PHENIUM
No More Humanity
2014 - Revalve Records
ELEONORA STEVA VAIANA
29/04/2014
Recensione
Nati nel 2006 da un'idea di Pierluigi Fiore e Roberto Trinca, i laziali Phenium partono subito in quarta, proponendo un genere musicale riconducibile al melodic death metal, nel quale si riconoscono influenze che spaziano dal thrash della Bay Area, fino ad arrivare a un Metalcore moderno. Il risultato concreto e sensibile, sono brani con riff molto aggressivi, ritmiche intense e ritornelli che invogliano a essere intonati a gran voce. Con il primo omonimo demo del 2008, la band riesce a raggiungere un pubblico piuttosto ampio, andando a conquistare fan non solo sul territorio nazionale, ma anche internazionale: divenuto demo del mese per la webzine teutonica “Stormbringer”, i Phenium vedono la label Westmont Metal Records scegliere due brani (“Still Life” e “The Scarecrow Man”) da inserire nella compilation “Keep Pushing the Underground vol. 6”. La prima compilation di Metalmusic.com conta invece di un altro brano estratto dal demo Phenium, “In solitude I stand”: un inizio certamente trionfale, che invoglia i nostri a rimettersi subito al lavoro per lanciare, nel 2009, l'EP “Incubhate”. Ennesimo successo per la band laziale, che nel 2010 firma con la Lost Sound Records per la quale esce il primo full lenght di debutto, “Fake You All” nel maggio 2011. L'album di debutto dei Phenium porta molti risultati alla band, che può contare su ottime recensioni su webzines di calibro internazionale e sull'inserimento del brano “This Empty Sorrow” nella compilation di Rock Hard , “Explosion vol.3”. Nel 2012 i Phenium vedono un cambio di line up, che può contare di validi elementi come Michele Finelli (voce – scream e growl), Arianna Bonardi (voce pulita), Gabriele Panella (chitarra), Pierluigi Fiore (chitarra), Davide Ramati (basso) e Matteo Fraccarolo (batteria): i sei, dopo aver firmato nel 2013 con la Revalve Records, si mettono al lavoro per lanciare l'EP No More Humanity, registrato presso gli studi della Moon Voice Recording Studio di Luciano Chessa.
“2013 D. C” apre le danze di questo lavoro, una intro strumentale drammatica e striata delle grida di una donna, incastonate su uno sfondo temporalesco: fulmini e brividi in un intreccio intenso, uno slancio verso la furia vigorosa della seconda traccia, “Tears and Scars”. Finalmente incontriamo l'anima dei Phenium, con una personalissima impronta stilistica, pronta a presentare il proprio biglietto da visita: una grinta nera e oleosa va a conformare un genere ricco di tante sfaccettature e striature, tutte deliziose e intriganti da scoprire, un puzzle dinamico e perfettamente combaciante in un abbraccio armonico e pronto a uccidere . A primo impatto ci troviamo di fronte a un growl grottesco, posizionato saldamente su di un terreno scosso da un terremoto ritmico e strumentale, colorato di nero: si lascia intendere che delle solide fondamenta di death metal, melodico al punto giusto, hanno dato una sterzata ben definita alla band e allo stile che la caratterizzano. Uno stile vivo e vivace, particolare e dotato di un'intrigante personalità innovativa, vestita di un vedo/non vedo stuzzicante e travolgente. Suoni ottimi presentano un vigore travolgente in grado di sconvolgere, appoggiandosi su un binomio vocale nella strofa, fatto di growl e di una voce metallica, a dir poco terrificante: una violenza musicale che ricopre le sanguinolente parole stracolme di potenza orribile e sviscerata di ogni sfumatura di umanità, al posto della quale si trova solo una bolla di odio e rabbia. Dolore, lacrime e cicatrici da portare per sempre con sé, dolorosamente, come un fardello impossibile da dimenticare e impossibile da abbandonare lungo il proprio cammino: una coltre di buio si leva su una traccia molto caratteristica per la propria struttura. Tre strofe intense e concise, prima di arrivare a un'apertura ottima, una scarica di piacere che riesce a far gridare ogni singola cellula di un corpo strattonato dal nero torpore della violenza: la voce angelica e bellissima di Arianna, che canta di una morte con una bugia, con una scelta, con un respiro, il culmine di un amore ormai cicatrizzato e cicatrizzante. Un ottimo stacco ritmico riporta alla quarta strofa, ancor più intensa e adrenalinica delle precedenti e vorticata da chitarre infuriate e goderecce, dove la voce di Michele si alterna tra vari stili, senza perdere mai in intensità e potenza. Di nuovo, ecco tornare il ritornello, che suona ancora una volta come una pioggia rigenerante dopo un incendio di odio, acido e petrolio. E poi la fine. In definitiva, una traccia ottima e dotata di una sua vita propria, che si attorciglia e si dimena, svelando risvolti musicali, ritmici e vocali degni di nota.
