sempre tagliagole come un tempo, ma che al tempo stesso le mani che li suonano sono decisamente più esperte e precise, più pulite nell'esecuzione, supportate inoltre da una post produzione che ne esalta ogni singola frequenza. Il filone in cui siamo imbrigliati quindi è sempre quello della vecchia scuola, ma che torna all'assalto oggi, nel 2019, con una resa decisamente più moderna. Anche la voce di Becerra è più nitida e cristallina, pur essendo sporca, segno che il vocalist ha usufruito di un nuovo approccio per la lavorazione di quello che è a tutti gli effetti il suo strumento. Per quanto riguarda la struttura, "Dominion" può considerarsi bipartita, ed anche questo è un aspetto completamente nuovo nello stile dei Possessed: la prima metà è un vero e proprio assalto all'arma bianca, con la batteria che non molla per un secondo il tempo lineare, la seconda invece, che si rivela una scelta azzeccatissima, consta di un tempo dimezzato, dove le chitarre eseguono un passaggio in palm muting ciclico, che ripetendosi sempre ben scandito dai fusti della batteria danno un senso di rotazione a spirale, ideale per far roteare la nostra testa su questa esaltante piece, è qui che il buon Jeff Becerra scende verso i registri gutturali per rimarcare quello che può essere considerato a tutti gli effetti, il dominatore dell'Inferno. Il "dominio" di cui si parla infatti, rigorosamente in prima persona, è proprio quello che il vocalist esercita sulla terra in qualità di leader delle forze dell'oscurità; egli ci invita in apertura a rivolgere tranquillamente le nostre preghiere a quel dio che si trova nell'alto dei cieli, ma stiamo ben certi che tanto i nostri peccati sprofonderanno nelle profondità dell'abisso, tutti i regni cadranno flagellati dal male, che ci infesterà sotto la veste dei doni che accumuliamo con la nostra bramosia. Con l'arrivo del pre ritornello ecco prepararsi l'altare per un oscuro sacrificio, cala la notte ed una nube d fuoco si scaglia tutta intorno a noi, i demoni attendono che il nostro sangue coli sull'altare, illuminato solo dal chiaro di luna. Non possiamo sottrarci in nessun modo, poiché Becerra è li davanti a noi come un messiah, che inesorabilmente ci rigurgita infaiti il ritornello: "Io ho il dominio sulla vita e sulla morte, sull'inferno stesso e sulle immense fiamme che popolano gli Inferi". Il brano va chiudersi con una ripresa della stoccata iniziale, il rituale è giunto al culmine e su un'ultima avvincete carica i Possessed ci travolgono ancora una volta, prima di lasciarci esanimi sul pentacolo tracciato a terra con il nostro sangue.

Damned

Dalle tinte più doom è la seguente "Damned" ("Dannato"), il cui incipit si distende su una serie a dir poco funerea di accordi tenuti scanditi dagli accenti di batteria; possiamo tranquillamente riportare la mente alle sonorità svedesi dei primissimi anni Novanta, una di quelle aperture che letteralmente ci fanno sentire l'odore di bara scoperchiata, "I Possessed mollano il tiro?!" assolutamente no, poiché dopo questo preludio i cinque partono di nuovo a spron battuto con una nuova raffica di Thrash Metal puro e genuino come solo dei maestri del genere come loro sanno fare. L'alternarsi di parti velocissime a parti con tempi dimezzati crea un perfetto dinamismo, che rende ogni brano avvincente e trascinante secondo dopo secondo; naturalmente è la prima componente a predominare, ma possiamo star tranquilli che anche in quei momenti dove i bpm scendono il brano non perde assolutamente di potenza. La strofa infatti si basa principalmente su uno shredding serrato di chitarre e basso e sul quattro quarti di batteria ma a spezzare questa apparente monotonia sono anche gli incisi creati dai passaggi di Marquez sui fusti, che per l'occasione sono effettati sullo stile della batteria di "Seven Churches" (ascolterete queste stoccate con una lacrimuccia nostalgica pensando all'intro di "Death Metal"). Se la traccia precedente era costituita da due monoblocchi, "Damned" ne possiede addirittura tre, dopo lo start in stile old school, elemento compositivo principale che viene naturalmente conservato e ripreso sul finale del pezzo, ecco la parte centrale suddividersi su un mid tempo che vede la batteria addirittura mollare i trentaduesimi per passare ai quarti e subito dopo un avvincente crescendo in ottavi; si crea così un cambio davvero ben riuscito, martellante al punto giusto per farci accelerare via via con l'headbanging prima della gettata finale di Nos, con cui i Possessed si avviano alla chiusura. Una ulteriore serie di stacchi ed una nuova parte in mid tempo da headdbanging serrato, ed è da questi elementi che si vede il talento dei cinque: con queste alternanze tecniche, il gruppo costruisce un mosaico di violenza variegatissimo che però non annoia mai, anzi, ci rende sempre più desti e curiosi di scoprire cosa possa sopraggiungere dopo. Da profeta di un oscuro rituale ora il frontman passa dall'altra parte della barricata rivestendo il ruolo del dannato preda di una possessione: nella sua anima c'è un buco, dal quale si espande un alone di tenebra che gli ricopre il cuore, sta letteralmente perdendo la sanità mentale mentre uno strano dolore gli apre in due il cervello come un rompighiaccio. Si sente intriso di una sconosciuta furia omicida ed è fuori controllo, la sola consapevolezza è che di li in avanti la sua esistenza si baserà sulle uccisioni incontrollate. L'odio per il mondo degli umani è ormai saturo ed eccitato attende l'orda del male che possa definitivamente ripulire il pianeta da questa massa di ipocriti. Un vuoto di memoria, un momento di buio, ed ecco che appena si riaccende la luce i suoi occhi gli fanno vedere una lama che furiosamente si conficca nella carne di un addome e mentre affonda sempre di più la lama sente il bruciore del peccato avvolgerlo come una seconda pelle, rendendolo quasi il serpente tentatore delle sacre scritture. Il mondo così come lui lo aveva conosciuto ormai sta per svanire ed ogni suo respiro trasuda morte incontrollabilmente, ormai è condannato ad obbedire a questa furia omicida, come una sorta di virus che dovrà purificare la terra dai deboli. Per cosa viviamo e soffriamo, se non per espiare i nostri tormenti? La visione si fa sempre più nera in chiusura di canzone: non ci sono più speranze né di trovare conforto nel passato nè di trovare salvezza nel futuro, nulla dura per sempre, se non l'eterna sofferenza a cui siamo condannati.


