PLAGUE YEARS

Unholy Infestation

2018 - independent

A CURA DI
ALBERTO BIFFI
21/12/2018
TEMPO DI LETTURA:
7

Introduzione Recensione

Da non confondersi con l'omonima band deathcore originaria di Salt Lake City, Utah, ci occuperemo in questa sede di un'ottima band estrema, estremamente old school che si prefigge di distruggere il vostro old skull. Nessun suffisso, nessuna deriva, nessun modernismo, nessun approccio che esuli dall'assalto frontale e brutale. Qui non ci sono cappellini da baseball, jeans aderenti con improbabili risvolti a mostrare orgogliosamente esili caviglie nude. Qui non ci sono breakdown atti a promuovere l'headbanging  anche verso coloro che non sono avvezzi a certe sonorità e che seguono in modo ancestrale e atavico solo dei movimenti ritmici. Tim Engelhardt, Eric Lauder, Rian Staber e Mike Jurysta sono un solido quartetto death metal dalle fortissime influenze thrash e dal mood hardcore. Ed è una band essenziale sapete? Perché sono un distillato di essenze metal. Perché sono asciutti e scarni, arrivando all'essenza della loro musica. E potremmo disquisire su questa parola ("essenza") ancora per diverse righe digitali sapete? "Essenza": dal greco ?? ?? ?????, ti en einai, lat.essentia, secondo Aristotele significa: "ciò per cui una certa cosa è quello che è, e non un'altra cosa". Semplice no? Nessun orpello, nessuna pubblicità ingannevole, nessun trucco. Qui si fa tharsh death. Punto. Ma ultimamente diversi studiosi convengono sul fatto che la parola "essenza" venga utilizzata come sinonimo di "?????" (sostanza). Anche qui restiamo sulle assi del palco dei Plague Years. La sostanza. L'essenza. Troverete ben poco sui social comunemente utilizzati da tutti e da tutte le band, se cercate info su questi quattro ragazzoni provenienti da Detroit, Michigan. Pagina Facebook ridotta all'osso (essenza), bandcamp che vi permette di ascoltare un brano e canale YouTube dove troverete "solo" il disco completo (sostanza). Vi sembra poco? Se siete affamati di videoclip, tour diary, tutorial dove i musicisti del gruppo vi insegnano a suonare i loro brani, video simpatici e divertenti, bhe.... avete sbagliato indirizzo. Ci dispiace. Dopo ore di ricerche troverete solo e unicamente quello che in realtà ci dovrebbe interessare. La Musica. Lo scriviamo rigorosamente maiuscolo. Con questo non vi vogliamo dire che questo disco sia imprescindibile, attenzione. Non vogliamo cadere noi stessi nell'errore di vendervi qualcosa utilizzando inganni e giri di parole. Non è da noi. Siamo i primi appassionati della "nostra" musica e leggerete solo parole sincere che arrivano da orecchie, dita, cuore e cervello. Questo portale si chiama  Rock & Metal In My Blood non a caso. La musica l'abbiamo nel sangue, come voi che leggete, al punto che potremmo considerarci parenti. Stesso sangue. Questo disco non è un capolavoro, non è un qualcosa di nuovo, originale, destabilizzante. Ma i Plague Years non vogliono esserlo. Anzi, vogliono essere rassicuranti nella loro promessa di distruzione, dicendovi chiaramente e a gran voce i mezzi che useranno per far detonare i nostri padiglioni auricolari. Non hanno una tecnica sopraffina o comunque non la palesano. Non serve. La band è assolutamente funzionale al genere qui proposto. Lo ripetiamo: death metal con  pesantissime derive thrash metal. Pazientate ancora un poco, stiamo scartando il CD, lo stiamo guardando e gustando. Si chiama "unboxing" su YouTube. Ecco che allora ci godiamo i dettagli della splendida copertina (scusateci, ora si dice "artwork") ad opera di Five Milligrams: La Morte, o comunque una nera divinità siede su un macabro, enorme trono, brandendo una falce atipica, molto più simile ad una Luna, o a un simbolo pagano. Questa cosa non è da sottovalutare. Non c'è nulla che indichi la religione cristiana e i suoi antagonisti. Non c'è raffigurata nessuna croce, dritta o capovolta. Non ci sono demoni e diavoli. Non ci sono simboli cristiani oltraggiati e beffeggiati. Un cielo grigio domina un sito neolitico evidentemente preposto a riti pagani, affollato da figure incappucciate che osservano un sacrificio umano. Diversi uomini vengono gettati in una fossa dove svettano diverse figure impalate. Intorno fuochi e pietre che ricordano Stonhenge (pietra sospesa, da stone, pietra, ed henge, che deriva da hang, sospendere: in riferimento agli architravi). Davanti alla macabra divinità un uomo alza le mani al cielo, dimostrandosi evidentemente il cerimoniere, il druido, il mago, il santone, il sacerdote. Ogni culto ha il suo tramite tra divinità e uomini. In questo modo ogni cosa può essere manipolata e distorta. Ogni culto trova il suo potere nell'oscurità, nella "non chiarezza", nelle parole tramandate e trasformate di bocca in bocca. Il perché di questi sacrifici non ci è dato saperlo e capirlo. Forse ci troviamo in un periodo dove le energie necessitano di vite (solstizio e/o equinozio), forse è solo per il sollazzo della divinità oscura che reclama uno spettacolo macabro. In alto, di fianco alla Luna e sopra le teste dei fedeli svetta una scritta rosso sangue, anche lei semplice, assolutamente comprensibile e chiara: Plague Years e sotto, il nome del disco. Un nome che appunto non parla di Satana, Dio, angeli e diavoli. Un infestazione empia, non sacra. Pagana. Inseriamo ora il CD nel nostro lettore e ascoltiamoci finalmente questo interessante 'Unholy Infestation', pubblicato il 30 ottobre 2018 come lavoro autoprodotto, e che segue a distanza di un anno L'EP di esordio 'Plague Years'.