Il tempo di un breve respiro, ed ecco che il terreno torna a mancare con “Painless”, una traccia iniziata da un riff fulmineo e convulsivo che travolge e porta con sé in una corrente dal fondale nero: dinamiche spedite e chitarre cupissime preparano la battaglia vocale portata avanti dalla guardia di Michele. Una marcia decisa verso il primo barlume di luce, grazie, di nuovo, alla bella voce pulita e soave di Arianna nel ritornello, breve ma intenso e necessario a smorzare una situazione piuttosto pesante. La seconda strofa compare presentandosi subito più ansante, con una voce che fa mancare il respiro e che picchia inesorabilmente sul tassello della violenza: dopo il secondo ritornello ci troviamo di fronte a un risvolto di sei corde, che prepara a una nuova situazione vorticosa, costellata delle note di un assolo vivace e zampettante, bello e travolgente. È con il ritornello che si chiude il pezzo, affidato a un duetto vocale tra i due stili ben distinti ed efficaci dei due cantanti.
Due voci così differenti ma in grado di ricoprire alla perfezione situazioni e pensieri presenti in un testo intrigante, semplice ma profondo: una situazione difficile nella quale non si riesce a vedere, nella quale non si riesce a essere, dove addirittura non si riesce a sanguinare. Il dolore è sempre pronto ad arrivare, a insidiarsi in ogni essere e in ogni vita che finisce, inevitabilmente, per esplodere: ed ecco che Arianna, come Beatrice nell'inferno di Dante, rappresenta la salvezza, un'esplosione pura e ricca di luce, che riesce a illuminare chi ormai è senza speranza. Perché quando ci si trova a non sentirsi nient'altro che un nulla, si rischia per finire ad amare quel dolore tanto odiato e tanto evitato, perché vissuto come l'unica goccia di vitalità in un sacco ormai privo di qualsiasi emozione, fatto di ossa e carne, ma nient'altro. E quando si trova quella luce, ecco che si è pronti a sotterrare il passato in una buca scavata dalle nostre stesse mani.