Demon

Andiamo avanti con "Demon" ("Demone") un'altra traccia che non lascia spazio ad inconvenevoli: l'incipit è ancora serratissimo ed affilato come un rasoio, con le sei corde che nuovamente ci triturano i timpani senza pietà, servendo sul piatto una base ottimale per una partenza in quarta della batteria. Ancora una volta tachimetro altissimo, ma questa volta i nostri, dopo una prima strofa a dir poco brutale che mette subito in chiaro le cose si soffermano su un avvincente tempo dimezzato dal retro gusto doom metal, come se i Candlemass fossero improvvisamente comparsi sulla scena per lasciare un pizzico della loro attitudine funerea, ma attenzione, ci troviamo di fronte ad un ottimo espediente compositivo, con cui i cinque americani creano un crescendo a dir poco asfissiante che ci stritola tornando nuovamente a martellare con il tanto beneamato tupa tupa. Fino ad ora, "Demon" è la canzone strutturalmente più articolata del lavoro, anche se non escludiamo, nel nostro cammino all'interno di "Revelations Of Oblivion" di trovare altre interessanti sorprese. Mentre le tracce precedenti indugiavano particolarmente sulla struttura lineare con all'interno qualche variante sul tema, questa quinta traccia offre al nostro ascolto degli spunti particolarmente interessanti. Dopo una partenza che come accennato non lascia alcuna via di scampo, i Possessed ci concedono un attimo di respiro con un break dal riffing sempre serratissimo, con la chitarra nel ruolo di conduttrice indiscussa e poi via via, sempre con una serie di passaggi azzeccatissimi e ben concatenati tra loro, ci conducono ad un finale altrettanto incendiario, una vera e propria molotov lanciata sulle nostre teste. Per gli amanti delle sei corde inoltre non si può non menzionare l'accanitissimo duello solista tra le due attuali asce della band: Daniel Gonzales (ormai anche un braccio destro di Becerra per quanto concerne il songwriting) e Claudeous Creamer: dopo l'avvincente parte centrale in mid tempo ed un efficacissimo inciso di basso in solitaria ecco che i due axeman si lanciano in un vero e proprio assalto all'arma bianca, dove pur essendo la velocità l'ingrediente principale si riesce comunque a distinguere in maniera netta lo stile dei due musicisti, il primo punta maggiormente sulla velocità delle diteggiature, utilizzando quindi la mano sinistra in perfetta sincronia con le pennate della destra, il secondo invece utilizza molto di più espedienti come il tapping ed il pull off, che liquefano maggiormente il sound. Jeff Becerra torna di nuovo a rivestire i panni profetici del prelato maledetto che ci invita a pregare il demone che è in noi, in quanto creatura decisamente più pura e meno ipocrità delle sacre figure che siamo costretti a venerare. Nell'oscurità della nostra anima infatti ecco palesarsi questo oscuro arcangelo in grado di rivelarci la nostra vera essenza, non un servo della santa luce, bensì una creatura che per sua natura è principalmente votata al male ed al peccato, non lasciamo quindi che i contrasti morali prendano il sopravvento, non indugiamo su inutili controversie ma semplicemente abbandoniamoci a ciò che è la nostra vera essenza, salutiamo solennemente la nostra parte più malvagia che attraverso una purificazione di fuoco e fiamme ci condurrà alla vera saggezza. Riprendendo trasversalmente la figura del demone socratico, Becerra ci invita quindi ad accogliere il demone che è in noi lasciando fuori tutto il resto, ogni altro aspetto della nostra personalità deve lasciare spazio a ciò che siamo veramente: delle figure fragili, corrotte dal peccato e per nostra natura propense al male, tendenti quindi alla malvagità coe forma primigenia dell'essere.