Unholy Infestation

Partiamo subito in modo deciso con la title-track, "Unholy Infestation (Infedele Infestazione)". Un manifesto d'intenti, un modo chiaro per definire la propria identità, l'identità del disco e della propria musica. Ciò che salta subito all'orecchio è l'ottima produzione che bacia il primo full length della band statunitense. Nonostante non siano appoggiati da nessuna etichetta discografica il gruppo ha voluto approcciarsi al mercato discografico nel modo più professionale possibile. Abbiamo visto l'aspetto grafico ed ora godiamo dall'ottimo suono sul quale hanno lavorato Chris Trestain (registrazione) e Arthur Rizk (mixaggio e mastering). Un suono indiscutibilmente old school, dove non sono solo le frequenze basse ad essere enfatizzate ma tutto lo spettro sonoro, dandoci la possibilità di poter godere della potenza scaturita dalla band ma anche di ogni sfumatura donataci dalle chitarre. La sei corde non è zanzarosa (nessun Boss HM-2) nello stile retrò-svedese tanto in auge, così come non è eccessivamente ribassata e monocorde (niente suffissi come: post, core, slam... ricordate?). Insomma sentiamo distintamente tutti i colpi che i Plague Years ci assestano, godendo masochisticamente del dolore che ci infliggono. Sottolineiamo però che la produzione non è assolutamente vintage e low-fi. Il suono è fresco, potente, tagliente, in grado di far vibrare le vostre casse come un ruggito proveniente da quella misteriosa e spaventosa creatura raffigurata in copertina e che guardiamo con malcelata reverenza. Dal punto di vista musicale troviamo un approccio vocale mutuato dall'hardcore, dove il grido di  Tim Engelhardt è in realtà molto lontano dal classico growl (e anni luce distante dai growl utilizzati negli ultimi anni, dove si cerca in modo spasmodico e febbricitante la nota più bassa riproducibile da un essere umano); quello di Tim è un cantato fondamentalmente non molto distante da quello dei Sick Of It All (ad esempio). Dov'è il death metal quindi? Sicuramente non solo nell'impostazione vocale. I Plague Years sono la riprova di quanto gli Slayer abbiano influenzato un genere come il death metal. Pensate alla formazione basso/voce, chitarre e batteria. Pensate all'abbigliamento, ai riff, ai pattern di batteria di Dave Lombardo (prendete un appunto e ricordatevi questa cosa! Vi servirà tra qualche riga!). Mutuando il titolo del grande romanzo di Ira Levin, divenuto poi un film diretto da Franklin J. Schaffner (1978), "I Ragazzi Venuti Da Detroit" suonano indiscutibilmente death metal, ma non aspettatevi rimandi a Morbid Angel, Immolation o (dall'altro lato dell'oceano) riferimenti ad Entombed e Dismember. Qui si suona indiscutibilmente death metal, lo ripetiamo, ma quel death metal che è la naturale evoluzione del thrash e dell'hardcore. Ecco allora che nella title track i rimandi agli Slayer sono continui, dal riffing, all'utilizzo del piatto "ride" (ecco qui Dave Lombardo! Ve l'avevamo detto no?). 'Unholy Infestation' inizia con un suono spaziale, distante, alieno. Un synth freddo, inumano ci accoglie (forse) in quel luogo magnificamente rappresentato nella copertina. Mike Jurysta attacca con un tappeto di doppia cassa dove un riff monolitico viene sovrastato dall'ennesima lezione degli Slayer: un assolo in cui gli armonici artificiali vengono deformati dalla leva del tremolo sino a farli diventare ululati, fischi, strazianti grida. Si parte! Il riffing diventa serrato, la batteria incrementa il suo incedere e quelle nuvole che si stavano minacciosamente accumulando sopra le nostre teste diventano una tempesta metallica. Dal punto di vista lirico si riprende ovviamente quel mondo terrificante, apocalittico e pagano rappresentato dal colorato artwork, ma questa volta la religione cristiana viene presa in causa, se pur in modo molto più velato rispetto a band quali Deicide e Vital Remains (il massimo della blasfemia in campo death metal). Si parla di una guerra, di incubi scatenati sulla terra e del "marchio del serpente". Caos, infestazioni e profezie. La band è fedele al proprio monicker e al nome del disco.