Con un bel tocco di acidità e arroganza, “All Lies Shall Fall” prende piede, presentandosi con un intrigante riff articolato, stoppato e cupo al punto giusto: si viene a posizionare così la prima strofa, caratterizzata dal cantato pulito di Arianna. Una voce fluida e scorrevole si va a imporre su un tappeto musicale ricco di groove, che lentamente va a improntarsi nella mente, tinto di note soavi cantate da una voce preziosa e splendente. Un contrasto che stride, ma esalta, quello con la voce in growl di Michele, un sobbalzo che porta con sé una scarica di energia nera e violenta: le dinamiche si intensificano, per poi farsi più dure, ma pacate, nella seconda strofa, che suona più come un pre-chorous. Ed eccolo arrivare, tanto atteso e ben preparato: un ritornello eccezionale, che porta con sé una scarica di brividi lungo la schiena tenuto in piedi dal contrasto, di nuovo, vocale tra i due timbri e i due stili così differenziati, ma così complementari da rendersi esplosivi. In una rissa emotiva torna a imporsi quella dinamica violenta e così decisa, che già avevamo incontrato: una pioggia di chiodi interrotta, nuovamente, dall'ottimo ritornello che riesce a infondere un'ulteriore dose di brividi e piacevoli sensazioni. Trionfale, ma anche malinconico per certi aspetti, il ritornello lascia spazio all'assolo, che, come un mantra, suona vorticoso e ripetitivo, per poi risolversi in plettrate più aperte, più goderecce, più emozionali, lasciando di nuovo spazio a quel ritornello, che per l'ennesima volta, riesce a far scaturire una pioggia di brividi da far venire la pelle d'oca. Pelle d'oca interrotta con un colpo di mannaia, per dar spazio al finale, affidato, di nuovo, a un bell'assolo di chitarra. Un pezzo che funziona bene, lasciando nell'anima un sapore agrodolce, difficile da inquadrare: si parla nel testo di una menzogna che porta con sé una sensazione di tormento angoscioso. Una vita malata, forse, talmente strana da rivelarsi distruttiva, un sogno che si rivela amaro, che si contorce e finisce a terra, privo di vita, privo di voglia di vivere. Parole criptiche in grado di imprimersi nell'anima con il loro senso, ma razionalmente piuttosto complicate da concepire e riassumere: c'è da dire che le liriche del brano si abbracciano alla perfezione con il sound e l'arrangiamento proposto. Un binomio che funziona alla grande, talmente eccellente da lasciare senza parole.
Con “Rabid Dogs” ci troviamo di fronte a un nuovo capitolo di questo EP che si rivela sempre più interessante da ogni punto di vista: cani rabbiosi, questo, in sostanza, il titolo tradotto in italiano. Un brano caratterizzato dall'immediato morso furioso che azzanna e dilania senza porsi troppi problemi, che tratta di bugie, di dolore, di vendetta, di rabbia. Un gioco di parole tra la malattia e quella sensazione che sa incendiare la ragione umana della quale ci vantiamo tanto di fronte alle altre specie che vivono su questo mondo, così facile da provare, così difficile da dimenticare: si parla di un virus che porta dolore e tormento in questo mondo, di giorni sanguinari che si preparano ad arrivare nel nostro destino. Una rabbia per la quale si prova un'inspiegabile sensazione seducente, amplificata da un sound caustico e da ritmiche ben ponderate: una nota di merito ai Phenium, che sanno quando fermarsi e cambiare la sostanza per non annoiare. L'idea di dividere la strofa in due parti, una più ritmica e intensa, l'altra più spedita e acida, si sposa perfettamente con il cantato in growl, interrotto dal pre-chorous che suona esattamente al punto giusto e al momento giusto: intenso, piacevole, una pausa desiderata e attesa da una situazione pesante e molto aggressiva, che torna nuovamente in scena nella seconda strofa. Esattamente come per la prima, ci troviamo di fronte a una strofa suddivisa in due parti contraddistinte solo dalla parte ritmica, prima più pacata, poi più intensa: ma ecco giungere il ritornello, di stampo piuttosto classico e scandito dalla bella voce femminile di Arianna. Non c'è un momento di pausa per i Phenium, ed ecco giungere l'assolo, posizionato su situazioni strumentali differenti tra loro. Tornato in scena il ritornello, ci troviamo di fronte a un finale che pesta sul pedale dell'intensità: prima la voce di Arianna, pulita e melodica, poi quella di Michele, che ripete “Slash Your Faith” per poi lasciare che il brano scompaia in uno sfumato. “Rabid Dogs” si rivela piuttosto criptica come traccia, poiché, nuovamente, come la precedente, riesce a trasmettere una serie di emozioni che si annichiliscono vicendevolmente, lasciando, alla fine, una strana sensazione, un vortice di pensieri che non portano a una soluzione, ma a un'emozione indefinibile.