Abandoned

Leggendo superficialmente il titolo, la successiva "Abandoned" ("Abandonato") lascerebbe supporre ad una traccia malinconica, quasi gothic, una di quelle che potrebbero aver scritto gruppi come i Sentenced ad esempio, ma poi rileggiamo il titolo del disco in questione e vediamo che sono i Possessed. Bando ad ogni tristezza dunque e prepariamoci ad un nuovo tuffo in un mare di zolfo e fiamme. Lo start è qualcosa di letteralmente abrasivo, una mitragliata di rullante che ricalca un velocissimo shredding di chitarra, sull'onda di "Make Them Suffer" dei Cannibal Corpse (capite bene dunque perchè non ci si poteva aspettare una canzone dalle tinte romantiche) e poi via a spianare edifici con un tupa tupa che macina tutto ciò che si pari sul suo cammino. La struttura ora è decisamente più lineare ma ancora una volta gli americani puntano tutto sul dinamismo compositivo, giocando sull'alternanza tra mid tempo e parti serrate; del resto, dovranno dare qualche secondo di riposo alle nostre teste, che stanno roteando forsennatamente da oltre cinque canzoni. Nel complesso questa sesta tappa della tracklist, pur essendo più in your face delle precedenti si rivela una delle più efficaci a livello di impatto; anche la parte centrale, perfettamente calibrata su un mid tempo marziale e martellante si rivela ottimale in sede live per un coro a squarciagola, dove tutti i presenti, da quelli con le ossa spalmate sulle transenne fino ai più pigri rimasti indietro a prendere d'assalto i chioschi dei beveraggi, si uniranno a Becerra per il coro intonante il ritornello di questo pezzo. La menzione d'onore comunque, oltre che ai due axemen va alla sezione ritmica: il basso di Robert Cardenas sostiene questo articolato riffing con una precisione propria di un cecchino e dietro le pelli Emilio Marquez è un chirurgo senza precedenti: preciso, potente, soprattutto nel quattro quarti, ma al limite del robotico nei cambi ritmici, specialmente con la cassa, elemento del set che risulta una mazza chiodata nei passaggi singoli ed un mg 42 indiavolata nei passaggi in trentaduesimi. Dell'intero album, "Abandoned" è decisamente il brano che mette d'accordo tutti, dai fan più oltranzisti a quelli più open minded dei Possessed. Dicevamo in apertura che non c'è assolutamente nulla nel titolo che possa lasciar pensare all'amore ed il fatto che Jeff Becerra avvi la sua parte con un sovrumano "Armageddon!" toglie ogni dubbio. Gli abbandonati non sono infatti gli sfortunati in amore ma sono ancora una volta gli esseri umani, quell'umanità che viene letteralmente abbandonata da dio alla mercè di Satana: il male più oscuro sta avanzando verso di noi e nell'aria rintocca la batteria di satana, il battito del cuore dell'oscuro signore che si avvicina sempre di più. Le sue legioni insorgono dagli inferi, la battaglia contro il regno dei cieli sta ormai per scoppiare e noi mortali siamo li, nel mezzo, esattamente a metà tra i due schieramenti e non ci attende nulla per il nostro destino se non quello di essere travolti dall'avanzata dei due eserciti. I sacerdoti malvagi ci hanno indottrinato con un falso verbo, che in realtà non faceva altro che evocare in noi la nostra vera natura e la disperazione e l'inerzia dell'uomo vengono rimarcati dall'urlo ossessivo di Becerra "Abandoned", "Abandoned": la guerra incombe è noi mortali non siamo altro che "i danni collaterali" di una battaglia senza precedenti.