"Nessun prigioniero preso
Nessuna fuga dai fuochi dell'inferno
Carne festante; disordini cataclismici
Una pestilenza si diffuse attraverso la terra
"

Cari lettori... non speravate certo di trovare aulici testi che parlassero di storia, poesia e amore... vero? Ci troviamo di fronte l'ennesima "guerra santa", atta a schiavizzare l'uomo reo di aver vissuto come un numero, come una pecora, inginocchiato e prostrato davanti a delle bugie. Una guerra atta a cancellare l'uomo come se fosse un virus, utilizzando però un altro virus... quello della ribelle blasfemia.

"Una infedele infestazione... "

Si torna ai maestri Slayer verso il finale, con un rallentamento talmente lombardiano, che se Dave lo avesse coperto con il copyright adesso sarebbe una potenza economica al pari di Apple. Drum Pattern Lombardo ©. Ancora stridenti assoli di scuola Hanneman/King e una ripartenza finale ricca di groove e gran tiro, guidata dalla voce distruttiva del singer. Diremmo che come inizio non c'è niente male.

Outer Darkness

Traccia numero 2, "Outer Darkness (L'oscurità esteriore)" per questo primo full length degli americani Plague Years. Forse uno dei riff piu incisivi del lotto è quello che ci accoglie spalancandoci le porte di questo inferno musicale. Qui la prima battaglia della guerra si è appena svolta, lasciando colui che scrive questo "diario" a terra, morto, privo di vita se non quella infusa dal suo nuovo signore.

"Pensavo che la morte mi avrebbe portato la luce
Ma tutto quello che vedo è l'oscurità
E una figura in nero
Contrassegnata con il serpente
"

Ancora il marchio del Serpente, già citato nel primo testo. Sono bravi i ragazzi del gruppo a creare un continuum, un micro-cosmo narrativo dove tutto ha una partenza e uno svolgimento (ancora non ci è dato sapere se ci sarà una fine, dobbiamo e dovete attendere l'ultimo brano). Sembra che chi muore possa rinascere lontano da quella luce guida che altro non è che un falso faro che porta le navi fuori rotta. Chi muore rinasce marchiato dal serpente e pronto a combattere nella verità di Satana (ecco tornare elementi cristiani).

"Salvato da Satana
Inviato per punire tutti quelli che mi tradiscono
La mia mente pensa solo all'odio
Omicidio e tortura
Ora segnato con il Serpente
Seguo il suo ordine
"

Poco da analizzare di questi testi che oggettivamente ricalcano tutti gli stereotipi dell' U.S. death metal. Ricordate la guerra negli anni 90 su quale fosse la band più blasfema e realmente e sinceramente anti-cristiana tra le norrene black metal bands e gli americani combo death metal? Volarono anche delle bombe (Oslo, durante la set-list dei Gorefest esplose una bomba sul palco. Nonostante i sospetti ufficiali ricaddero su alcuni gruppi animalisti il leader degli headliner Deicide, Glen Benton, si dichiarò sicuro che l'attentato fu opera dei blackster, infastiditi dalla falsità del credo degli americani). I Plague Years ricalcano uno stereotipo, scrivendo storie che potremmo associare ad un film horror ou n libro dark fantasy, e non ad una reale convinzione religioso-filosofica. I testi sono leggeri pur nella loro pesante crudezza e vengono scritti in modo così "semplice" ed "elementare" da non rappresentare davvero una minaccia per nessun fedele intelligente e maturo. 