“Thrones of Chaos” pone la parola fine a questo breve ma intenso lavoro, rappresentando e abbracciando a pieno il titolo che porta, fin dal primo riff. Una sensazione nera, cupa e dalle sfumature del sangue, si impone, colorandosi di sei corde schizofreniche e in grado di condurre a un'euforia particolare. Un cambio di ritmica introduce la prima strofa, scandita da chitarre energiche, in linea con le pelli, e da un growl cupo e grottesco, che sfocia in uno scream acido e demoniaco. Ed ecco lo scacco matto: il ritornello, cattivo al punto giusto, ma reso più intenso ed emozionale dalla voce di Arianna, come sempre stupenda, come sempre speciale. È proprio la sua voce a prendere la scena in mano in un post-chorous che, con stacchi ritmici intriganti e chitarre frenetiche, introduce nuovamente la strofa retta dal growl di Michele. Il pezzo segue nuovamente la struttura precedente, articolandosi in ritornello e post-chorous, preparando a una nuova situazione così tanto attesa e che finalmente si concretizza con un bridge centrale intrigante e molto funzionale. Ma il picco massimo emotivo di questo finale, si raggiunge con l'assolo, un connubio perfetto di sei corde solista e accompagnamento: melodie e armonie accurate e in grado di infondere una sensazione di calore e passione. Il finale è affidato al ritornello, a opera delle due voci che cantano assieme, che si conclude su un riff in linea con quello di apertura, troncato di netto; netto e diretto come il testo del brano, nuovamente incentrato su sensazioni e riflessioni profonde e non scontate. Non esistono dittatori, né leggi, né divinità, né religione: tutto si annichilisce, rimangono solo odio e sofferenza. Un brano dal cuore distruttivo, che riesce a ricostruire con un ritornello ricco di malinconia, che profuma di speranza vendicativa. Perché sul baratro dell'inferno, solo la voglia di vendicarsi può farci sentire ancora vivi.
"No More Humanity" è un EP completo da ogni punto di vista: si poggia su degli arrangiamenti che vanno oltre gli schemi comuni, spaziando dal melodic death metal, fino a toccare il thrashcore. Il risultato è un interessante mix di idee ed emozioni perfettamente evocate dai musicisti, sorretti dai giusti suoni che rendono il lavoro molto più che un semplice EP. Siamo abituati a considerare un EP come un lavoro minore, ma in questo caso troviamo una sorta di linea continua che apre e chiude un cerchio ben definito e definibile: le emozioni sono in primo piano, vengono evocate e consacrate alla luce malinconica di chitarre corpose, ritmiche ben ponderate, e raccontate da due voci che si uniscono alla perfezione. Quella di Arianna, che rappresenta la vena costruttiva e angelica, tinta da una grinta eccellente e resa superba da un timbro vocale molto energico e soave, contrasta col growl, che si trasforma spesso in scream, di Michele, distruttivo ed energico sotto una luce più aggressiva. Due voci per raccontare la stessa storia da due punti di vista differenti, un viaggio completo all'interno di un mondo decaduto e corrotto: l'umanità sta tramontando? Probabilmente sì. Ma si può reagire, si può fare in modo che tutti siano costretti a sbattere la faccia su questa triste realtà. Lo si può fare scegliendo la via della commiserazione, la via della follia, la via del pessimismo cosmico, scegliendo di buttare via l'occasione di recuperare una situazione senza darla per persa. O lo si può fare imbracciando due chitarre, un basso e ponendosi dietro a delle pelli, scegliendo di dare la parola a due voci così distanti, ma così complementari. Forse l'ultima è veramente la soluzione vincente. Ce lo dimostrano alla perfezione i Phenium con il loro “No More Humanity”.
1) 2013 D.C
2) Tears and Scars
3) Painless
4) All Lies Shall Fall
5) Rabid Dogs
6) Throne of Chaos