Shadowcult

Avanziamo ulteriormente nelle tenebre con "Shadowcult" ("Culto Dell'Ombra"), una traccia con la quale i Possessed avevano preannunciato il loro tanto atteso ritorno sulle scene con la pubblicazione di un singolo appositamente dedicato. Dopo tante voci in merito, che purtroppo tardavano a trovare conferma, il 30 aprile scorso ecco uscire "Shadowcult", un nuovo prodotto che finalmente porta in copertina il logo dei Possessed. Ma come? Pensarono i fan, dopo tante voci, smentite e riconferme, dopo una vera e propria telenovela, una delle band che possiamo considerare all'unanimità tra i guru del metal estremo torna sulle scene con un "misero" Ep? Fermi tutti, innanzitutto questo prodotto si presentò fin da subito come piccolo antipasto prima della portata principale, l'album che stiamo analizzando per l'appunto, che nel suo piccolo si presentò comunque come una chicca ad hoc per tutti i fan e collezionisti. Cinque tracce, due nuove, il cui compito era appunto quello di dire "Cari fan, sappiamo che l'attesa è interminabile, ma stiamo lavorando sodo ed eccovi due canzoni fresche fresche con cui aprirvi provvisoriamente lo stomaco" e la band americana ci regalò nientepopodimeno che "No More Room In Hell" e la titletrack, che senz'altro rendevano più che bene l'idea di cosa i Possessed avrebbero sfornato di lì a poco. In più due estratti live registrate in Spagna, due versioni dal vivo di pezzacci come l'immancabile "Seven Churches" e "Swing Of The Axe", per poi chiudere con la versione demo di "Abandoned", giusto per darci un primordiale spunto per poi fare il confronto con la versione contenuta in "Revelation Of Oblivion". Che dire di "Shadowcult", se non che sia la traccia perfetta per anticipare che cosa sono i Possessed nel 2019? Dal punto di vista compositivo infatti essa è fresca, veloce e dinamica, il perfetto ponte di collegamento tra la tradizione old school che gli stessi Possessed hanno contribuito a creare ed il Thrash Death moderno. Filo conduttore della composizione infatti è l'impatto peraltro devastante, creato dal muro di chitarre: dopo una breve introduzione infatti le sei corde iniziano subito a mozzare teste, prontamente sostenute dalla batteria che come ci si può aspettare spinge sul quattro quarti senza pietà, tritando intestini con una doppia cassa che dai quarti arriva fino ai trentaduesimi. "Shadowcult" è violenza, malvagità e velocità fulminea, immaginate quindi di trovarvi di notte in un bosco, una foresta talmente fitta da non farvi vedere nemmeno la luce della luna, il vostro cellulare è scarico e non potete nemmeno contare sulla luce dello schermo; avanzate a tentoni, incerti ed incauti e all'improviso solo un dolore lancinante al viso, un pugno che vi colpisce in faccia talmente violentemente da farvi cadere e poi un trauma fortissimo all'addome e alla schiena, tutto ripetutamente come se vi stessero prendendo a calci. Siete sotto attacco ed il vostro aggressore fa della violenza nel buio il proprio culto dell'ombra. In realtà la mia parentesi ha come compito quello di rendervi l'idea di come sia incalzante la canzone; il testo infatti verte nuovamente su tematiche oscure e spirituali: le ombre ci avvolgono come un mantello mentre ci accingiamo a prendere parte ad un rituale ancora una volta celebrato da Becerra: a fare una flebile luce solo delle candele, un'immagine fragile prima che la possessione abbia inizio; solo la morte è una certezza, la vita è un insieme di insidie e dubbi, e l'uomo altro non è che una pedina nelle mani di entità a lui troppo superiori per essere combattute, specialmente tramite la parola delle sacre scritture. Essere posseduti e quindi una rinascita e come sentiamo i nostri visceri iniziare ad ardere i dolori si fanno strazianti, l'unica consolazione è che attraverso il sangue versato potremo giungere a nuova vita, non più sotto la luce ma avvolti dal culto delle ombre.

Omen

Restiamo sullo spirituale con la successiva "Omen" ("Presagio") con cui i Possessed si rendono nuovamente i profeti indiscussi di un'apocalisse annunciata. A colpirci fin da subito di questa canzone è la diversa scelta ritmica su cui modellare il tutto, beninteso, anche se non sentiamo il nostro amato tupa tupa non temete poiché i Possessed scelgono di muoversi su un terzinato calvacato davvero coinvolgente, immaginatevi gli Iron Maiden in versione thrash: Gonzales e Creamer shreddano sulle loro corde prontamente ispirati da Adrian Smith e Dave Murray, con il risultato finale che ci colpisce notevolmente e ci fa fare headbanging fino alla chiamata d'ufficio al fisioterapista. Ad aprire le danze troviamo un'introduzuone solenne, arricchita ulteriormente sulle tastiere, una sorta di preludio all'ingresso sulla scena del sacerdote che leggerà il nostro futuro lanciando su di noi il suo oscuro presagio. Il tiro è particolarmente incalzante e l'alternanza di pennate serrate con i powerchord tenuti conferisce agli sviluppo ritmici un tocco particolarmente epico. Anche il cantato di Jeff Becerra varia leggermente, la sua voce adesso appare meno sporca e più gutturale, quasi come se stesse leggendo la profezia su un antico manoscritto e proprio perchè essa si concretizzi occorre che venga recitata con il dovuto pathos. Nel susseguirsi dei diversi cambi inoltre le chitarre aumentano sempre di più la tonalità, dando alle loro mazzate un timbro sempre più acuto che ci fa trasalire, immaginatevi come la mano di un demone che vi afferra per il collo e vi solleva verso l'alto senza che possiate respirare, ecco, "Omen" è claustrofobica proprio in questo senso, con i Possessed che non sbagliano un colpo pur viaggiando a bpm elevatissimi. Sembra avvicinarsi la fine del brano, con le chitarre che si abbandonano al vero e proprio stupro del floyd rose e la batteria che mitraglia a più non posso, ma dopo neanche un quarto di pausa ecco una nuova serie di stacchi che ci scaraventa in viso una nuova e martellante strofa cavalcata, penserete che finisca così, e invece no, è qui che sta la genialità compositiva dei Possessed: il brano infatti va a chiudere con un rapidissimo passaggio in blast beat che farebbe gola alle più blasfeme band del panorama norvegese, con Becerra intento a ripetere ossessivamente il titolo del brano quasi ad invocare che l'oscuro presagio si concretizzi. Dalle profondità degli abissi infatti, il vocalist americano vede sorgere gli eserciti degli inferi che dalle cavità più nascoste della terra si estendono fino alle rive degli oceani. Questa è la sua reale visione dell'Inferno, ere di odio e violenza, con città che dopo una lenta e sanguinosa distruzione crollano sotto la furia inarrestabile dell'Armageddon. Sembrerebbe una sconoscita catastrofe ma in realtà non è altro che l'oscuro disegno del signore delle tenebre, che ha pianificato la distruzione del mondo degli umani con assoluta accuratezza. Nell'oscurità possiamo udire il suo ruggito ed ancor più nitido il fragore delle spade dei demoni che presto si staglieranno su di noi, gli eserciti avanzano e l'uomo ha annullato il suo futuro venendo scaraventato nel suo passato, non quello illuminato dalla lezione degli errori commessi in precedenza ma bensì quello avvolto dalle tenebre dell'ignoranza e dell'impotenza di fronte a tutto ciò che è inspiegabile con la parola di Dio. Il Signore ci ha abandonati al nostro destino e intanto due occhi di fuoco ci guardano gettando una lancia di fiamme che spezza il buio ormai inarrestabile.