"Un atto di pura violenza
Alimentato dall'odio
Il potere è ciò che cerchi
Sangue dei tuoi nemici
Dammi quello che voglio
E li metteremo in ginocchio
"

Come possiamo leggere insieme, le parole chiave sono sempre le stesse, uguali di disco in disco, di band in band: odio, sangue, nemici, violenza. Ovviamente è tutto cucito in modo sartoriale sulla proposta del gruppo. Siate sinceri... ascoltereste mai un gruppo death metal che canta di fiori e pic nic al parco durante una giornata di primavera? Non credo. Qui il thrash è sempre più presente con quelle sfumature NY hardcore così perfettamente amalgamate con le lezioni di Araya & Company. A metà brano troviamo un rallentamento che ricorda gli Obituary, così marcescenti, old school e derivativi dai Grandi Antichi chiamati Celtic Frost. Proto-death metal, thrash estremo... chiamatelo come volete. Qui c'è una voce che va oltre la rabbia urlata e un chitarrista che deve aver studiato 'Il Manuale Della Leva Del Tremolo', scritto da King/Hanneman ed edito da Edizioni South Of Heaven. Poco più di 4 minuti e mezzo per una canzone che oggettivamente scorre via davvero in modo fluido, aiutati dai continui sali scendi emozionali dati da un ottimo arrangiamento e da un dinamismo strappa-applausi. Per essere un gruppo musicale estremamente derivativo, siamo al secondo brano e non ci siamo ancora annoiati. Premiamo stop... diamo un sorso alla nostra birra e accingiamoci ad ascoltare il terzo capitolo di questa storia di guerre e demoni.

Hellborn

Partenza, quella di "Hellborn (Nato all'inferno)" che sposa un ottimo riffing con un gran lavoro sui tom da parte del drummer. Il riff ricorda qualcosa dei Sepultura di 'Beneath The Remains' (Roadrunner Records, 1989). Ovviamente tutto questo è solo il preludio per un'attacco al fulmicotone che incastra ancora, nuovamente, quelle arti musicalmente nere in grado di evocare una "Pioggia Di Sangue", con il proto-death metal dei Mantas di 'Death By Metal' (1984). Tim Engelhardt ci sputa in faccia immediatamente la prosecuzione della storia iniziata con la title-track e credeteci... non ci sono colpi di scena. 

"Un esercito convocato dal Serpente
Prendi ciò che il tuo Dio ha lasciato
Il sipario cade per oscurare il cielo
"

Si torna a parlare della fine che farà la Terra, rea di aver accolto il falso profeta:

"Genocidio mondiale
Tutto perirà nel sito del globo
Un potere demoniaco creato da
La figura incappucciata che sta in agguato dal basso
"

Ovviamente la figura incappucciata è colei che, raffigurata nella copertina, siede sul quel trono enorme osservando decine di uomini perire tra atroci sofferenze. Se ancora non vi doveste fidaree del vostro sito preferito, giunge presto, nel testo, la conferma:

"Quando la violenza è finita
Ci raduneremo alla base del trono
"

Interessante a questo punto intuire che l'artista che si è occupato dell'artwork ha letto i testi che la band gli ha precedentemente fornito, punto sicuramente a favore del gruppo, che si distacca e prende le distanza da quelle formazioni musicali che scelgono la copertina del proprio disco in modo completamente indipendente dalla propria proposta musicale. I riff utilizzati dalla band sono semplici e reiterati, in un costante incastro musicale atto a non annoiare mai i fruitori. In questo sono bravi... e molto. Pochi e semplici riff, ma con continue variazioni ritmiche in grado di donare un dinamismo sicuramente efficace. Se aggiungiamo che anche la metrica del cantato sembra ricalcare pedissequamente lo stile di Tom Araya e gli assoli sono ottenuti suonando poche note e lavorando con olio di gomito e leva del tremolo, il riuscire a tenere gli ascoltatori incollati alle casse dello stereo è davvero un qualcosa di esoterico, mistico e misterioso. Pochi ingredienti, usati e stra-abusati, ma funziona tutto come un orologio svizzero. E siamo già alla quarta canzone..