Ritual

Proseguiamo con "Ritual" ("Il Rituale"). Dopo un brevissimo silenzio, in cui sentiamo ancora lo zolfo nell'aria, i nostri partono ancora una volta in grande stile con uno start particolarmente travolgente: le sei corde si stagliano nell'aria incredibilmente compatte, con una sequenza di accordi tenuti sotto cui la batteria mitraglia a più non posso con una serie di passaggi precisi e dinamici. Potremmo aspettarci un tupa tupa martellante, e in effetti non ci starebbe male, ma i Possessed preferiscono in questa sede puntare su un mid tempo più marziale. Del resto, il brano si chiama "Ritual", quale migliore soluzione stilistica di un tempo cadenzato che impregna l'aria di eclesiastica blasfemia? La voce di Becerra si presenta particolarmente gutturale, ma il singer americano, al suo conclamato stile roco, affianca anche dei passaggi in pulito grave per rendersi ancora più profetico nel suo condurci verso l'inferno. Il brano strutturalmente parlando può annoverarsi senza problemi fra i meglio riusciti dell'album, in quanto, fonde sapientemente due grandi componenti che costituiscono il sound dei Possessed: l'attitudine thrash metal e la vena oscura e sulfurea che li rende un gruppo cardine anche per l'intero filone black metal. Proprio in merito a questo secondo ambito "Ritual" si rivela una composizione decisamente azzeccata: le chitarre infiammano l'intera scena, il basso martella come si conviene e le pelli non hanno altro modo per essere definite se non carro armato, ma questa traccia mette in risalto l'aspetto più nero dei Possessed, tanto che ad esempio gli incisi di tastiera nel ponte fra una strofa e l'altra ci riportano alla mente i grandissimi Emperor, in particolare quelli degli anni di "Anthems To The Welkim At Dusk", in cui i sintetizzatori, leggeri e magniloquenti si affiancano a delle chitarre graffianti come dei cocci di vetro, per poi confluire in dei blast beat tritacarne che farebbe alzare allo stesso Ihsahn il pollice in alto in segno di approvazione. Il tutto quindi viene accolto con grande entusiasmo dalle nostre orecchie proprio in quanto parentesi di estemporanea divagazione, che risulta non un pezzo messo in scaletta giusto come filler uscito un po' diverso dal resto, ma come costola perfetta di un lavoro compatto che da un'idea ben precisa di violenza sonora ci lascia anche un piccolo frutto velenoso di ciò che può creare se scatenato verso altri lidi compositivi. Immancabilmente troviamo ancora Jeff Becerra nel ruolo di profeta oscuro intento a narrarci una nuova litania satanica: questa volta il rituale non viene descritto nelle sue fasi di celebrazione ma attraverso una serie di efficacissime immagini con cui gli inferi si spalancano dinanzi ai nostri occhi ormai accecati dalle fiamme dell'abisso: immaginate quindi un'orizzonte vastissimo e desolato, di cui non riuscite ad intravedere la fine, e nell'aria percepite un senso di incanto, che altro non è il potere oscuro che si sta impossessando della vostra mente. La nostra vita altro non è che un'eterna sequenza di peccati, un incubo senza fine dal quale nemmeno la morte più cruenta potrebbe liberarci. Lucifero dispiega le sue ali e lancia nell'aere un grido che ci trapana il cervello, accompagnato da un "coro" di demoni le cui grida ci assordano fino alla follia riesumando inoltre i morti dalle loro tombe per dare il via all'Apocalisse. Anche in questo caso, Becerra si dimostra particolarmente creativo nella narrazione dei suoi scenari fatti di sangue fiamme e morte, utilizzando sempre delle immagini molto suggestive, soprattutto in materia di oscurità, dimostrando come egli si dimostri, a distanza di anni, un perfetto profeta della più pura e selvaggia malvagità sovrannaturale.

The Word

In decima posizione troviamo "The Word" ("La Parola", più religiosamente traducibile come "Il Verbo"). Una chitarra entra in fade in graffiante fin da subito e con l'arrivo degli alti strumenti che capiamo che la traduzione più liturgica el titolo non è affatto errata. Le chitarre si intrecciano in una avvincente suite armonizzata mentre il basso e la batteria scandiscono il tempo di una nuova messa nera, celebrata ancora una volta da "don" Jeff Becerra. Dopo il precedente excursus verso lidi più neri, i nostri ritornano sui loro binari principali, tornando a martellarci le ossa con una emozionante cavalcata thrash che fa del quattro quarti il suo dogma supremo; va però sottolineato come i Possessed, con il passare degli anni, abbiano affinato notevolmente il loro approccio compositivo e, per l'appunto, non ci troviamo di fronte ad una traccia "tutta uguale", anzi, essa presenta dei pregievoli incisi su quella che in fondo è a propria linea strutturale principale: primo su tutti il bridge sapientemente collocato tra una strofa e l'altra, che riprende il motivo dell'intro per ampliare decisamente il respiro in una avanzata in cui l'incedere è serrato e martellante . Le protagoniste indiscusse tuttavia restano le chitarre; Daniel Gonzales e Cladeous Creamer, qui come in tutte le composizioni precedenti, si rivelano una coppia vincente sotto tutti gli aspetti, da quello compositivo, dove denotano un gusto assai fresco e di impatto, a quello esecutivo, dando ogni pennata con perizia chirurgica sia sui frangenti ritmici che in quelli solisti. Il loro fiore all'ochiello consiste in fatti nella loro perfetta intesa dal primo all'ultimo minuto del disco ed in particolare su "The Word", i due axemen si slegano e si riallacciano nei diversi cambi venendo sempre a confluire in una amalgama che non ci lascia scampo. Stesso discorso per quanto riguarda Emilio Marquez e Robert Cardenas rispettivamente alla batteria al basso: il loro lavoro sul questo brano è a dir poco ineccepibile e sono proprio i loro strumenti a costituire i cingoli del carro armato ritmico di questo decimo passo della tracklist. Complessivamente la traccia possiamo immaginarcela appunto come un mezzo blindato che avanza in una palude e, proprio a causa del terreno avverso, è costretto a sforzare un po' di più in determinati attimi, ma quando i cinque thrasher arrivano alla conclusione non posiamo far altro che giurare la nostra piena fedeltà al verbo dei Possessed. Unica "pecca", se così vogliamo chiamarla, della canzone è appunto il finale, nel quale viene ripresa la soluzione compositiva dell'introduzione che, come detto, possiede tutto il pathos necessario per risultare epica ed emozionante ma in chiusura, a mio parere, viene troncata in maniera troppo netta lasciandoci un po' di amaro in bocca. Un finale più articolato e magari una chiusura in fade out (riallacciandosi così all'ingresso sfumato dell'inizio) avrebbero conferito più completezza al disegno d'insieme ma per questa volta va bene così. Fulcro centrale della lirica questa volta sono le visioni malefiche che infettano la mente del protagonista: Jeff Becerra utilizza nuovamente la prima persona per la narrazione conferendo così al testo un impatto soggettivo più marcato in quanto è lui in primis ad essere vittima di questa nuova entità demoniaca: una serie di immagini terrificanti infatti gli invade letteralmente il cervello, andando a scavare nei menadri più remoti del suo inconscio fino a scoprire verità nascote del suo io fino ad ora assopite. Proprio queste scoperte ci rendono ciechi di fronte alla verità e sordi al verbo di una creatura che, per quanto malvagia, si rivela a noi per com'è e non velata dalle bugie di un credo che ci impone come deve essere il divino in cui credere ed ecco come sul ritornello venga smontata tutta la "sacralità" del verbo imposto dalla religione: ci impongono come pregare, in cosa credere e come comportarci per ricevere l'eterna salvezza ma in realtà il verbo è falso perchè il caos e l'oblio sono gli unici veri principi che regolano l'esistenza umana sulla terra.