Aeon of the Serpent

"Aeon of the Serpent (Eone del Serpente)": diteci che non si parla di "Marchio Del Serpente", inginocchiarsi di fronte alla figura incappucciata e dominare un mondo in rovina. Troppo tardi...

"Vieni dal tuo padrone
Cadere in ginocchio e inchinarsi
"

Se non vi bastasse...

"Eone del Serpente
Nella tua oscurità ci inginocchiamo
"

Ok, abbiamo capito il concetto. Al quarto brano è abbastanza chiaro e in parte, lo ammettiamo, inizia a stancare. La band purtroppo è ben lontana dal saper scrivere testi adulti, non sforzandosi nemmeno nel cercare sinonimi per non ripetere parole già utilizzate. Vero è che la sua musica è così sincera e sinceramente trascinante che i metalhead che si troveranno a pogare ai loro show, in un maelström di corpi sudati e tatuati che si scontrano come particelle impazzite, non presteranno certo attenzione all'uso dei sinonimi e dei contrari. Insomma il gruppo è grezzo e ama esserlo. La classica musica "ignorante" che ci permette di staccare la spina dal cervello e inserirla nel cuore e nei muscoli. La classica musica "ignorante" che ci permette di poterci bere una birra e non perdere nemmeno un passaggio strumentale di quello che ci viene proposto. Non troverete accordi dissonanti, assoli fusion e tempi dispari. Qui non serve una calcolatrice per capire quale tempo sta suonando il batterista. Qui non si parla di algebra... ma di metal. Quel metal bifolco, semplice, cattivo, sudato, maleodorante. Quel metal che si prova(va) nelle cantine e nei box, roventi in estate e gelidi in inverno. I Plague Years sono i primi fan della loro musica e i primi fan della musica che li hai ispirati. Questo è fuori da ogni ragionevole dubbio. Ancora una concessione alla band formata dai fratelli Cavalera con l'attacco inziale che poi sti stabilizza e cementa su un midtempo che dimostra a tutti che velocità e cattiveria non sono mai direttamente proporzionali. Ci da un piccolo brivido ascoltare lo screamer urlare il titolo della canzone. Al suo grido: "the aeon of the serpent" ci viene davvero voglia di indossare una tunica e schierarci al loro fianco in questa guerra benedetta dal marchio. Piccola innovazione nell'assolo dell'ottimo e roccioso Eric Lauder. Per una volta sembra essersi (quasi) dimenticato della leva del tremolo e lo sentiamo suonare in modo (quasi) melodico. Il risultato, senza "quasi" e senza "ma" è una partitura monolitica dal flavour epico che, a questo punto della battaglia... scusate... del disco... è davvero il maledetto benvenuto. Si chiude questo brano dall'arrangiamento circolare con il riff utilizzato in apertura. Sono ancora Max e Ig(g)or a chiudere gli stessi cancelli che hanno aperto. Il riff sembra citare (ovviamente con accordature differenti) la mitica 'Inner Self'.

Taker of Life

Quale modo migliore per aggredire i nostri padiglioni auricolari con un attacco a sorpresa? "Taker of Life (Mietitore)" esprime esattamente questo concetto. Visto che questo disco parla di guerra e magia nera, religione e demoni, perché non evocare il massimo esperto dell'arte di Marte? Sun Tzu e la sua 'L'Arte Della Guerra' (S?nz? B?ngf?, ???) potrebbe recensire per noi questo disco con una facilità... disarmante. Prendiamo alcune sue frasi estratte dal capitolo 5 ("Forze"): "si attacca con la forza frontale, ma si vince con quelle laterali". Ecco allora che i Plague Years aprono questa 'Taker Of Life' con una velocissima rullata alla quale segue un attacco devastante. Veemenza thrash per un aggressione in piena regola. Saranno poi i dinamismi e i rallentamenti però a finirci definitivamente. Molto belli gli "ugh" mutuati dal RE Thomas Gabriel Fischer. Continuiamo a leggere mentre ascoltiamo questo 'Unholy Infestation': "tumulto e fragore; la battaglia sembra caotica , ma non c'è disordine; le truppe che manovrano ordinatamente, non possono essere vinte". E allora la musica "ignorante" a "caciarona" dei Plague Years è la perfezione. Pochi riff ma incastonati alla perfezione... ed è ancora Sun Tzu ad essere stato lungimirante. Sempre dal capitolo cinque scriveva: "cinque soltanto sono i sapori, ma le loro mescolanze sono così varie che nessuno può dire di averle gustate tutte". E anche sulla velocità delle partiture dei Nostri, lo stratega potrebbe dire la sua: "l'acqua torrenziale scorrendo svelle le rocce, grazie alla sua velocità". E per quanto riguarda i rallentamenti mirati, precisi ma potenti? "La sua forza è quella della balestra tesa al massimo, il suo tempismo come lo scatto del grilletto". Ah... Sun Tzu... che metallaro! Musicalmente torniamo agli assoli slayeriani e liricamente non ci si muove di mezzo millimetro:

"Scatenato sui mortali come una piaga"

Si torna a combattere con la forza di una piaga che si abbatte sui mortali. C'è quasi una sorta di arrendevolezza in questo essere al servizio del "male".

"Bandito dal calore della luce
Diamo un omaggio alla notte
"

Poi un passaggio ci fa pensare alla copertina del disco... prestate attenzione:

"Maledetto e dimenticato
? portiamo la notte
Il sole cadrà per indicare il sacrificio
? porterà nuova vita
"

"Legato all'immortalità
Sotto la Luna è dove ho perso la mia anima
Bloccato in una prigione pallida
Non morto e sempre freddo
Per sempre freddo
"

La Luna, il sacrificio... rinascere inginocchiati ai piedi del trono. Che quel sacrificio non sia altro che il modo che la figura incappucciata ha per arruolare il suo esercito? Veder cadere la luce della vita per poter far rinascere imprigionati dalla morte. Un esercito di non morti sempre freddi e per sempre freddi, costretti a portare la notte ed omaggiarla. Una piaga che porterà morte a coloro che non si inginocchano... o l'hanno fatto davanti al dio sbagliato. Prendere la vita per restituirla. 'Taker Of Life'.

Infernal Torment

"Infernal Torment (Tormento Infernale)". Sicuramente non un titolo originale per questo ultimo brano. E sicuramente non uno dei testi maggiormente profondi in un concept che non brilla di originalità e profondità. Poco male... si parlava di ignoranza, quella "sana". Si parlava di hardcore, proto-death e thrash metal. Qui c'è tutto. Questo ultimo brano chiude un cerchio, questa canzone è una summa del concetto che sta alla base del gruppo stesso. La potenza annichilente del thrash metal, una delle derive metalliche più violente mai partorite, una delle costole avvelenate strappate dal costato del blues. L'approccio hardcore, senza compromessi, senza regole. Le armi il lirismo e i concetti del death metal. Come in tutto questo "Unholy Infestation' anche nell'ultimo capitolo non vi è nulla di nuovo, nulla di originale, di aulico, elevato concettualmente e tecnicamente. C'è la volontà del gruppo di tributare i propri mentori, i poster (dei loro idoli musicali) e i posteri che ascolteranno questa musica, attingendo a loro volta da essa le leggi non scritte ma incise, suonate, tramandate. Un incipit che non sfigurerebbe in un lavoro degli Exodus o degli Agnostic Front, un testo che sembra preso a piene mani da 'Dechristianize' dei Vital Remains. Un titolo tanto sfruttato quanto ad effetto. Tutto torna, come in un circolo magico, come in un circolo vizioso, come i brani circolari che si avvolgono sullo stesso main riff, come il marchio del serpente impresso sulla nostra pelle, un serpente che si morde la coda, un dio caduto che torna da reietto per riprendersi il suo trono. Vocalmente una delle prove più dure che possiamo sentire in questo lavoro, musicalmente una traccia derivativa in un disco derivativo. Ma come detto... funziona. Questi pezzi fanno male quanto una spada antica e ormai poco affilata, che invece di tagliare strappa le carni e le contamina con la sua ruggine. Una spada antica provoca quindi meno danni? Una spada, riproduzione di altre milioni di spade, ferisce quindi meno di un proiettile nuovo di zecca? Non solo: le armi bianchi psicologicamente fanno più paura delle armi da fuoco. Perché? Perché a livello ancestrale rievocano le ferite inflitte dalle zanne delle fiere. La nostra "memoria di razza", mai sopita ma solo coperta da strati di evoluzione ci ricorda quando male facevano i morsi degli animali. I proiettili? Roba moderna. E a noi "old skull" piace la roba "old school". L'abbiamo già detto, ma lo ripetiamo, come sono ripetuti i riff di questo disco. I testi di questa ultima battaglia confermano l'esito della guerra:

"Non vincerai Non sarai salvato"

"L'inferno occuperà la Terra
Manifestato dal seme dei demoni"

"Il cielo diventa nero
Gli angeli muoiono per la spada"

Si torna poi al sacrificio, alla morte, alla rinascita per servire. Ma cosa cambia? Vivere per servire la Luce per poi morire e servire la Morte? Non si è comunque schiavi? Leggiamo infatti:

"Prometti di essere salvato
Sacrificato al tuo nuovo signore"

Conclusioni

Siamo giunti alla conclusione di questo viaggio fantastico tra amici. Questi, alla fine dell'ascolto di questo disco, saranno i membri dei Plague Years. Amici. Amici perché ogni nota che suonano ci fa sentire a casa, ci rasserena e rassicura. Amici perché il loro disco è davvero come l'abbraccio di un amico, sincero, senza sorprese. Un disco che molti potrebbero criticare, che agli occhi di un ascoltatore frettoloso e alle orecchie di un recensore affrettato potrebbe essere bocciato con un rapido "4" o una distruttiva frase ad effetto: "un band che non inventa nulla, e della quale non ne sentivamo il bisogno". Invece il bisogno lo sentiamo eccome. In un mondo musicale in cui si fa a gare a inventare generi nuovi, nuovi suffissi, nuovi suoni, nuovi bastardi ibridi nati dall'unione incestuosa tra genere vicini ma diversi, un gruppo come i Plague Years serve a riconciliarci con il puro piacere di fare headbanging senza dover analizzare il disco come fossimo dei medici davanti ad una radiografia. Un disco che non deve essere scomposto nei suoi elementi, sezionato e poi rimesso insieme. Un disco che è come uno shot alcolico. Deve essere bevuto tutto d'un fiato senza chiedersi cosa contiene, quali siano gli ingredienti. Un disco ignorante che richiede ignoranza, quell'ignoranza che è come una dormita ristoratrice, perché per una volta non abbiamo responsabilità. Non abbiamo il peso concettuale di dover capire dei testi oggettivamente tanto semplici quanto familiari. Non siamo Atlante che regge il peso del mondo (metal), e non siamo delle divinità che ascoltano musica come se fosse un obolo donatoci dai mortali. Torniamo indietro nel tempo, quando era la musica ad essere la divinità, i musicisti i suoi sacerdoti e noi i semplici fedeli che accettavamo tutto, affamati di metal. 'Unholy Infestation' è un disco che nessuno di noi si ricorderà tra 1 anno, ma è un disco che ora, in questo momento ci fa star bene, ci riappacifica con il nostro vecchio "io", quello che tutt'ora gode ascoltando i Venom, i Celtic Frost e i Possessed. E qui stilisticamente non siamo molto lontani. La musica è tutto... è anche un macchina del tempo. E allora basta fare i critici, basta esaminare un assolo nota per nota, un suono come se fossimo degli ingegneri del suono (e poi magari ascoltiamo i dischi dallo smartphone). Torniamo ad essere i fedeli del metal, gli stessi fedeli incappucciati rappresentati nello splendido artwork di questo "ignorante" disco. E chissà, forse quelle persone che vediamo morire, sacrificate, siamo sempre noi... il nostro desiderio di essere alla moda, seguire il nuovo genere in auge, i nuovi suoni. Ma il metal non era questo. Il metal è un rito, una tradizione. Forse davvero morendo (come ascoltatori) rinasceremo con la nuova consapevolezza che un disco non deve per forza essere un capolavoro. A volte, un disco può anche essere semplicemente "buono", "divertente", "rassicurante". Può essere il diario di qualcuno che ha avuto le nostre stesse esperienze e che in noi trova empatia e può essere un veicolo di emozioni. Magari, dopo aver ascoltato questo "buon" disco, ci risveglieremo con il marchio del serpente, consapevoli che la musica è anche tradizione che rinasce ad ogni ascolto. E si torna a questo disco... morire per rinascere. Cosa dicevamo di questo disco? Ignorante? 

1) Unholy Infestation
2) Outer Darkness
3) Hellborn
4) Aeon of the Serpent
5) Taker of Life
6) Infernal Torment