Graven

Giungiamo alla chiusura dell'album con "Graven" ("Scolpito"), pezzo per il quale i Possessed hanno realizzato anche un videoclip promozionale di eccellente fattura. In lontananza sentiamo delle campane a morto e attraverso una emozionante dissolvenza in entrata sentiamo le motoseghe a sei corde avanzare velocemente verso di noi grazie ad un flanger. L'effetto sfuma e di colpo un riff terzinato si stoppa di netto per dare lo start vero del pezzo, uno stacco di batteria ed ecco Becerra comparire improvvisamente come un demone che con una bagliore di fuoco si materializza davanti a noi ed inaugura la sua parte con un deciso "six six six" ("sei, sei sei" riferendosi al numero del demonio per eccellenza). L'attacco è decisamente travolgente e la batteria parte imperiosa con un tempo serratissimo, un tupa tupa raddoppiato di cassa che non lascia scampo alle nostre teste. Fin da subito la traccia riprende la grande tradizione dei Possessed: tiro, potenza e malvagità allo stato puro, tornando verso schemi più compositivi più standard ma altresì riuscitissimi nel risultato finale. Il tutto ruota intorno al climax ascendente delle chitarre, che avvicinandosi al ritornello alzano la propia tonalità sotto la voce di Becerra facendo crescere in noi il terrore per ciò che ci potrebbe capitarci di lì a poco. La menzione d'onore va ancora una volta sia alla sezione ritmica che alle due asce dei Possessed, che nella parte centrale del brano assembano un modulo maggiormente articolato ma comunque fruibile e piacevole: Emilio Marquez si sposta su un tempo ostinato, riportandoci alla mente il grandissimo Dave Lombardo degli Slayer, ed è qui che la band gioca le sue carte vincenti, prima di tutto la voce di Becerra viene appesantita ulteriormente di riverbero per conferire al vocalist una presenza più demoniaca, dopodichè ecco i due chitarristi sfidarsi nuovamente in una tenzone solista che conferma quanto detto sopra, la perfetta alchimia tra i due musicisti in forza attualmente ai Possessed. Conclusa questa parte centrale dalle tinte velatamente progressive, più che altro per la successione di cambi ritmici intessuti pima di tornare a dare martellate a destra a manca, i nostri riprendono lo schema iniziale: un altro "six six six" avvia la nuova scarica di violenza e non è un caso se Jeff Becerra nel videoclip ricompra il ruolo di un prete che, da distante racconta una violentissima scena di possessione. Un uomo ed un bambino entrano in una chiesa e benchè l'adulto guidi un furgone, l'atmosfera ha un che di seicentesco, con il look dei personaggi ricorda infatti quello dei padri pellegrini salparono dall'Inghilterra alla volta degli Stati Uniti nel 1620. Entrati in questa chiesa essi vedono degli altri fedeli che invano cercano rifugio nella preghiera mentre il demonio, impadronitosi della chiesa si è impossessato di loro. Attraverso dei cambi rapidissimi di immagini alternati ai ralenty in cui si vedono gli effetti più truculenti della possessione e dell'invano esorcismo, da un lato il vocalist canta il pezzo descrivendo come sia impossibile resistere al potere di Satana e nonostante il mezzo del videoclip sia una novità per i Possessed esso si rivela particolarmente suggestivo per accompagnare uno dei pezzi migliori di "Revelations Of Oblivion". Il 666 con cui si apre il brano è quello che improvvisamente si incide con una fiammata sul crocifisso della chiesa e sulla fronte dei posseduti, dalla croce inoltre inizia a colare del sangue e sugli occhi dei malcapitati ormai si intravedono le due celebri monete con cui la tradizione vuole che si paghi il nocchiere che condurrà le loro anime oltre lo Stige. La lucidità, intesa come presunta razionalità e la agiatezza dell'uomo celano in realtà la sua lussuria perpetrata nei secoli: le guerre si susseguono e gli schiavi aumentano ma in un oceano di fuoco e fiamme ormai siamo tutti assogettati al male. Invano cadiamo sulle ginocchia cercando aiuto in quel falso idolo appeso al muro, anch'esso ormai inciso con le fiamme dell'abisso e mentre nel petto sentiamo il nostro cuore spezzarsi in due ci accorgiamo che stiamo vacando gli oscuri cancelli, non c'è quindi luce alla fine del tunnel, solo l'immensità delle tenebre in cui l'unico bagliore che scorgiamo sono le fiamme con cui viene inciso quel crocifisso che invano abbiamo preso come idolo salvifico.


Temple Of Samael

Siamo giunti alla fine, alla proverbiale calma gelida che si percepisce negli attimi immediatamente successivi all'abbattersi di un cataclisma. Il disco si chiude con la splendida outro "Temple Of Samael" ("Il Tempio di Samael"), una brevissima suite strumentale di poco più di un minuto e mezzo di durata composta unicamente dalla chitarra acustica attorniata da degli agghiaccianti effetti di sintetizzatore. Un suono sinistro e cupo infatti ci pone davanti agli occhi la desolazione del mondo ormai conquistato e distrutto dalle armate del male, dove in lontananza echeggiano ancora le grida dei demoni intenti a dar la caccia agli ultimi superstiti. Iniziamo a camminare in questa coltre di nebbia mista a zolfo, accompagnati da una chitarra acustica dalle tinte spagnoleggianti, perfettamente riverberata in studio per renderla ancora più eterea, mentre agli effetti si aggiunge anche una base di organo; stiamo camminando alla cieca fino a quando non ci imbattiamo in un tempio dedicato a Samael, l'arcangelo che secondo la tradizione talmudica ha l'ambivalente figura di benevolo ed accusatore. Egli osò ribellarsi a Dio unendosi alle donne umane, trasgredendo le regole del padre eterno come già fece Lucifero, e proprio per questa sua doppia valenza spirituale in alcune scritture è spesso associato ad Azrael, l'angelo della morte. Siamo quindi al cospetto di un luogo di culto dedicato ad un arcangelo ribelle che dopo aver inizialmente amato gli uomini li ha funestati con la sua malvagità. Il portone si spalanca e ci accingiamo ad entrare, ma siamo avvolti ancora una volta dalle tenebre più cupe.


Conclusioni

Cosa si può dire di "Revelations Of Oblivion" se non che, a conti fatti, è il disco che i Possessed si meritavano di dare alla luce? Dopo tanti anni di puro oblio, la band capitanata da Jeff Becerra ha finalmente ricevuto le rivelazioni necessarie per poter risorgere nuovamente dalle proprie ceneri e tornare più agguerrita di prima, accompagnata dall'ovazione di migliaia di fan che non aspettavano altro che la rinascita del "posseduto". Il gruppo è sempre stato caratterizzato da una continua ricerca di evoluzione del proprio sound, sia per quanto concerne l'aspetto puramente compositivo che quello inerente altresì alla scelta dei suoni per risultare ancora più malvagia. A partire dal leggendario "Seven Churches", i Possessed hanno sempre continuato quella ricerca artistica atta ad estremizzare sempre di più il loro impatto, a volte con risultati poco convincenti, altri invece, come quest'ultimo lavoro, decisamente riusciti. Queste dodici canzoni rappresentano infatti la macro opera che tutti noi amanti del metal estremo aspettavamo, non a caso la copiosa quantità di tracce, a discapito invece dell'ennesimo ep, vuole proprio ribadire che "Revelations Of Oblivion" è l'opera omnia con cui finalmente i Possessed sono tornati a tutti gli effetti; le pubblicazioni precedenti purtroppo rappresentano dei passi fatti un po' a tentoni, questo album invece è letteralmente un pestone dato con un anfibio che si conficca nel terreno per fare da solida base ad un corpo ormai pronto a lottare di nuovo. La lunga pausa che la band ha letteralmente subito è servita comunque a fornire il tempo necessaio per riordinare le idee, porre ben al centro del mirino gli obiettivi che i Possessed hanno (e devono avere) nel 2019 e con tutto il lavoro necessario sono stati portati a compimento dal primo all'ultimo. Grazie ai nuovi acquisti che si sono uniti a Jeff Becerra, il drummer Emilio Marquez, il bassista Robert Cardenas ed i chitarristi Daniel Gonzales e Claudeous Creamer, è finalmente arrivata quella ventata di aria fresca che ha fornito la linfa per la composizione di questi nuovi e travolgenti brani. "Revelatons Of Oblivion" non è il prosequio di "Seven Churches", inteso come il disco pubblicato ad anni di distabnza che tenta di ricalcare quanto compiuto negli anni Ottanta, ma ne è l'evoluzione, ovvero il capitolo successivo che si compete ad una band storica che torna a farsi sentire nel 2019. Ascoltando questo disco si percepisce benissimo che i Possessed sono cresciuti sotto tutti gli aspetti, restano ovviamente consci del loro passato, ma sono anche consapevoli che dopo più di trent'anni, se vuoi continuare ad esistere ed entusiasmare i tuoi fan, devi evolverti. Un clone di "Seven Churches" infatti sarebbe passato inosservato ai più, entusiasmando solo i fan più oltranzisti; anche perchè se già è figo il disco dell'85 perchè ascoltarne una fotocopia dell'era attuale? "Revelations Of Oblivion" toglie ogni dubbio in quanto è un lavoro che pur mantenendo l'attitudine dei tanto amati eighties suona moderno ed attuale sia come idee e composizioni sia come post produzione. In tal senso la lavorazione del disco si è svolta in tre studi diversi: agli NRG Studios ed ai Titan Studios per la registrazione, optando quindi per le migliori nuove tecnologie digitali, per poi essere mixato e masterizzato agli storici Abyss Studios in Svezia (di proprietà di un certo Peter Tagtren, giusto per dare un'idea). Il nuovo ed il fresco passano quindi sotto l'orecchio esperto del mastermind degli Hypocrisy, producer anch'egli sempre aggiornato sulle sonorità attuali ma anch'egli generato nella gloriosa era del Death Metal scandinavo. Moderno e storia si incontrano quindi in questa tracklist dunque, non vi resta altro da fare che farvi travolgere dall'eccezionale ritorno dei Possessed.

1) Chant Of Oblivion
2) No More Room In Hell
3) Dominion
4) Damned
5) Demon
6) Abandoned
7) Shadowcult
8) Omen
9) Ritual
10) The Word
11) Graven
12) Temple Of Samael
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